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IL MESSAGGIO DI FATIMA È UN INVITO ALLA PREGHIERA E ALLA PENITENZA.

MO334 [01-12-1970]

1 dicembre 1970

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1. Ho detto: "Guarda, se queste lampadine fossero spente, i fratelli... pregherebbero, ma non potrebbero più leggere; hanno bisogno di questa luce per poter leggere. Lampadine fanno luce...”. E son andato dentro... perché il sole ha preso l'acqua dal mare e l’ha portata lassù in montagna e venendo giù l'acqua ti produce la luce.
Ora, vedete, anche noi siamo chiamati ad essere la luce del mondo e, se vogliamo essere la luce del mondo, dobbiamo essere legati alla prima luce. In un certo qual senso questa luce è un'emanazione dell'altra luce. Noi dobbiamo essere i testimoni e gli emanatori dell'altra luce. Ora, ecco, guardate: abbiamo una missione da compiere che ci è stata affidata, una testimonianza da dare, ma questa testimonianza e questa missione non è nostra, è di Dio; e allora bisogna che ci lasciamo lavorare da Dio, perché dobbiamo dare al mondo la luce di Dio, e come vuole lui, nel tempo che vuole lui, nell'intensità che vuole lui. Ieri sera abbiamo considerato i tre bambini, là in Cova da Iria, quando è apparsa la Madonna. Vi ho annunciato ieri sera che saremmo tornati indietro un pochino. Ieri sera ho detto che la Madonna è apparsa il tredici maggio millenovecentodiciasette.

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2. Nel millenovecentosedici, e nella primavera proprio di quell'anno, i bambini si trovavano fuori con le pecore, come il solito, una giornata piovosa, e si erano nascosti o, meglio, protetti dalla pioggia dentro una grotta. Come il solito, un po' di merenda e il rosario.
Sottolineo quello che ho detto ieri: non è per caso che il tredici di maggio recitavano il rosario, sia pure in forma abbreviata, ma troviamo che anche in quel giorno avevano recitato il rosario; dunque vuol dire che c'era una certa abitudine per lo meno di recitarlo, una certa abitudine di pregare... una forma infantile fin che volete, ma c'era l'abitudine di rivolgersi al cielo. Ora, state attenti, capita questo che uscendo un po' dalla grotta a guardare, sopra un olivo vedono un giovane bello come la luce, proprio fatto quasi di luce, un giovane di quattordici quindici anni, il quale si rivolge a questi ragazzi e dice: "Non abbiate paura! Sono l'angelo della pace e son venuto qui per insegnarvi a pregare". E discendendo dall'olivo questo angelo si è prostrato a terra e ha insegnato ai tre fanciulli quella bellissima preghiera, che noi tutti spesso recitiamo; cioè: "Mio Dio, io credo, adoro, spero e ti ringrazio, e ti domando perdono per tutti quelli che non credono, non adorano, non sperano e non amano". Preghiera che spesso noi recitiamo, ma soprattutto che meditiamo. E questo angelo l'ha recitata in un atteggiamento di adorazione dell'Altissimo e ha insegnato ai tre bambini di recitarla proprio così: prostrati a terra, come lui, in atto di adorazione e di umiltà. Ora, in una seconda apparizione, proprio nell'agosto di quello stesso anno, è venuto un angelo e questi tre bambini stavano giocando, e questo angelo ha detto le parole che vi voglio leggere adesso. Poveri ragazzi: una ha nove anni, l'altro otto, l'altra sei... avranno diritto anche di giocare, no, un pochino e, quasi quasi... non dico li rimprovera, ma dice: "Mi raccomando: pregate, pregate molto. I cuori santissimi di Gesù e di Maria hanno sopra di voi disegni di misericordia; offrite continuamente al Signore preghiere e sacrifici". Sono parole che dovrebbero far impressione, a noi in modo particolare sui quali il Signore ha disegni particolari di misericordia.

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3. Perché, perché il Signore manda un angelo a questi tre bambini? Perché vuole prepararli alla missione che dovranno svolgere poi, cioè all'incontro con la Madonna, e alla missione di penitenza e al messaggio che avrebbero dovuto propagare nel mondo.
Ora, vedete, anche noi siamo stati creati da Dio per essere, almeno la maggioranza di voi, lo spero, sacerdoti e diaconi. Sin dall'eternità Dio ha pensato a quei tre bambini, e ha deciso fin dall’eternità di mandare un messaggio al mondo attraverso quei tre bambini, fin dall'eternità Dio ha pensato a San Giovanni Bosco, al piccolo Giovannino e di fondare una Famiglia religiosa attraverso il piccolo Giovanni Bosco. Ma fin dall'eternità ha pensato anche a questo povero prete e ha pensato a ciascuno di voi. Sicché noi siamo nati con il sigillo di una missione particolare da svolgere. Il nostro caro don Piero De Marchi è nato, senza che lui lo sapesse, con il sigillo dell'Isolotto. Parliamoci chiaro: Dio, fin dall'eternità, aveva pensato di curare quella piaga nella Chiesa di Dio attraverso alcuni religiosi della Pia Società San Gaetano. Ora, vedete, bisogna mettere a fuoco questa missione, anche se la maggioranza di noi non sappiamo quello che il Signore vorrà, anche se la maggioranza di noi potremmo ripetere quello che ha detto don Piero quel giorno famoso: "Chi sarà quel disgraziato di prete che andrà a fare il parroco all'Isolotto?”, senza sapere che sarebbe stato proprio lui. Chissà quante volte voi avrete visto, o sulla carta geografica o su qualche rivista, il posto dove il Signore stabilirà il vostro ministero domani! San Francesco Saverio è stato chiamato ad essere l'apostolo delle Indie così, all'ultimo momento: chissà quante volte prima aveva sentito parlare delle Indie, ma certo era ben lontano dal pensare che sarebbe stato proprio lui l'apostolo delle Indie!

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4. Ora, vedete, Dio ha già un programma su ciascuno di noi, ma bisogna che nel momento in cui scocca l'ora di Dio, diremmo, nel caso di don Piero, nel momento in cui il cardinale Florit viene qui a chiedere un uomo, bisogna che quest'uomo sia pronto come Dio lo vuole, pronto. Qui non si tratta di una preparazione umana soltanto, si tratta di una preparazione intima, spirituale, di un atteggiamento spirituale per la missione che Dio ha stabilito "ab aeterno" per ciascuno di noi. E questa preparazione è opera di Dio, ma è anche opera nostra, ed ecco perché Dio manda l'angelo a ricordare ai tre bambini: ricordatevi che i cuori sacratissimi di Gesù e di Maria hanno un disegno su di voi, e voi dovete prepararvi a questo. In che modo? Pregando e sacrificandovi.
I disegni di Dio su voi sono diversi; però, ricordatevi, la preparazione è sempre questa, ieri, oggi e domani: preghiera e penitenza. Preghiera e penitenza per il Battista, preghiera e penitenza per il Cristo, preghiera e penitenza per noi che dobbiamo prepararci al nostro ministero. E qual è questa preghiera? La preghiera è una preghiera di adorazione: riconoscere la grandezza di Dio, contemplare Dio, renderlo presente Dio nella nostra vita, sentirlo presente dentro di noi, nella nostra giornata, non solo in chiesa, ma in tutti i luoghi. Questo Dio adorato! Proprio riconoscendo la sua grandezza, un atto di adorazione, anche se non ci prostriamo fisicamente, ma spiritualmente dovremmo essere sempre durante tutta la giornata prostrati dinanzi a Dio. Un Dio nel quale speriamo. "Come farò? - diceva un giorno il piccolo Giovannino Bosco nel sogno famoso - Come farò io a trasformare queste bestie feroci in agnelli?". E quel Signore, apparsogli in sogno, dirà: "Con l'aiuto di colei che tua mamma ti ha insegnato a salutare tre volte al giorno”. Ecco la speranza cristiana. Io lo so, io lo so che sono come il profeta. "A... a... a... Nescio loqui, Domine!”. Non so parlare, io sono un balbuziente, io non so cosa dire, io non son capace di camminare nella via dello spirito, non so cosa farò domani, non sono capace di organizzare, ma nel nome del Signore, nel nome del Signore, dicono gli Apostoli: "In nomine tuo laxabo rete”, nel tuo nome io getterò le reti. “Non abbiamo né oro né argento”, dirà Pietro a quello zoppo là, alla porta Speciosa del Tempio, “però in nome del Signore: alzati e cammina".

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5 Noi dobbiamo riconoscere che siamo povere creature sì, ma dinanzi a Dio noi dobbiamo subito alzarci in piedi e dire: "Se tu me lo comandi, Signore, nel tuo nome eccomi qui: sono pronto! Mi vuoi all'Isolotto? Eccomi all'Isolotto. Mi vuoi in Africa? Pronti in Africa. Io non scelgo niente, scelgo solo te, Signore. Tu mandami dove vuoi, come vuoi, quando vuoi, fino a che vuoi, trionfante o non trionfante: a me non interessa, a me interessa solo essere dove vuoi tu".
E allora qui scocca l'amore, perché della fede, la speranza e l'amore a un dato momento scompaion tutti e resta soltanto l'unione, l'amore, la carità. Vedete, non c'è altro modo di prepararsi. Bisogna, per dare e avere luce, dare luce, essere luce, entrare nella luce; bisogna ricorrere al sole, bisogna essere dentro nel sole, infiammati dalla luce del sole, per poter poi risplendere in mezzo agli uomini che hanno diritto da noi della luce. Ma dice ancora l'angelo: "Soprattutto come penitenza”, perché poi prima insisteva molto invitandoli a fare anche penitenza; non solo a pregare, non solo ad adorare, a professare la fede, la speranza, la carità, ma spingeva i tre fanciulli anche a fare qualcosa e diceva: “... e soprattutto accettate con sottomissione e sopportate i dolori che il Signore vi manderà". Sentite, ve lo dico proprio qui, dinanzi al fratello Gesù, dinanzi alla nostra buona mamma, la Madonna, durante la novena della Madonna, in preparazione di questa grande festa della nostra buona mamma, l'Immacolata, festa che è sempre stata grande per la nostra Famiglia, ve lo dico proprio con tutto il cuore: ricordatevi, se non sarete giovani amanti della penitenza, cambiate mestiere! Un prete, un apostolo dev'essere uno che ama soffrire per amor del Signore.

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6. Il piccolo Giuliari Francesco, la sera del primo giorno della sua scalata verso l'eternità, mi diceva, gli avevo chiesto: "Che cosa hai imparato Francesco?", e mi ha risposto: "Ho imparato a soffrire per amore del Signore".
Un apostolo che non sa soffrire per amor del Signore ha capito niente, non ha capito Gesù, non ha capito la missione. La nostra missione, ricordatevi, è questa: dobbiamo offrire, giorno per giorno, il nostro sangue ai fratelli che stanno morendo dissanguati. E allora bisogna che impariamo ad offrire i piccoli sacrifici al Signore per poter offrire anche la vita intera domani al Signore. Dobbiamo essere pronti, cominciando dal mattino, a offrire quel minuto non di pigrizia, ma di generosità, e questa piccola offerta ci deve accompagnare durante tutta la giornata. Nella formazione attuale non c'è quella strettezza, forse, di un tempo, disciplinare, che mette un po' in prigione l'individuo. Però, ricordatevi che non è cambiato niente, non è cambiato niente! Ci siamo offerti al Signore e, se ieri noi eravamo spinti a confessarci se avevamo perso un quarto d'ora di studio, non è cambiato niente. Se volete essere perfetti: avete quattro ore di studio e avete perso un quarto d'ora, dovete confessarvi dinanzi a Dio. Perché? Perché ci può essere un dovere? Perché c'è un vigile che altrimenti ti dà la multa? Ma... il dovere deve essere compiuto perché c'è un altro vigile, Dio, e deve essere compiuto per amore di Dio. Ricordatevi bene che ogni nostro atto è segnato, è segnato da un Dio che ci ama, che ci vuol bene, che ha dato la vita per noi, ma un Dio che esige amore. Dio ha dato in forma infinita il suo amore a noi e noi dovremmo quasi gareggiare con Dio nel dare il nostro amore. Guardate. Nel nostro incontro quotidiano con lui nel sacramento della Eucarestia ci dovrebbe essere sempre una gara, un... vorrei dire, quasi un litigio con il Signore, quasi un rimprovero dovrebbe uscire da noi verso il Cristo, e dire: "Ma... Signore, ma, perché, perché Gesù non mi hai fatto un cuore infinito affinché io potessi corrispondere al tuo amore come tu mi hai amato? Tu mi hai messo nelle condizioni quasi d'inferiorità, nel senso che tu, tu hai potuto amarmi in una forma infinita e io non vi riuscirò mai, o Signore. Ma... aiutami, aiutami. Tu, vero... fortifica la mia debolezza, potenzia il mio amore, in modo che io possa in qualche modo corrispondere a quello che tu mi hai dato". Ecco, e allora per domani io vi domanderei questo: sforziamoci di adorare il Signore, di sentire quasi la presenza del Signore, e al Signore, come corrispondenza di questo amore, cerchiamo di dare questo, accettare con sottomissione i dolori che il Signore ci manderà. E per dolori mettiamo soprattutto il sacrificio del compimento del nostro dovere.