Don Ottorino inizia la meditazione con un riferimento personale e in tono scherzoso, e richiama il proposito proposto nella riflessione della novena di preparazione alla festa dell’Immacolata della sera precedente.
Nell’esempio don Ottorino nomina don Girolamo Venco, che all’epoca formava parte del gruppo dei responsabili della Casa dell’Immacolata.
L’accenno scherzoso è a Fernando Murari, che all’epoca stava passando per un periodo di discernimento della propria vocazione.
MI335,1 [02-01-1970]
1. Sia lodato Gesù Cristo! Stamattina mi sono preso a letto: ho sentito la vostra campanella, ma non ho sentito la mia sveglia, per cui mi sono sforzato di fare quello che ho detto ieri sera, cioè di offrire al Signore il sacrificio di aver dormito di più. Non abbiamo detto che dobbiamo accettare tutto e offrirlo al Signore? Sforziamoci quest'oggi di accettare sole e pioggia, quello che il Signore ci manderà. Penso che lo ricorderete senza che ve lo ripeta; ed è questa una delle cose che proprio il Signore vi domanda stamattina, prima di cominciare la meditazione, e ve la domando subito, visto che siamo in tono con la meditazione. Quando eravate piccoli la mamma vi preparava, il giorno dell'Epifania, qualche dono e diceva che era stata la Befana: “La Befana ha preparato questo, la Befana ha preparato quello”. A un dato momento avete capito che non era più la Befana, non è vero, don Girolamo, che portava i doni, ma la mamma o il papà o qualche altro familiare. Qualcuno l'ha capito presto, qualche altro vi è arrivato all'età di quindici o sedici anni, qualcuno infine, come Fernando, deve ancora capire... pazienza! Avrei ora alcune notizie da comunicare, e voi pensate che sia la Befana che si svela un pochino. Il periodo del Natale non è per noi il periodo dell'albero di Natale, del panettone Motta, di qualche cosa che ci porta la Befana. Per noi il Natale dovrebbe essere un periodo in cui spiritualmente si sale in alto; le feste liturgiche dovrebbero elevare spiritualmente, specialmente il Natale, la Pasqua, la Pentecoste, queste feste solenni dovrebbero offrirci un aiuto per salire verso il Signore, per crescere, per affrontare un anno scolastico, per fare una tappa in avanti.VOLONTÀ
di DIO
ESEMPI Natale
APOSTOLO vita interiore
Don Ottorino ricorda con nostalgia le prime esperienze di vacanze natalizie trascorse con i più immediati collaboratori nella colonia alpina di Val Giardini ad Asiago (VI), e si dilunga a descrivere il clima e la fraternità per trasmettere entusiasmo e suscitare il desiderio di ripetere la stessa esperienza.
Il riferimento scherzoso è a don Luigi Furlato che, dopo alcuni anni come maestro dei novizi, era stato inviato a Roma per studiare spiritualità presso la Pontificia Università Gregoriana.
L’allusione è a un canto in voga all’epoca nella Casa dell’Immacolata.
Don Ottorino usa il suo tono scherzoso per indicare che il tempo della siesta pomeridiana era sacro, per cui coloro che non la facevano non dovevano assolutamente disturbare.
A Grumolo delle Abbadesse (VI) la Congregazione aveva una colonia agricola e una piccola Comunità religiosa per i lavori dei campi e della stalla.
MI335,2 [02-01-1970]
2. Nei primi tempi dell'Istituto, quando eravamo ancora in pochi, quando gli assistenti più vecchi frequentavano il quarto o il quinto anno del corso ginnasiale, perché lo stato maggiore dell’epoca era fatto di tali giovanotti, si mandavano a casa i ragazzi e rimanevamo con questo gruppetto di assistenti - otto, dieci, dodici, quattordici al massimo - e si andava con loro a Val Giardini. Allora si andava lassù: si portava con noi una stufetta a kerosene o a gas, e ci si metteva contenti e pacifici a pregare e a studiare i problemi. Più che tutto si faceva... un gran dormire: si dormiva fino a tardi il mattino, perché era prescritto dai codici... spirituali, dai testi di spiritualità, anche se noi non avevamo studiato spiritualità a Roma, ed eravamo arrivati a dormire fino alle sette e mezzo o alle otto del mattino, a dormire bene, insomma. Poi si faceva una buona colazione, fatta bene, con tanta gioia, senza avere imparato a cantare “Dentro di me c'è tanta gioia” , perché avevamo la gioia lo stesso. Dopo la colazione, attorno ad un tavolo facevamo la meditazione con molto calore spirituale. Se poi usciva un bel sole si andava in mezzo alla neve, a divertirsi insomma, nelle ore più calde, dalle dieci all'una del pomeriggio; la colazione era stata fatta tardi e allora si portava il pranzo ad un’ora avanzata per disporre di maggior tempo per lo svago. Dopo pranzo si godeva la libera uscita per andare a dormire coloro che lo desideravano, o restando a trecento metri dalla casa coloro che si dedicavano ad altre attività, con la proibizione di avvicinarsi perché c'era il pericolo di disturbare, un certo qual conflitto di interessi. Verso sera, quando il sole cominciava a tramontare, ci si trovava attorno alla tavola rotonda e si faceva la così detta lettura spirituale, che poteva durare magari anche un'ora, due ore o due ore e mezzo: si discutevano insieme i problemi della casa, e quando non si capiva niente si andava in chiesa, si faceva un'ora di adorazione, si pregava il Signore. Poi si cenava insieme da buoni fratelli e alla fine si giocava: chi cantava, chi ballava, chi saltava per riscaldarsi, e si stava insieme come buoni fratelli. Ora ho pensato che è arrivato il momento di rivivere un po' queste esperienze. Che vi pare? Ci sono delle decisioni per le quali domando un po' il consiglio e delle altre per le quali prendo alcuni e ci mettiamo dinanzi al Signore e ci domandiamo: “Facciamo così? Va bene?”. E questo io lo proporrei proprio come una cosa da farsi. Se qualcuno avrà una difficoltà particolare, per esempio non può proprio restare all'altezza di ottocento metri perché ha il cuore che non resiste, vuol dire che lo terremo a Vicenza per la custodia in portineria, altrimenti lo manderemo a Grumolo dando il cambio a qualche confratello di quella Comunità. Se poi uno dicesse: “Io ho necessità di andare a casa perché c'è la mamma ammalata”, concederemo i permessi necessari, ma è chiaro che quelle sono eccezioni.CONGREGAZIONE storia
COMUNITÀ
fraternità
PREGHIERA meditazione, contemplazione
COMUNITÀ
condivisione
EUCARISTIA adorazione
Don Ottorino aveva un carisma personale per presentare ogni scelta o decisione come un privilegio, in modo che fosse desiderata e vissuta con entusiasmo.
Don Ottorino riserva i primi giorni delle vacanze natalizie a Bosco di Tretto ai religiosi del corso teologico, ai quali poi chiede anche alcuni giorni di lavoro nella legatoria della Casa dell’Immacolata, presentando anche questo come “privilegio” e “come indulgenza plenaria”.
All’epoca alcuni sacerdoti prestavano servizio pastorale nei giorni festivi e nelle grandi solennità nella parrocchia di Pessano (MI), dove aveva sede l’associazione MIMEP che aveva concesso alla Congregazione il permesso di pubblicare i testi biblici di sua proprietà.
Don Guido Massignan, segretario generale della Congregazione e responsabile della Casa dell’Immacolata, seguiva anche da vicino il gruppo dei novizi.
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3. Che cosa penserei di fare? Si potrebbe andare a Bosco in due gruppi, a turno: a un gruppo concediamo questa grazia, chiamiamola grazia, nel periodo del Natale, e al secondo gruppo nel periodo dell’inizio dell'anno; a un altro gruppetto, invece, concediamo la grazia di custodire la Casa dell’Immacolata, grazia particolare riservata al gruppo dei novizi. Il gruppo dei religiosi del corso teologico, dal secondo anno in su, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo... tutto quel gruppo è invitato a salire a Bosco la vigilia di Natale. Capisco che per Natale sarebbe bene aiutare nelle parrocchie, ma lo direte ai vostri parroci perché, d'altra parte, amici miei, stiamo preparandoci alla vita religiosa. Un domani non avremo più tempo da passare insieme, un domani andrete nelle parrocchie, uno di qua e uno di là, ed è necessario che a un dato momento ci alimentiamo anche insieme. Allora passeremo il Natale con il gruppo dei più anziani così: dalla vigilia di Natale alla domenica sera, cioè praticamente dal giovedì mattino... - dal mattino o dal pomeriggio, don Girolamo? - dal giovedì pomeriggio, perché il mattino è dedicato alla pulizia della casa, si rimane a Bosco fino alla domenica sera. Quelli che hanno avuto questo privilegio, il lunedì mattino avranno poi il privilegio del lavoro come indulgenza plenaria, e arrivati all'altro giovedì andranno a casa in vacanza fino alla domenica sera. Gli altri invece, cioè i venerabili studenti del corso liceale, insieme con i venerabili padri che sono andati a Pessano e in America a esercitare il loro ministero, saliranno a Bosco il giovedì pomeriggio, prima dell'ultimo dell'anno, e vi resteranno fino a domenica sera. In tal modo... un gruppo sale a Bosco prima e un gruppo dopo, un gruppo va a casa in vacanza prima, un gruppo dopo. Invece i cari fratelli del noviziato, quelli del primo anno come quelli del secondo anno, d'accordo con don Guido che sarà il responsabile per l’organizzazione, si turneranno per restare a custodire la Casa dell’Immacolata durante il periodo di Natale e per le vacanze in famiglia. Poi con qualche assistente, con qualche fratello maggiore potranno avere un periodo di vacanza a Bosco, ma queste sono cose molto secondarie.GRAZIA
FORMAZIONE noviziato
CONSACRAZIONE vita religiosa
PASTORALE parrocchia
COMUNITÀ
condivisione
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
l riferimento è a don Luigi De Franceschi, che scherzosamente don Ottorino chiama “monsignore”, e a don Giorgio Girolimetto, che chiama “professor”, ambedue allievi all’epoca dell’ultimo anno del corso teologico: don Luigi così chiamato per il suo amore per le cerimonie e don Giorgio perché dava lezioni di filosofia.
Don Ottorino era solito chiamare con tali nomi anche le Messe festive alla Casa dell’Immacolata per sottolinearne la maggior intimità o la prevalente solennità.
È evidente il tono scherzoso di don Ottorino, che prima accenna al monte Novegno, meta di passeggiate, e poi si azzarda a pronunciare le prime lettere dell’alfabeto ebraico.
Don Matteo Pinton, licenziato in filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, insegnava all’epoca tale materia sia nella Casa dell’Immacolata come nel seminario diocesano. Don Ottorino lo nomina con molti titoli e con una battuta scherzosa alla fine.
Don Zeno Daniele lavorava all’epoca nell’amministrazione generale e don Girolamo faceva parte del gruppo direttivo della Casa dell’Immacolata: forse si trovavano a Pessano (MI) per impegni ministeriali.
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4. A Bosco non andremo per fare grandi cose, ma per stare insieme. Bisogna proprio che ci abituiamo a vivere insieme, a volerci bene insieme, a lavorare insieme, a cercare insieme quello che il Signore vuole. È chiaro? Bisogna che ci abituiamo a questo. Ma bisogna che viviamo bene anche il Natale. E allora io incaricherei in modo particolare il gruppo dei teologi, o meglio quelli dell'ultimo anno del corso teologico, a preparare un po' il programma: fra loro ci sono il nostro monsignor De Franceschi che è esperto in materia e il nostro caro professor Giorgio. Cercate di programmare insieme, voi che formate il gruppo dei più grandi, e programmate come celebrare il Natale. Volete la Messa del cuore a mezzanotte? Volete quella della poesia, o volete quella della festa? Vedete voi, vedete voi! Volete programmare una festicciola sulla cima del Novegno, verso la mezzanotte, e restare là sopra con le mani alzate per due o tre ore? Importante è che facciamo una cosa bella, una cosa festosa. Io non vi dico quello che dovete fare. Volete cantare in tedesco, in greco, in ebraico... fino all'ebraico ci arrivo: alef, bet, ghimmel... fin qui ci arrivo, più in là non ci arrivo... Beh, vediamo insieme! Con noi ci saranno anche due fratelli maggiori, il molto reverendo ed eccellentissimo padre don Matteo, professore, che ci onorerà della sua presenza dalla vigilia di Natale fino al pomeriggio del sabato; dopo è stato convocato a Roma per un convegno di filosofia da parte del Santo Padre. Poi la domenica sera, cioè il giorno di Natale, avremo la gioia di avere anche il molto reverendo padre don Zeno, che verrà appositamente da Milano per ricongiungersi a noi; verrà appositamente da Milano, mentre don Girolamo resterà ancora a Milano. In tal modo in quei giorni avremo questa presenza di due fratelli maggiori, e speriamo di poterne fare lo stesso qualcuna. Perciò il nostro programma sarà: gran pregare, gran ascoltare, gran collaborare con lo Spirito Santo per portare avanti il discorso della nostra santificazione.COMUNITÀ
fraternità
VOLONTÀ
di DIO
COMUNITÀ
Il riferimento è a Daniele Galvan, che all’epoca stava completando il corso teologico nel seminario diocesano.
Don Ottorino voleva che la festa dell’Immacolata fosse solennizzata anche in forma esterna. Qui accenna a un atto accademico, molto in auge a quei tempi, per il quale impegna scherzosamente Mario Corato, che all’epoca frequentava il 4° anno del corso teologico e che aveva particolari doti per comporre pezzi letterari o umoristici, e Giorgio De Antoni e Raffaele Testolin per la loro passione e abilità in campo musicale.
Don Venanzio Gasparoni era all’epoca il responsabile dei gruppi della scuola media e ginnasiale e l’incaricato vocazionale.
Evidentemente don Ottorino, non molto favorevole alla proposta del film, termina con una battuta scherzosa.
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5. Qualcuno potrebbe obiettare: “Questa è una meditazione?”. Beh, concluderò poi con due o tre pensieri che faranno meditare anche i più vecchi, quelli sopra i cinquant'anni. Abbiamo vicina la festa dell'Immacolata, che di solito passiamo insieme. Quando la casa era piena di ragazzini si dedicava la mattinata a fare gare, corse e giochi. Non penso che voi, Daniele e compagni, vogliate mettervi a fare le corse per tutta la giornata o per tutta la mattinata. Io penso che un bambino desidera un gioco, ma un giovane fa qualche cosa d'altro. Penso anche che non sarebbe bello che il giorno dell'Immacolata uno andasse da una parte e uno dall’altra, ma che facessimo qualcosa di comunitario. Per esempio, si potrebbe organizzare una piccola accademia, fatta bene, alla sera. Ci saranno anche i professori, e una funzioncina fatta bene sarebbe gradita. Noi più vecchi ci siamo radunati ieri e abbiamo pensato di offrire l'onore ai chierici dell'ultimo anno, i quali l'anno prossimo saranno preti e dovranno arrangiarsi nelle parrocchie, di programmare qualche cosa. Il gruppo dei più anziani, composto da monsignori e professori, si riunisca e studi insieme un po' di programma, che presenterà a tutti domenica sera durante la riunione di famiglia. Domenica sera potete presentare un abbozzo del programma a tutta l'assemblea dei fratelli in modo che, se qualche altro ha qualche consiglio da dare, qualche proposta da fare, ne avrà l’opportunità. Mario Corato è già tutto contento e dice: “Io collaborerò volentieri per l'accademia”; dal sorriso abbiamo visto che si presterà molto volentieri. Giorgio curerà comunque il canto con la collaborazione di Raffaele. Ad ogni modo decidete voi perché vi lasciamo mano libera. Tenete presente che ci sono i professori e che è giusto che mostriate che siete apostoli, che siete giovani, che siete pieni di vita e che si può vivere la santità con la gioia. Dopo queste notizie organizzative passiamo ad un pensiero di meditazione. Mi pare che non ci sia altro da comunicare. Attendete che guardi le mie note, nelle quali è messo in programma anche la proiezione di un film alla sera, ma don Venanzio ha detto che non è stato capace di trovare una pellicola adatta. Avevamo cominciato la ricerca già mesi addietro... Vedete voi se potete trovare qualche cosa, con l’autorizzazione dell’amministrazione di spendere fino ad un milione, non oltre tale somma.CONGREGAZIONE storia
COMUNITÀ
fraternità
COMUNITÀ
corresponsabilità
Don Giuseppe Giacobbo era il responsabile all’epoca del semiconvitto Ferdinando Rodolfi.
Don Ottorino si rivolge a Lorenzo Centomo, allievo del corso teologico, che nei mesi precedenti aveva subito un difficile intervento per l’estrazione di un tumore.
È chiaro che tutto l’esempio è gonfiato ad arte da don Ottorino per arrivare alla conclusione finale.
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6 Don Giuseppe Giacobbo - i bambini bisogna tenerli svegli così - ha comperato un’auto, la fuoriserie che usa ora, e quando l'ha comperata gli hanno detto: “È una macchina della fine del 1969, ha fatto solo undicimila chilometri ed è passata per una sola mano”. È una macchina quindi con tutte le credenziali: una sola mano vuol dire che è stata usata da un solo proprietario, e se è del 1969 ha poco più di un anno di vita, con appena undicimila chilometri. E lui è rimasto tutto contento. Un giorno la macchina faceva un certo rumoretto alle bronzine, ma lui non sapeva che cosa fossero le bronzine ed è andato a controllare le ruote posteriori... comunque erano le bronzine e lui credeva fosse un rumore di metallo, per cui è andato dal gommista che gli ha detto: “Lei deve andare da un meccanico”. E il meccanico, appena ha sentito il rumore, ha detto: “Ah, sono fuse le bronzine”. “E che cosa bisogna fare? Quanto ci vuole?”. “Eh, bisogna che me la lasci qui almeno una giornata”. Chiude il cofano e chiede: “Quanti anni ha questa macchina?”. E don Giuseppe con tutta serietà: “È nuova; ha fatto appena undicimila chilometri”. Il meccanico ha riaperto, ha osservato bene come nell'atto operatorio - ricordi, tu, Lorenzo, quando ti hanno aperto? - e ha esclamato: “Nuova questa macchina? È stata revisionata per lo meno due volte, perciò questa macchina avrà percorso per lo meno trecentomila chilometri. L'età della macchina? Ehm, questa macchina avrà per lo meno dieci o dodici anni come minimo. Passaggi di proprietà? Scusi, ha guardato bene il libretto?”. “Io non me ne intendo; che vuole che sappia io del libretto, di passaggi?”. C'erano stati sei passaggi di proprietà, e in mezzo c'erano stati tre mercanti di maiali. Voi direte quello che ha detto don Giuseppe quel giorno: “Imbroglione”, e ha detto delle parole più grandi di lui che non si possono ripetere in chiesa. Praticamente ha chiamato quel tale che gliela aveva venduta disonesto: “È stato un disonesto, perché mi ha detto che la macchina aveva soltanto poco più di anno, poco più di undicimila chilometri e un passaggio solo di proprietà, e invece è tutt'altra cosa!”.ESEMPI onestà
MI335,7[02-01-1970]
7. Amici miei, e noi siamo onesti se vendiamo una macchina dicendo che è una cosa e invece è un'altra? Se io facessi come ha fatto quel tale che ha venduto la macchina a don Giuseppe sarei un disonesto. Se io mi presento a un uomo e lo imbroglio sono un disonesto, e se mi presento a Dio e lo imbroglio non sono forse un disonesto? Se mi presento a Dio e dico di offrirgli una cosa e invece è un'altra, sono un disonesto. Per esempio, se prendo una bella cassetta, vi pratico dei forellini perché la bestiolina che metterò dentro possa respirare e vi rinchiudo dentro una bestiolina e dico: “Signore, ti offro questo agnello”, e un angioletto del Paradiso riceve il pacco e chiede: “Signore, tiro fuori l'agnello?”, “Sì!”, e invece dell'agnello trova un maiale: io sono stato chiaramente un disonesto con il Signore perché invece di offrire un agnello ho offerto un porco. È chiaro! Se invece di un agnello, aprendo la cassa, venisse fuori una tigre, io sarei un disonesto perché ho spedito una tigre chiamandola agnello. Io vorrei che ci esaminassimo dinanzi a Dio chiedendoci: “Verso Dio siamo onesti o siamo disonesti?”. Quando ci siamo offerti al Signore per essere religiosi, e ci fermiamo solamente a questo, che cosa abbiamo offerto al Signore? Abbiamo evidentemente offerto uno che desiderava essere un agnello, e che certamente non desiderava essere né porco, né tigre, né altro. Però, se io scendo a compromessi volontariamente o non mi impegno seriamente per vincere me stesso... se faccio questi compromessi nel campo della purezza, sono un porco vero e proprio. È inutile che mi illuda, è inutile che io pensi: “I miei amici non lo sanno, i miei amici non vedono, i miei superiori non sanno niente”. Se io scendo a compromessi con il mio cuore, con le mie azioni, io offro al Signore una cosa per un'altra. Io avevo detto al Signore: “Signore, io mi offro a te agnello immacolato”, e una voce potrebbe rispondere: “Porco perfetto”.ESEMPI onestà
CONVERSIONE esame di coscienza
CONSACRAZIONE offerta totale
CONSACRAZIONE religioso
Cfr. Mt 26,41 e Mc 14,38.
Cfr. Mt 17,21 e Mc 9,29.
La frase latina riecheggia il passo paolino della 1° Cor 10,12 che suona così: “Itaque qui se existimat stare videat ne cadat”.
MI335,8[02-01-1970]
8. Amici, guardate che tutti abbiamo naturalmente un po' del porco, e se non siamo vigilanti a un dato momento avviene la metamorfosi dell'agnello che si trasforma in qualcosa di peggio, perché le tendenze al male le abbiamo naturalmente dentro di noi. “Vigilate et orate” , ha detto il Signore, e ai piedi del Tabor ha detto chiaramente: “Questo genere di demoni si caccia soltanto con la preghiera e il digiuno” . Preghiera e digiuno e penitenza: la parola “penitenza” dev'essere scritta con la P maiuscola, ciò vuol dire che dev'essere pesante e costare, e la T porta un po' un segno di croce, quasi di Tau. Guardate che senza preghiera - intensa preghiera! - e senza penitenza o presto o tardi l'agnello si trasforma in porco, e allora il cuore si attacca di qua e si attacca di là, finché a un dato momento, piano piano, al cuore capitano altre debolezze che potranno essere concessioni alla carne e portare al disastro tremendo. Nella mia povera esperienza sacerdotale ho visto tante di queste cadute, e potrebbero capitare anche qui. Esaminandoci con serietà, semplicità e sincerità davanti a Dio potremmo anche noi forse dire: “Sì, anch'io ho messo le premesse perché l'innocenza e la bellezza dell'agnello degenerino in qualche cosa di peggio, nel porco”. Qualcuno alla mia destra potrà dire: “Sono cose da dire, don Ottorino, a questi angeli di figlioli?”. “Qui stat, videat ne cadat”. Questo latino lo capisce anche Silvano: “Chi sta in piedi, stia attento a non cadere”. E quanto più uno è in alto, tanto più forte è il colpo che riceve se cade in basso; quanto più uno è salito sulla scala, tanto più, se cade, la sua caduta è pericolosa. Dio ci ha chiamati in alto: state attenti che una caduta è disastrosa.PAROLA DI DIO Vangelo
CONSACRAZIONE castità
PREGHIERA
PENITENZA
CONSACRAZIONE fedeltà
AUTOBIOGRAFIA
MI335,9[02-01-1970]
9 Può esserci il pericolo di essere un'altra bestia che fa ancora più paura: essere una tigre. Non importa che il paragone sia giusto o meno; importante è che possiamo capirci. Dentro di noi c'è il germe dell'impurità, ma c'è un altro germe che è ancora peggiore perché nell'impurità uno si accorge del suo stato: infatti quando qualcuno disgraziatamente ha commesso qualche cosa che non va, non ha il coraggio forse di parlare, ma dentro di sé dice: “Io non sono degno di rimanere in questa casa”. Quando uno, invece, aumenta dentro di sé la superbia, l'orgoglio, non si accorge di essere superbo, non si accorge di non essere più un agnello, ma è qualcosa che sa di selvatico, che sa proprio, vorrei dire, di diabolico. E, purtroppo, nel campo della superbia siamo tutti maestri. Qualcuno di voi potrà dire: “Io non ho mai parlato in ebraico”; qualche altro: “Io non sono mai stato in America”; ma nessuno di noi può dire: “Io non sono mai stato superbo, o poco o tanto”. Nessuno può dire: “Io non so che cosa sia la superbia”. Qualcuno potrà dire: “Io non ho mai incensato i maiali; io non sono mai andato con il turibolo ad incensare le mucche in stalla”, però nessuno può dire: “Io non ho mai incensato il mio io, il mio io”. Tutti lo abbiamo incensato, e forse anche questa mattina prima o dopo la Santa Messa. Per noi il pericolo più grande è proprio quello di prendere il turibolo santo, metterci dentro l'incenso che dovrebbe bruciare solo per il Signore, e incensarci o darlo in mano a qualcun altro dicendogli: “Senti, io mi diverto tanto, gioisco nell'essere incensato. Per favore, incensami”. Qualcuno sorride. Quando andiamo ad elemosinare qualche lode o qualche approvazione dai nostri fratelli, che cosa facciamo se non mettere in mano loro il turibolo e pregarli che, per favore, ci incensino un po' perché sentiamo tanto bisogno del profumo dell'incenso?ESEMPI superbia
VIZI superbia
PECCATO passioni
CONSACRAZIONE fedeltà
MI335,10 [02-01-1970]
10 Amici miei, stiamo attenti perché la superbia è quella che rovina l'apostolo. Quando noi saremo chiamati ad agire in nome di Dio, a trattare le cose di Dio, la superbia certamente, certamente ci impedirà di essere gli uomini del Signore. È quasi come quando si sta parlando al microfono e improvvisamente manca la corrente... bumm... non si sente più, si sente solo la voce di un uomo, non una voce potenziata. Ebbene, quando entra in noi la superbia, improvvisamente noi non siamo più gli uomini di Dio, improvvisamente la grazia di Dio si ritira da noi e allora noi lavoriamo da uomini. Possiamo fare anche un po' di chiasso, sì, ma andiamo avanti, vorrei dire, per forza d'inerzia. Sarebbe come partire con una macchina, avere ancora le batterie abbastanza cariche, ma avere la dinamo che non carica: se si parte di notte si consuma corrente per il motore e corrente per i fari; ad un dato momento, poiché la dinamo non carica più, le batterie dopo un po' di tempo vanno esaurendosi e allora ci troviamo al buio e senza la possibilità di far ripartire il motore. Ecco la fine dei superbi. Vanno avanti, fanno chiasso e a un dato momento dicono: “Noi andiamo avanti anche se l'accumulatore non carica”. Ma non si accorgono che vanno avanti per forza d'inerzia, perché il Signore ha dato loro dei doni. A un dato momento diminuiscono quei doni e allora tu vedi solamente l'uomo. E non c'è di peggio che un uomo senza Dio; un uomo che dovrebbe essere il testimone di Dio, il Dio presente, e non abbia Dio, è un povero uomo, una povera bestia. Ci sarebbero ancora tante altre cose che sono veramente tanto e tanto pericolose per l'anima nostra, ma mi accontento, questa mattina, di fare io un po' di esame di coscienza e d'invitare anche voi a farlo. Ricordatevi: con Dio non si scherza! Dio ci ha chiamati così, ma, pur conoscendo le nostre miserie, pur compatendo le nostre miserie, Dio esige da parte nostra un lavoro serio e costante con il padre spirituale, un lavoro duro per vincere. Che cosa? Le nostre passioni, perché altrimenti le nostre passioni, lasciate a se stesse, sono come quelle erbacce che crescono nei nostri giardini e che trasformano il giardino in una steppa, in un luogo dove non si può abitare. Noi dobbiamo essere gli angeli di Dio, gli agnelli di Dio, non gli animali immondi di Dio. Per piacere, restiamo un paio di minuti in silenzio e facciamo un po' di esame di coscienza.APOSTOLO chi è
l’
apostolo
APOSTOLO uomo di Dio
ESEMPI apostolo
ESEMPI superbia
ESEMPI grazia
VIZI superbia
CONVERSIONE esame di coscienza
CONSACRAZIONE religioso
FORMAZIONE direzione spirituale
ESEMPI consacrazione