IL RELIGIOSO

MI350 [7-05-1971]

7 maggio 1971

MI350,1 [7-05-1971]

1 IL RELIGIOSO
Religioso è colui che si dona, senza volere di sé, del se stesso antecedente all’elezione, trattenere neppure una molecola.Non è religioso colui che non si vuole spogliare di se stesso.La sua donazione è irreale.Porta con sé il suo io malato di superbia, di sensualità, di cupidigia.Conserva il suo modo di pensare.Neutralizza perciò gli effetti della donazione e della grazia.Note: cavilla, investiga, s’impunta, e se anche mostra di cedere, in realtà conserva la sua forma mentale.Il vero religioso si sente un nulla, accetta tutto, non chiede le ragioni, collabora attivamente, è pago di piacere a Cristo.

CONSACRAZIONE religioso

Il riferimento è a Giorgio De Antoni, nominato anche più avanti per lo stesso motivo, che all’epoca era il maestro del coro.

Don Ottorino solamente ricorda i temi delle meditazioni del 28 e del 30 aprile.

Nel testo registrato don Ottorino ricorda in latino la celebre frase che il santo rivolgeva a se stesso e ai suoi amici: “Bernarde, ad quid venisti?”.

I fratelli Mario e Giuseppe Corato erano entrati uno dopo l’altro nella Casa dell’Immacolata, provenienti entrambi dal seminario diocesano.

MI350,2 [7-05-1971]

2 Mentre questa mattina in chiesa cantavate al termine della Messa, avevo accanto a me un maestro di canto che vi ascoltava e vi faceva i suoi elogi per il modo con cui cantavate. Io non sono un buon intenditore in materia, al punto di dare questi giudizi, perciò devo soltanto ammirare la vostra buona volontà e collaborazione affinché le funzioni religiose riescano bene. A Giorgio e ai suoi figli spirituali lode e gloria «in saecula saeculorum. Amen!».
Continuiamo, se non vi dispiace, le due precedenti meditazioni.Siamo passati dalla primavera all'autunno e abbiamo visto che l'estate è piuttosto dura. Adesso scendiamo ancora un pochino di più. Abbiamo detto che bisogna rinunciare a tutte le cupidigie. Questa mattina guardiamo un po' in faccia il religioso, cerchiamo di esaminare la sua identità con coraggio.Chi è il religioso? Che cosa bisogna essere per essere religiosi? Essere religioso non significa far parte di una santa combriccola di amici che vivono insieme: è qualcosa di più. Perciò bisogna avere il coraggio di fermarsi un momento e domandarsi, come faceva San Bernardo: «Bernardo, a che scopo sei venuto?». Voi, Mario e Giuseppe, dovreste domandarvi: «Perché sono venuto qui dal seminario? Forse per trovarmi con un gruppo di amici? Perché qui c'era mio fratello o un gruppo di persone più simpatiche? Perché, perché sono venuto, mi sono donato, mi sono offerto?». E allora qui ci sono, come di solito, tre punti da esaminare.

CONSACRAZIONE religioso

CONSACRAZIONE

Le frasi o le parole riportate in corsivo sono quelle lette da don Ottorino sulla scheda da lui riportata e pubblicata all’inizio della meditazione.

Don Ottorino vuol dire che se la donazione non è totale si può facilmente, con ragionamenti e scuse, giustificare il comportamento e credersi a posto anche scendendo a compromessi.

Cfr. Mt 4,19; Mc 1,16-20 e Lc 4,14-15.

MI350,3 [7-05-1971]

3 Chi è il religioso? «Religioso è colui che si dona, senza volere di sé, del se stesso antecedente all'elezione, trattenere neppure una molecola».
Capisco che adesso, sul piano filosofico, si potrebbe trarre fuori una molecola di qua, una di là, ma credo che tutti abbiamo compreso la sostanza dell’affermazione. Quando il Signore ha chiamato gli Apostoli ha detto loro: «Lasciate la barca» o «lasciate le reti, e vi farò pescatori di uomini». È chiaro che li ha chiamati perché lo seguissero. E quando si segue il Signore, bisogna avere il coraggio di non prendere con sé neanche una molecola di quello che si era prima. Capisco che, filosoficamente, potreste dire: «Tutte le doti sono buone». Ma certo! La natura... non si cambia la natura. Noi dobbiamo seguire il Signore come siamo, ma non possiamo portarci dietro la chitarra, il mandolino, la scatola degli scacchi e tutto quello che abbiamo, fossero anche gli affetti più o meno cari: dobbiamo lasciarli.Noi dobbiamo andare con tutte le qualità e con tutti i doni che abbiamo. Giocando agli scacchi ci siamo fatti furbi: dobbiamo portar con noi la furbizia; suonando la chitarra abbiamo imparato a suonare: ebbene, portiamo con noi la chitarra - non è vero, Giorgio? - se, dove andremo, la Messa sarà accompagnata dalla chitarra. Però dobbiamo portare tutto a servizio di una causa, tutto a servizio di una nostra donazione. Insomma dobbiamo presentarci all'altare e metterci dinanzi ad esso con tutto quello che abbiamo. Allora il Signore ci dirà: «Tieniti questa chitarra», e tu la terrai; «Quest'altra cosa invece non serve». Porterai altri oggetti e allora chiederai: «Signore, può andar bene questo bicchiere?». Presenterai te stesso dinanzi all'altare con tutti i tuoi doni e il Signore ti dirà quello che dovrai tenere, quello che dovrai portare con te, ma tu devi aver rinunciato completamente a te stesso, se vuoi seguire il Signore.Posso essere stato impreciso nel modo di dire, inesatto nella formulazione, ossia avrei dovuto esprimermi con parole più belle, più precise, metterci una virgola in più o una in meno, ma capite che la sostanza è questa.

CONSACRAZIONE religioso

PAROLA DI DIO Vangelo

APOSTOLO chiamata

APOSTOLO distacco

CONSACRAZIONE

CONSACRAZIONE radicalità

Al giovane Ottorino seminarista piaceva durante i mesi estivi lavorare per conto proprio, inventare, fare esperienze: si era costruito una barca per pescare sul Tesina, fiume che passa per Quinto Vicentino, e aveva approntato una rudimentale macchina a vapore, una radio galena, ciclostili rudimentali, gabbie per uccelli…

Don Ottorino dapprima applica alla sua vocazione le parole delle promesse battesimali, e poi sottolinea che il Signore gli ha chiesto di mettere a profitto la sua capacità di costruire barche dando inizio alla barca della Congregazione.

MI350,4 [7-05-1971]

4 Quando sono chiamato dal Signore e mi presento dinanzi a lui, come prima cosa devo rinunciare alla mia barca sul Tesina, rinunciare alle mie reti, a tutte le cianfrusaglie che ho a casa, cominciando dalle macchine, macchinette a vapore, alla radio... a tutto; devo rinunciare ai miei amici, a quelle che sono le cose buone e sante che ho: non si può fare diversamente!
Io ho rinunciato al Tesina e alle sue pompe e mi sono portato a Vicenza dicendo al Signore: «Ecco, son qua: che cosa vuoi?». Il Signore, poi, mi ha detto: «Prendi ancora in mano una barca », e allora ho costruito un'altra barca sull'Astichello. Ma la cosa è diversa. L'esperienza di costruir barche l'ho portata qui. Se il Signore mi dirà: «Adesso prendi in mano questo», allora lo prendo, ma solo perché me lo dice lui. Io, però, devo aver rinunciato a tutto; devo essere, come si diceva in altre circostanze, pronto in ogni momento a cambiar vesti, a cambiar amici, patria e tutto e dirgli: «Signore, mi chiami in questo momento in America Latina? Eccomi qua! Con altra veste, con altri libri? Eccomi qua: sono pronto!». Cioè io devo essere nelle mani del Signore. Guardate che la santità non è cambiata!Quando San Giovanni Bosco accolse il piccolo Domenico Savio, che si era presentato a lui, gli chiese: «Vuoi farti santo? Vuoi farti prete? Lo vedi?», e gli mostrò il fazzoletto: «Ti farai santo solo se ti metterai nelle mani di chi ti guida in questa forma».Eh! A questo punto ci sarebbe da fare un lungo discorso. Chi vuol farsi santo, non può pretendere di essere l'unico artefice della propria santità; deve fidarsi della persona che il Signore ha messo a capo. Un giovane di diciotto o vent'anni non può dire: «Io mi faccio santo; ormai io le cose le so, voglio farmi santo!». Guardate che questo è impossibile, è impossibile, perché ci sono cose da cui si lasciano ingannare anche i vecchi, e forse più dei giovani. Abbiamo bisogno di uno che ci controlli, in modo che le nostre passioni non abbiano da travolgerci. Voi capite chiaramente che se su cento volte ce ne fosse anche una sola nella quale ci lasciassimo guidare dalla passione invece che dall'amore di Dio, la nostra vita spirituale segnerebbe un disastro. Perciò non dobbiamo illuderci dicendo: «Io faccio da solo, io faccio da solo!».

APOSTOLO chiamata

AUTOBIOGRAFIA

VOLONTÀ

di DIO

CONSACRAZIONE santità

FORMAZIONE

Mons. Francesco Galloni, fondatore dell’Opera “Pro Oriente” con sede alla Montanina di Velo d’Astico (VI), era molto amico di don Ottorino e della Congregazione. Aveva conosciuto don Giuseppe Rodighiero nell’estate del 1968, quando alla Montanina i primi futuri diaconi trascorsero due mesi di preparazione intensiva sotto la guida di don Giuseppe. Mons. Galloni era anche amico personale di Paolo VI perché era stato vice parroco a Concesio (Brescia), dove risiedeva la famiglia Montini.

Don Ottorino, per sottolineare la necessità di vivere la propria consacrazione senza tante arie, ricorda la frase ironica rivolta a Renzo Tramaglino quando a Milano fu scambiato per un untore che propagava la peste, come bene descrive il Manzoni al cap. 34 di I promessi sposi.

MI350,5 [7-05-1971]

5 Amici miei, non avete, un domani, sufficiente fiducia, supponiamo, di una famiglia religiosa? Di quell'uno, due, tre o di quanti saranno incaricati dal Signore di guidare la barca? Andate in un'altra famiglia religiosa, andate in un altro seminario, cercate un posto dove troverete delle persone di cui avete fiducia, ma non illudetevi di arrivare da soli: non arriverete da soli, neanche a sognarlo! Sarete per sempre degli scontenti. Crederete di volare sulla rotta giusta, ma volerete qua e là per il cielo, vi scontrerete con qualche aereo, finirete per invadere i canali di altri aerei. Chi vola deve seguire la rotta, conservare una determinata altezza perché, altrimenti, finisce per cozzare contro qualche apparecchio. Ci sono troppe cose da tenere presenti, mentre si sta volando, per pretendere di essere soli nei cieli e volare liberamente. Lo so, voi siete capaci di volare, ma il volo deve essere regolato. Nessuno vuole limitare il volo, ma vuole regolarlo in modo che si possa volare in squadriglia. Insomma dobbiamo volare in squadriglia. Non può uno andare da solo dove vuole e pretendere di volare in squadriglia o dare norme a tutta la squadriglia!
Questo è un discorso che può essere fatto in altra sede, ma qui, in questo posto, dinanzi all'altare, dinanzi a Gesù, io volevo proprio riaffermare questo principio. Amici, in questo momento in cui si parla tanto di libertà, in cui per amore della libertà rischiamo di andare tutti in malora, vi dico e vi scongiuro: cercate di capire che cosa significa essere religiosi.Ieri ho sentito con tanto dolore quando mi ha riferito don Aldo, e cioè che mons. Galloni ha detto qualche giorno fa a don Giuseppe Rodighiero d'essere andato ultimamente in visita dal Santo Padre, il quale con tanta amarezza gli avrebbe detto: « Caro don Francesco, le cose vanno male! Ci sono dei teologi, e teologi d'una certa fama, che negano l'esistenza dell'Inferno, l'esistenza del Purgatorio, l'esistenza del peccato originale e via dicendo. Dove andiamo a finire?».In questo momento, in cui Satana si è scatenato in modo tremendo contro i fratelli, Dio vuole una Famiglia religiosa. Noi non dobbiamo essere il povero untorello, di felice manzoniana memoria, ma vivere con semplicità la nostra fede, la nostra vita religiosa. Se non la viviamo così, come abbiamo detto prima, allora ne deriva il secondo punto.

COMUNITÀ

superiore

VIRTÙ

fiducia

ESEMPI autorità

CONSACRAZIONE religioso

CHIESA Papa

CROCE Demonio

Nel testo registrato interviene a questo punto don Guido Massignan che dice: “Padre Carminati”, e subito dopo aggiunge: “Adesso non ricordo l’espressione esatta, ma in sostanza è questa: ci caccerebbe via tutti”.

MI350,6 [7-08-1971]

6 «Non è religioso colui che non si vuole spogliare di se stesso. La sua donazione è irreale». Uno che non vuole spogliarsi di se stesso, non è un religioso: la sua donazione è irreale. «Porta con sé il suo io malato di superbia, di sensualità e di cupidigia; conserva il suo modo di pensare. Neutralizza, perciò, gli effetti della donazione e della grazia».
La conseguenza logica è questa: o uno si dona totalmente e allora ne viene il terzo punto che leggeremo poi, oppure, e guardate che purtroppo si vedono spesso queste realtà, se non si vuole spogliare di sé la sua donazione è irreale. Quanti ai quali domandi: «Tu, che cosa sei?», rispondono: «Francescano, della famiglia francescana», ma di francescano non hanno neanche il colore, perché adesso cambiano anche il colore del loro vestire! «E tu, di che famiglia sei?». «Dei Salesiani».Mi diceva un padre dehoniano... Chi è? Tu, don Guido, ricordi il nome del padre di Bologna? Padre Carminati una sera mi ha detto: «Se venisse ora il fondatore ci caccerebbe via tutti e ci darebbe quattro legnate».Amici miei, amici miei, e noi siamo veramente come ci vuole il nostro fondatore Gesù Cristo? Abbiamo il colore della fondazione? Guardate che la fondazione è sua, non mia! Per essere religiosi ci vuole questa spogliazione, altrimenti la donazione è irreale, è una pietosa illusione l'appartenenza alla Pia Società. Potremmo infatti chiamarci religiosi della Pia Società senza esserlo in realtà. Un domani, in giro per il mondo, qualcuno potrebbe dire: «Lei?». «Sì, sono della Pia Società...». «Ah, dell'Istituto San Gaetano! Va bene», e invece possiamo non esserlo. Dio, che è presente, potrebbe dire: «Tu sei solo di nome della Pia Società San Gaetano, tu ti fai soltanto bello di essa, ma non sei nell'anima della Pia Società, perché non ne vivi lo spirito e porti con te il tuo io malato di superbia, di sensualità, di cupidigia». E guardate che qui, in questo punto, ci caschiamo, è facilissimo cascarci.

CONSACRAZIONE religioso

CONGREGAZIONE fondatore

CONSACRAZIONE religioso

CONGREGAZIONE spiritualità

Don Ottorino chiama in causa in tono scherzoso il diac. Vinicio Picco per la sua esperienza nel controllare valvole meccaniche. Se una valvola spande, se non assicura che il contenuto rimanga nel recipiente, non serve. Allo stesso modo se uno cede da tante parti e non tiene Dio, neutralizza il lavoro della grazia, annulla la pressione esercitata dall’amore di Dio.

I termini usati sono molto significativi: scivolare indica cedere al peccato, e scoppiare da tutte le parti significa l’infedeltà all’impegno.

L’allusione al ragazzino, a cui è scoppiata la caldaia di una piccola macchina a vapore appena costruita, è un ricordo autobiografico.

MI350,7 [7-08-1971]

7 Tu conservi il tuo modo di pensare e perciò neutralizzi... Ah! Che brutta cosa neutralizzare gli effetti della donazione e della grazia, che brutta cosa! È una cosa grave, dopo avere lavorato tanto, aver fatto tanto, essere arrivati fino a un certo punto, un brutto giorno accorgersi di neutralizzare tutto perché si sono aperte certe valvole.
Osservate il nostro caro diacono Vinicio: va in cerca di barattoli, di bidoni e poi li lavora con il tornio per fissarvi dentro la valvola, apre il gas e il coperchio si alza... che delusione! La valvola non tiene la pressione. Lavori un giovane, lo educhi fin da piccolo attraverso le scuole medie e lo studio, magari con il risultato che di dieci o dodici ne arriva uno; quando dovrebbe tenere la pressione, cominci a buttarci dentro un po' di Dio e te lo vedi scivolare su tutta la linea, scoppiare da tutte le parti. Queste sono realtà viste con i miei occhi perché, quando parlo, ho persone nella mia memoria. È tremendo, sapete, è tremendo! Prepari uno e, sul più bello che stai finendolo, non resiste e scoppia.Ricorro ad un esempio accaduto ieri: Vinicio ha lavorato, si è dato da fare, ha completato tutto e, sul più bello, mentre lo ho messo alla prova, la valvola non ha tenuto.Sembra di vedere quel ragazzino che ha costruito una macchinetta a vapore, ha messo la caldaia sul fuoco e, sul più bello che la macchina cominciava a girare, è scoppiata la caldaia. Ormai siamo abituati alle pressioni, e alle pressioni che scoppiano!

CONSACRAZIONE

ESEMPI formazione

DIO

Don Ottorino vuol dire che talvolta qualche cosa può sembrare illogica dal punto di vista umano, ma è buona secondo la logica di Dio. Gli esempi che porta subito dopo chiariscono ulteriormente il suo pensiero

Gli episodi richiamati sono: la fuga in Egitto (Mt 2,13-15), il dramma di Giuseppe (Mt 1,18-25), Gesù nel tempio (Lc 2,41-50).

Cfr. Mt 26,39; Mc 14,36 e Lc 22,42.

MI350,8 [7-08-1971]

8 Come segni esterni di un religioso che non vive la sua vita consacrata, anche se quest'oggi ho voluto sottolineare un pochino specialmente la parte negativa, si osservano questi: «cavilla, cerca sempre d'investigare, si impunta e, se mostra di cedere, in realtà conserva la sua forma mentale».
Indaga sempre e sottilizza: «Ma… qua... là...»; conserva ostinatamente il suo modo di pensare e, se talora sembra che ceda o cede senz'altro, lo fa con queste parole: «Cedo, ma non sono convinto; faccio perché tocca; sì, per carità: tocca!». Costui non ha capito niente e, mentre dovrebbe dire: «Lo faccio perché so che il Signore lo desidera, perché mi ama, per amore di Dio», dice invece: «Lo faccio perché tocca. Se potessi, non lo farei». Queste sono eresie religiose! E chi te lo fa fare? Va’ a casa, va’ a lavorare i campi! Se lo fai, fallo per amore, anche se non ne sei convinto. Noi nella nostra vita, tendiamo a fare solo tutto quello che siamo convinti sia bene? Era forse convinta la Madonna che fosse bene scappare in Egitto, che Giuseppe non sapesse un po' prima della sua maternità, che Gesù bambino restasse nel tempio, che suo figlio fosse crocifisso e ucciso? Ma scherziamo! Quante cose dovette trangugiare la Madonna che non sembravano buone per lei! Vorrei dire che lo stesso Gesù Cristo, come uomo, - basti pensare alle parole pronunciate al Getsemani: «Padre, se è possibile, passi questo calice!» - non trovava bello dover salire sul Calvario. E noi dobbiamo essere i seguaci del Cristo, dobbiamo predicare questo, dobbiamo predicare con la fede.

CONSACRAZIONE religioso

VOLONTÀ

di DIO

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

MARIA obbedienza di ...

GESÙ

sequela

Nell’episodio don Ottorino nomina di nuovo Giorgio De Antoni, e poi il m°. Sandro Dalla Libera, organista ufficiale della cattedrale di Vicenza e insegnante di musica presso il Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia.

Nell’esempio don Ottorino accosta don Zeno Daniele, dotato di capacità straordinarie per la parte amministrativa, e Mario Corato che invece era più portato per le lettere e gli studi.

MI350,9 [7-08-1971]

9 «Il vero religioso si sente un nulla». Ecco la base fondamentale di un vero religioso: l'umiltà, il sentirsi un nulla senza nulla togliersi di quello che si ha.
Se ci fosse uno che suonasse bene il pianoforte, supponiamo Giorgio, e ad un dato momento si mettesse a suonare in sala alla nostra presenza, e arrivasse ad un certo momento Sandro Dalla Libera, Giorgio gli darebbe immediatamente il posto. In questo caso non togliamo nulla a quello che Giorgio possiede, solo abbiamo davanti a noi un altro che suona un pochino meglio di lui, che ha più esercizio di lui.Il sentirmi un nulla non vuol dire buttar via le doti personali, ed è questo l'errore che facciamo continuamente, rinunciare ai propri doni, affermare: «Io ho ricevuto cinque talenti soltanto», mentre ne ho ricevuto dieci; non è togliere questo, ma soltanto vederlo nella luce di Dio. Per cui, ho ricevuto cinque talenti? Sono un disgraziato se, invece di portarne dieci, ne porto otto e mezzo. È questo il mio nulla, questa la mia vergogna.Supponiamo che io mandi Mario a comperare una mucca con centomila lire; contemporaneamente mando anche don Zeno con altre centomila. Don Zeno ne acquista una da un amico del valore di duecentomila lire con le sole centomila; l'altro arriva a casa con una capra, una capretta magra magra, e mi dice: «Non sono riuscito ad acquistare di più. C'erano, sì, delle mucche, ma ci sarebbero volute centocinquanta, centosessanta, centosettantamila lire». E porta a casa solo una capretta. È chiaro che avrebbe dovuto trafficare bene le centomila lire che aveva e almeno portare a casa un valore equivalente, ma se mi porta a casa il valore di trenta, venti, quindici, diecimila lire, gli dico: «Sei uno sciocco!» Chiaro? Ecco la nostra umiltà! Umiltà è riconoscere che, dinanzi alla scienza, alla grandezza di Dio, dinanzi alle opere che egli chiama a fare, siamo niente e abbiamo bisogno di lui; è riconoscere che quello che abbiamo è suo e che, purtroppo, siamo tornati tante volte a casa con la capretta invece che con la bestia grossa, perché abbiamo trafficato male e siamo stati degli sciocchi. L'umiltà è questa, non il dire: «Ho solo cinque lire», perché faresti un'offesa a Dio, il quale invece ti risponde: «Te ne ho date centomila».

CONSACRAZIONE religioso

VIRTÙ

umiltà

ESEMPI umiltà

DOTI UMANE

VIRTÙ

umiltà

ESEMPI umiltà

Nel testo registrato don Ottorino usa una espressione dialettale colorita ed efficace: “Semo in braghe de tela”, per dire: siamo ridotti a mal partito.

MI350,10 [7-08-1971]

10 Vedete che c'è tutta una falsificazione dell'umiltà. Sarebbe come se Giorgio dicesse: «Io sono stonato, non sono capace di cantare e di suonare». È umiltà questa? Questa è un'offesa a Dio, alla verità. Perché, se ti do centomila lire, non puoi dire:
«Ah, non ho niente in tasca!».«Brutto lazzaroncello! Ti ho dato poco fa centomila lire: dove sono?».«Le ho in tasca!».«E allora tienile! Riconosci che hai centomila lire e che te le ha date don Ottorino: ammettilo con semplicità e non dire che te le sei guadagnate tu. Se invece te le sei guadagnate, puoi dire: centomila lire me le sono guadagnate io, e don Ottorino me ne ha date diecimila; quanto al resto, sono andato un po' di qua, un po' di là... ho rubato... e me le sono guadagnate. La verità prima di tutto!».L’umiltà è proprio riconoscere che quanto abbiamo l'abbiamo ricevuto da Dio, che con la grazia di Dio siamo anche riusciti a fare qualche cosa, che senza la nostra cattiveria avremmo potuto fare di più, e che abbiamo da compiere cose grandiose, per cui, se il Signore non ci verrà in aiuto, non ne saremo capaci. Tutta qui, tutta qui la sostanza dell'umiltà!Il religioso, invece, che ha centomila lire, cioè grandissime doti, e va in processione mostrandole a tutti con l'ostensorio e dicendo: «Io ho centomila lire, ho centomila lire!», fa la stessa figura di quel bambino che dice: «Io ho il papà che fa il carabiniere!» oppure: «Io ho le scarpe nuove e tu non le hai!». Questa è la brutta figura che cominciamo a fare fin da bambini e che, senza accorgercene, continuiamo a fare da grandi. E questa è superbia!Noi ridiamo perché un ragazzino mostra le sue scarpe nuove e dice: «Io ho le scarpe nuove, io ho le scarpe nuove...» oppure: «Io ho il papà che fa il carabiniere...» e se ne vanta. Noi ridiamo, e giustamente. Però c'è uno in alto che ride ancor più di compassione perché, quando si arriva a vent'anni, si fanno cose più ridicole ancora. Capite? Il bambino non si accorge che commette queste stupidaggini, il ragazzino di dodici anni che ne fa delle altre, il giovane di vent'anni... e si può arrivare a cinquant'anni e farne di più grosse ancora. Ridono gli altri che gli sono vicini, ma lui non ride perché non se ne accorge, in quanto ha cominciato a comportarsi così fin da piccolo.

DOTI UMANE

VIRTÙ

umiltà

GRAZIA

CONSACRAZIONE religioso

ESEMPI superbia

Don Ottorino allude a una caratteristica della zona dei Tretti (VI), dove sorge anche il Villaggio San Gaetano di Bosco.

L’episodio dell’epilettico indemoniato è narrato in Mt 17,14-21; Mc 9,14-29 e Lc 9,37-42. L’episodio dell’epilettico indemoniato è narrato in Mt 17,14-21; Mc 9,14-29 e Lc 9,37-42.

Il riferimento è a Giovanni Battista Battilana, all’epoca nell’anno di noviziato.

Don Ottorino vuol dire che la vera umiltà si può avere anche se concretamente, per debolezza, si commette ancor qualche atto di superbia.

MI350,11 [7-08-1971]

11 La superbia è una brutta malattia; è come l'erre moscia degli abitanti di Bosco di Tretto, dove si nasce parlando in erre e in erre si parla fino alla morte, e gli altri ridono. La superbia è un germe che entra nel sangue: ti prende tutto e tu continui a parlare in erre per tutta la vita, od essere stonato per tutta la vita, e non ti accorgi che sei meschino dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini. Cari miei, nessuno può dire che non parla con l’erre moscia perché siamo tutti di Bosco di Tretto.
Il vero religioso, dunque, come prima cosa è umile, riconosce il suo nulla. Qui naturalmente qualcuno obietterà: «Beh, proprio nulla? E la personalità? E questo... e quello...?». Basta, non discuto per non dire qualche brutta parola.Se non riusciamo a riconoscere il nostro nulla, ma proprio realmente, come abbiamo detto sopra, non illudiamoci: non siamo religiosi. E il non essere religiosi vuol significare per noi fare la stessa figura degli Apostoli ai piedi del monte Tabor, quando si presentò loro un uomo pregandoli di scacciare il demonio dal corpo di un fanciullo: ci provarono per tutta la notte, ma non ci riuscirono. Caro Battista , questa è la storia! Il Signore ci chiama a compiere miracoli, a compiere cose strepitose, a compiere i miracoli della sua grazia, però, se non abbiamo la vera umiltà nell'intimo del nostro animo, pur essendo la nostra vita cosparsa di atti di superbia, che sono peccati, sono miserie, se non c'è almeno il desiderio, lo sforzo di essere umili, fratelli miei, per noi non scatta il miracolo, non scatta la nostra opera: siamo dei medici, ma senza medicine; siamo dei chirurghi, ma senza sala operatoria. Sì, sappiamo suggerire tante belle cose: «Bisognerebbe, bisognerebbe, bisognerebbe...», ma non concludiamo nulla. È come se ci trovassimo su una nave e ci fosse da fare un'operazione: se anche ci fosse il più bravo dei chirurghi, non la potrebbe eseguire se non disponesse neppure di un coltellino. Mai più si metterà a grattar con le unghie sul ventre dell'infermo per fargli un'operazione d'appendicite! Sì, è vero che un tizio, una volta, ha aperto il ventre con il trapano, ma... bisogna avere il minimo d'attrezzatura!

VIZI superbia

DIO

CONSACRAZIONE religioso

PAROLA DI DIO Vangelo

VIRTÙ

umiltà

GRAZIA

Il riferimento è a Lino Zuin, giovane chierico di venticinque anni, morto in un tragico incidente di gioco nel cortile della Casa dell’Immacolata, schiacciato da una trave di ferro, il 18 gennaio 1969.

Centro abitato a pochi chilometri da Vicenza, da dove proveniva don Aldo e molti religiosi della Congregazione.

MI350,12 [7-08-1971]

12 «Il vero religioso - ed ho finito - si sente un nulla, accetta tutto», cioè accetta e sa accettare tutto dalle mani di Dio. Non chiede le ragioni: «Perché, Signore, perché questo?», anzi dice: «Il Signore l'ha permesso: sia fatta la volontà di Dio! Io non voglio indagare sul perché ».
Quando è morto Lino, la povera mamma ha detto nel grande dolore: «Sì, va bene... Che volete? Il Signore ha permesso questo: ormai è morto; è inutile che ci mettiamo a bestemmiare contro l'uno, l'altro... È successo così!». Il religioso, insomma, sa accettare le cose dalle mani di Dio. Naturalmente, accettare non vuol dire: «Beh, sì! Allora attendo qui; chissà che... arrivi la porta di casa mia! Intanto io attendo con la chiave in mano ». No! Devo andare in cerca della porta di casa e, se poi sbaglio porta, pazienza: ho sbagliato!II vero religioso «collabora attivamente con Dio», cioè sa accettare, ma collabora in forma attiva con Dio.Ed «è pago di piacere a Cristo», cioè è contento di piacere a Cristo.Mi ha fatto tanta impressione, e me la sento spesso risuonare all'orecchio, la famosa filmina «La danza del diavolo», dove si rappresentava un bambino che cantava, cantava ed era contento perché gli bastava piacere alla mamma. Ricordate? A lui bastava questo. Ad un dato momento si è introdotto il demonio, l'amico, che gli ha suggerito: «Non capisci? Sta’ attento!». In un primo tempo a lui bastava piacere alla mamma, poi è subentrata l'invidia, sono subentrate le cadute, mentre prima gli bastava piacere alla mamma.Ecco il vero religioso è conscio del proprio nulla, si pone totalmente a disposizione della causa del Cristo in forma attiva, mettendo al suo servizio tutte le proprie qualità e sviluppandole, è contento di piacere al suo Dio e, dopo, si sforza di piacere anche agli altri. Ma anzitutto lui è preoccupato di piacere al suo Cristo.Allora abbiamo il santo, abbiamo il prete che, entrando in un paesello, piccolo come Ars, diviene improvvisamente luce per tutti i parroci del mondo; entrando in un convento di clausura, diviene luce per tutte le religiose del mondo, come lo fu Teresina di Lisieux, la quale in pochi anni riuscì a rischiarare il mondo intero.Se non camminiamo per questa strada saremo, invece, della schiera dei tanti che sono venuti su questa terra e poi sono andati a finire al cimitero.Passando l'altro giorno in auto per Povolaro e guardando verso quel cimitero, dicevo al diacono Vinicio: «Quanta gente fra quelle quattro mura in mezzo ai campi! Quanta gente che io conoscevo, con la quale ho conversato e sono stato insieme, ed ora non c'è più!». Tra un po' d'anni passeranno altre auto vicino ad altri cimiteri e dentro ci saremo anche noi.Quello che di noi resterà dopo la morte sarà quello di cui abbiamo parlato questa mattina.

CONSACRAZIONE religioso

VOLONTÀ

di DIO

DOTI UMANE collaborazione

CROCE Demonio

DIO amore a Dio

NOVISSIMI morte