1. Anzitutto gli avvisi parrocchiali.Per quanto concerne la benedizione delle case e delle stalle, caso mai benedirà don Giorgio, vero, se vuoi fare sta settimana la benedizione delle case, eccetera. A proposito della benedizione delle case: villa San Giovanni bisogna benedirla un momento o l'altro. E penso che per la benedizione sarebbe giusto che ci fossero anche presenti coloro che hanno lavorato o pitture o qualche cosa. Comunque ghe xe il conte Giuseppe, vero, dei conti Valeri, sa... savì che per gli amici quella se ciama "trattoria da Bepi", "trattoria da Bepi". Ieri sera è stata inaugurata con sua Eccellenza mons. Fanton e tutta la squadra la cucina, e penso che non sarebbe mica male che, un momento o l'altro, trovare il modo di trovarsi magari insieme lì, magari domenica pomeriggio verso sera, o qualche cosa e che, vero, quelli che hanno lavorato avessero anche a vedere se funzionano bene le cucine; non dico mica un pranzo... comunque lasciamo alla discrezione del proprietario, del gerente, chiamatelo quel che volete.Seconda cosa. Il nostro carissimo don Guido è partito per Genova, non per imbarcarsi, e sarà seguito a ruota dal caro don Girolamo. È partito per Genova per far esperienza dei famosi "de colores", no? Lo sapevate già più o meno. Ecco, io direi: siccome vanno per un'esperienza nuova, incomincerà questa sera, almeno un'Ave Maria alla Madonna per seguirli un pochino perché loro vanno per portare a casa qualche cosa, in modo che lo Spirito Santo li illumini che se c'è qualche cosa che è buono per noi o per l'apostolato nostro possano portare a casa.Direi: segnaliamo al Signore anche un'altra cosa. Siamo messi nei pasticci un po' per il famoso Antico Testamento da tradurre in cecoslovacco. Perché, sapevate, in primo momento ce lo hanno dato a noi, poi volevano darlo alla Poliglotta Vaticana, poi, insomma, sono ripiegati, sono venuti qui. Noi avevamo promesso di farglielo subito, sicuri di una promessa in Bologna che entro, dal venerdì santo quando abbiamo ordinato le matrici, entro una quindicina di giorni avremmo avuto qui le matrici; invece le matrici sono arrivate lunedì, ma sono arrivate le matrici italiane senza le matrici speciali che avevamo ordinato per quella lingua, e hanno detto che quelle speciali ce le consegneranno ai primi di giugno; poi, urtando, hanno detto metà maggio. Quindi non possiamo... Il vescovo cecoslovacco era venuto qui la settimana scorsa per vedere come va il lavoro.Ieri abbiamo girato tutta Italia, e per telefono, e per una parte, l'altra, finalmente, dai Padri Armeni di Venezia, a Milano, e qua e là... finalmente ci sembrava di aver trovato a Udine una tipografia che diceva di aver le matrici ed era disposta a farci il lavoro subito. Subito don Girolamo - allora ecco perché non è partito con don Guido - via a Udine e viene a casa dicendo che ne hanno soltanto alcune matrici e non possono fare il lavoro. E allora qui a casa abbiamo trovato finalmente una... forse il più grande complesso di linotipe, vero, di Milano, che lavora per Mondadori, che ha detto: "Siamo disposti a farvelo, che lavorano per monotype. Per noi le matrici non fanno problema perché le facciamo al momento", hanno detto. Perciò stamattina Floriano con don Girolamo sono andati a Milano, o partiranno fra poco. Hanno già preso appuntamento con il principale per le dieci, dieci e mezza, questa mattina e dovrebbero combinare qualche cosa. Ho detto: o per fas o per nefas che combinino, che possibilmente porti a casa Floriano, perché sono andati in macchina, vero, e don Girolamo proseguirà in corriera per Genova, Floriano torna qui, che porti a casa possibilmente una pagina composta in cecoslovacco; ovvero, se non è possibile questo, almeno il carattere con il quale comporremo quella pagina.Perché essendo che io domani devo andare a Roma, a Roma vorrei avvicinare i cecoslovacchi e dire: "Guardate che questi, quelli di Milano, hanno detto che entro un mese, un mese e mezzo ci danno tutte le veline; lavorano giorno e notte... han detto: "Guardate, un mese, un mese e mezzo noi vi diamo tutte le veline composte e tutto". Allora anzi guadagneremo tempo... Perderemo un mezzo milione, perderemo qualcosa, ma d'altra parte, parola è parola, e val la pena di perdere. Giusto, no? Vorrà dire che lavoreremo qualcosa di più di notte con la macchina da stampa, ma quando che si è data la parola, la parola bisogna mantenerla. Abbiamo detto: "Lo facciamo", abbiamo promesso a Roma che i testi, i primi testi dell'Antico Testamento glieli consegneremo entro la metà di luglio; entro la metà di luglio, lavorando di notte, dobbiamo consegnarli. Perderemo, supponiamo, mezzo milione nella composizione; quel mezzo milione lo riprenderemo con il lavoro di sera, facendo ore straordinarie con le macchine offset. Giusto, no? No, tanto per dirvi che la parola è parola e quando si è data la parola bisogna mantenerla... Ora domani porteremo, porteremo lì ai nostri amici cecoslovacchi qualche cosa e assicurando che il lavoro viene fatto, dando anche i tempi di lavorazione.
MO305,2 [29-04-1970]
2. Ecco, e concludo con gli avvisi parrocchiali con un'altra notizia.Voi sapete che per il passato io avevo accennato a un desiderio intimo di fare qualche piccola pellicola sul Vangelo. Ricordate? Ultimamente don Massimo e don Angelo mi hanno consegnato una rivista, "L'Europeo", dove era stata descritta quella famosa cassetta, video cassetta, è stata presentata alla mostra del Giappone che sconvolgerà un pochino tutto, un pochino il sistema del cinematografo, eccetera, in quanto che avremo il cinematografo in casa. Basta prenderti un nastro e hai quello che vuoi. Ora, si avvera quello che hanno detto tanto don Angelo e don Massimo, che i figli delle tenebre sono più furbi dei figli della luce. Verrà il momento, e guardate che le lanceranno nel mercato queste cassette entro il 1970, verrà il momento che nelle nostre case i nostri giovani, le nostre famiglie avranno di tutto fuorché i programmi religiosi, avranno di tutto fuorché catechismo. E allora, mi dicevano appunto don Massimo e don Angelo: “Guardate, fate una carità. Anche se voi doveste fermare due, tre missionari, ma fermarli, proprio missionari che non, mai... - Per esempio, don Giuseppe che viene qui, e invece che vada a fare il missionario in America dovesse star sempre chiuso in una stanza per far cinema, no? - Per conto nostro sono giustificate quelle due, tre vite sacrificate”. Perché? Perché sono quelle che domani fanno più apostolato degli altri: danno le armi per gli altri. Chiaro? Ora, in vista di questo, come abbiamo lanciato il Vangelo stampato, e vedete come adesso... Sapete che abbiamo una richiesta anche in arabo. Non so se lo sappiate, no, lo sapete? Dunque c'è una richiesta... è un rabbino, un certo... loro lo chiamano rabbino, è andato a Milano attraverso una professoressa di Genova e ha chiesto un preventivo per cinque, diecimila copie in arabo del Vangelo, e aspettano il preventivo. Loro fanno le veline, là... Giorni fa, sabato scorso è venuto qui mons. Mason, quel vescovo comboniano, e anche quello ha detto: "Guardi, io ho chiesto, m'interesserebbero per un certo padre, insomma, diecimila copie di arabo”. Sicché, se adesso uniamo quelle per la Palestina, la parte araba, si uniscono un po' gli altri, verrebbero fuori ventimila copie, il preventivo lo facciamo per ventimila copie avvisando gli uni che ci sono anche gli altri. Ora, come ci siamo lanciati su questo, è giusto che ci lanciamo anche sull'altro campo.E adesso che è arrivato il nostro carissimo don Zeno, possiamo cominciare la nostra santa meditazione. Eh, ci sono stati gli avvisi parrocchiali!
MO305,3 [29-04-1970]
3. Domenica sera i nostri dilettissimi fratelli in Gesù Cristo di liceo hanno avuto una sortita, un'uscita, e sono andati a Monte Berico. Un po' più tardi ho pensato... non male di loro.. non che io abbia pensato: “Vado a vedere dove sono andati”. Ho detto: “Ma, poveretti, sono andati su in bicicletta fino ai piedi del monte”; poi sono andati su a piedi, no? O siete andati su in bicicletta? Non si sa... Ho detto: “Poveretti, chissà quanto stanchi sono! È giusto che andiamo lassù a portare un po' di rifornimento; andiamo su, paghiamo qualche cosa, eccetera”. E, arrivati al piazzale, li abbiamo visti in fondo. E allora ci siamo messi un po' lontani per non farci scorgere: due dei manigoldi che erano con me sono smontati dalla macchina e sono andati piano piano, fingendo di essere di passaggio, come due pellegrini... Sennonché invece di trovare Esaù abbiamo trovato Giacobbe. C'è stato soltanto un cambiamento di pelo, no? Invece che trovare i liceali, abbiamo trovato, sì, ben, abbiamo trovato i bambini dell'asilo, cioè dico, scusate, il noviziato... sbagliavo, eh! E allora, e allora, i bambini naturalmente chiedono subito la caramella, el momon: "Ci paga qualche cosa, papà? Ci paga qualche cosa?". Eh, cosa vuoi... Allora il papà finge di non pagar niente, finge di andar via in macchina, dopo si ferma in fondo; allora batte le man, e allora tutti di corsa i bambini: speranza di aver qualcosa. Beh, vediamo: "Cosa volete? Cosa volete?” “Qualche cosa di caldo perché è freddo, qualche cosa di caldo!". E siamo andati verso il “Pellegrino”.Quando siamo arrivati là c'erano tutte le porte chiuse. Ma siccome queste sono anime sante, appena arrivati lì... siamo lì che... "Sentite, voi avete visto la buona volontà, avete visto tutto, capite anche voi". Subito si alza la saracinesca, si apre la porta. "Ahi, - ho detto - stavolta ci sono!". Ed ecco viene fuori quel frate là, quello che fa "e e e e", con due, tre persone, e digo... E allora uno comincia a domandare: "La porta è aperta in senso unico o è aperta in doppio senso?". El frate: "Ve dentro, cari, ve dentro, ve dentro". La signorina, là, ha detto: "Beh, venite dentro, presto”. Abbiamo... e abbiamo ordinato una china per tutti. Quanti eravamo? In quattordici. Quando è arrivato il momento del conto, io ho aperto il portafoglio e ho detto: "Quanti soldi io devo tirar fuori?". "Tremila lire", ho detto, "Due, tremila lire". Tiro fuori tre mila lire, ho detto: "Vediamo un po' cosa ci domanderà: centocinquanta, centoquaranta, centotrenta all'una?”. Calda, col limone dentro, sa, tu, Zeno, cosa costerà? Centotrenta, centoventi... Fatto sta, insomma, che quando è stato il momento di pagare... mille lire di tutto, mille lire di tutto! Ciò, io mi aspettavo di pagare di più, no, invece ho pagato meno; e sono stato contento perché, contenti loro e contenta anche... perché non ho mancato tanto di povertà.
MO305,4 [29-04-1970]
4. Un'altra volta invece ci trovavamo là a New York in un famoso ristorante. Eravamo noi due, no, quella volta del vin de Soave. Porta el conto, beh, vino Soave, Gambellara... mi pensavo che costasse centoventi, centotrena franchi al litro. Giusto, no? Quant'era? Neanche mezzo litro, no, una bottiglietta lì, un quarto; e tre dollari e mezzo, mi pare, no? Tre dollari e mezzo. Ci siamo guardati: caro Soave, caro Soave, no? Con tre dollari e mezzo in Italia se fa na bala, e là invesse, e là invesse... Ma ce l’hanno presentato però col tovagliolo attorno, ce l’hanno presentato... col ghiaccio, col carrello, el mesteleto, là, el giasso dentro... Soave, Soave, Soave el conto, vero!Ora, ecco il punto della nostra meditazione: mi aspettavo di pagare di più e ho pagato meno e sono stato contento; mi aspettavo di pagare meno e ho pagato di più e el vin el me xe andà par traverso. Xe vero? Beh, insomma... el xe andà par traverso! Abbiamo riso di gusto, vero, Zeno? Ora, state attenti, non vi pare che è così tante volte per noi? Tante volte noi ci aspettiamo a scuola, ci aspettavamo perché ormai per noi è finita, no, di prendere otto; ti prendi un sei e stai male; ti aspetti di prendere un sei e prendi un otto, e stai bene, no? Tante volte è una cosa molto soggettiva. Se tu fai male un compito e dici: "Stavolta mi va male, stavolta mi va male"; ti rassegni a prendere un cinque, ti capita un sei, sei tutto contento. Un'altra volta sei convintissimo di aver fatto bene, ti capita un sei e stai male. Eppure hai preso sei, no? Don Giuseppe, lei che è professore...Ora, mi pare che tante volte nella vita le croci ce le facciamo più pesanti proprio noi, proprio noi. Perché? Perché ci mettiamo in un atteggiamento che bisogna pagare poco o bisogna pagare tanto, no? Ora, sentite: è proprio questo che io vorrei sottolineare questa mattina partendo da questo volume qui. Noi sacerdoti, religiosi, diaconi, dobbiamo pensare che, in modo particolare più dei cristiani, dobbiamo pagare, dobbiamo pagare un conto, abbiamo un conto da pagare. Il conto da pagare è il conto dei nostri peccati e il conto dei peccati degli uomini.Prima cosa: bisogna che ci convinciamo che quando abbiamo fatto un peccato resta qualche cosa... Va bene che noi domandiamo perdono a Dio, ma resta un debito di pena, no? Tu spacchi questi vetri qui: va bene, tutto quello che vuoi, bello fin che vuoi, io ti perdono, ma adesso bisogna tirar via i tocchi, bisogna mettere a posto il vetro, bisogna comprarghene un altro. Giusto, no? Insomma c'è un lavoro, una spesa, no? E qualcuno bisogna pur che paghi sta roba qui, bisogna rimettere a posto l'equilibrio. Poniamo ipotesi adesso: uno di voi commette un peccato impuro, un peccato impuro voluto, volontario, eccetera. Va bene. Poi capisce: "Cosa che ho fatto! Vado a confessarmi". E là: "Ego te absolvo...". Tutto a posto! C'è ancora un debito. Avete spaccato un vetro: il papà di casa vi ha perdonato, ma adesso bisogna rimettere a posto l'equilibrio. È sbagliato? C'è un vetro da pagare, ci sono i frantumi da mettere a posto. E i frantumi tante volte sono un habitus, uno strascico, una debolezza: sei diventato debole in quel punto lì, e ogni peccato ti rende più debole, ed è più facile che poi tu possa cadere. I xe i tochi de vero che xe in giro: te poi sponciarte, vero, bisogna tirarli via, tirar via tutti i tochi de vero, e bisogna pagare, pagare perché tu hai offeso la giustizia di Dio, e questo pagare vuol dire che bisogna fare penitenza.
MO305,5 [29-04-1970]
5. Ora, amici miei, ci rendiamo conto noi che dobbiamo fare penitenza per i nostri peccati? "Ma io - dirà qualcuno - non ho mai fatti peccati mortali". Ma avessi fatto anche un solo peccato veniale, tu devi pagarlo quel peccato veniale. Poniamo ipotesi che in un colpo di nervi, in un colpo di rabbia, io prendo, supponiamo, l'orologio di Zeno e lo butto per terra e glielo spacco. C'è una cosa: io devo domandare perdono a Zeno, ma dopo devo andare a prenderghe l'orologio, farghelo mettere a posto e pagare, no? Sono due fatti. Uno, uno: io devo ottenere il perdono; secondo: devo rimettergli a posto l'orologio. E se potessi dovrei dargliene due orologi, ma almeno restituire l'orologio come era prima, almeno. Questo è il minimo che io posso fare nella penitenza: ridare a don Zeno l'orologio come era prima, come minimo, e domandare perdono. E poi, cercare di amarlo di più per fargli dimenticare, se fosse possibile, vero, che sono stato cattivo con lui, o meglio, riparare con l'amore a un atto di scortesia o di cattiveria che ho avuto verso di lui. Ora, ogni peccato veniale per quanto piccolo sia, direi ogni imperfezione, come minimo è un atto di scortesia, di imperfezione; è un atto di cattiveria il peccato veniale, è un atto criminale il peccato mortale. Ora, se io ho mancato di scortesia verso uno, ho mancato per cattiveria, di cattiveria, o se sono stato criminale, amici miei, prima devo domandare perdono e poi devo riparare, devo riparare.Voi direte: "Ma, allora, c'è tanta gente che non ripara, tanta gente che non capisce sta roba qua! Va a confessarsi e si accontenta de una assolusion; il prete gli dice: "Dieci Ave Marie", e loro tutti contenti”. Purtroppo ci sono tanti che non capiscono queste cose qui. E allora cosa capita? Che nella casa nostra, quando un ragazzo rompe un vetro domanda perdono alla mamma, e il papà deve prendere i soldi per pagare il vetro e la mamma deve rassegnarsi a far pulizia alla casa, no, e il figlio, tutto contento magari va al cinema... Purtroppo è così, tante volte è così: che il figlio commette l'errore, domanda perdono, e il papà e la mamma perdonano e dicono: "Ripariamo noi". Uno va a lavorare un'ora di più e l'altra lavora per mettere a posto, per rimettere a posto un pochino la casa.Ora, amici miei, noi religiosi, quando abbiamo detto di sì al Signore, abbiamo accettato il compito del papà e della mamma: che ottiene il perdono per i fratelli, ma che poi accettiamo di pagare al posto dei fratelli. È giusto o è sbagliato? Cioè, io vado in una parrocchia, io vado in una parrocchia, che sia a Roma o che sia in America Latina, io vado a portare ai fratelli il perdono di Dio, il perdono di Dio, e a mettere a posto il vetro che è stato rotto. Ora, se i miei fratelli non lo fanno, per ignoranza o perché non hanno una preparazione spirituale sufficiente, non c'è niente da fare: il vetro, se non vogliamo che entri il freddo d'inverno, deve essere messo a posto. L'orologio, deve essere riparato, e se non lo ripara quel povero americano o quella povera creatura di Roma, lo devo riparare io. Perché? Perché io sono il padre di casa, perché Dio ha chiamato me a capo di questa famiglia. Perciò, non è tanto che io sia a capo perché faccio un ingresso trionfale o perché metto su quattro strasse rosse; sono a capo perché devo mettere a posto la casa, e devo rimettere l’equilibrio nella casa.Se non abbiamo capito questo, amici miei, abbiamo capito, mi pare, poco o niente della nostra missione apostolica, sacerdotale o diaconale. Siamo chiamati ad andare nei vari posti del mondo ad essere i mediatori del perdono di Dio e i pagatori, diciamo, i pagatori della china, se si tratta di china, o del vin de Gambellara o de Sorio, vero, se si tratta del vin de Gambellara o di Sorio.
MO305,6 [29-04-1970]
6. Ora, su questo argomento vorrei leggervi una paginetta."Gli angeli... - è sempre lui che parla agli Apostoli, no? - Gli angeli, spiriti puri e perfetti, viventi nella luce della Santissima Trinità e in essa giubilanti, nella loro perfezione hanno, e riconoscono di averla, una inferiorità rispetto a voi, uomini lontani dal Cielo. Hanno l'inferiorità del non potersi sacrificare, del soffrire per cooperare alla redenzione dell'uomo. E che vi pare? Dio non prende un angelo per dirgli: "Sii il redentore dell'umanità". Ma prende suo Figlio. E sapendo che, per quanto sia incalcolabile il Sacrificio e infinito il suo potere, ancor manca - ed è bontà paterna che non vuole fare differenza tra il Figlio del suo amore e i figli del suo potere - alla somma dei meriti da contrapporsi alla somma dei peccati che d'ora in ora l'umanità accumula, ecco che non prende altri angeli a colmare la misura e non dice loro: "Soffrite per imitare il Cristo", ma lo dice a voi, a voi uomini. Vi dice: "Soffrite, sacrificatevi, siate simili al mio Agnello. Siate corredentori...".Ecco, guardate, San Paolo lo dice chiaro, no: "Bisogna completare quello che manca alla passione del Signore". Non è che il Signore non avesse potuto lui pagare, ma perché l'Eterno Padre ha voluto così: una parte la paga Gesù, una parte la paghiamo noi con la grazia di Gesù, no, che dà potere, che dà forza, che dà valore, diciamo, alla nostra sofferenza. Noi siamo però chiamati a completare il calice, a rimettere a posto la misura.Ora, state attenti: facciamo conto che ci sia una bilancia qui. Qui c'è il male, qui c'è il bene. Il male che gli uomini continuano a buttare su, no, peccati. Gesù ha dato un colpo alla bilancia, meraviglioso. Però, per rimettere l'equilibrio e fare in modo che abbia da essere il bene superiore al male, il Signore ha stabilito Gesù, San Piero e giù tutte le anime buone, in modo particolare noi consacrati. Ora non possiamo far mancare sopra la bilancia il peso della nostra, vorrei dire, offerta, della nostra offerta di sacrificio, perché finiremmo per far mancare una cosa essenziale.Ora, state attenti, supponiamo che il Signore dicesse agli angeli del Paradiso: "In terra, per mettere a posto la bilancia ci vorrebbe ancora un altro redentore, un altro per completare, no? Ci sarebbe fra voi qualcuno disposto a incarnarsi come il Figlio e discendere ad essere crocifisso, eccetera, eccetera? Alzi la mano". Non hanno mica le mani, ma supponiamo che alzino le ali, vero. Bene! Ditemi voi, quanti angeli direbbero al Signore: "Ecce, mitte me?". Io penso: tutti, no, e si sentirebbero onorati e gioiosi di accettare l'imitazione del Verbo incarnato. E direbbero: "Padre, se c'è bisogno di uno, dammi il privilegio", direbbe San Gabriele, no, San Raffaele. Tutti gli angeli del Paradiso sono certissimo che direbbero: "Padre, ecco: com'è andato il Verbo, anch'io, eccomi qua pronto". Ora il Signore non lo dice agli angeli, ma lo dice a noi. E quando ha chiamato don Matteo e ha detto: "Vieni, vuoi farti religioso?", ha detto: "Senti, caro don Matteo, sei disposto, per piacere, a imitare Gesù: “exinanivit semetipsum, factus oboediens usque ad mortem", eccetera, eccetera, per salvare i tuoi fratelli?". E lui ha detto di sì.Allora, scusate: capite che proprio qui c'è il fondamento della nostra carità, della nostra unione?
MO305,7 [29-04-1970]
7. Quando andiamo in una Comunità: "Ma, sa, c'è da soffrire". Lo sapevi già, non ghe xe gnente da fare. Sarebbe come dire che una mamma va a trovare la figlia sposata, e: "Mama, sa, son drio diventar madre anche mi, ma sento la sofferenza". "Scusa, ma non te ghe vossudo provare? Te savevi xà che per diventare mamma bisognava soffrire le doglie del parto. È chiaro? Sapevi già!". "Ma, sai, el toseto alla notte el fa pipì in letto, eccetera, el me sveia". "Te lo savevi xa, cara, benedetta dal Signore. Volevito sposarte e avere i fioli che i vegnesse xo che i gavesse xa venti anni e che i ndasse a lavorare? No, ah! La natura... te savevi... È una cosa così naturale!".Ora, amici miei, volete pretendere voi di andare domani missionari e non trovare delle difficoltà in seno anche alla Comunità stessa, nella comunità parrocchiale? Scusate: ma se è venuto dal cielo Gesù Cristo e ha trovato tanta incomprensione che l'hanno messo in croce, vogliamo pretendere noi di trovare sempre l'osanna e mai mai il "crucifige"? Di trovare la piena comprensione, e mai che non ci sia qualche piccola cosa, qualche piccolo screzio nella nostra famiglia? Noi ce la metteremo tutta perché ci sia questa carità, noi, ognuno di noi deve pagare di persona il frutto dell'unità e della carità; ma dobbiamo mettere in preventivo che involontariamente ci sarà qualche cosa, qualche piccolo screzio, qualche piccola incomprensione, qualcosina di umano ci sarà, qualche colpo di vento, qualche finestra che sbatte, involontariamente, ma ci sarà. Ma in quel momento dobbiamo ricordarci che noi siamo andati là non per fare la bella vita, ma siamo andati là apposta per pagare, perché i fratelli hanno rotto i vetri e bisogna metterli a posto. Quel giorno che noi dimentichiamo questo, abbiamo dimenticato la nostra missione, per conto mio, abbiamo dimenticato la forza anche dell'unità e della carità.Non so se tu, don Giuseppe, che hai girato per il mondo, vero, sei d'accordo con queste cose qua? Se buttiamo via questo, casca el palco, vero? È sbagliato?
MO305,8 [29-04-1970]
8. E io direi, guardate, amici miei: su questo punto qui, specialmente coloro che qualche volta si ritireranno... Ho sentito che il primo maggio alcuni vanno su a Bosco e si fermeranno là a pregare, a meditare. Mettete a fuoco specialmente questa cosa qui. Ma io direi, guardate, amici miei, mettete a fuoco, senza andare tanto lontano... i vetri che avete rotto voi, no quelli che hanno rotto gli altri. Mettiamo a fuoco. Guardate io ho messo a fuoco lassù a Bosco i miei peccati fino a mezzogiorno, e ho pianto i miei peccati. E se mi capita qualche croce dico: "Mi sta bene perché ho peccato". Prima di pagare per gli altri, guardate che non stiamo a fare tanto i santi, abbiamo da pagare i nostri peccati.Se San Luigi Gonzaga è svenuto il giorno che si è presentato al confessionale perché aveva fatto qualche peccatuccio, vero, io non so quanto dovremmo noi, vero, svenire. E invece magari queste confessioni fatte così: "Speta che vao confessarme". Amici miei, ma ci rendiamo conto cos'è il peccato? Io ho paura che col mondo di oggi, col movimento di oggi, vada persa un po' la sensazione di che cosa è il peccato, cosa è l'offesa di Dio. E quando andrete anche voi, qualcuno di voi, vi ritirerete, a Bosco o non Bosco, ma vi ritirerete in meditazione, mettete a fuoco specialmente questa cosa qui: il peccato, l'offesa di Dio, cosa vuol dire offendere Dio, e come ogni peccato, per quanto piccolo sia, rompe l'equilibrio.Guardate, voi sapete che i gommisti hanno un apparecchio per equilibrare le gomme, no? Se una gomma non è equilibrata voi sapete che una macchina non va bene. Non parliamo dei motori elettrici che, se non è equilibrato, tu vedi il motore che cammina in giro per tutta la tola, no? Come capitava con i nostri primi che andavano da un posto all'altro dell'officina da soli, no? Anche perché erano fatti, invece che con il lamierino magnetico al silicio, erano fatti coi fondi de bussoloti, con la lamiera de bussoloti, perciò... Sentivano ancora l'odore dei pomodori che ghe gera dentro o dele sardele, no? Bene, amici miei, quando un motore non è equilibrato, è un disastro. Quando io commetto un solo peccato veniale rompo l'equilibrio di tutto l'universo. Sbagliato? Poco, ma rompo l'equilibrio. Guardate che bisogna che ci rendiamo conto di questo. Ognuno di noi ha collaborato a rompere l’equilibrio, e la penitenza è un equilibrare l’universo. Dio, Dio ha creato tutto "in pondere et mensura", no, tutto nell'armonia; io, uomo, posso rompere l'armonia. La posso rompere in che modo? Ribellandomi: un peccato veniale volontario.Amici miei, mi ricordo...