Meditazioni italiano > 1970 > IL RELIGIOSO DEVE ESSERE SALE E LUCE

IL RELIGIOSO DEVE ESSERE SALE E LUCE

MI304 [22-04-1970]

22 aprile 1970

Don Ottorino inizia in maniera scherzosa, giocando sull’equivoco provocato dalla parola Bosco, dove sorgeva il villaggio San Gaetano; nel bosco di solito ci sono gli uccelli. Il riferimento è a don Zeno Daniele, come dice subito dopo, scherzando ancora con l’allusione alle estasi con manifestazioni di levitazione proprie di alcuni santi: don Zeno sarebbe stato consacrato il 25 aprile, cioè entro pochi giorni.

Già nelle due meditazioni precedenti don Ottorino propone con entusiasmo ed insistenza l’esperienza del deserto.

Il riferimento è al diacono Vinicio Picco, che evidentemente aveva accompagnato don Ottorino nella visita a don Zeno a Bosco.

All’epoca il rettore del seminario diocesano era mons. Giovanni Sartori, figlio spirituale di don Ottorino.

È importante notare come don Ottorino sappia creare un clima speciale attorno alle cose che gli stanno a cuore. Qui suggerisce di fare domanda per l’esperienza del deserto, facendo capire che è un privilegio essere ammessi a farla.

Il riferimento è a Giampietro Fabris, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso teologico.

MI304,1 [22-04-1970]

1. Ricordiamoci che a Bosco, nel deserto del nostro Bosco, c'è un uccello che sta preparandosi ad essere consacrato sacerdote. Ieri, anzi l'altra sera l'ho trovato con la testa che toccava il soffitto della cappella; pregate il Signore che non vada troppo in alto, altrimenti dovremo rifare il tetto! Perciò io vi invito a fare per lui qualche preghierina, come sono convinto che il nostro caro don Zeno sta pregando per noi. Vi assicuro che sta preparandosi bene e sta facendo anche l'esperienza del deserto, mentre si prepara agli esercizi spirituali. L'altra sera mi diceva: “Guardi che è proprio vero che, trovandosi da soli con il Signore, passando qualche ora vicino al tabernacolo, si capiscono certe cose che altrimenti non si capirebbero”.
Ieri mattina, per esempio, arrivati al Vangelo della Messa, ho detto: “Se lo Spirito Santo ispira qualche cosa attraverso i fratelli...», e allora lui ha manifestato quello che il Signore, dopo aver letto il Vangelo, gli aveva fatto capire, insomma quello che aveva provato in quel silenzio, in quel clima di meditazione. Poi mi sono girato verso Vinicio dicendo: “Se il Signore dice qualche cosa anche al fratello...”. Insomma abbiamo fatto una predica ciascuno. È bello vedere come, ormai, nella nostra Famiglia ci siano anime pronte e capaci di incontrarsi con il Signore, che si intendono con lui, che sanno anche restare lì in silenzio con lui. Io mi auguro che possiamo continuare a fare ancora queste esperienze. Ieri il rettore del seminario mi diceva: “Mi permette che un giorno o l'altro venga anch'io a Bosco con voi?”. Intanto ci sono alcuni che non hanno ancora provato questa esperienza e spero che qualcuno ne faccia domanda. Noi, per quanto sarà possibile, concederemo il permesso, anche durante gli esami, se sarà necessario. Fabris mi fa un sorrisetto come per dire: “Magari, invece di andare a scuola!”.

DOTI UMANE esperienza

PREGHIERA deserto

EUCARISTIA tabernacolo

PREGHIERA unione personale con Dio

Per questa meditazione don Ottorino si serve del libro M. VALTORTA, Il poema dell’Uomo-Dio, volume secondo, Tipografia Editrice Pisani, Isola del Liri (Frosinone), 1961. Le citazioni, tratte dalle pagine 374-376, vengono riportate sempre in corsivo senza ulteriori richiami.

Il testo del foglietto a cui don Ottorino si riferisce è pubblicato in DON OTTORINO, Scritti spirituali, pagine 221-222.

Il riferimento è forse a Giuseppe Biasio, del 4° anno del corso teologico, che si dedicava con particolare entusiasmo all’animazione vocazionale.

Il riferimento è a Franco Faggian, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso liceale.

MI304,2 [22-04-1970]

APOSTOLO predicazione;NOVISSIMI paradiso;PAROLA DI DIO Vangelo;DIO sapienza di..; 2. Questa mattina vorrei sospendere le solite meditazioni, e poiché domenica scorsa con i venerabili fratelli del liceo abbiamo fatto insieme una meditazione tratta da questo libro che voi conoscete o che per lo meno avete sentito nominare, qui ci sono alcune frasi messe in bocca a Gesù e che Gesù avrebbe rivolto ai suoi Apostoli, per dir loro come lui li voleva. Poiché noi vorremmo gli apostoli della Pia Società alla stessa maniera, credo conveniente che leggiamo e meditiamo insieme anche noi queste parole, anche perché delle prime di esse ci siamo serviti per preparare il nostro foglietto vocazionale. Nella nostra Famiglia religiosa tutti siamo corresponsabili del suo sviluppo, per cui è bene che, invece di spiegarvi il foglietto ad uno ad uno, vi anticipi che il pensiero lo abbiamo ricavato di qui perché quello che volevamo dire è questo. D'accordo? Il nostro caro Giuseppe è d'accordo? Speriamo, altrimenti pazienza! Leggiamo quindi quello che dice il libro. «Vi parrà che Io mi astragga... Cosa siete voi? Cosa dovete divenire?». Franco , che cosa sei? Che cosa devi divenire? «Voi siete il sale della terra. Tali dovete divenire: sale della terra. Con il sale si preservano le carni dalla corruzione e con la carne molte altre derrate. Ma potrebbe il sale salare se non fosse salato? Con voi Io voglio salare il mondo, per renderlo insaporito di sapor celeste. Ma come potete salare se mi perdete voi sapore?». Non vi pare che il Signore rivolga anche a noi, in questo momento, le stesse parole? Egli ci dice: “Io voglio salare il mondo”. È chiaro che il mondo ha bisogno di sale, ha bisogno di luce, ha bisogno di orientamento. Questo benedetto mondo, che è stato un po' preso dalla materia, che ha deragliato un po' dalla linea sulla quale dovrebbe muoversi, ha bisogno di Dio. E allora il Signore prende degli uomini, oggi come ieri, e li manda a salare il mondo, a convertire il mondo. Chi è chiamato, chi ha una vocazione, è invitato ad andare in mezzo al mondo per spiritualizzarlo, per dire agli uomini: “Servitevi delle cose, ma solo per arrivare in Paradiso, non per rotolare giù nei burroni”; è chiamato non a predicare contro l'uso dell'automobile, ma per indicare la strada attraverso la quale si può andare con l'automobile dicendo agli uomini: “Se percorrete quella strada, a un dato momento trovate un fossato, che potreste passare con un asino, ma non con l'automobile. Perciò, se volete arrivare a destinazione, tornate indietro e fate un giro un po' più lungo, ma guardate che è quella la strada che dovete fare”. Il Signore ci ricorda, oggi come ieri, secondo quanto troviamo nel santo Vangelo, che noi dobbiamo essere il sale, che dobbiamo avere il sapore di Dio per portarlo agli uomini. Gli uomini, quando si avvicinano a noi, hanno il diritto di essere salati da noi, cioè di trovare il sapore di Dio, perché altrimenti noi li inganniamo.

CONGREGAZIONE appartenenza

APOSTOLO animazione vocazionale

COMUNITÀ

corresponsabilità

MONDO

APOSTOLO chiamata

APOSTOLO missione

Il riferimento è al 4° viaggio di don Ottorino in America Latina, realizzato nei mesi di maggio e giugno 1969 insieme con don Girolamo Venco.

La formula latina significa: “Per l’efficacia dell’atto stesso”, e si riferisce all’efficacia dei sacramenti a prescindere dalle disposizioni del ministro.

Raffaele Testolin frequentava all’epoca il 1° anno del corso teologico.

La madre di San Giovanni Bosco è passata alla letteratura agiografica con il nome confidenziale di “mamma Margherita”, appellativo usato dal figlio e dai ragazzi da lui educati. Don Ottorino si rifaceva spesso a questo esempio, anche perché scorgeva un parallelo tra la mamma di San Giovanni Bosco e la sua, tra l’opera del santo torinese e quella per cui si sentiva strumento sulle mani di Dio.

Don Ottorino nomina e scherza con don Matteo Pinton e don Girolamo Venco, ambedue con responsabilità di animazione nella Casa dell’Immacolata, il primo esile e piccolo di statura e il secondo di corporatura più slanciata e robusta.

MI304,3 [22-04-1970]

3. Quando sono stato in America Latina con don Girolamo, ho chiesto a qualche fedele del luogo che veniva a Messa: “Quanto tempo impiegate per venire qui?”. “Tre ore”. Tre ore di strada per venire alla Messa, cioè per venire all’incontro con Dio, con l'uomo di Dio e con Dio. Se fanno tanta strada, hanno il diritto di ricevere. Vengono in cerca di Dio. E se quell'uomo, che va a celebrare loro la Messa, non ha Dio da dare, o se lo fa soltanto “ex opere operato” e non ha altro da dare... amici miei, inganniamo la gente. La gente può condannarci dinanzi al tribunale di Dio e dire: “Io sono venuto e la mia parte l'ho fatta. Ho compiuto tre ore di cammino per arrivare, ho perso una giornata per venire ad attingere acqua, e perché tu hai chiuso i rubinetti? Perché non mi hai dato acqua?”. Dio aveva provveduto, aveva chiamato un uomo, aveva dato delle grazie a quell'uomo, aveva dato un ordine a quell'uomo: andare in quel posto per dispensare l'acqua di vita a quelle anime. Fratelli miei, non possiamo scherzare a questo proposito.
Alla vostra età, qualche volta, dovete sentirvi un po' tremare... Tu, per esempio, Raffaele , ti domanderai: “Quando, fra dieci anni, sarò in quel dato posto, avrò io tutte le grazie che saranno necessarie in quel momento? Se si presenterà a me un piccolo di nome Giovanni Bosco, sarò io il Cafasso, capace di farlo divenire San Giovanni Bosco? Se si presenterà a me un piccolo che si chiama Giuseppe Cottolengo, avrò io tutta la grazia di Dio necessaria per farlo divenire San Giuseppe Cottolengo o San Domenico Savio o Santa Teresina del Bambin Gesù o mamma Margherita? Sarò io capace?”. Quante persone non sono sante a causa di preti che non sono santi! Quante anime sono rimaste ferme nel cammino della santità! Il Signore ha scelto molte anime e lo Spirito Santo le ha portate in alto, ma tante erano condizionate allo strumento umano. Mi pare quindi che una delle cose che qualche volta dovrebbe far tremare un pochino anche voi giovani dovrebbe essere questa: mettersi davanti al Signore e chiedersi: “E io sono preparato?”. E questo non per scoraggiarsi, non per disperarsi, ma per preoccuparsi seriamente. Penso che il pericolo più grande non sia tanto quello delle mancanze gravi, quanto piuttosto quello che trovo qui scritto e che vorrei proprio sottolineare. «Cosa vi fa perdere sapore celeste?». Ecco là don Matteo... una manciatina di sale perché è piccolo, un pizzichetto di sale, mentre don Girolamo è un sacchetto di sale. Beh, un momentino: cos'è che fa perdere il sapore celeste?

AUTOBIOGRAFIA viaggi

PREGHIERA unione personale con Dio

EUCARISTIA S.Messa

APOSTOLO uomo di Dio

APOSTOLO salvezza delle anime

GRAZIA grazie attuali

DOTI UMANE responsabilità

FORMAZIONE direzione spirituale

GRAZIA

DIO Spirito Santo

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

SACERDOZIO paternità

spirituale

Pio Reghellin era un contadino amico che frequentava il villaggio San Gaetano di Bosco di Tretto (VI) e a volte aiutava con tutto quello che poteva essere utile, come ad esempio il letame per le piante di rose.

Il “fontanon” è un abbondante getto d’acqua di straordinaria freschezza e purezza incanalata sul monte Novegno e che sgorga accanto al villaggio San Gaetano a Bosco di Tretto.

MI304,4 [22-04-1970]

4. A questo punto il libro procede con un paragone, che io vi sintetizzerò per fare più presto, perché richiederebbe troppo tempo ad essere letto. Si può descriverlo: eccolo. Supponiamo di essere a Bosco: abbiamo un bicchiere d'acqua salata e con quest'acqua salata dobbiamo salare la minestra. Durante la guerra, invece di salare con il sale, ci servivamo di un liquido salato, e si versava un mestolo di questo liquido nella minestra invece di buttarvi dentro una manata di sale. Non è lo stesso? Se, per esempio, avessi da salare la minestra, prendo un mestolo di acqua dal mare e ve lo verso dentro e così riesco a salare la minestra. Bene! Se io ho un bicchiere di acqua salata, che mi deve servire per salare la minestra, e vi metto dentro...
I nostri amici stavano un giorno a Bosco accudendo ai rosai: erano già andati da Pio e avevano prelevato con la carriola il letame vicino alla casa, lo avevano portato su e sotterrato con il badile. Se io avessi preso un cucchiaino di quella mistura putrida e l'avessi gettata in quel bicchiere, assaggiando quel liquido sentirei ancora il sapore di sale, ma non credo che uno prenderebbe quel miscuglio e lo verserebbe per salare. Vi pare? Ha ancora sale, ha ancora sale, quel liquido è ancora salato, però è sporco e non si può usare; se si potessero togliere le impurità, resterebbe ancora un bicchiere d'acqua salata. Ma se io prendessi un cucchiaio d'acqua dal “fontanon” e lo versassi nel bicchiere? Beh, è ancora acqua salata. Se versassi due cucchiai, tre cucchiai, dieci cucchiai... diecimila cucchiai d'acqua, naturalmente non più nel bicchiere, ma, allora, in qualche recipiente più capace, quando io ho versato dentro diecimila cucchiai di acqua dolce nell'acqua salata, io non posso più adoperare quell'acqua per salare la minestra. È chiaro? A un dato momento è diventata acqua dolce, perché quel bicchiere di acqua salata si è perso in diecimila cucchiai o in diecimila bicchieri d'acqua dolce. È giusto il paragone? Quel bicchiere d'acqua salata sporca è sporco, intendiamoci bene, ma è acqua salata: se si riuscisse a togliere lo sporco, resterebbe ancora acqua salata; ma se io vi aggiungo una notevole quantità di liquido non salato, a un dato momento non è più acqua salata.

DIO sapienza di..

VIRTÙ

sapienza

L’esternato era la scuola Ferdinando Rodolfi per allievi semiconvittori, dove i giovani religiosi della Casa dell’Immacolata prestavano servizio di assistenza e di animazione.

All’epoca nella Casa dell’Immacolata c’era un complessino, animato dai giovani, che offriva serate di musica e canti.

Il riferimento è all’episodio della donna adultera, narrato da Gv 8,1-11.

È evidente l’esagerazione, ma don Ottorino vuol far notare la grande responsabilità dell’apostolo.

MI304,5 [22-04-1970]

5. Usciamo dal paragone, e prendiamo un giovane, ad esempio Raffaele, che è l'uomo della giornata e attira l'attenzione. Supponiamo che tu, Raffaele, sia un bicchiere d'acqua salata: sei venuto qui, hai il diploma di maturità classica, sei maturo anche se sei giovane, potresti frequentare l'università e invece tu dici: “No, resto qui; voglio essere del Signore”. Dunque sei un bicchiere d'acqua salata che desidera andare a salare il mondo. Supponiamo che quest'oggi combini una grave mancanza: vai all'esternato e, insisti oggi e insisti domani, un bel momento cedi e metti al mondo un bambino. L’esempio è portato agli estremi. Che ci vuoi fare? Tu, poi, diventi rosso, celeste e ti domandi: “Che faccio, che non faccio?”, e cerchi di affrontare le conseguenze: “La sposo o non la sposo?”. Beh, un momentino! Con una azione del genere che cosa hai fatto? Hai gettato in un bicchiere di acqua salata una manata di sporcizia, di pantano, di letame. Però, però, se tu ti penti, supponendo che non ci siano conseguenze, può darsi che la tua acqua divenga più salata di prima. Hai fatto bene? Neppure per sogno!
Supponiamo invece che tu non faccia questo, ma che a un dato momento perda la testa con il complessino , con la musica, con lo sport. Che male c'è mettere un cucchiaio d'acqua del «fontanon» in un bicchiere d'acqua salata? Niente, per carità! Che male c'è interessarsi dello sport, del complessino, della politica? Nessuno! Ma, ma... un cucchiaio e poi un cucchiaio e un cucchiaio e un cucchiaio... a un dato momento dov'è l'acqua salata? dov'è l'apostolo? Non c'è niente di male! Peccati? No! Però c'è un peccato grande, il peccato di omissione: al momento di salare non c'è più sale. Questa è la storia! Ecco, il pericolo oggi è questo, per conto mio, nella nostra casa. Sbaglio? Il pericolo non è tanto il male, perché esso può capitare, è vero, ma il perdersi in tante piccole cose. Scusate: mi avete forse sentito gridare, gridare forte forte, quando c'è stata qualche caduta, quando è capitata a qualcuno qualche disgrazia? Lo possono dire i singoli qui presenti: credo che molti dei presenti sappiano d'averne combinate di grosse, grosse, grosse e di avere trovato sempre il cuore di un papà perché vale sempre la frase di Gesù: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra!”. Io ho visto piangere, di giorno e di notte, alcuni di coloro che sono qui presenti, per avere combinato mancanze veramente grandi e grosse, e vi dico che sempre hanno trovato il cuore di un papà. Io sfido coloro che veramente sono venuti a confessare: “Ho sbagliato”, ad affermare che io li abbia rimproverati e che abbiano perso l'affetto, l'amicizia, la stima da parte di don Ottorino. Però, mi avete trovato forte, inesorabile e duro quando ho visto che si voleva mettere acqua e acqua e acqua in quel bicchiere di sale che è destinato a salare le anime, a salare il mondo. Perché? Perché un domani le anime verranno a prendere acqua salata, non acqua, e faranno migliaia di chilometri a piedi per venire in cerca di sale. Quando, durante la guerra, si andava al mare per provvedersi di acqua per salare, si cercava acqua salata, non acqua dolce. Capite? Le anime hanno il diritto di ricevere da noi quest'acqua. Ecco perché il pericolo enorme che incombe è questo: possiamo avere troppe cose che ci diluiscono. Che male c'è se si legge questa o quella rivista? Non c'è male, ma bisogna che ci sia una proporzione, perché voi siete gli uomini di Dio, voi dovete dare Dio alle anime. Perciò alla base ci dev'essere l’unione intima con il Signore, l’interesse per le cose di Dio, per la Sacra Scrittura, in modo particolare per il Vangelo, per i libri santi. Dovete immagazzinare dentro di voi tutte quelle energie spirituali che poi porteranno a parlare di Dio. Quindi dovete cercare non solo lo studio della Sacra Scrittura, ma anche quello della teologia, dei decreti conciliari, ma sempre con lo scopo di portare Dio nel mondo, non per accontentare soltanto l'intelligenza. Dovete sfruttare tutti i doni di intelligenza che Dio vi ha dato, ma ponendo come base la fede, l’unione con il Signore. Sono fuori di strada, fratelli? Queste verità sono espresse molto bene in questo testo: adesso ve lo leggo. «Cosa vi fa perdere sapore celeste? Ciò che è umano».

APOSTOLO vocazione

APOSTOLO chiamata

CONVERSIONE pentimento

PECCATO passioni

PECCATO omissioni

APOSTOLO

DOTI UMANE amicizia

DOTI UMANE stima

DOTI UMANE responsabilità

GRAZIA Confessione

FORMAZIONE

DOTI UMANE studio

DOTI UMANE intelligenza

APOSTOLO uomo di Dio

APOSTOLO vita interiore

DIO rapporto personale

PAROLA DI DIO Vangelo

PAROLA DI DIO Sacra Scrittura

VIRTÙ

Cioè il pericolo di morire nella vita spirituale come muore fulminato chi tocca i fili dell’alta tensione.

MI304,6 [22-04-1970]

6. Perché? Perché è umano!
«L’acqua del mare, del vero mare, non è buona a bere tanto è salata. Eppure, se uno prende una coppa di acqua di mare e la getta in un’idria di acqua dolce, ecco che può bere, perché l'acqua di mare è tanto diluita che ha perso il suo mordente». Ah, che brutta cosa che un apostolo perda il suo mordente: “È come uno di noi! - dice la gente - Si prova piacere a stare con quel prete: è come uno di noi»! Ha perso il suo mordente del divino. Che brutta cosa che un apostolo perda il suo mordente del divino e che si dica: “È come uno di noi, come uno di noi”! «L'umanità è come l'acqua dolce che si mescola alla vostra salsedine celeste. Ancora, se per un supposto si potesse derivare un rio dal mare e immetterlo nell'acqua di questo lago, potreste poi voi ritrovare quel filo di acqua salata? No. Si sarebbe perso in tanta acqua dolce. Così avviene di voi quando immergete la vostra missione, meglio: la sommergete, in tanta umanità. Siete uomini. Sì. Lo so. Ma e Io chi sono? Io sono Colui che ha seco ogni forza. E che faccio Io? Io vi comunico questa forza poi che vi ho chiamati. Ma che giova che Io ve la comunichi se voi la disperdete sotto valanghe di senso e di sentimenti umani?». Amate il raccoglimento. Anche alla domenica, quando avete qualche ora libera, amate il raccoglimento. Amate il raccoglimento, amate coltivare in voi questa vita interiore. Il pericolo, specialmente oggi, in cui c'è televisione e radio e libri e riviste e un insieme di cose, è quello della dispersione. Ciascuna di queste cose non è male in se stessa, ma è troppa la quantità. L'acqua del “fontanon” è una benedizione di Dio, ma se voi prendete una pentola di minestra e la versate in un mastello, e poi lo riempite di acqua, chi mangerebbe quella minestra? Dico male? Guardate che il pericolo, il pericolo di alta tensione, è proprio qui. A un dato momento si è capaci di qualunque cosa; a un dato momento, buttando dentro e questo e quello, si arriva ad umanizzare tutto, cioè a ragionare in maniera puramente umana. Allora si fugge il sacrificio, non si capisce più che siamo stati chiamati a redimere il mondo con il nostro sacrificio, a unire le nostre sofferenze a quelle del Cristo per salvare il mondo; allora si esige la carità dagli altri e non si è pronti a dare qualcosa per la carità; allora si vorrebbe che la Comunità fosse a nostro servizio e non noi a servizio della Comunità; allora si vorrebbe che le anime si inginocchiassero dinanzi a noi e noi non siamo pronti ad amare i lontani, ad amare quelli che ci perseguitano, quelli che dicono male di noi. Insomma non siamo capaci di vivere la vita cristiana.

APOSTOLO vita interiore

APOSTOLO salvezza delle anime

DOTI UMANE televisione

PECCATO mediocrità

PENITENZA sacrificio

CROCE sofferenza

CARITÀ

COMUNITÀ

servizio reciproco

Nell’esempio don Ottorino nomina Franco Faggian come l’aveva fatto precedentemente, e Adriano Conocarpo che stava frequentando l’Istituto per ragionieri.

Don Ottorino si serve dell’esempio delle eclissi di sole e di luna.

Nel testo registrato don Ottorino dice “... i casotti di Campo Marzio”, riferendosi alla festa dell’8 di settembre a Vicenza quando Campo Marzio veniva invaso da baracconi e da giostre.

Il riferimento è forse a Giuseppe Biasio, già nominato precedentemente.

MI304,7 [22-04-1970]

7. Fratelli, ho ancora dieci minuti a mia disposizione, perciò vi leggo senza commenti la paginetta che segue. È di qui che abbiamo preso lo spunto per il foglietto vocazionale.
«Voi siete, dovete essere, la luce del mondo. Vi ho scelti: Io, Luce di Dio, fra gli uomini, per continuare ad illuminare il mondo dopo che Io sarò tornato al Padre. Ma potete voi...?». Questo esempio mi fa pensare alla luna. Il sole tramonta, però lascia la luce attraverso la luna: la proietta sulla luna, che a sua volta la proietta sulla terra. Gesù è salito al cielo, però vuole continuare a illuminare la terra, e allora sceglie Franco, sceglie Adriano, e dice ad Adriano: “Mettiti in quel punto, perché io ti illumini e tu possa illuminare la terra”. Ma se Adriano in quel dato momento non è in quel punto, la luce del sole non lo illumina e lui non può proiettare: deve trovarsi in quel punto. In ogni momento della vita noi dobbiamo trovarci nel punto preciso, se vogliamo che la luce di Dio ci illumini e che noi possiamo illuminare la terra. Ma se noi ci collochiamo tra la luce di Dio e la terra dicendo: “Io mi metto qui, perché sono illuminato meglio!”, non illuminiamo la terra, anzi le facciamo ombra. Lo stesso succede se tu ti collochi al di là della terra: non puoi illuminare la terra, neanche per sogno! Devi metterti in angolatura giusta, nel posto giusto: allora tu ricevi la luce di Dio e la proietti sopra la terra. Ecco la necessità di stare congiunti con Dio e di dare luce alla terra, di fare da ponte per la luce di Dio. Gesù è salito in cielo, ma vuole illuminare gli uomini, vuole dar loro la sua luce; noi abbiamo il dovere di trasmettere questa luce agli uomini, ma per darla bisogna che noi la riceviamo da Dio e che ci mettiamo in posizione giusta per proiettarla sugli uomini. Perciò noi saremo strumenti immersi nella luce di Dio, pieni della luce di Dio, ma sempre strumenti nelle sue mani. E giusto, don Matteo, o è sbagliato? È importantissimo essere a disposizione di Dio in ogni istante, trovarsi nel posto in cui Dio ci vuole in ogni istante, desiderosi di avere la luce di Dio e di darla agli uomini. È questa la nostra missione, la nostra sublime missione! Il resto, che non ha questo sapore, può servire un pochino per distrarci, come un film, ma se non sa di questo non è più per noi. Il Cafasso al piccolo Giovanni Bosco che lo invitava a visitare i baracconi della festa del paese rispose: “I nostri spettacoli sono le funzioni di chiesa”. Noi abbiamo già scelto: abbiamo scelto Cristo, abbiamo scelto la Chiesa, abbiamo scelto l'Amore. Sbaglio, Giuseppe? Noi abbiamo scelto questo. Il resto? Sì, qualcosina può andar bene, ma ciò che ci interessa è questo. La natura ci porterebbe a vedere il cinema, ma lo spirito deve farci scegliere fra il cinema e una Via Crucis, la Via Crucis. E allora, niente cinema? Ma no, ma no, non fraintendetemi! Però avete un amore, e quello è l'amore che abbiamo scelto.

APOSTOLO animazione vocazionale

APOSTOLO chiamata

CONSACRAZIONE disponibilità

VOLONTÀ

di DIO

APOSTOLO missione

GESÙ

sequela

DIO centralità

di...

CHIESA

Don Ottorino si richiama all’esempio posto all’inizio della meditazione.

MI304,8 [22-04-1970]

8. «Ma potete voi dare luce se siete lanterne spente o fumose? No, che anzi col vostro fumo - peggio è il fumo ambiguo all'assoluta morte di un lucignolo - voi offuschereste quel barlume di luce che ancora possono avere i cuori ».
È preferibile un paese senza parroco, perché il parroco è scappato via con una donna ed ha tradito, che un paese con un parroco ambiguo che dice una cosa e ne fa un'altra. Siete d'accordo? Che brutta cosa in un paese, che disgrazia per un paese avere un sacerdote ambiguo, un sacerdote che, magari, predica dall'altare e poi va con una donna a far porcherie, o imbroglia, compie azioni poco corrette! Che brutta cosa, che disgrazia! Le nostre buone mamme vanno, poi, al confessionale per chiedere luce, per chiedere santità, per domandare aiuto ad uno che non ha niente da dare: solo un'assoluzione, perché un prete, anche se è in peccato mortale, può sempre dare l'assoluzione, ma di più non può, non è capace. Che brutta cosa, amici miei! E guardate che divenire lumi che fanno fumo è facile, è facile! Prendete un lume, buttateci un po' d’acqua sopra, toccatelo, mettetelo... è facile! E non credo che il pericolo consista tanto nel versare un cucchiaino di quel liquido famoso che si usa spandere vicino ai rosai quanto piuttosto nel continuare a mettere acqua, nell’aggiungere acqua. Il pericolo è lì, figlioli! Un cucchiaio di acqua non fa danno, ma aggiungere uno, e un altro, e un altro ancora, arriva il momento che non si sente più il sale, non si trova più la luce. Per questo vi supplico, proprio in nome della nostra buona mamma, la Madonna: cercate di non essere lumi che fanno fumo, per carità, ed esaminatevi per non portare troppa acqua in quel benedetto bicchiere di acqua salata.

PASTORALE parroco

DOTI UMANE coerenza

SACERDOZIO paternità

spirituale

SACERDOZIO prete

PECCATO tradimento

MARIA la nostra buona mamma

È evidente l’allusione di don Ottorino a se stesso.

Don Zeno Daniele era una vocazione adulta, entrato nella Casa dell’Immacolata dopo aver lasciato un invidiabile posto di lavoro presso Grassetto, grande impresario edile di Padova.

Antonio Bottegal frequentava all’epoca il 4° anno del corso teologico ed era stato da poco operato di appendicite.

MI304,9 [22-04-1970]

9. «Oh! miseri quelli che cercando Dio si rivolgeranno agli apostoli, e in luogo di luce avranno fumo!».
Supponiamo che un domani venga nella Casa dell'Immacolata un giovane, immaginiamo che sia Giuseppe, e dica: “Voglio farmi santo, voglio darmi al Signore”, e supponiamo che il superiore di questa casa - per quello di adesso, pazienza, ormai è quello che è! - sia uno che fa fumo invece di far luce. Adesso, ormai, portate pazienza: quello che c'è, fa fumo. Che volete fare? Bisogna rassegnarsi, non è vero? In principio tutto serve! Ebbene, supponiamo che un domani quel superiore, invece di far luce, faccia fumo. Lui, il giovane, ha abbandonato un posto di lavoro nel mondo, ha abbandonato una ragazza, ha abbandonato tutto per darsi interamente al Signore, e trova proprio qui il maestro che non ha abbandonato tutto. Pensate che disgrazia! Ecco Zeno che abbandona il suo posto di lavoro da Grassetto, viene qui per farsi santo - naturalmente viene con i propri difetti, le proprie miserie, ma con l'intenzione di correggersi, di trovare l'aiuto - e magari qui si sente dire: “Non preoccuparti per quei difetti! Che vuoi che sia?”, e qui trova il compromesso. È inconcepibile, è inconcepibile! Immaginiamo, per esempio, che Antonio Bottegal venga ricoverato in ospedale per un'operazione d'appendicite, e si accorga che sul tavolo operatorio c'è il coltello da salami e lo spago che serve per legare le salsicce, e dica: “Mi fanno l'operazione con questi attrezzi”, e gli rispondano: “Che vuoi che sia?”. Per noi, professionalmente parlando, è inconcepibile andare all'ospedale e trovarsi in una macelleria. È giusto? È inconcepibile prelevare un ammalato, portarlo in un ospedale e mostrargli i coltelli da macelleria e cose del genere: è inconcepibile! In questo caso si provoca un'infezione. Qualcuno si salverebbe lo stesso; qualche volta in nave hanno fatto delle operazioni con il trapano. La natura, per grazia del Signore, qualche volta è così grande... ma quanti, quanti morti ci sarebbero! E spiritualmente, figlioli miei, se nella direzione di una parrocchia, se nella direzione di un oratorio, se nella direzione di una casa di formazione non c'è un chirurgo preparato, spiritualmente preparato, onesto perché qui si tratta di onestà professionale, scusate la parola, che cosa succede? L'infezione! E poiché non si vede la morte delle anime, non si avverte subito l'infezione, perciò apparentemente abbiamo una parrocchia, abbiamo un istituto religioso, abbiamo un oratorio vivi, ma in realtà c'è un cimitero, c'è un lazzaretto: invece di una fioritura di santi avremo una fioritura di cadaveri. Per causa di chi? Di quel disgraziato che si è fatto prete. “Allora facciamo a meno di andar preti!”. Bravi, furbi! E che cosa risponderemo al Signore che ci ha chiamati? Sarebbe meglio farsi santi, secondo me.

APOSTOLO vocazione

COMUNITÀ

superiore

CONSACRAZIONE distacco

CONSACRAZIONE offerta totale

FORMAZIONE

PECCATO difetti

ESEMPI superiore

PASTORALE parrocchia

FORMAZIONE case di formazione

ESEMPI apostolo

APOSTOLO chiamata

DOTI UMANE responsabilità

CONSACRAZIONE santità

Nel testo registrato a questo punto don Ottorino aggiunge: “Caro don Luigi”, riferendosi forse a don Luigi Tonello che stava terminando il corso teologico.

A questo punto don Ottorino aggiunge: “Caro Franco, questa avvertenza è per te”, riferendosi a Franco Faggian.

Per don Ottorino non ci sono i mezzi termini: lui vuole tutto o niente, non buoni preti, ma santi preti. Significative sono a questo proposito due frasi che aveva fatto scrivere su ceramiche: “Le mezze misure non sono per noi”, e “Gesù non si è fermato ai piedi del Calvario”.

Nel testo registrato a questo punto don Ottorino commenta: “Sissignori, anche perseguitata!”.

Don Girolamo Venco, oltre che animatore del gruppo dei liceali, era responsabile anche della legatoria e disponeva di un pulmino per il trasporto del materiale.

L’allusione è all’esempio portato precedentemente, nel quale Raffaele Testolin avrebbe commesso una pazzia con una donna nella scuola Ferdinando Rodolfi.

“F.A.” è l’abbreviazione di “fuoco apostolico”, ed era una delle valutazioni più importanti che si facevano sui giovani che si preparavano alla vita religiosa.

Don Ottorino scherza anche alla fine, considerandosi però con umiltà il primo a fare sbagli.

MI304,10 [22-04-1970]

10. Procediamo nella lettura.
«... si rivolgeranno agli apostoli, e in luogo di luce avranno fumo! Scandalo e morte ne avranno. Ma maledizione e castigo ne avranno gli apostoli indegni. Grande sorte la vostra! Ma anche: grande, tremendo impegno!». Passo un po' più avanti. «Io vorrei che voi meditaste sempre questa vostra elezione, e ancor vi scrutaste e vi pesaste... E se uno sente di esser atto ad esser fedele...». Che cosa deve fare? Se uno sente di essere atto ad essere fedele, che cosa deve fare? Andare avanti? No, caro! «... se uno sente di esser atto ad esser fedele - non voglio neppur dire: se uno non si sente che peccatore e impenitente; dico solo: se uno si sente atto ad esser solo un fedele - ma non sente in sè nerbo di apostolo, si ritiri». Quando per sette o otto anni, nella comunione, io dicevo: “Signore, dammi la grazia di morire piuttosto di diventare un buon prete”, ero d'accordo con questa affermazione. Ricordo che una volta una persona, alla quale avevo confidato questo, osservò: “Che cosa dice?”. Invece è giusto: “Signore, dammi la grazia di morire piuttosto di diventare un buon prete”. Se vi sentite solo la forza di diventare buoni preti, buoni diaconi, lasciate. «... si ritiri. Il mondo, per chi è amante di esso, è tanto vasto, bello, sufficiente, vario! Offre tutti i fiori e tutti i frutti atti al ventre e al senso». Se non vi sentite di farvi santi, ma solo di diventare buoni, il mondo vi offre tutte queste belle cose. «Io non offro che una cosa: la santità. Questa, sulla terra, è la cosa più angusta, povera, erta, spinosa, perseguitata che esista. Nel Cielo la sua angustia si muta in immensità, la sua povertà in ricchezza, la sua spinosità in tappeto fiorito, il suo esser erta in sentiero liscio e soave, la sua persecuzione in pace e beatitudine. Ma qui è fatica da eroe esser santi. Io non vi offro che questo». Vorrei che queste parole fossero ripetute nella Casa dell'Immacolata. Volete essere buoni? Il mondo è pronto ad accogliervi... Oggi è una bella giornata, e don Girolamo mette a vostra disposizione anche il pulmino, perché così possiate tornare a casa comodamente, con la possibilità di portar via anche i vostri stracci. Se volete restar qui, la Congregazione vi offre solo la possibilità di farvi santi. Farvi santi non vuol dire diventare impeccabili. Adesso, Raffaele, non scendere proprio fino al punto di cui ho parlato prima perché sarebbe un po' troppo. Non illudetevi perché un domani potreste avere uno scatto di nervi e tutto può accadere. Farsi santi vuol dire donarsi interamente al Signore senza riserve e, dopo, piangere ogni sera i propri peccati, le proprie mancanze. Io preferisco, e ve l'ho detto tante volte, uno che mi faccia talvolta qualche sbaglio piuttosto di uno che non si è mai donato interamente al Signore: colui che fa qualche sbaglio, quando si troverà sulle salite, finirà per farne di meno, mentre colui che non ne fa mai, ma non si è donato interamente, quando inizierà le sue salite, comincerà ad avere i geloni, i calli e tutte le miserie di questo mondo, e non salirà neanche per sogno. Voi, che avete girato l'America, è vero o no? Ora, non spaventatevi! Quando, infatti, assegnavamo la classificazione F.A. ai ragazzi, non esaminavamo se uno si comportava bene o male, se bestemmiava... non proprio se tirava qualche bestemmia, ma se faceva qualche marachella, se era nervoso, ma ci chiedevamo: “C'è qui pasta per far gnocchi? C'è o non c'è?”, e questa pasta significava per noi se era un giovane che voleva donarsi, che si era donato. Ecco la sostanza. La Congregazione desidera uomini che si siano interamente donati alla causa, ma uomini, naturalmente! E perciò uomini che sbagliano. E su questo cercherò di darvi sempre buon esempio, come ho fatto finora nello sbagliare. Sia lodato Gesù Cristo!

SACERDOZIO prete

DIACONATO diacono

CONSACRAZIONE santità

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

MONDO

CONGREGAZIONE spiritualità

FORMAZIONE

CONVERSIONE pentimento

PECCATO omissioni

CONSACRAZIONE radicalità

CONSACRAZIONE offerta totale