1. Una volta gera sempre Conocarpo che 'l gheva el balon... Sst, silenzio! El ga da ndare a Crotone a fare gli esami.Stamattina mi hanno raccomandato di leggere solo, senza commenti, altrimenti non andiamo più in fondo de questo libro qua, anche perché adesso usciranno gli altri volumi. Ah... vedrete!"La maggior libertà di una disciplina ferrea...".Vi ricordate dove eravamo arrivati, no? Avevamo detto che il religioso deve fare la volontà di Dio, e tante volte la volontà di Dio deve pescarla lui; vorrei dire la maggioranza delle volte. Perché è facile avere un superiore che dica, che decida per lui: "Cosa devo fare adesso?". "Fai questo", e io so che faccio la volontà di Dio... caschi anche il mondo, vero, va bene. Tutt'al più, vero, va bene, collaboro col superiore, dirò: "Ben, mi pare, è conveniente, forse... Questo va bene, questo è giusto...”.Ma, sa, ci si accorge quando casca il palco di un altro, cioè quando in una famiglia muore il papà e el toso più vecio ghe toca portar avanti lu... sa, è diversa la storia! Essere... avere il papà, e discutere insieme; more el papà, e dover condurre avanti la baracca! Per parlarci chiari: avere na cambiale da pagare col papà, o avere da pagarla, vero, senza el papà; che metta la firma el papà e cercare i soldi insieme, e mettere la firma ti. La xe na robeta che xe difisile descrivere, no? Zeno, cossa ghi 'n dito? Sa, in fondo, ben, mi... ciò, nemo in serca dei soldi, qua e là... Ma go firmà mi, ghe son mi là su quel registro, devo rispondere io. Capite? Ora, ad un dato momento, ci si accorge che la cosa è diversa.Bene: voi nella vita vi troverete presto, molto presto, che non avrete più il papà, che dovrete far voi da papà agli altri, invece, dovrete voi interpretare la volontà di Dio per gli altri, anche se non sarete superiori. Perché siete chiamati a vivere in cura d'anime, a lavorare in mezzo alle anime e, dovendo lavorare in mezzo alle anime, è chiaro che, anche quando un pretino giovane, giovane come può essere l'angelico don Matteo... - perché Ruggero aspettava che dicessi lui: ha cominciato subito a fare un certo sorriso quando ho detto giovane - don Matteo, va bene, cosa succede? Che dicono: "Padre", e lui si guarda intorno e pensa che non abbiano sbagliato, che ghe sia so nono dietro della schiena, vero. Ora, quando ci si presenta in cura d'anime, come ha fatto Ugo in questi giorni che andava a benedire le case con delega, no, e ci si presenta là e cominciano a domandare consiglio, eccetera, eccetera, cominci a domandarti: "Ma, oh!". Non è vero? Si ha l'impressione che la gente capisca, vuole, desideri qualche cosa da noi, esiga qualche cosa da noi. E tante volte ti capiterà proprio che questo giovane diacono, questo giovane sacerdote, dovranno per la gente interpretare la volontà di Dio.
MO306,2 [13-05-1970]
2. Ora, vedete, quello che abbiamo detto qui sopra - e che lo diremo proprio, guardate, fino all'ultimo respiro, ve lo dirò, ve lo griderò - è questo: state attenti che dovete divenire esperti, ma proprio esperti, nell'interpretare la volontà del Signore, nel sapere che cosa il Signore vuole. Ma in tutte le azioni...Anche ieri che siamo andati, per esempio, con quelli di prima teologia, siamo andati là in villa San Giovanni a far pulizia, ma io non potevo chiamarli senza prima aver chiesto al Signore, non potevo durante il lavoro dirvi se, per piacere, foste disposti di fare anche la pulizia di sopra senza prima interpretare la volontà del Signore. Non posso io, non posso io dire qualcosa che sia mio. Ma neanche spostare una credenza, neanche spostare un mobile, neanche mettere un lampadario... non posso, perché altrimenti, altrimenti divengo un mestierante. Io devo cercare di interpretare, di fare che alla fine lui, il padrone di casa, dica: "Sì, così la volevo", e se sbaglio, pazienza, ma ho sbagliato cercando la volontà di Dio, non il mio capriccio, non il mio desiderio. Questo, guardate, in tutte le cose!E guardate, fratelli miei, che se voi raggiungete questo - questo è il punto dove bisogna arrivare - voi avete trovato il paradiso in terra. Vi sentite strumenti nella mano di Dio, ma sempre nella mano di Dio. Anche quando si va a prendere un caffè, come siamo andati a prendere adesso con Zeno: "Andiamo giù, andiamo a... dare il caffè a Gesù!". Proprio nel senso che non siamo nostri; è il "vivo ego, iam non ego" di San Paolo, fino ad arrivare... Ho detto stamattina, lì, go dito: "Fino al "vivo ego, iam non ego" ci arrivo - ho detto - ma "ego ipse Jesus" è un po' troppo grossa; fin là non ci arrivo mica, no, non ci arrivo; "vivo ego iam non ego". Sì, sì, va ben, quelo in qualche modo si può anca dire, no?”.
MO306,3 [13-05-1970]
3. Amici miei, questo è lo sforzo che dobbiamo fare. E, guardate, io vi direi, può esserci una tentazione, ed essere questa: "Ma, insomma, una vita, una vita dura, una vita difficile". Io vi dico invece: è la vera vita! Avrete la gioia, ma proprio. Guardate: sopra la terra gli uomini cercano la gioia, cercano la soddisfazione; io vi assicuro, guardate, con un po' di esperienza ve l'assicuro, non potete, non potrete avere sopra la vita una soddisfazione maggiore di questa: quella di desiderare in tutte le cose di fare la volontà di Dio. Non potrete gustare, gustare anche le cose del mondo, le bellezze del mondo, vero, come le gusterete quando fate la volontà di Dio. Un fiore che voi guardate in questa luce diverrà molto più bello, molto più bello; un'amicizia che voi godrete in questa luce sarà un'amicizia piena di amore, molto più calda, molto più intima; le cose, anche un divertimento che vi prenderete, eccetera, ma avrà un altro colore. Sentirete Dio presente. Anche farete una gita, un divertimento, giocherete una partita di carte, ma guardate: quello che farete, quello che farete, ma in questa luce, voi sentirete, insomma... Perché sarebbe come... Sentite: fate conto adesso di giocare una partita di carte, così da amici, giocate una partita di carte. Venisse qui Papa Giovanni e dicesse: "Io vorrei giocare una partita di carte", ma è diversa l'altra partita di carte della solita partita di carte! Fosse Ugo, per esempio, che dovesse giocare: Ugo e Papa Giovanni, contro, supponiamo, don Matteo e don Guido, no? E poter dire: "Io ho giocato contro Papa Giovanni", dice don Guido, no; e che Ugo vada a casa da sua mamma: "Sai, ho giocato... prova a indovinare... con Papa Giovanni!". Capite, è subito un'altra cosa. Ora, bisogna che noi ci mettiamo in testa proprio che noi stiamo giocando una partita continuamente con Gesù, insieme con Gesù. E la vinciamo sempre, anche quando che perdiamo. Non perdiamo mai quando che giochiamo con Gesù, non perdiamo mai, anche se andremo finire crocifissi, non perdiamo mai. Quando io mi sforzo di fare la volontà di Dio e di vivere con Cristo, non interessa, anche se alla fine, adesso...
MO306,4 [13-05-1970]
4. Ieri stavo pensando questo, guardate, guardate, questo: mentre stavate voi facendo pulizia, eccetera, eccetera, siamo arrivati, stiamo arrivando alla fine un po' di un certo lavoro materiale, stiamo sperando anche qualche cosa da questo lavoro materiale, ho detto: "Guarda, se questa notte venissero qui dei...l'hinimicus homo, no, e facessero saltare con la dinamite la casa, e ci trovassimo domani mattina tutto quanto per aria, un massacro... Povero Zeno! Povere magnolie, povere piante, poveri rosari de Ruggero, poveri candelabri, povero colore de Michele, no, povero lavoro del nostro caro Daniele, e la ringhiera de...”. Momento! Trovassimo tutto così: disastro? No, no, no e poi no! Il giorno dopo si riprende il lavoro: mettere a posto, sistemare, vedere, ci si raduna insieme per vedere se è il caso di farla di nuovo o di vendere il terreno, vero, si discute un pochino insieme perché el gera dela signorina Valeri che la sarà mezza morta da un colpo, vero, dalla disperazione, vero, dall'avvilimento, non resiterebbe, a più di ottant’anni, al colpo, no, e ci si raduna, si discute e dopo in fondo si dice: "Oh, guarda, forse è stato meglio così". Ma anche se non arrivassimo mai durante la vita a capire che sarebbe stato meglio così, lo capiremo di là. Valeva la pena!Vedete, bisogna proprio arrivare a questo. Mettercela tutta, ma essere pronti al fiasco finale, essere pronti al disastro finale, essere pronti alla sconfitta, ma ricordandoci che per noi che facciamo la volontà di Dio non c'è sconfitta, non c'è mai sconfitta. Anche se per la carne ci sarà sconfitta, per l'io ci sarà sconfitta, per la parte umana ci sarà sconfitta, ma per la parte soprannaturale alla quale noi apparteniamo, per la missione nostra che è prettamente ed esclusivamente soprannaturale, non ci può essere sconfitta.Ora, vedete, se entriamo in questo, noi siamo sempre vittoriosi. "Ti auguro che vada bene!”. Ma va sempre bene se io faccio la volontà di Dio! Io do il colore, vero, Vinicio, io do il colore alla ringhiera... Ma se tu ti sforzi di fare la volontà di Dio è sempre bella, lassa che i critica quel che i vole, è sempre bello il colore. Se io pianto una magnolia, ma è sempre bella, anche se muore, se mi son sforzato di fare la volontà di Dio. I rosari, i rosari daranno sempre rose belle, anche se morissero tutti, se io mi sono sforzato di fare la volontà di Dio, se non ho fatto il mio capriccio.Ecco, quello che abbiamo detto prima era questo, press'a poco, no? Adesso ho detto che questa mattina niente distrazioni, e leggiamo soltanto. Volevo soltanto mettervi un po' in carreggiata."La maggiore libertà...”.Vien qua, lesi ti un momentino, perché se no faccio distrazioni; voglio che leggiamo un paio di pagine stamattina.
MO306,5 [13-05-1970]
5. LETTORE: "La maggiore libertà da una disciplina ferrea, quale era esercitata in altri tempi, si esige attualmente per rispettare la personalità di tutti, in modo che ognuno faccia responsabilmente ciò che deve fare, non ciò che vuole fare; altrimenti si cade nel libertinismo religioso e apostolico, che è una forma molto elementare di egoismo e di immaturità umana”. Sst! Qua sì gavaria qualche distrazione da fare. Sst!.“Con la vocazione alla Pia Società San Gaetano Dio mi partecipa un tipo chiaro e specifico di carisma, missione speciale per il bene della Chiesa: il carisma stesso del fondatore e di tutta la congregazione, come è emerso ed è stato definito dal Capitolo. Se mi sento investito da altri carismi che non quadrano con quello della congregazione, il Regno di Dio ha posto per tutti: ci sono congregazioni per tutte le scelte. Ma quello che non potrà mai essere un carisma di Dio è la mancanza di spirito di sacrificio, tale da non farmi accogliere con umiltà e disponibilità l'obbedienza, sia pure nella scoperta insieme della volontà di Dio. Il fare quello che si vuole, a seconda delle voglie e degli umori che vanno e vengono, è fare ciò che piace e fuggire ciò che non piace. Come possono allora essere azioni di Cristo, quelle azioni che pregiudizialmente sono basate sul mio egoismo, e non sulla sua Volontà, qualsiasi essa sia? Come possono definirsi carismi le mie velleità egoistiche, che mi fanno evadere dal mio dovere quotidiano, che mi rendono autosufficiente e autonomo di fronte a qualsiasi obbedienza, che mi dimostrano attaccato alle mie idee e vedute personali, superbo di fronte ai confratelli? Ciò che divide la fraternità, ciò che è fondato sull'egoismo e sulla superbia, non può mai dirsi carisma, non è autenticato dalle note autenticanti ogni tipo di carisma, le note della carità, come ce la descrive S. Paolo: "La carità è paziente, la carità è benigna; non invidia, non si vanta, non si gonfia, non è indecorosa, non va in cerca del suo, non si adira, non pensa male, non gode dell'ingiustizia, ma si allieta della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto soffre e sopporta!" (I Corinzi 13,47).La carità è l'anima di tutte le virtù: ogni virtù per essere autentica deve riflettere le sue caratteristiche. Se la carità non si rivela in ogni situazione concreta in cui posso venirmi a trovare, non è presente in me, anche se continuo a parlare di essa ed appellarmi ad essa. L'apostolo consacrato unicamente alla gloria di Dio, di tanto in tanto con regolarità confronta il suo modo di vivere ed agire con le costituzioni, le delibere capitolari e si impegna con sempre rinnovato spirito di sacrificio nelle mansioni specifiche ricevute".
MO306,6 [13-05-1970]
6 Due distrazioni, tanto per non dormire, un pochino, no?La prima, la prima distrazione è questa. Quando eravate più giovani vi raccontavo le storielle di San Filippo Neri. San Filippo Neri era un grande direttore di spirito, era uno che sapeva prendere le anime e portarle alla santità, era uno che conosceva la "ars artium regimen animarum". Ed è appunto l'augurio che io faccio anche a voi, che possiate domani essere dei grandi direttori di anime. Sia diaconi come sacerdoti, potete essere direttori di anime. Direttori di anime vuol dire incontrarsi con uno e portarlo a Cristo, in fondo vuol dire incontrarsi con uno che è lontano da Cristo e portarlo vicino a Cristo, o prendere uno che gira attorno al gruppo di Cristo e portarlo nell'intimità di Cristo, no? Ora, voi, domani, negli oratori, negli incontri parrocchiali, potete sempre trovare un fratello che non conosce Cristo o che conosce poco Cristo, e allora, vedete, la vostra missione è proprio, proprio questa: di dirigerlo, direttore di anime, di dirigere, di condurre, di fare la guida alpina; voi dovete essere proprio delle guide alpine che conducono le anime verso il Signore.Naturalmente per essere questo, dovete essere voi prima. Ecco la preoccupazione nostra di poter adesso vedere, attraverso questi incontri nel deserto, questi incontri con Dio, di portarvi nella intimità proprio di Cristo. Gli Apostoli facevano così, erano tanto amici di Gesù, tanto intimi con Gesù, e poi andavano e parlavano di Gesù: era naturale per loro parlare di Gesù, condurre le anime a Gesù, perché erano intimi di Gesù, no? Ed è quello che noi cercheremo di fare.Ora, dico, San Filippo Neri aveva questa grande, proprio... È la caratteristica un po' dei santi, che sanno far santi, no? Santo, fa santi, porta gli altri alla santità. E anche lui, San Filippo Neri, aveva portato molti, attraverso la direzione spirituale, a una vita intima con Dio. E, però, era un santo un po' strano: sapeva un po'... È quel tale che per tener umile il cardinal Baronio, no, l'ha mandato a comperare un giorno un quarto, una pinta di vino - non so, sarà stato un quarto, mezzo litro di vino - con una damigiana da cinquanta litri, e ha detto che per piacere - na botesela sarà stà, vero, o na damigiana - per piacere, de lavarla. È andato là da un'osteria e el ga fato: "Per piacere el me la lava". "E quanto la riempimo, de quel nero, bianco dei Castelli?". "Un quarto", el ga dito. Dopo aver fatto lavare tutta la damigiana, per mettere un quarto di vino dentro la damigiana, vero? Sa, era uno che sapeva, sapeva far conservare, in una forma che adesso non reggerebbe più, ma allora serviva anche questo.E un giorno, no, ha mandato a chiamare il barone A, il marchese B, il monsignore C, il protonotario L, per le nove del mattino. Arriva uno in carrozza, poh! "C'è padre Filippo? Mi ha mandato a chiamare qui per le nove". Arriva... "Anche lei, monsignore, anche lei? Ha chiamato anche lei?". E si trovano lì in venti, trenta persone. "Ha chiamato me... Ha chiamato me", ognuno credeva di essere il solo, no? E quando che li ha chiamati, radunati tutti, pare di vedere San Filippo con la sua ilarità: "Sentite, cari amici, voi siete tanto amici miei, mi volete bene, so che se io vi domando un piacere non mi dite di no. Io devo cambiar casa, cosa volete, io devo cambiar casa, e perciò io vi chiedo questo grande favore: siccome non ho la possibilità di denaro, - Vero, io penso che ognuno di quelli avrebbe pagato in proprio tutto piuttosto di fare l'azione, no? - ha detto - sentite, ho pensato questo. - dice - È meglio che ci diamo una mano insieme. Guardate: tu e tu, tu monsignore e tu commendatore prendete questa, questa scansia, e tu prendi questo, e tu prendi quello...". E, dice la storia, che da ultimo venne Filippo con la sua gatta in mano, aveva un gattina, vero, con la sua gatta in mano. E questa processione di nobili e monsignori, per le strade di Roma, con tutte le masserizie di San Filippo e, ultimo a chiudere la squadra, c'era proprio padre Filippo con la gattina in mano. Da principio si rideva, ma dopo che in fine si vedeva padre Filippo, non si rideva più: si diceva che passa una processione di santi, no?
MO306,7 [13-05-1970]
7. Ecco, vedete, bisogna che le nostre Comunità siano proprio così, proprio così: composte di alcuni, - non andare in giro con la gatela, no, non occorre andare in giro con la gatta! - ma alcune creature, quattro, cinque, sei, che vivono completamente a disposizione di Dio. Il Filippo che ci deve essere nella nostra Comunità deve essere Dio. Pronti, vero, anche ad andare in giro per la strada con la gatela in mano, se fosse necessario. Allora, vedete, noi non avremo quelle contestazioni, quelle... Cioè, il pericolo enorme è questo, che in una Comunità di sei vengano fuori sei Comunità; ognuno fa: "Io ho da fare, io ho da fare...”, e si trovano appena per... Trasformare, in altre parole, la nostra Comunità in un'osteria dove si va a mangiare, e qualche volta in una piccola trincea, dove che nelle osterie si butta qualche piatto sulla testa.Ora, bisogna, vedete, che le nostre Comunità siano proprio questo santuario, dove ci si trova insieme, anime completamente a disposizione di Dio, per cercare insieme una volontà di Dio. Perché, vedete, il Signore che ci ha radunati, ci ha radunati insieme, ci ha radunati insieme per una finalità ben distinta. Non possiamo, - è per questo che ho voluto prendere la parola - non possiamo fare tante congregazioni quanti siamo noi. Neanche io che, che sono stato preso, no, nelle mani di Dio per iniziare questa Congregazione, non posso fare una Congregazione come la voglio io... Quante volte io devo dire quello che non mi piace, scusate, quante volte io devo condurre la Congregazione per una strada che, umanamente parlando, io non seguirei! Non crediate che tutto quello che vi dica, lo dico perché mi piace: lo dico perché lo devo dire, lo dico perché Dio vuole questo. Lo dirò con entusiasmo, con gioia. Perché? Perché è volontà di Dio. Ma non crediate che lo dica perché mi piace. Non è quello che piace che noi dobbiamo cercare: è la volontà di Dio che dobbiamo cercare.
MO306,8 [13-05-1970]
8. Ora, la Congregazione ha una missione chiara, precisa, voluta dal Signore e non voluta da me. E noi dobbiamo, tutti insieme, vedere di interpretare questa volontà di Dio. Perciò abbiamo un canale chiaro e preciso. Non possiamo dire, ad un dato momento: "Io desidererei questo, io desidererei quello". Dice bene l'autore di questo, vero, romanzetto qui: ci sono tante congregazioni nel mondo; sceglietene un'altra. E se non ci sono quelle che piacciono a voi, fatene un'altra. Ma non potete trascinare la Congregazione, la Pia Società San Gaetano, per una strada personale. Dovete voi mettere tutta la vostra personalità al servizio della Congregazione, della causa, perciò non soffocare la vostra personalità, no, ma al servizio di questa causa, che è la causa di Dio, dando sempre splendore maggiore all'opera di Dio, non opera nostra, l'opera di Dio.Ecco, allora, vedete, se con questo spirito noi lavoriamo in una Comunità, allora tu vedi sempre cose nuove, tu vedi sempre rifiorire il nuovo, vedi un qualche cosa. Perché? Perché ci sono... il Signore mette persone con doti nuove, no, e perciò c'è sempre qualche cosa di nuovo. E Dio si servirà di voi, dei vostri carismi, per trasformare una parrocchia. Arriva, per esempio, in una parrocchia, supponiamo, domani... prendiamo a Crotone arrivasse uno di voi, ad un dato momento si deve sentire la presenza di quello lì, ma non una presenza per una trasformazione dello spirito della Congregazione, ma per una realizzazione sempre migliore dello spirito della Congregazione. Guai se non si sentisse la presenza di uno di voi in una Comunità! Ognuno che arriva in una Comunità deve portare qualcosa di nuovo, uno spirito nuovo, deve portare un qualche cosa perché, scusatemi tanto, se io prendo una pentola e butto dentro... un oco, va bene, l'acqua sale, no, chiaro, l'acqua sale, anche se buttate dentro un canarino, l'acqua sale. E allora, scusate, se in una Comunità butto dentro un'oca intera, perché non deve salire un pochino la Comunità, non deve sentirsi? Anche il brodo deve diventare un pochetin pì bon, no, scusatemi tanto!Ecco, proprio, guardate, fratelli miei, qui insisto su questo perché guardate che è facile, è facile... diventare uomini, umanizzarsi. Ecco, io penso che il rimedio di questo sia proprio il deserto. Cioè, in altre parole, quanto più noi viviamo nell'intimità di Dio, tanto più comprendiamo la missione nostra e della Congregazione e ci mettiamo umilmente a servizio della volontà del Signore. Non so se padre Matteo sia pienamente d'accordo su questo qui... Guardate che non vivere questo, non vivere questo, sarebbe un disastro per noi e per la Congregazione.
MO306,9 [13-05-1970]
9.E poi, ultimo pensiero, e mi fermo. Ma penso che valga la pena fermarsi subito, no? Avete scuola alle otto, mi pare. O no? Ah, no, mercoledì no. Beh, state attenti. Il pensiero è questo.Qui adesso accennava alle delibere del Capitolo, eccetera, eccetera. Ora con dispiacere ho sentito che tante volte non si leggono neanche, si buttano da una parte, eccetera. Guardate che sono doni di Dio: Vangelo, nostre Costituzioni, delibere del Capitolo, sono cose che devono stare lì, messe insieme. San Giovanni Berchmans, morendo, ha lasciato come testamento che gli si mettessero in mano due cose: il crocifisso e le regole, le Costituzioni della Famiglia sua religiosa. Ora, per noi, per noi il canale che ci porta a Dio: crocifisso, tabernacolo, Vangelo e poi, subito dopo, le nostre Costituzioni, le nostre delibere, le nostre... un pochino lo spirito, in altre parole, lo spirito della Congregazione, no? Ora, con questo non vuol dire che quella virgola... che dobbiamo inginocchiarci davanti a una virgola, ma quello che è lo spirito, un pochino, che è l'anima, un pochino... fare per amore del Signore. Non: "Ah, ben, questo, questo, questo per me non va, questo per me non va". Scusatemi tanto, la perfezione è fatta di piccole cose.Guardate che è ancora valida, sapete, quella famosa storia che si racconta di quella benedetta suora, che ha lasciato, no, da scrivere una lettera, e l'ha trovata - perché suonava la campanella, e l'ha lasciata lì, ed è corsa via - e ha trovata la parola terminata a caratteri d'oro. Guardate che è ancora valida, sapete, questa ascetica di saper dare le piccole cose al Signore.Vedete: ad una mamma... tu a una mamma porti un fiore, a una mamma porti un piccolo dono... Eh, guardate che è ancora valida! Tu, Vinicio, tu vai a casa e porti per esempio alla mamma... le dici: "Guarda che ho fatto... ho detto una corona per te, ho fatto dire una Messa per te", o porti qualche piccola cosa; la mamma è sensibile più alle piccole cose che alle grandi cose.Ora a Dio dobbiamo dare anche le piccole cose. Perché, vedete, se io dico, per esempio, a don Matteo: "Parti e va’ in America questa mattina, eccetera, lascia tutto, pronti, lascia qua... Due ore per salutare a casa e parti per l'America". E lui, pronto, un atto eroico. Ma può essere più eroico, questo atto: sospendere un lavoro per fare la volontà di Dio, e andare a scuola nel momento giusto, non andare un minuto in ritardo. Può essere più eroico, quando che suona la campanella a fine scuola, sospendere la parola e dire: "Andiamo, perché la volontà di Dio mi chiama, è finita la scuola". Può essere più eroico, vero, dire: "Io debbo sforzarmi di mangiare e non ne ho voglia. E io so che se studio fino all'ultimo istante non mangio, e allora devo fare una corsa in cortile, vero, per mangiare, prima". Può essere più eroico quella roba lì. Figlioli, io non sono mio: sono di Dio, e se sono di Dio, anche le piccole cose io devo farle per amore di Dio. Non trascurate queste cose. Perché, voi minacciate di portare al Signore una grande cosa, e poi...
MO306,10 [13-05-1970]
10. Guardate, sarebbe come uno che... un impresario che, supponemo in tipografia, supponiamo là in tipografia, che io andassi in tipografia: sì, stampano il Vangelo, ma vado dentro e vedo tutto pien di ragnatele, vedo tutto sporco per terra, vedo dell'inchiostro... che mi sporcano di qua e di là... "Ma fatemi un piacere! Va ben che mi stampate il Vangelo, ma non è mica un letamaio la tipografia! No?". "Eh, ma cosa vuol che sia? Bisogna lavorare!". Tutto quel che volete, ma quanto ci vuole, un pochino, tenere un po' di ordine, un po' di pulizia, presentarla un po' decorosamente? Ecco, minacciano di stampare magari libri grossi, e dopo di presentare in una forma che al Signore non piace. Per cui io preferirei che mi stampassero un libro di meno e tenessero decorosamente la tipografia. Meglio una cosa e anche l'altra, ma piuttosto di un libro di più, un libro di meno, ma che venga tenuto in modo che sia presentabile, a Dio e agli uomini. Ora tante volte noi stampiamo magari un libro di più e siamo impresentabili: non siamo presentabili a Dio. Perché? Per le piccole imperfezioni. Magari qualche piccolo peccatuccio veniale, ma tante volte non sono neanche peccati veniali, sono imperfezioni... ma guardate che a Dio piacciono anche quelle cose lì, vorrei dire che Dio vuole quelle cose lì. "Cosa vuoi che sia, quando che ti presento da mangiare bene, anche se non c'è la tovaglia sopra la tavola, anche se la tovaglia è una vecchia...". Ma no, quando viene una persona di riguardo, voi siete preoccupati di cambiare la tovaglia e di mettere dei fiori sopra. "Ma non è quella la sostanza!". Lo so che non è la sostanza, ma per il rispetto alla persona che viene tu presenti anche una tovaglia pulita, metti i fiori sopra, la metti così.Ora, per amore di Dio, se tu capisci chi è Dio, chi è Gesù e che cosa desidera Gesù, tu vai in cerca... Perché, scusate un momento, se io so che oggi viene qui a pranzo, supponiamo, venisse mons. Fanton e so che a mons. Fanton piacciono i garofani, lui è innamorato dei garofani, Zeno: "Speta che tolemo tre garofani, metemogheli davanti perché so che i ghe piaze, so che i ghe piaze...". "Ma guarda che bei! - me par de vedare mons. Fanton - Ma dove li ghio pescà? Ma varda che bei!". "Eh, monsignore!". "Ma savio che l'è el me debole?”. Eccetera. Ora il Signore ha il debole delle piccole cose. Sì, sì, sì, il Signore ha proprio, Franco, il debole delle piccole cose. E lui desidera, sul tavolo dove noi lo invitiamo tutti i giorni, trovare le piccole cose. E queste piccole cose a noi sono segnate appunto dal nostro regolamento, sono segnate da quei piccoli binari della vita religiosa che noi abbiamo abbracciato: sono cose che il Signore ci ha dette, e noi dobbiamo rispettarle.Ecco, allora, concludiamo questa mattina, mettendoci sempre più a disposizione di Dio, vorrei dire, questa settimana, in modo particolare, nelle piccole cose.