IL RELIGIOSO È UN UOMO DI FEDE, SEMPLICITÀ E CARITÀ
MO201 [26-08-1967]
26 Agosto 1967
MO201,1 [26-08-1967]
1 La settimana scorsa è stata la festa di un Apostolo: San Bartolomeo. Nel Vangelo è stato riportato, è stato messo questo: che il Signore ha passato tutta la notte in preghiera e poi, la mattina dopo, ha scelto gli Apostoli. Se non abbiamo ottenuto dal Signore tante vocazioni, che non sia perché abbiamo pregato poco per le vocazioni? Vedete, il Signore ha messo come condizione chiara e precisa questa: "La messe è molta e gli operai sono pochi, pregate perciò il Signore della messe...". Vi avevo detto per il passato: se noi ci mettiamo insieme e domandiamo al Signore, volete proprio che il Signore ci dica di no?E allora io faccio un punto: abbiamo domandato 'opportune et inopportune' col Signore o siamo andati là: "Signore, manda le vocazioni"? Abbiamo pregato con fede o abbiamo tanto dito così: "Dixemo una corona per le vocazioni"? Questa è la preghiera? La preghiera è metterci davanti al tabernacolo e dire: “Signore, guarda un pochino il mondo, guarda un pochino”. Il povero lebbroso si mette davanti al Signore, si presenta là, si mette davanti al Signore... Noi, la preghiera per le vocazioni è prendere il mondo intero e portarlo davanti al Signore. Guardate che non possiamo mica qui scherzare, la preghiera è la preghiera, mica commedia.Ora io direi: facciamo una giornata di adorazione. E non dire tante parole. In quest'ora di adorazione non continuare a dire, a dire... Ci sia anche un po' di tempo, lasciate... di respiro. Anche la settimana scorsa, che avete fatto l'ora di adorazione, avete lasciato un po' di respiro; lasciate un po' di respiro, che anche ognuno preghi un pochino. Dico male? Che ognuno possa pregare un pochino, che si incontri un pochino con Dio, sennò tatatà, tatatà, tatatà... lasciate dei momenti di silenzio. Sei d'accordo, don Luigi, o no? E lì, in quest'ora di adorazione, domandate al Signore che ci mandi vocazioni, che ci mandi uomini, ma uomini santi, almeno come don Giuseppe, almeno... Almanco, almanco... Ora mettetevi d'accordo. Penso sarebbe una bella giornata durante gli esercizi, per esempio, no? Mettetevi d'accordo per l'orazione e la preghiera.Per il resto: io vado via lunedì mattina, dopo tornerò mercoledì sera a salutarvi un pochino fino a giovedì mattina; passerò la sera e... la settimana ventura camminate insieme con i vostri sacerdoti. Qui, don Guido, ti te ciaparè el manego e, se non torno più, ricordatevi tutte le strapazzate che vi ho dato per il passato. Chiedo perdono se qualche volta sono stato troppo forte, troppo duro, eccetera, però guardate che avevo l'intenzione di farvi santi. Ecco, non avevo altra intenzione nel bastonarvi. Se ritorno, rassegnatevi che continuerò a fare come ho fatto nel passato.
MO201,2 [26-08-1967]
2 Ed ora procediamo.Stavamo ancora, caro don Giuseppe, commentando le solite parole e cioè "sarà dovere dei sacerdoti e diaconi predicare il santo Vangelo, anzitutto con l'esempio, di modo che il popolo venga attratto a Cristo con la loro fede, semplicità, carità e povertà". E ci siamo incappati nella parola fede e non siamo stati più capaci di andare avanti.Guardate, ieri mattina mi trovavo a Vicenza, e dopo la santa Messa sono andato fuori a sedermi là sulla panchina del giardino di Ruggero; vicino a me è venuto Luciano Rizzi, di felice memoria, e gli ho manifestato alcune distrazioni che mi sono venute. Davanti a me c'era un fiore, un pissacan, un... un bel gladiolo, bello quasi come Ruggero, un bel gladiolo avevo davanti a me. E mi sono messo a fare la meditazione davanti al gladiolo. Ho detto: guarda questo fiore così bello, cosa fa, perché è così? Perché il Signore l'ha voluto così, no? Il Signore l'ha pensato, lo ha voluto in quel modo. E mi sono messo lì a guardare la bellezza di quel fiore. E ho pensato: guarda, questo qui, nella forma esterna, nel colore esterno e nella sua struttura è proprio come lo vuole il Signore. Non c'è niente... proprio il Signore lo ha pensato così. Nella sua struttura e nella sua forma esterna, col suo profumo, col suo colore: lo ha pensato così, ed è proprio come lo vuole il Signore, proprio così. Il Signore guardandolo è contento: "Proprio come lo volevo io".Intanto giro un pochino lo sguardo e ghe xe un formigaro lì: formighette correva... Forse pioveva alla notte e allora le gera là tutte preoccupà de fare la tettoia, de fare la barchessa perché le portava granetti de sabbia, eccetera, per difenderse forse dall'acqua che era penetrata dentro nelle gallerie interne. Un affare! Corri de qua e de là... Ghe gera Venco che seguitava a girare e vedere... "Quello l'è Venco", go dito: andava girare e vedere, dirigere i lavori, andava in sima a vedere se tegneva un pochettin, dopo andava su delle altre a portare roba... Uno spettacolo a vedere! Ho detto: guarda, il Signore sta guardando lì, ed è contento perché, perché fanno proprio la volontà del Signore. Il Signore le ha pensate così. Quel Venco là che girava lo ha pensato proprio così, e il Signore è contento.
MO201,3 [26-08-1967]
3 Vediamo la natura vegetale, e allora ho guardato un pochettino indietro: proprio come la voleva il Signore! Quella animale? Proprio come la vuole il Signore!E ho fatto un passo, perché ghe xe un altro animale che son mi. Ed io sono proprio come mi ha pensato il Signore? Il colore mio esterno? La struttura interna? Le azioni mie? La formica non può fare diversamente perché è portata dall'istinto, ma non la merita mica, eh, non può ribellarsi, ma anche non merita. Io invece sono in condizione di favore. Io non sono un vagone messo in un binario che necessariamente deve andare per quella strada. Io sono con un volante in mano, con una meta da raggiungere, con una carta geografica in mano e una bellissima strada asfaltata, col rifornimento dentro la macchina e anche dentro nel serbatoio e anche dentro nella macchina per poter rifocillarmi un pochino durante il viaggio: ho il volante in mano. Non sono messo là sul binario, vagone semplice buttato là, no, col volante in mano! Io devo andare, guidando la macchina. E perciò Dio mi ha messo nella possibilità anche di fare peccato, di ribellarmi, ma però ogni azione che mi porta verso Dio è un atto di amore, ogni curva dove giro la macchina è un atto di amore, ogni deviazione è una offesa a Dio, ma ogni volta che io giro il volante per andare sulla strada di Dio è un atto di amore.Ora Dio ha un progetto per il fiore, un progetto per la formica e un progetto per me. Ha un'idea per me. Ed è qui il bello. Dio guardando il fiore è contento. Guardando la formica è contento. E guardando me? È proprio contento di come sono io? Il mio colore esterno fa piacere? Scusate, parliamo un linguaggio umano... i professori di filosofia e di teologia non i capisse mia ste robe qua. Il Signore, guardando il mio modo di agire esterno, il mio colore esterno, il mio profumo, la mia struttura interna, le mie azioni, è proprio contento? Cioè, in altre parole, io sono come mi vuole lui? Mi metto sempre nella situazione che mi vuole lui? I miei passi, le mie parole sono proprio quelle che vuole lui o quelle che voglio io? Seguo io... la formica segue l'istinto, l'altro... il fiore la natura; io seguo la traccia amorosa che Dio ha messo e ha dato per me? Me l'ha data in mano il Signore questa traccia, la seguo?E poi ho dato uno sguardo un pochino più avanti, e ho detto: “Guarda, nel mondo ci sono tante creature come me”. E il Signore mi ha detto: "Vedi, i fiori sono al loro posto, gli animali al loro posto, gli uomini, tanti uomini, non sono al loro posto. Per piacere, vuoi aiutarmi a mettere anche quelli in armonia col creato? Mi vuoi aiutare, Ottorino?". “E io, o Signore, ti ho detto di sì. E sono partito con l'intenzione proprio di aiutarti. Ma, Signore, se io voglio aiutare te a riportare gli uomini nell'armonia, prima devo portare me, no? Prima devo mettermi io nell'armonia completa e totale, ma proprio completa e totale, e poi sforzarmi di portare gli altri”.
MO201,4 [26-08-1967]
4 Ecco, vedete, questo mi pare che faccia parte di... quella parola lì: semplicità. Con Dio dobbiamo trattare così, dobbiamo intendercela così, dobbiamo partire da un fiore, partire da una formica, partire da una foglia, partire da un raggio di sole e sollevarci su, su un raggio di sole, su, su, su, andare a finire fino a Dio. Dobbiamo con semplicità incontrarci con Dio e conoscere Dio e parlare con Dio e trattare con Dio. Ci vuole semplici il Signore. Meno strutture esterne, meno discussioni esterne, più contatti con Dio.Perché vedete, giorni fa, voi ve lo ricorderete, c'era quel famoso oremus che diceva: "Affinché io ami quello che conosco". Com'era la frase, per piacere? "Accresci in noi, Signore, la fede, la speranza e la carità, e perché possiamo ottenere ciò che prometti, concedi a noi di amare ciò che comandi". Lo dico in latino: "Amare quod credidit"... dammi la grazia di amare quello che lui credeva. Non solo credere, amare quello che lui credeva. Qua se podaria fare una bella meditazione. Bepi, digo male? “Dammi, o Signore, la grazia di amare quello che credeva lui”. Varda che el se ga lassà tajare per amore del Signore! El ga seguio il Signore e el ga credù fino a dare la vita per amore del Signore! E allora mi digo: “Signore, dame la grazia anche a mi de amare quello che credeva lui, de amare". Varda che el xe grandioso!Figlioli, amiamo noi quello che credevano i santi? Quello che credeva, prendiamo, San Bartolomeo? Quello che credevano i nostri vecchi preti: San Giovanni Bosco, santo Curato d'Ars, San Francesco di Sales, San Francesco Saverio? Crediamo noi a questo? E lavoriamo noi per vedere se siamo capaci di salire per la stessa strada? Perché bisogna aiutarci un pochino. Non possiamo mica pretendere, figlioli miei, di arrivare ad amare quello che credeva San Bartolomeo senza fadiga. Bisogna vedere un po' come che poria fare, eccetera, perché qualunque cosa... Guardate, per fare un impianto elettrico bisogna fermarsi un momentino e studiarlo. Per fare anche il pavimento o il soffitto, bisogna mettersi là: segnare, vedere un po', per via de non trovarse dopo con un toco in fondo, no? E allora, scuseme, volete che soltanto la fede, l'amore di Dio, ste robe qua... Bisogna studiarlo, bisogna metterse là.In questo tempo di montagna, scusate se io adesso vengo a mettere un pochino le mani dentro, avete preso qualche bel libro? Vi siete messi qualche mezza oretta in qualche canton là a leggere un pochino, per vedere di scoprire la strada che vi porti al Signore?
MO201,5 [26-08-1967]
5 Scusate, non so se è conveniente tirarlo fuori, sì o no? Parlavamo proprio con Zeno, andando a Venezia, abbiamo parlato da Vicenza a Venezia, come se podaria... E ghemo dito: andèmo in America noialtri; te me procuri due “Filotee” di San Francesco di Sales, no, e due "Storia di un'anima" da scarabocciare. E vedemo, ti da una parte e mi par conto mio, in tutte le ore libere che ghemo, vedemo un po' quale strada San Francesco di Sales insegnava per raggiungere Dio. Dopo fèmo un confronto per vedere santa Teresina che strada che la ga seguìo. Non leggere per leggere. E vedere un po' che i ga seguio una strada simile tutti e due quelli lì, no? Vedere un po': ti te vardi la tua e mi vardo la mia. E vedemo un po' se se pole camminare un pochettin de più, no? E questo è il lavoro che ci siamo ripromessi durante il periodo che andiamo via; lavorare, mia perdere tempo, no? No ciacolare solo de mestieri; ghemo da ciacolare de Dio, perché a noialtri ne interessa Dio.Ora voi vi siete interessati di questo problema? L'avete cercato? Avete fatto niente? Siete dei poveri disgraziati, sapete, figlioli, eh! Se di queste cose non avete fatto niente, siete dei poveri disgraziati! Perché state andando avanti così, così... Che lavoro date domani alle anime? Avete sbagliato strada, figlioli! Bisogna approfondirle queste robe qua e bisogna che ognuno usi la sua personalità, la sua intelligenza... voi che siete preoccupati della vostra personalità, per cercare, cercare queste robe qui.Ma cercarle voi, voi dovete cercarle, perché Dio parlerà a voi; non vogliamo mettervi in una strada, tutti par sto estroso. Dobbiamo arrivare in cima al Novegno? E va bene, ma ognuno... uno che ga la macchina fa il giro; uno ga i piè boni: el va su par de qua, uno per traverso, scusa, uno va verso el Suman: varda che te sbagli strada, fiolo! Domandate consiglio, se uno non sa la strada: “Ciò, ti che ti si andà, quala xela la strada più bela, quala xe più curta, vala de qua o vala de là?”. In cima al Novegno ghemo da arrivare. Io non voglio inquadrarvi tutti sullo stesso stroso, no, per carità! Il Signore vi aprirà la strada lui, attraverso il padre spirituale, attraverso qualche buon libro, attraverso i superiori. Ma ci dovete andar su. Perché se stè sentà vicino a un stroso, ricordeve la porta de casa non vien lì, bisogna che andiate voi in cerca della porta di casa con la ciave. El gera un imbriago quello che faseva così, ma no voialtri.Perciò ecco qua: "Signore, Signore, fai, o Signore... amare quod credidit...", che mi possa amare quello che credeva lui. "Et praedicare quod docuit". Mi tradurria quel "predicare quod docuit" predicare con la vita quello che lui insegnava, non solo con le parole. Cosa disio voialtri?
MO201,6 [26-08-1967]
6 Voialtri tradusila come ca volì. Mi però la preghiera che go fatto al Signore xe questa: “Signore, doneme la grazia de amare quello che lui credeva e di poter predicare quello che lui insegnava, di poterlo predicare, ma predicare come che el faseva lu, prima con l'esempio e dopo con la parola”. E come sant’Andrea e San Bartolomeo, come sant’Andrea messo in croce, el ga comincià predicare... predicava in due modi: prima con l'esempio là offerto a Dio, là; secondo con la parola. I ghe credeva perché i vedeva che el testimoniava con l'esempio. Perciò dobbiamo predicare prima con l'esempio e dopo con le parole.Ci trovavamo alla Madonna della salute a Venezia e xe vegnù dentro delle persone in chiesa. E ghe go dito a Zeno, stavamo recitando il breviario, go dito: “Ciò, varda quello lì che xe vegnù dentro, el ga fato una genuflexion per cui si può dire quello lì el ghe crede”. Dalla genuflexion se pol dire che se ga visto la fede dell'omo, dal modo de fare la genuflexion. Ga fatto una genuflexion meravigliosa, dal modo de fare... dal modo di fare un segno di croce... dal modo di parlare con una persona si capisce chi siete."Ora, Signore, fa’ che io creda quello che lui credeva, e ami quello che lui credeva, ma dammi anche la grazia di poter predicare quello che lui predicava, insegnava, ma predicare con l'esempio prima, perché è inutile che io vada a predicare che è lì l'Eucaristia, se poi con il mio esempio dimostro che non ci credo all'Eucaristia". È inutile che io vada a dire: "Fratelli, guardate che la Messa è una cosa grande", e dico la Messa così... che io dica, per esempio: "Guardate che la Madonna...", e dopo passo davanti alla Madonna... No, no... non per farmi vedere. Dev'essere una manifestazione esterna della mia fede la mia vita, in tutte le circostanze; vi dico: in tutte le circostanze. Passi davanti a una chiesa e ti levi il cappello o dai un'occhiata: si capisce subito che hai fede. Qua commedie non se ne possono fare, perché la gente si accorge che stiamo facendo la commedia. Qui bisogna che sia una cosa naturale, deve scaturire proprio così con tanta naturalezza e la gente sente che c'è... ha un intuito speciale. E allora convertiamo le anime e salviamo la nostra.
MO201,7 [26-08-1967]
7 Ma continuiamo.Perciò direi: una delle prime cose, figlioli miei, questo spirito di semplicità. E guardate che questo spirito di semplicità lo acquisteremo se avremo questo contatto semplice con Dio. Se ci abituiamo a trattare con Dio con semplicità, a parlare con Dio, anche riguardo a quello che dicevo prima delle vocazioni, a domandarle 'opportune et importune', proprio con questa semplicità. Cominciando alla mattina e alla sera, questi contatti proprio fatti, col Signore, con semplicità. Niente robe astruse, niente robe difficili, niente... roba semplice. Dio ama le robe semplici.C'è qualcosa da dire? Tu, Bepi? Avete qualcosa da domandare? Nessuno? Va ben, allora 'ndemo avanti.Con semplicità e carità. Già in altra circostanza abbiamo parlato della carità forse, qualche volta forse. E qui vorrei ancora sottolinearla e casomai stasera, se avete piacere, se volete tirar fuori qualche argomento, qualche domanda, lo faremo. Non crediate che la carità... Qualche volta vero, noi esigiamo la carità nella comunità e non facciamo niente per portare la carità. Cioè, in altre parole, critichiamo la comunità perché nella comunità non c'è la carità, e ci dimentichiamo che appunto la carità è saper sopportare la mancanza di carità degli altri.Il Signore ci ha detto di avere la carità, non di fare i censori degli altri, perché ha detto anzi "non giudicate", no? Perciò ecco lì una comunità di sei, sette persone: "Eh, qua sì, no xe possibile, perché questo, perché quelo, perché l'altro...". Basta! Ti ti si za fora serie perché non te ghe la carità. Mi entro, vado, supponiamo, ipotesi, visitare una comunità; supponiamo vado in Brasile, in Argentina; arrivo là: "Come xela? Ciò, Toni Zordan, come xela?". "Ah, eh, ghe xe don Piero là, fa tuto lu...". El scopia. Dopo ciapo l'altro: "Oh, ghe xe Zordan: el ga un'aria...". Ognuno contro gli altri: solo lu el xe quelo che non fa gnente, no? Ghin sento quattro: tutti quattro contro uno; sento gli altri quattro; tutti quattro contro uno; gh'in sento uno: tutto contro i quattro. Figlioli miei, io dico: "Beh, ti, Zordan, squalificato! Ti, don Piero, squalificato!". Insomma li squalifico tutti cinque.
MO201,8 [26-08-1967]
8 Se invece sento uno: "Come vala, Toni?". "Va bene, me pare. Qualche piccola roba, cossa vorlo che la sia, per quele robette lì... Chissà quanto che gli altri ga da sopportarme mi! Qualche piccola robetta che capita... Mi chissà quanto che fasso patire gli altri". Ecco la carità, che sopporta, che comprende, che sara i oci e lascia passare, che prende il fratello da una parte, che ghe dise una parola, se è necessario fa la correzione fraterna. Ora, vedete, qualche volta io ho l'impressione che si esige dagli altri e non si dà.Ora io direi: mettete in preventivo di trovarvi in un ambiente dove non manca la carità, ma dove ci sono dei fratelli che hanno dei difetti. È diversa la storia!Io mi trovo, per esempio, in Argentina, supponiamo al posto di don Piero. Io devo partire dall'idea che tutti quattro gli altri abbiano tanta carità, ma naturalmente io ho i miei difetti e loro hanno i loro. E qualche volta i difetti spussa. E allora pazienza! Cercherò di comprenderli... ecco la carità! La mia carità è carità vera se io so comprendere loro, so sopportare i difetti dei miei fratelli e so interpretare bene e se è necessario dire una parola fraterna per correggere. Allora è carità!Ma il dire in una comunità: c'è tanta carità! Ma, scuséme, xe mai mancà il pane? Eh, no! Xe mai mancà la polenta? No! Mai mancà i schei? No! Mai mancà el frigorifero? No! Speta che vegna tempo de guera che manca tuto, allora se vede se ghe xe carità! Avete capito? La carità è quando ci sono delle difficoltà, quando uno è stanco, non ne ha voglia, eccetera eccetera, allora si vede la carità del prossimo. Finché tutto va bene... sa, è come Giobbe, vero, fin che tutto andava ben: "Eh, Signore, - el ga dito el diavolo - sfido mi! El ga femene, el ga fioi che sta ben, el ga un muccio de ricchezze, el ga salute... sfido mi che el te benedisse! Sfido mi! Prova...". El ga provà... "Eh, sfido mi!". "Prova!". Lo mette sul luamaro e ancora lo benediva: "Gheto visto, ah!", el ga dito.Ecco la carità: quando i ciaparà don Piero Martinello e lo buttate là sul luamaro e ancora non maledice i suoi confratelli che lo hanno messo sul luamaro, e allora potete dire: "Sì, quello è un uomo di vera carità!".Quando, don Giuseppe, il vescovo te metterà sul luamaro della diocesi e ti te benedirè ancora: "Sì, xe vera carità quella là!".
MO201,9 [26-08-1967]
9 "Ma, alora non se pole dir gnanca na parola?". No, non xe che non se possa dire gnanca na parola. Ci capiamo, no? Ma c'è modo di dire una parola. Per esempio, supponiamo ipotesi che il vescovo di Padova non concedesse a don Giuseppe di andare... el te concede di andare in Kenia, supponiamo che non concedesse de andare missionario, eccetera eccetera. Sarebbe mancanza di carità che in un gruppetto dicesse: "Sa, me trovo un pochettin a disagio, eccetera eccetera. El vescovo, poaretto, el ga dormìo male; poaretto, chissà che..."? Dire una parola, no! Ma dire... quelo sì!Allora domani don Piero Martinello el ciapa na stomegada da Zordan e... scocca scintille. Il dire una parola magari con don Graziano: "Me xe capità questo e questo...". È mancanza di carità? No! E vedere un po'... Invece metterci olio: quello è necessario. Comunque non voglio entrare nei particolari, non è il caso, non è la sede per trattare i particolari.Solo vorrei dirvi questo: quando son tornati quelli che sono andati dai Focolarini, sono tornati entusiasti per la carità che c'era là. Guardate, quel momento di carità bellissimo, ma è vero se, supponiamo, Livio o io o tutti quanti siamo capaci di sopportarci. È giusto? Per amore del Signore. Senno è un momento di sentimento e basta. Perché si fa presto, anche con gente disparata a creare cinque, sei, sette giorni di euforia, è facile, ma vivere insieme, sa! “Mi e la femena... A vorria che vegnessi insieme con mi, con quela femena là!", dise qualche omo, no? "Perché mi la go casa per sempre... Ah, un'oretta insieme xe fasile!". I tusi in oratorio... Me ricordo che nel '40 i dixeva: "Ah, sfido mi! I xe boni in oratorio, ma co i xe casa...". Sa, portarsi il peso di uno, giorno per giorno, tutti i giorni e saper offrire al Signore, saper compatire, saper comprendere, saper portar pazienza, eccetera eccetera. È diversa la storia!Ora, noi dobbiamo esternamente mostrare quello che mostravano i Focolarini, pur essendo diversi, pur dovendo sopportarci. Quel colore esterno di carità che loro hanno, dobbiamo averlo anche noi. La gente deve vedere che ci vogliamo bene, vedere che c'è un'armonia meravigliosa, che mai uno dice male degli altri, anche se a casa qualche volta capita qualche piccolo scontro, qualche piccola cosa: ancò mi me rabio e dopo domando scusa domattina; domattina se xe rabià don Guido e domani sera domanda scusa. Doman de sera se rabbia don Luigi e dopo tre giorni domanda scusa. Pazienza! Intanto però resta che ci si capisce, ci si vuol bene per amore del Signore.
MO201,10 [26-08-1967]
10 Ecco, no, vorria proprio metterve questo: non stare a pretendere di avere per fratelli degli angeli, per fratelli avete uomini. E ricordatevi che siete uomini anche voi, e non siete angeli; e perciò la carità è accettando per fratelli degli uomini e ricordando che siamo uomini. Allora è possibile la carità. Non so se esagero. Ecco, questo volevo sottolinearlo, perché noi miriamo in alto, ma ricordatevi: porteremo sempre i piedi e i piedi camminando fanno un po' di puzza. Perciò portando la nostra umanità, porteremo certo qualcosina che non è gradevole ai fratelli, o per un motivo o per l'altro, o per vedute diverse o per elementi diversi, ci sarà sempre qualche cosetta. Ma questo, mettiamolo in preventivo. Mettendo in preventivo che questo ci dev'essere e che, anzi, è proprio questo che fa la vera carità, che ci dà la possibilità di esercitare la vera carità. Dico male? Se noi mettiamo in preventivo questo, questo ci peserà meno, questo sarà motivo di penitenza, di fare un po' di penitenza ed è necessario, e nello stesso tempo, avendo messo in preventivo, sapendo che dobbiamo... si ha la possibilità della carità di Cristo. Perciò la gente deve accorgersi che c'è questa carità fra noi. Il mondo deve accorgersi, perché noi dobbiamo predicare.Ora, supponiamo una piccola comunità, supponiamo Monterotondo, per esempio, supponiamo che un assistente non vada d'accordo con il prete perché il prete non va d'accordo con gli altri, ci sia qualche piccola cosa, supponiamo. Sarebbe tremendo, oserei dire da disgraziati, per esempio, che l'assistente Mario prendesse un uomo fuori: "Sa, sì, con don Flavio xe fadiga andare d'accordo...". Dopo, don Flavio: "Sì, sa con Mario...". E ghe lo digo in confidenza al presidente dell'Azione Cattolica e dopo alla presidente delle Figlie di Maria... E dopo un po' di tempo, tutto il paese, in confidenza, sa che don Mario, che don Flavio, che don questo, che don quello... eccetera. No! "Sì, però, poareto don Flavio...". E quell'altro: "Oh, poareto...".Supponiamo che il Signore ha messo due caratteri diversi insieme, rivolgetevi al superiore perché avvenga un cambiamento. Ma non mostrate alla gente la fatica che fate ad andare d'accordo. Ci sarà la fatica... se ci sono due caratteri diversi, la fatica resterà per andare d'accordo. È inevitabile che ci sarà fatica per andare d'accordo con due caratteri diversi. Chiedete ai superiori, per quanto è possibile, un cambiamento, ma che il mondo esterno non si accorga di questa fatica. Con la virtù dovete saper mandare giù e offrire al Signore. Perché... naturalmente, se ghe xe due bò, uno alto e uno basso, i fa fadiga a tirare il carro, no? El poro omo el dovaria dire: "No! Due bò compari!". Ma se nol ghi n'ha altri... el pole mettere nda cavra e nda vacca... e naturalmente ghe xe uno squilibrio.Bisogna portare pazienza, e questa è la virtù della carità. Amen!