A questo punto don Ottorino concede una pausa di silenzio per facilitare l’incontro personale con il Signore.
Zeno Daniele frequentava all’epoca il 2° anno del corso teologico presso il seminario vescovile.
Il riferimento è ad Antonio Bottegal, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso teologico.
L’inizio scherzoso di don Ottorino è comprensibile ricordando che gli alunni del corso teologico frequentavano la scuola del seminario vescovile.
Cfr. Salmo 95, 1.
Nel testo registrato si ascolta a questo punto una voce che dice: “Prima c’è la gabbietta di filo di ferro”.
Don Ottorino scherza con Antonio Bottegal che all’epoca era l’addetto alla sua segreteria.
Il riferimento è a S.E. monsignor Carlo Fanton, vescovo ausiliare di Vicenza.
Il 6 aprile 1968 furono ordinati presbiteri Leonzio Apostoli, Bertelli Luciano, Paolo Crivellaro Giuseppe Giacobbo, Luciano Rizzi, Gaetano Scortegagna e Venco Girolamo.
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1.Vediamo se è possibile metterci un pochino in contatto con il Signore. Queste sono giornate da trascorrere a Bosco, non qui. Non è vero, Zeno ? Che cosa ne dici? In seminario, quando vogliono, fanno vacanza e noi non possiamo farla. Un bel giorno speriamo di poter mandare a dire in seminario: “Oggi niente scuola perché andiamo in gita”. Potremmo fare così anche noi, per dimostrare la libertà umana. Ieri Bottegal ha detto: “Reciti tre Ave Maria perché forse domani faranno vacanza: forse i nostri compagni andranno in gita”. Potremmo anche noi fare in modo che loro recitino tre Ave Maria perché andiamo in gita noi. Fratelli, “cantemus Domino canticum novum” . Avete già sentito che il diaconato è come un tappo di una bottiglia: tu provi con le mani e, dai, dai, dai, cominci a smuoverlo. Quando si tratta di un tappo di bottiglia che si toglie a mano, premi di qua, premi di là... e finalmente comincia a muoversi un pochino. Verrà il momento in cui il tappo uscirà schioccando; attenti allora a non prendere una spruzzata... Ieri il venerabile Antonio Bottegal, di cui io sono indegno di essere il segretario, - come monsignor Fanton è il vescovo ausiliare - diceva... adesso è anche chiacchierone, perché venendo su per le scale avete sentito che ho detto: “Silenzio!”; era lui che chiacchierava con il fotografo per domandargli a quell’ora le fotografie. Beh, diceva: “Adesso è arrivata questa grazia; sabato saranno ordinati sette preti. Adesso bisogna che si prepari!”. Ecco, io direi meglio: “Prepariamoci!”. Non so se abbia detto: “Si prepari” o “Prepariamoci”, però mi fa piacere che voi riteniate scontato che prima o dopo le grazie del Signore bisogna pagarle. Se nella Casa dell’Immacolata avessimo capito questo, sarebbe già qualcosa. Non vi pare? Esseri poveretti sì, ma onesti! Perciò i debiti bisogna pagarli! Bisogna sapere che se il Signore concede una grazia, prima o poi si deve pagarla: tu sai già che è una grazia di Dio e che bisogna pagarla con il sacrificio. Se un domani vai a confessare e viene da te un’anima, dici: “Che grazia grande!”. Beh, sappi che bisogna pagarla; non meravigliarti se poi tornando a casa il parroco ti farà un rimprovero o ti capiterà uno scontro o una persona molesta. Devi pagarla! E se sai che stai pagando, allora anche il sacrificio è minore. Perché, per esempio, se tu avevi centomila lire in tasca e a un dato momento ti accorgi che te ne mancano sessantamila, esclami: “Maledizione! Le ho perse!”. È diverso averle smarrite che averle spese per il pane e per l’acquisto d’altro in un negozio. Allora tu dici: “Scusa, per forza! Ne avevo centomila; sessantamila le ho spese in questo o quel negozio; mi sono acquistato una bicicletta e l’ ho pagata. È naturale che ne debba avere quarantamila!”. Ma se ti mancano perché le hai smarrite, la storia è diversa! Perciò bisogna pagare. Soffrire per pagare è diverso che soffrire per niente, cioè perdere il valore della sofferenza. Ed ora incominciamo.PREGHIERA rosario
DIACONATO
DIO stile di...
CROCE
APOSTOLO missione
ESEMPI croce
Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del libro di L. G. SUENENS, Teologia dell’apostolato della Legione di Maria, Coletti Editore Roma 1953. Le citazioni, prese dalle pagine 179-180, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami specifici.
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2.È la prima volta che ci troviamo qui riuniti insieme, mi sembra, con i novelli sacerdoti. Sabato sera era tardi e perciò non ho rivolto loro la parola; adesso non ci sono neanche tutti. Beh, caso mai la rivolgeremo in un altro momento. Soltanto vorrei raccomandare ai nostri cari sacerdoti che preghino anche per i poveri vecchi. Le loro preghiere hanno certamente già ottenuto qualche grazia dal Signore. Non è vero, don Paolo? Non so se le Messe siano valide quando ci sono le candele spente; speriamo di sì. Don Luciano stamattina non si è neppure accorto che ha celebrato la Messa con le candele spente; quando è arrivato verso il Pater Noster sono andato io ad accendergliele. Eh, ma non importa: è laureato in liturgia... Non è vero, Luciano caro? Questi novelli sacerdoti sono così fuori di sé che neppure si accorgono! Sta’ attento, figliolo: io mi commuovo. Questo è per te un segno positivo, non negativo. Se si tratta di mandarti a studiare liturgia, questo ti porterebbe su di quota anziché farti calare. Vuol dire che è talmente pieno di fede e di amor di Dio che non si accorge neppure del mondo esterno; non mi meraviglierei neppure se cominciasse la Messa con l’ ‘Ite, Missa est’! Voi direte: “Siamo nella settimana santa! E ci vorrebbe qualcos’altro da meditare!”. C’è qui un pensierino che, mi pare, vada bene: il rosario. Mi chiederete: “Che cosa c’entra il rosario con la settimana santa?”. C’entra, e lo vediamo subito.SACERDOZIO prete
Nelle pagine precedenti l’autore aveva trattato di una delle ‘grandi preghiere’ che i ‘Legionari di Maria’ devono adottare come preghiera quotidiana: la recita di gran parte dell’Ufficio divino, motivando questa scelta di preghiera con il fatto che anche Maria pregava con i Salmi.
Dalle deposizioni di Santa Bernadetta sulle apparizioni di Lourdes non risulta che non poté in un primo tempo fare il segno della croce per i motivi portati da don Ottorino, ma più semplicemente perché era impaurita: “Alzando lo sguardo vidi la giovinetta sorridermi... ma io avevo paura... Mi venne allora l’idea di pregare. Misi la mano in tasca e presi la corona... e volli fare il segno della croce; ma la mano ricadde e non riuscii a portarla alla fronte... La giovinetta tenendo la corona in mano si segnò come per pregare... Con la mano tremante, cercai anch’io di fare il segno di croce, e questa volta riuscii. Poi la paura scomparve”.
In tutte le sei apparizioni di Fatima, ma soprattutto nella sesta ed ultima apparizione del 13 ottobre 1917, Maria chiese esplicitamente ai veggenti di recitare ogni giorno il rosario. Prima del miracolo del sole, chiese di essere onorata in una cappella costruita sul luogo delle apparizioni col titolo di “Nostra Signora del Rosario”.
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3.“A questa grande preghiera solenne e liturgica la Legione ne aggiunge un’altra più umile nella forma e più popolare: la Corona, o anche il Rosario intero. Noi parleremo qui dell’uno e dell’altra indistintamente, né occorre dire che si tratta non di una preghiera puramente vocale, ma di una preghiera pervasa e animata dalla meditazione dei misteri. Fermiamoci qualche momento per scrutarne l’anima segreta e svelare i tesori spirituali racchiusi nel Rosario così concepito, in questo “Salterio della Vergine”, come l’ hanno chiamato diversi Pontefici Romani”. Leggo soltanto tre pensieri. “Prima di tutto, convinciamoci che non ci si chiede d’ amare la Corona per sé stessa, perché ci piace, perché troviamo gusto a sgranare questa catena di Avemmarie. Ciascuno è libero di pensare, lì per lì, che l’interminabile ripetersi di Ave sia abbastanza monotono e fastidioso, o di lamentarsi delle inevitabili distrazioni che l’accompagnano. Se la Chiesa domanda ai suoi figli di attaccarsi alla Corona, evidentemente è perché questa piace alla Regina del Cielo. A noi basta sapere che piace a Lei: nient’altro”. A questo punto l’autore prosegue citando Leone XIII, Pio IX, eccetera. Io sottolineerei questo: noi sappiamo che il rosario piace alla regina del cielo. Perché ne parlo oggi? Perché siamo nella settimana santa e vorrei che oggi recitassimo bene almeno una corona per ringraziare la Madonna del tappo che sta per uscire e per domandarle la grazia che i nostri futuri diaconi siano come i primi diaconi; per domandare alla Madonna la grazia non soltanto di avere il diaconato, ma che i nostri diaconi siano come il Signore li vuole per preparazione spirituale e per preparazione culturale nel campo apostolico: che siano proprio prototipi come lui li vuole. Chiaro? Questo noi lo domanderemo alla nostra buona mamma, la Madonna. Perciò, ecco perché volevo suggerire il pensiero della corona: perché la Madonna sia punto di arrivo e punto di partenza; ringraziamento e preghiera. In questi ultimi tempi abbiamo ascoltato tante belle cose sulla liturgia: tutte cose bellissime. Non è vero, don Luciano? Ma, vi dico: non abbandoniamo per questo la corona del rosario. Abbiamo sentito tante persone parlare male di questa benedetta corona, e in giro si sente perfino dire: “Adesso l’abbrevieranno! Adesso... adesso...”. Figlioli, la Madonna è apparsa a Lourdes con la corona in mano. Quando una volta Bernardetta ha cominciato a recitare la corona con il segno di croce fatto male, frettolosamente, la mano le si è fermata e non riusciva più a muoverla. La Madonna si univa a Bernardetta per recitare il Gloria Patri, per recitare il Padre nostro, e sorrideva contenta nel vedere Bernardetta che recitava la corona. Pure a Fatima è apparsa la Madonna ed ha insistito con i tre bambini per la recita del rosario.PREGHIERA rosario
MARIA madre della Congregazione
DIACONATO diacono
MARIA devozione a ...
MARIA Lourdes
Fin dai tempi di San Giovanni Bosco i Salesiani si sono dati da fare per produrre materiale catechistico con le tecniche più aggiornate, libri, opuscoli, giornali e riviste specializzate. Dopo la seconda guerra mondiale andavano molto forte le ‘filmine’: una sequenza di fotografie che trattavano un tema catechistico e che venivano proiettate su uno schermo; ovviamente non avevano il sonoro.
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4.Io direi, fratelli miei, che bisogna piuttosto esaminare come si recita il rosario. Ed ecco qui, allora, il pensiero della meditazione. Oggi è martedì, e i misteri della giornata sono i misteri dolorosi. Il rosario, recitato senza pensare ai misteri, è certamente una preghiera monotona, una preghiera pesante, una preghiera, quasi, da non farsi. Ma, figlioli, raffiguratevi un pochino adesso le scene evocate dai misteri... Ricordate che abbiamo proiettato quella pellicola dei Salesiani, nella quale si cambia continuamente il quadro? Se non lo sapete, siamo stati noi ad insistere un pochino perché i Salesiani realizzassero quella pellicola. Lo sapevate questo? Quando sono venuti qui a Vicenza i Salesiani, quelli che hanno in mano la direzione del loro centro cinematografico, io ho insistito: “Fate una filmina sul rosario...”. L’ hanno fatta e noi abbiamo ringraziato il Signore. Avevo insistito due, tre volte, perché facessero quella pellicola. Ora mettiamo da parte il fatto della pellicola e guardiamo la realtà. Per esempio, oggi vengono proposti i misteri del dolore. Come si dovrebbe fare? Prima di tutto pensare che cosa diciamo con le parole: “Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo”. Come prima cosa ci vuole questo inno di apertura. È bello, per esempio, che nella Messa si canti dapprima un inno di apertura. Per conto mio l’inno di apertura nel rosario è il “Gloria Patri...”; è proprio un inno di apertura. Ma il ‘Gloria Patri’ tu lo reciterai bene se sei abituato alla sera o in qualche momento della giornata a fermarti davanti al tabernacolo: “Mio Dio, io credo... Padre...”, e te la intendi con il Padre... “Figlio...”, e te la intendi col Figlio... “Spirito Santo...”, e te la intendi con lo Spirito Santo. Se tu hai questa comunione con la SS. Trinità, Dio trino ed uno, con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, se con il tuo Dio hai spesso questo contatto e ogni giorno ti fermi a pensare a questo, allora ti sarà naturale, quando fai il segno della croce, pensare alle tre sante persone: “Nel nome del Padre” e pensi al Padre... “del Figlio” e in un attimo hai la fotografia del Figlio... “e dello Spirito Santo”... E allora ti sarà facile quando dici: “Deus, in adjutorium meum intende”, pensare a Dio Trinità e anche quando dici: “Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo com’era in principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen”. Ma, se il Gloria Patri non viene recitato così, io sono il primo a dire: “Prendiamo la corona e buttiamola via; non serve a niente!”. Certe corone, fratelli, dette su alla spiccia, a che cosa volete che servano? Lo so anch’io che dopo ti verrà a noia il rosario!PREGHIERA rosario
DIO Trinità
Il Gambellara è un vino bianco da pasto, prodotto nella zona di Gambellara, piccolo comune del vicentino; il Torcolato è un vino bianco molto pregiato, liquoroso, prodotto in quantità limitata, con uve bianche passite, nella zona di Breganze (VI). È evidente che don Ottorino porta esempi molto concreti, in tono quasi scherzoso, ma profondamente impegnativi e chiari.
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5.Il testo parla anche delle “inevitabili distrazioni...”; siamo d’accordo, ma noi dobbiamo fare qualcosa perché non ci siano queste “inevitabili distrazioni”. Qualche volta qualcuno dice: “Non sono capace di recitare la corona”. Che cosa abbiamo fatto per preparare la nostra anima? “Ante orationem praepara anima tuam”. Quando diciamo la corona da soli e viene annunciato il mistero, ci fermiamo un attimo per la composizione di luogo? Per esempio, oggi si considerano i misteri del dolore. Dopo aver detto il Gloria Patri ci si rivolge a Dio con il Padre nostro; adesso non voglio dettare una meditazione sul Padre nostro e anche voi ne capite il motivo, ma questo incontro con il papà prepara l’animo: “Padre nostro, che sei nei cieli...”. Prima saluti la Ss.ma Trinità, poi fai l’incontro con il Padre, e quindi la composizione di luogo. Gesù nell’orto degli ulivi: Gesù, uomo e Dio, ma uomo che capisce che cosa vuol dire morire. Pensate quando qualcuno deve andare a levarsi un dente: “Non sei andato?”. “Ma... Adesso mi fa poco male; andrò domani”. Bisogna che venga tanto male per andare a levarsi un dente. Eppure fanno una iniezione... e sì che... ma farsi togliere un dente! Gesù sa che non va a levarsi un dente, ma a morire. E la natura umana ne sente tutto il peso. Lasciarsi prendere, umiliare, flagellare, incoronare di spine, eccetera, e lui accetta: “Padre, se è possibile... però se è possibile...”. E lì ci sono gli altri tre che dormono. Ah, immaginate che cosa deve aver sofferto Gesù nel vedere i tre che dormivano, pensando alla raccomandazione che aveva fatto loro di non dormire e di pregare, perché “lo spirito è pronto, ma la carne debole”. E ciononostante si è visto abbandonato da tutti. È come se questa sera io domandassi a due o tre di voi: “Per piacere, vi dispiacerebbe venire con me?”, e mi rispondereste che non verreste. Per i vostri capricci, magari, rimarreste desti fino a mezzanotte; invece alla domanda di un favore rispondereste di no. Gesù domanda agli Apostoli un favore ed essi rispondono: no! Se Gesù li avesse condotti a Betania da Lazzaro a bere quattro bottiglie di Gambellara o di Torcolato o a giocare una partita a carte, certamente non avrebbero dormito; però lì si dormiva! Questo è anche il nostro comportamento, eh! In quella scena noi cerchiamo di vedere, insieme con la Madonna, quello che si svolge. Perciò le nostre Ave Maria dovrebbero essere recitate davanti alla scena di Gesù nell’orto degli ulivi: “Santa Maria, mamma di Dio, prega Gesù per noi poveri peccatori; digli che ci insegni a soffrire, a patire, a capire... Gesù, facci capire, facci comprendere, Gesù”. Figlioli miei, così la Chiesa vorrebbe che fosse recitata la corona, così la Madonna vorrebbe la recita della corona: meditazione e preghiera.PREGHIERA rosario
GESÙ
Via Crucis
GESÙ
uomo
MARIA addolorata
Il riferimento è a don Gaetano Scortegagna, sacerdote novello, cugino primo di don Ottorino.
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6.Voi direte: “Come si può fare una cosa simile?”. Si può fare benissimo, si fa benissimo. Mi porto con la fantasia nell’orto degli ulivi, mi fermo un momentino a considerare, vado con la Madonna a contemplare la scena e prego: prima la SS. Trinità, poi il Padre, e poi prego la Madonna. Perciò vi pregherei di fermarvi oggi un istante davanti alla scena del mistero. Se avete da recitare tre corone, ditene piuttosto una sola; vi dispenso dalle altre due, ma ditela bene, meditandola. Secondo mistero doloroso: Gesù flagellato. Raffiguratevi il nostro Dio spogliato delle vesti, legato a una colonna e flagellato. È facile dire: “Si considera Gesù flagellato alla colonna”. Ma vi rendete conto che cosa vuol dire flagellato? Vi immaginate un uomo che prende in mano un flagello e colpisce, colpisce il divino maestro? E lui là, per i nostri peccati! Chi può dire: “Io non c’entro”? Domenica mi trovavo a Quinto; vicino a me c’era don Gaetano e davanti a una tavola c’era una donna con i suoi bambini: è la cognata di mia zia, ha sette o otto figlioli ed è rimasta vedova. Giorni fa stava raccontando la passione del Signore ai tre più piccoli; è una donna meravigliosa, una donna che vive di fede. È una di quelle donne che sono piene di fede, piene di spirito di sacrificio, e stava raccontando la passione del Signore e i tre piccoli, a un dato momento, si sono messi a piangere tutti e tre. Quando è tornata a casa la sorella maggiore che era al lavoro, i tre piccoli le sono andati vicino e le hanno detto: “Sai chi è stato a mettere in croce il Signore? Siamo stati noi con i nostri peccati”. Il più grande dei figli ha fatto gli esami di maturità e ora è impiegato in Comune, cioè impiegato come segretario nelle scuole medie di Bolzano, e così guadagna qualcosa per aiutare la famiglia. Fratelli miei, quando noi abbiamo accontentato il nostro corpo... e chi può dire di non avere mai peccato accontentando la propria carne? Perciò bisogna pagare! Per entrare in Paradiso bisognava pagare; qualcuno doveva... e ha pagato Gesù. Quando noi pronunciamo: “Gesù flagellato”, quaranta colpi meno uno, guardate che, forse, uno di quei colpi lo abbiamo dato noi, l’ho dato io, o forse anche tutti i trentanove. E allora, come non fermarsi un pochino, almeno per dire grazie: “Grazie, Signore, che mi hai purificato”? Noi andiamo a confessarci: “Ego te absolvo”, dice il sacerdote; ovvero diciamo: “Gesù mio, misericordia!”, e Dio ci perdona. Però qualcuno ha dovuto pagare. È vero, è vero che Gesù ci perdona; è vero che Dio ti perdona, ma qualcuno ha dovuto pagare, e ha pagato lui. L’equilibrio l’ha ristabilito lui. Quel peccato impuro commesso, quella imperfezione, quella miseria... l’ ha pagata lui. Si è messo vicino alla colonna, si è lasciato incoronare di spine per pagare. Quel nostro cattivo pensiero, quel nostro sguardo è stato pagato, figlioli miei. E noi non andremmo in Paradiso se uno non avesse pagato. E allora ecco il secondo e il terzo mistero ci riportano ancora nel pretorio di Pilato: Gesù flagellato, Gesù incoronato di spine.PREGHIERA rosario
MARIA addolorata
GESÙ
Via Crucis
FAMIGLIA mamma
GRAZIA Confessione
PECCATO
Nel testo registrato don Ottorino pronuncia la frase paolina di 1ªCor 2,2 in latino, come era sua abitudine.
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7.Eh, cari figlioli miei, qui bisogna pensare ai nostri peccati. Non c’è niente da fare! Nel secondo e terzo mistero dobbiamo fermarci e pensare alle nostre miserie. Non si può continuare a recitare la corona alla buona, figlioli miei, altrimenti, ad un dato momento, bisogna buttarla via. Ma se noi la meditiamo in quella forma che vi ho indicato, ricordatevi che essa è ancora un mezzo meraviglioso di santificazione. Quarto mistero: Gesù condannato a morte. Quando penso a Gesù condannato a morte - bisogna aiutarsi un pochino con la fantasia - mi ritorna spesso alla mente quel sacerdote che, qui, in Italia, è stato condannato a morte e, con la vanga sulle spalle, è stato condotto al luogo dell’esecuzione. Arrivato là, gli hanno fatto scavare la fossa e poi... giù una raffica: l’ hanno ucciso e sepolto. Immaginate quest’uomo che porta attraverso la città la vanga sulle spalle per andare a scavarsi la fossa! È successo qui da noi, in Italia. Pensate adesso al nostro Dio: viene in mezzo agli uomini per salvarli, per insegnare loro la strada che conduce al Paradiso, ed essi lo condannano a morte e gli mettono addirittura lo strumento del supplizio sulle spalle! Fratelli miei, ho l’impressione che noi pensiamo troppo poco a queste realtà. Gesù crocifisso è diventato ormai un oggetto di ornamento nelle nostre case, e forse troppo poco oggetto di meditazione; forse, fratelli, abbiamo versato troppe poche lacrime nella nostra vita dinanzi a Gesù crocifisso. I santi hanno trovato la via della santità attraverso il crocifisso, ed è stato attraverso il crocifisso che hanno imparato a soffrire. San Paolo: “Conosco uno solo: Cristo, e questo crocifisso”. Per San Francesco d’Assisi e tanti altri santi il crocifisso, figlioli miei, è stato la loro scuola. Ma non crediamo che basti baciare il crocifisso, avere un bel crocifisso; qui si tratta di meditare il Cristo crocifisso, di accompagnarlo fino alla sommità del Calvario, di fermarsi vicino, di parlare con lui. E qui abbiamo la Madonna sempre accanto a noi. Anche durante la flagellazione, la coronazione di spine, sulla salita del Calvario, possiamo avere la Madonna vicina, anzi dobbiamo averla vicina. Nell’ ultima scena, poi, della crocifissione è un susseguirsi di particolari fino all’ultimo istante: “Padre, Padre, perché mi hai abbandonato?”. Questa passione, che ormai sappiamo a memoria, questo sentire: “Oggi sarai con me in Paradiso... Figlio, ecco tua madre. Madre, ecco tuo figlio”... Attenti, figlioli, che non ci siamo abituati troppo a queste cose! State attenti che non lasciamo la fonte d’acqua viva per ricorere a cisterne avvelenate. State attenti che non andiamo a cercare in altre libri o riviste cose che sconvolgono il mondo, e non adoperiamo invece il vero ascensore che potrebbe portare noi e anche gli altri in Paradiso, e cioè la meditazione attenta ed intima della passione del Signore. Vi lascio due o tre minuti soltanto perché il tempo è passato. Domandiamoci, ma proprio da buoni fratelli: questa mattina, per esempio, abbiamo letto o ascoltato il racconto della passione di Gesù. Che cosa ci ha detto? Come l’abbiamo ascoltato: come una narrazione viva o soltanto come una realtà che è passata? A conclusione di questi due o tre minuti di riflessione, nei quali io e voi dovremo domandare perdono al Signore della nostra freddezza, della nostra poca buona volontà nel meditare la passione del Signore, facciamo un proposito: oggi vogliamo recitare bene una corona, ma proprio bene, meditando i misteri. Perché? Per ringraziare la Madonna per il dono del diaconato che sta per arrivare e per chiederle abbondanza di grazia per i nostri futuri diaconi.PREGHIERA rosario
PECCATO
GESÙ
Via Crucis
GESÙ
crocifisso
MARIA addolorata
MARIA corredentrice
NOVISSIMI paradiso