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IL PRETE E IL DIACONO

MI214 [17-12-1967]

17 Dicembre 1967

Il riferimento è forse all’assistente Giuseppe Filippi, che all’epoca era insegnante alla Casa dell’Immacolata e all’Istituto San Gaetano.

L’episodio dell’incontro del diacono Filippo con un funzionario della regina di Etiopia è narrato in Atti 8, 26-40.

Ruggero Pinton frequentava all’epoca il 2° anno del corso teologico presso il seminario vescovile ed indossava già la talare.

MI214,1 [17-12-1967]

1 Meditando il viaggio di Gesù, coronato di spine, in cammino verso il Calvario, mi sono domandato: “Tu, Signore, quando ti sei incontrato con qualcuno in Palestina, hai mai lasciato passare l’occasione per fargli del bene?”. Ecco una domanda che mi sono fatta, e io penso certamente di no. Questo dovrebbe essere lo stesso atteggiamento anche per noi quando ci incontriamo con qualcuno. “L’apostolo deve dare” è un vecchio tema per noi sacerdoti e diaconi, per cui non possiamo avvicinarci ad una persona senza sentire il dovere di dargli qualche cosa. L’apostolo deve dare; ma che cosa deve dare? Io sono stato chiamato appunto per dare qualcosa alle persone che incontro, alle persone che il Signore mette sul mio cammino.
Questa mattina Giuseppe , mentre parlavamo insieme del diacono Filippo che era stato messo da Dio sul cammino dell’eunuco, commentava che dopo non c’è stato bisogno che il Signore gli dicesse altre cose perché Filippo sapeva che doveva dargli qualcosa. Quando io mi avvicino a un’anima, o meglio quando il Signore mi mette tra i piedi una creatura, non me la mette tra i piedi per caso. E guardate che saremo giudicati dal Signore su queste mancanze: “Io ti avevo mandato, ti avevo fatto rompere la gomma apposta perché lì c’era un meccanico che aveva bisogno di te. Io ho fatto venire apposta da te uno per domandarti una cosa; gli ho fatto ammalare il figlio apposta perché venisse da te a domandare un consiglio su come si poteva fare perché avvicinasse un prete”. Questa mattina dicevamo che è difficile fare questo, e ne parleremo poi quando arriveremo al tema del diaconato, perché ci vuole un atto di volontà; è difficile per il sacerdote, e ancora più difficile per il diacono perché è vestito in borghese. Questa mattina c’era qui Ruggero . Supponiamo che Ruggero vada a casa e una buona vecchietta cominci a parlargli di Dio. Per lui quasi quasi è più difficile non parlare del Signore che parlarne, in quanto è stuzzicato dall’amor proprio. Perché quando la vecchietta parla: “Oh, voialtri qua, voialtri là...”, se lui parla del Signore, aumenta nella stima della buona vecchietta che poi dirà: “Che santo figliolo è Ruggero!”, e perciò è un po’ naturale assecondare il buon discorso di quella vecchietta.

PREGHIERA meditazione, contemplazione

GESÙ

Via Crucis

GESÙ

sequela

SLOGANS fuoco apostolico

PAROLA DI DIO Sacra Scrittura

APOSTOLO salvezza delle anime

APOSTOLO missione

SACERDOZIO prete

ESEMPI vizi

DIACONATO

Don Pietro De Marchi stava facendo all’epoca l’anno di noviziato.

Mons. Luigi Volpato era il padre spirituale del seminario vescovile durante gli anni della formazione di don Ottorino.

Il riferimento è forse a Lorenzo Meneguzzo, che all’epoca era ancora postulante.

MI214,2 [17-12-1967]

2 Sbaglio, don Pietro , tu che hai studiato teologia? Non è giusto?
Perciò ripeto che uno vestito da prete quasi naturalmente si inserisce in un discorso buono, e la buona gente quasi naturalmente incomincia con il saluto: “Sia lodato Gesù Cristo!”, che è quasi l’inizio di un discorso buono. La nostra buona gente di campagna saluta: “Oh, padre! Sia lodato Gesù Cristo!”, ed è già iniziato il dialogo. Se invece c’è uno che si scaglia contro la veste, c’è quasi l’amor proprio che ci fa entrare in scena per difendere la Chiesa. Se uno vedendo un sacerdote comincia a dire: “Eh, voi preti! Eh, i preti!”, è lo stesso amor proprio che fa intervenire. Questi sono i due casi limiti: il caso buono e il caso cattivo. Poi c’è un terzo caso possibile, in cui il sacerdote deve captare quel filo, quel piccolo filo che viene gettato, per poter inserirsi e portare Dio. Ma il diacono, vestito in borghese, quando sente uno parlare male può fare orecchie da mercante, ma gli resta sempre il dovere di dare Dio. Ecco perché io insisto sempre: “Il diacono deve essere prete due volte!”, e quando dico “prete due volte” intendo dire che deve essere pieno di Dio, pieno di Dio in modo tale che deve sentire il bisogno di dare Dio, deve sentire il bisogno di dare Dio: non c’è niente da fare, niente da fare! Noi siamo qui per riempirci di Dio e dobbiamo sentire profondamente il bisogno di dare Dio. Dobbiamo dare Dio! Quante volte vi ho detto quella frase di monsignor Volpato che fare il prete o il diacono è “il peggiore dei mestieri e la più sublime delle missioni”! Certo è una missione, perché che cosa fa il prete, che cosa fa il diacono? Sono i portatori di Dio, che vivono in continuo contatto con il Signore e sentono il bisogno di dare il Signore. E allora c’è un’anima da istruire, c’è un bambino da preparare ai sacramenti... e tutti coloro che incontriamo sul nostro camino sono posti da Dio in quel luogo perché li portiamo in alto. Alcuni saranno in peccato mortale, altri da istruire, da illuminare, da sostenere, da consolare, altri bisognosi di gioia, direbbe Renzo : con la gioia e con il sorriso dobbiamo seminare Cristo.

SOCIETÀ

SACERDOZIO veste

CHIESA

APOSTOLO missione

DIACONATO diacono

APOSTOLO ambasciatore di Dio

SACERDOZIO prete

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

PECCATO peccatore

Don Ottorino si riferisce evidentemente alle vacanze natalizie che erano prossime, e durante le quali molti si sarebbero recati in famiglia.

Don Ottorino soffriva, soprattutto in inverno e in primavera, di bronchite. Questa patologia bronchiale, cominciata già negli anni del seminario, era ormai diventata cronica.

Cfr. Giovanni 4, 5-26.

MI214,3 [17-12-1967]

3 Non so se esagero, se sbaglio. Tutto quello che noi facciamo qui dentro deve essere fatto per questo motivo. Anche le vacanze stesse; voi dovete andare a casa e predicare. Perciò non potete organizzare indifferentemente le vacanze programmando di trovare una persona, di fare una cosa e l’altra, di mangiare e bere, di fare gite, di divertirvi. No, benedetti figlioli; cambiate mestiere, cambiate mestiere! Qui siamo tutti volontari.
Costa sacrificio, per esempio, in quel dato momento attaccare discorso con uno, perché sarebbe molto più facile dire: “Adesso mi metto a leggere un libro o faccio una cosa che mi piace”. Guardate che il sacrificio costa. Vi porto un esempio: io ho iniziato stamattina dopo la Messa e ho continuato a chiacchierare fino all’ora di pranzo. Vi confesso che mi è costato molto, anzitutto perché avevo i bronchi che mi disturbavano e poi perché sentivo il bisogno di mettermi calmo in stanza per leggere qualcosa. Tutto ciò costa sacrificio, costa sacrificio, e anzi, ringraziamo il Signore che costi sacrificio perché non è una cosa che debba avvenire spontaneamente, ma qualcosa che viene dalla volontà e che si deve fare per amore di Dio. In chiesa mi sono incontrato con Gesù, e allora vado fuori e parlo di Gesù. Quello può essere anche sentimento! Tu sai che c’è Dio, sai che c’è Gesù Cristo, sai che per te Gesù è morto, e tu devi attaccare discorso. Non c’è niente da fare: gusto o non gusto, voglia o non voglia, quando si tratta di parlare di Dio a un’anima si deve fare. Nostro Signore Gesù al pozzo di Sichem che cosa ha fatto? Era stanco, “fatigatus ex itinere...”, non è neppure andato insieme con gli Apostoli a mangiare: “Fate un piacere, andate voi a prendere da mangiare perché io non ne posso più...”. Viene una donna, e la parte sensibile viene fatta tacere, la volontà comanda alla parte sensibile, e avanti, comincia a farle una predica e la donna si converte. Questo è il nostro lavoro! Tutte le cose che stiamo trattando bisogna trattarle così. Voi andate a casa per tre giorni, dal sabato al martedì sera: voi dovete predicare, andare a predicare; non c’è niente da fare! Dovete predicare a casa vostra, dovete predicare in casa dei parenti che andate a visitare, dovete predicare sulla strada con le persone che incontrate, dovete predicare Cristo. Ma se non predicate oggi che siete già religiosi, che avete già i voti, che siete già consacrati al Signore, chi deve predicare il Signore?

FORMAZIONE

DOTI UMANE vacanze

PENITENZA sacrificio

DIO riconoscenza a...

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

GESÙ

incontro personale

PAROLA DI DIO Vangelo

APOSTOLO salvezza delle anime

APOSTOLO missione

CONSACRAZIONE religioso

CONSACRAZIONE voti

Don Giuseppe Rodighiero aveva fatto un’esperienza di preghiera a Spello presso Carlo Carretto insieme con Graziano Frison, del quale don Ottorino sta parlando e che era già entrato nella Casa dell’Immacolata, e che pure aveva avuto contatti con don Marcello Toniolo, sacerdote diocesano.

Modo di dire popolare per indicare le persone che vivono in casa senza preoccuparsi del buono o cattivo andamento della stessa, perché ci pensano i genitori a risolvere ogni loro problema, a levare le castagne dal fuoco per loro: si dice, perciò, di persone irresponsabili, che si fanno mantenere dagli altri, che non vogliono crescere.

L’assistente Ulisse Salin faceva parte all’epoca della Comunità di Crotone, ma evidentemente era presente alla conferenza in questa circostanza.

Mario Corato proveniva dal seminario diocesano e frequentava all’epoca l’anno propedeutico al corso teologico.

MI214,4 [17-12-1967]

4 Poi, se volete restare per qualche giorno di più, va bene, restateci: dal martedì sera al sabato sera. Però vi impegno moralmente, onestamente. Se uno resta a casa lo fa perché il superiore, cioè Nostro Signore, lo lascia in famiglia, ma non per restare in famiglia, ma per andare in cerca di vocazioni. Perché andiamo in cerca di vocazioni? Perché ci sono posti dove ci sono anime che attendono una luce. Pensate una cosa soltanto: passa vicino a voi uno che potrebbe essere salvo attraverso la vostra parola, e forse va all’Inferno perché non avete fatto il sacrificio o siete stati poco furbi, non siete stati attenti o non vi siete interessati di lui. Passate vicino a uno che potrebbe essere un apostolo, e dovrebbe essere, supponiamo, un apostolo un domani in America Latina, e per sempre quella zona resterà senza quel prete o quel diacono perché voi non l’avete cercato.
Per esempio, adesso abbiamo avuto Graziano, l’ultimo che è venuto dentro: Graziano è passato vicino a don Giuseppe , è passato vicino a don Marcello, ambedue hanno visto in lui un uomo di Dio, uno con potenzialità apostoliche, hanno visto in lui un ragazzo d’oro. Ma chi l’ha scoperto? Chi l’ha aiutato? Uno che aveva il cuore sacerdotale. Se un domani voi passate vicino ad un ragazzo di quattordici o quindici o vent’anni, e non lo aiutate, e passate indifferenti, avete una responsabilità. Le persone del mondo si preoccupano delle loro cose, gli industriali si interessano dei loro affari. Noi non possiamo andare avanti come figli di famiglia ; a un dato momento dobbiamo prendere coscienza della nostra responsabilità. Non so se esagero? Ulisse , sei d’accordo con me, caro? Queste cose sono giuste o no? Perciò, vi prego di scusarmi, ma io non sono capace di capire come siamo arrivati a questo punto di irresponsabilità nella Congregazione che uno vada a casa come andrebbe a casa un ragazzino delle medie: “Eh, adesso vado trovare mia zia, e dopo quella mi dà la mancia...”, fa insomma i suoi capricetti, pensa a questo, pensa a quello... Questo non lo posso concepire. Preferisco ridurre la Congregazione da cento a dieci, ma che siano dieci apostoli responsabili; faremo molto di più! Sbaglio? È preferibile restare in dieci, è preferibile che gli altri novanta si ritirino, ma voglio che siano persone responsabili perché se viviamo nella mediocrità non possiamo fare niente. Occorrono uomini accesi di Dio; di questo ha bisogno il mondo d’oggi. Ve l’ho detto tante volte: non si tratta di numero, si tratta di qualità! Voi direte: “Ma, allora, perché dobbiamo andare in cerca degli altri se si tratta di qualità e non di numero?”. Ripeto che si tratta di qualità e non di numero. D’accordo? Avete qualcosa da obiettare? Mario Corato ? Possiamo procedere. Premesso questo, io vorrei sapere, tanto per avere un po’ l’idea, l’elenco di chi ritorna martedì sera, in modo d’avere un’idea esatta. Si deve essere ben preparati per essere gli uomini di Dio, e anche qui dentro dobbiamo cercare di riversare nei nostri fratelli quell’amore di Dio che dobbiamo avere dentro di noi.

APOSTOLO animazione vocazionale

VOLONTÀ

di DIO

APOSTOLO salvezza delle anime

NOVISSIMI inferno

MISSIONI vocazione missionaria

APOSTOLO vocazione

SACERDOZIO prete

SOCIETÀ

lavoro

CONGREGAZIONE appartenenza

CONSACRAZIONE mediocrità

APOSTOLO F.A.

Forse don Ottorino si riferisce al discorso all’areopago di Atene, dove la ‘sapienza secondo la carne’ non dette risultati molto positivi alla predicazione di Paolo (cfr. Atti 17,22-34).

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5 Parliamo ora, riguardo alla televisione e al cinema.
Riguardo al cinema avevamo detto di proiettare un film ogni quindici giorni. Riguardo alla televisione è stato preparato un progettino, un progetto di legge: “Disposizioni sull’uso della televisione”. Ci sono quattro premesse: - prima premessa: ogni apostolo deve essere traboccante di Dio per cui approfitta di ogni occasione per parlare di lui, del suo regno, del Vangelo, e questo è un dovere professionale dell’apostolo. - seconda premessa: l’apostolo parla di sport, di cultura, di politica, tanto in quanto ciò serve per agganciare un’anima e portarla a Dio. Se lo fa per altri motivi sa che perde tempo e tradisce la propria vocazione, e allora può restare fuori nel mondo, essere un buon giovane dell’Azione Cattolica, un buon papà di famiglia. Se invece vuole darsi completamente al Signore, rinuncia totalmente e se ne serve nella misura che questi interessi sono orientati alle anime. - terza premessa: per prepararsi ad essere apostolo traboccante di Dio non serve essere informati di tutto. Qualcuno sta pensando che tutto questo sia un pochino esagerato, ma voi non potete fare il confronto con il vostro parroco o con il cappellano o con altra gente che è fuori. Perché? Perché voi sapete che la Congregazione è un ritornare allo spirito di duemila anni fa. E duemila anni fa non credo che ci fosse “La Gazzetta dello sport”. Penso che Nostro Signore, San Paolo e compagni, non avessero tempo per perdersi dietro a queste cose pensando che davanti avevano il mondo intero a cui annunciare il Vangelo. San Paolo si serviva della cultura e qualche volta prese anche qualche granchio , però se ne serviva.

DOTI UMANE televisione

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

CONSACRAZIONE offerta totale

CONGREGAZIONE carisma

APOSTOLO salvezza delle anime

APOSTOLO apostoli di 2000 anni fa

Il signor Siller Cappellari era portinaio all’Istituto San Gaetano ed era tifoso della squadra di calcio del Vicenza.

Zeno Daniele, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso teologico, aveva accompagnato don Ottorino nella recente visita alle Comunità dell’America Latina.

MI214,6 [17-12-1967]

6 Un domani in mezzo ai giovani si può essere bene informati. Anch’io mi interesso e domando se la squadra di calcio del ‘Vicenza’ ha vinto o perso, ma mi interesso solo per Siller , poverino. Un domani quando sarete in campo apostolico, vedrete che ci saranno tanti Siller, e allora, per restare in mezzo è giusto che siate informati, ma a voi deve interessare una cosa sola: l’anima delle persone. È chiaro? Io vi assicuro che non mi fa né caldo né freddo che vinca o perda il ‘Vicenza’, ma per Siller, poverino, mi interesso e sono contento se lo vedo contento; è così buono e prega così tanto di gusto! E allora chiedo: “Ah, Siller, come va?”. Basta essere informati in tanto in quanto...
Io non sono capace di concepire un giovane che sta preparandosi alla vita sacerdotale o alla vita diaconale che perda la testa, che si interessi tanto di questo genere di cose; per conto mio è uno che vuole stare seduto su due sedie. “Ma qualcosa ci vuole!”. Sì, fatti una bella partita di calcio. È comprensibile se è una cosa un po’ accademica, ma non è accettabile che uno perda la testa per quelle cose. Terza premessa, dunque: per prepararsi ad essere apostoli traboccanti di Dio occorre tempo perché si tratta non solo di imparare le nozioni, ma soprattutto di viverle e sperimentarle. Ora, poiché il tempo per prepararsi è sempre poco, chi vuole essere apostolo cercherà di scegliere, tra le cose lecite e utili da apprendere, quelle più necessarie al suo scopo, per poter essere pronto a dare alle anime, quando gliela chiederanno, la scienza di Dio. Quarta premessa: un apostolo in attività apostolica può permettersi di perdere ore per guardare la televisione? Tu, Ulisse, che vieni da Crotone: può uno, che vuol fare bene il suo dovere, perdere le ore della sera e stare alla televisione, ne ha il tempo? Mi ricordo come sono stato male l’anno scorso in un certo posto dove sono andato, fuori d’Italia, al vedere i preti presi dalla televisione, televisione, televisione, e le anime fuori che aspettano. Tu, Zeno, che hai visto le varie Comunità dell’America Latina, ci sarebbe il tempo, secondo te, per quelle cose? Se c’è una cosa necessaria da vedere, si guarda, ma non abbiamo il tempo per restare ore alla sera davanti alla televisione. Una volta si può dire: “Bene, ci distendiamo un po’”, e allora è una necessità di distensione; ma mettersi due o tre volte alla settimana a perdere ore alla televisione, in coscienza, non so se uno è a posto.

APOSTOLO salvezza delle anime

CARITÀ

DOTI UMANE sport

DOTI UMANE televisione

SACERDOZIO prete

DIACONATO diacono

FORMAZIONE

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

PECCATO passioni

Durante la seconda guerra mondiale Vicenza fu bombardata varie volte con morti e distruzioni. Probabilmente don Ottorino si riferisce al bombardamento dell’aeroporto di Vicenza il 4.11.1944 che fece un grande numero di morti e di feriti, che vennero trasportati a decine con qualunque mezzo al vicino ospedale di San Bortolo. Il prof. Pototschnig, nominato subito dopo, era il primario del reparto di chirurgia.

MI214,7 [17-12-1967]

7 In un paese, come Quinto, che è un paese di circa 1500 anime, e che con le frazioni, tra le quali Valproto, raggiunge i tremila abitanti, ove c’è un solo medico, questi può stare per ore davanti alla televisione? Se in quel paese c’è un’epidemia, e questa epidemia è mortale, supponiamo che sia vaiolo, e che su tremila persone ci siano cinquecento ammalati e che di questi cinquecento ammalati ce ne siano trenta o quaranta di gravi, ditemi se il medico non passa neanche a visitarli e, magari, perde delle ore ogni sera per stare a guardare la televisione!
Quando, durante la guerra, c’è stato il bombardamento su Vicenza , il professor Pototschnig ha continuato ad operare giorno e notte, almeno per un paio di notti. È stato un lavoro durissimo per salvare la gente. Un medico coscienzioso che avesse tutti questi ammalati, e che avesse parecchi casi gravi, io penso che farebbe fatica a trovare il tempo anche per mangiare. Per conto mio, uno che ha coscienza della situazione delle anime oggi, non so dove trova il tempo per dire: “Beh, adesso basta, ho fatto quello che dovevo fare. Adesso intanto siamo liberi, stiamo qui e ci distendiamo!”, se sa che con il suo apostolato può salvare un’anima. Direte che sono un pochino esagerato; io non so... Tu, Zeno, che hai girato il mondo, te la sentiresti di stare, alla sera, tre o quattro ore alla televisione con tutto quello che c’è da fare in giro per il mondo? Una volta si può fare per distendersi, ma non certo fare una cosa del genere normalmente! Per conto mio è una malattia tremenda, e guardate che c’è chi fa così. Anime di Dio, a me sembra che questo sia fuori posto; non abbiamo coscienza della responsabilità che abbiamo. Stimiamo più il corpo del malato che non l’anima, perché se c’è gente malata o gente grave, allora si è pronti a qualsiasi sacrificio. E l’anima? In fondo il corpo morirà, e si tratterebbe di allungargli la vita per un po’ di anni salvandolo, ma l’anima può essere avviata per la rovina eterna. Ho paura che minacciamo di fare una religione un po’ umana, di fare un buon mestiere. Si tratta di verità eterne, figlioli: Paradiso e Inferno, e per tante anime che muoiono improvvisamente è l’Inferno. Mi sembra che siano verità alle quali bisogna pensare spesso.

ESEMPI apostolo

DOTI UMANE televisione

DOTI UMANE responsabilità

APOSTOLO salvezza delle anime

PECCATO passioni

PECCATO omissioni

CREATO corpo

NOVISSIMI paradiso

NOVISSIMI inferno

NOVISSIMI eternità

Non sappiamo da dove don Ottorino abbia tratto questa frase; forse è una espressione delle disposizioni interne nell’uso della televisione che sta commentando.

L’ora in cui di solito veniva trasmesso il telegiornale più seguito era alle otto di sera.

Nel testo registrato si ascoltano voci e commenti a questa battuta di don Ottorino.

MI214,8 [17-12-1967]

8 “Un apostolo non impiegherà piuttosto il suo tempo per pregare, studiare, trattare con i Confratelli la tattica di guerra, e per unirsi sempre più a loro nella carità?”.
Per esempio, la Comunità: alla sera tu vedi sparire la Comunità perché c’è la televisione, e magari, la televisione è in sala da pranzo e alla sera si accende la televisione. Dove va a finire la Comunità? Dove va a finire il parlare insieme, il discutere insieme, il trattare insieme i problemi apostolici, lo scambio di esperienze: “Guarda, oggi mi è capitato questo. Oggi sono stato male... Ho sbagliato... Oggi, ringraziando il Signore, mi è andata bene!”, e il lavoro in comune? Capite che sarebbe un disastro. Io vedrei come un disastro la televisione accesa ogni sera. Può essere accesa un momentino, come facciamo noi in refettorio quando accendiamo la radio e dopo che l’abbiamo ascoltata un pochino per sentire come vanno le cose nel mondo si chiude baracca e burattini, cioè viene accesa per sentire le notizie, per essere un po’ aggiornati; questo lo capisco anch’io. Quando sono le otto e mezza si può dire: “Accendi la televisione che sentiamo un po’ le notizie...”, poi si continua la nostra conversazione, continuiamo a fonderci insieme tra noi. C’è qualcosa di importante alla televisione che vale la pena vedere? E allora si accende. Ragazzi, non lasciatevi prendere dalla tentazione della televisione: per conto mio è una tentazione forte, e se non siete d’accordo con me ditemelo. Si dice ad esempio: “Bisogna guardare i programmi della televisione, perché altrimenti facciamo brutta figura. Bisogna leggere e bisogna vedere”. C’è qualche sacerdote che per non fare questa brutta figura di non essere aggiornato guarda e legge di tutto, e poi fa la figura di non essere aggiornato quando gli altri gli chiedono: “Per piacere, ci fai vedere il Signore?”, e quel prete dovrà rispondere: “Non l’ho mai visto, e non so dove stia di casa!”. Posso dirvi che conosco sacerdoti che dicono: “Bisogna leggere tutte le riviste per vedere che cosa leggono i giovani”, e poi aggiungono peccato mortale a peccato mortale, perché la natura umana è natura umana, Ma, intanto, ci si giustifica dicendo che bisogna vedere quello che interessa i giovani, che bisogna rendersi conto, che bisogna vedere questo, bisogna vedere quello... e si salta la meditazione, e dopo la meditazione si salta il rosario in forma abituale.

PREGHIERA

APOSTOLO missione

DOTI UMANE televisione

COMUNITÀ

condivisione

COMUNITÀ

fraternità

PECCATO passioni

SACERDOZIO prete

PECCATO omissioni

PREGHIERA meditazione

Nel testo registrato si ascolta don Ottorino che si sofferma ad illustrare i particolari delle disposizioni che si intendono prendere per gli spettacoli televisivi da vedere.

MI214,9 [17-12-1967]

9 Io so di qualche sacerdote che salta la meditazione, salta la lettura spirituale, salta la corona del rosario, per essere aggiornato. E dopo, che cosa dà alle anime?
Ecco, io direi, che questo è un pericolo di cui, io, prete di cinquantadue anni, ho paura. Ne siete convinti? È facilissimo cascare, perché alla sera, ogni sera, c’è la tentazione di leggere un libro invece di leggere il breviario per fare il ‘mattutino’, perché è più pesante leggere un libro santo e mettersi a meditare un pochino che non leggere ‘Meridiano 12’ o una rivista o qualcos’altro... con la scusa della distensione! È più facile vedere qualcosa alla televisione che starvi soltanto dieci minuti, guardare e dopo via. Stiamo attenti perché sono cose tremende. Ora io ho fissato alcuni punti. Avete qualcosa da obiettare a proposito di queste premesse? Vediamo un po’ che cosa si può concludere. Io pensavo a questo. Disposizioni: quanto viene stabilito vale per tutti i novizi e per tutti i religiosi di ogni gruppo, e perciò vale anche per me, vale anche per don Ottorino. Mettiamoci d’accordo: se avete da obiettare qualcosa discutiamo e dopo cambieremo, ma io propongo che venga nominata un’apposita commissione incaricata di scegliere i programmi televisivi per tre sere alla settimana.

CROCE tentazioni

DOTI UMANE riposo

DOTI UMANE televisione

MI214,10 [17-12-1967]

10 Se una congregazione è un intervento del Signore nella storia, è logico che anche gli uomini che la compongono devono avere un colore proprio. I Francescani sono Francescani, e non si confondono con nessun altro. Quando San Francesco ha cominciato la fraternità francescana, non è andato a vedere, a copiare; ha cominciato i Francescani con un colore proprio.
Io questo lavoro l’ho dovuto fare con i preti. Quando ho cominciato, mi sono messo subito davanti al dilemma: devo preparare prima i preti o preparare i preti e i diaconi insieme? Ho preferito preparare prima i preti, perché è già fatica provvedere a un gruppo e sarebbe stata una pazzia pensare a iniziare due gruppi. I più vecchi hanno capito e sono testimoni di questo: ho preferito partire con i preti. Mi sono trovato allora dinanzi a questa situazione: avevo in testa il prototipo del prete, come ho in testa il prototipo del diacono, e più di una volta vi ho detto: “Guardate che io ho sentito una musica, ma sono stonato e non sono capace di ripeterla; bisogna che portiate pazienza e a forza di note stonate chissà che non venga fuori l’armonia”. Questo ve l’ho detto tante volte, e quando parlavamo dei preti, vi ricordate che vi dicevo questo: “È inutile! Non troverete il prete della Congregazione già disegnato in seminario, sui libri, da una parte o dall’altra...”. Venivano a casa dal seminario, e ricordo quante lotte sono state fatte: “Mah, bisognerebbe che i preti fossero così...”. Ma questo prete non può essere frutto di un gruppo che si mette a disegnare un prete: è frutto di un intervento del Signore. Se voi venite con me in chiesa e ci mettiamo prostrati dinanzi al Signore e preghiamo, come abbiamo fatto tante e tante volte, allora troveremo i vari aspetti che dipingono questo prete. Ricordate che abbiamo fatto questo, ma se voi pretendete che questo prete lo tiriamo fuori a base di discussioni, a base di ragionamenti, con la scienza umana... è impossibile! Possiamo far venir fuori i preti che il Signore vuole qui dentro solo se ci butteremo dinanzi all’altare del Signore, altrimenti non c’è niente da fare!

CONGREGAZIONE carisma

CONGREGAZIONE storia

FORMAZIONE

CONGREGAZIONE fondatore

SACERDOZIO prete

PREGHIERA

CONGREGAZIONE spiritualità

L’assistente Vinicio Picco, che all’epoca era consigliere generale, per la sua età e per il suo servizio era sempre stato molto vicino a don Ottorino.

Padre Giuseppe Mellinato era un gesuita della Casa San Giuseppe di Bassano del Grappa (VI), che don Ottorino ottenne come insegnante di materie filosofiche per alcuni anni nel corso liceale e nell’anno propedeutico al corso teologico.

Giuseppe Giacobbo frequentava all’epoca l’ultimo anno del corso teologico.

Don Vittorio Venturin era già sacerdote dal 2 aprile di quell’anno, e don Ottorino lo interpella perché era noto il suo impegno nello studio dei documenti conciliari.

MI214,11 [17-12-1967]

11 Abbiamo cercato di fare questo tutte le volte che siamo andati ad Asiago a Pasqua e a Natale, e abbiamo visto che ogni tanto viene fuori una pennellata. Non vi nascondo che per fare questo io ho dovuto lavorare contro corrente in modo tremendo, e non vi nascondo che ho passato tante e tante notti piangendo, anche se non ho mai detto: “Basta, Signore, non ne posso più!”. Tu, Vinicio , ne sai qualcosa, e qualche altro sa qualcosa, perché non ne potevo più nello sforzo di ricavare un prete diverso dall’immagine abituale.
Ringraziando il Signore siamo arrivati bene. A un dato momento è uscito il Concilio e padre Mellinato , quando ha visto le prime note del Concilio, ha detto: “Ehi, scusa: avete copiato dal Concilio?”. E a scuola ha tirato fuori le stesse idee che avevamo già detto noi. Avete trovato qualcosa di differente, qualcosa da modificare di quello che avevamo detto, Giacobbo ? Quando sono uscite le prescrizioni, i decreti conciliari, caro don Pietro, non abbiamo cambiato niente di quello che avevamo detto qui tante altre volte; mi sembra che neppure una virgola si sia dovuta cambiare. Don Vittorio... dov’è? Venturin... non c’è? Ah, è là! È vero o no, tu che conosci un po’ a fondo il Concilio? Don Vittorio: ci sono cambiamenti da fare secondo il Concilio nell’ideale del prete che noi abbiamo sempre sognato? Uomo di Dio, uomo che si inserisce con le doti umane... non abbiamo sempre dette queste cose? Il Concilio non ha parlato di queste cose? Non mi sembra che dobbiamo dire: “Adesso è venuto il Concilio, e anche noi dobbiamo cambiare quanto abbiamo detto sul prete”. Mi sembrerebbe di no, e se qualcuno sa che ci sia qualcosa che non va lo dica, perché io ho tanto guardato in tutti documenti conciliari, ma mi sembra che insistano sulla necessità di vivere secondo lo spirito del Vangelo, di essere aperti... cose che abbiamo sempre dette, e che, ringraziando il Signore, con fatica siamo anche riusciti a vivere.

CHIESA Concilio

CONGREGAZIONE storia

SACERDOZIO prete

APOSTOLO uomo di Dio

DOTI UMANE

PAROLA DI DIO Vangelo

Don Guido Massignan era all’epoca segretario della Congregazione e direttore della Casa dell’Immacolata.

MI214,12 [17-12-1967]

12 Adesso è arrivata l‘ora che bisogna che venga fuori anche il diacono, ma che venga fuori con il colore che vuole il Signore. Perciò è inutile che andiamo ad arrampicarci sugli specchi dicendo: “Io lo vorrei così... Io lo vorrei colà...”. Se volete il diacono così o colà, andate e fate un’altra Congregazione con i diaconi e fate così o colà, come volete voi. Dico male? Quelle che dico sono brutte parole, don Pietro, ma se sono qui dentro io non posso farli come voglio io, ma neppure voi potete farli come volete voi. Andiamo insieme davanti al Signore e cerchiamo che cosa vuole il Signore; ma quello che vuole lui, non quello che volgiamo noi. Che cosa vuole il Signore?
Secondo me, e ormai mi sembra di avere una certezza tale da potervi dire che questa è la volontà del Signore, mi pare che il diacono debba essere quello che vi dicevo prima “prete due volte”. E avete capito che cosa vuol dire essere prete due volte. Non si può dire: “Beh, facciamo diacono quello; basta poco perché è un fratello laico, è un sacrestano. Il parroco è una cosa e il sacrestano è un’altra!” . Eh, no, signori! E se poi non puoi pretendere che il sacrestano di un paese sia all’altezza del parroco per santità, basta che sia un buon sacrestano, e se poi non fa tutto quello che fa il parroco non importa. Invece no! Se in una parrocchia ci sono un diacono e un prete, per lo spirito di preghiera, per le ore di adorazione, per lo spirito di compatimento, di carità, di comprensione, per la gioia, per saper compatire, comprendere... quello che si deve distinguere dev’essere il diacono, ma deve distinguersi nettamente dal prete. Non dovrebbero esserci distinzioni, perché dovremmo essere talmente alti per cui non si notano le differenze di altezza. Ma, se ci fosse da fare una distinzione, il diacono dovrebbe essere di più. Perché? Per il motivo che ho detto prima: lui deve fare lo sforzo di attaccare senza che gli altri gli diano lo spago in mano, e per far questo deve essere tanto pieno del Signore. Don Guido , sei d’accordo? Premesso questo in fatto di spiritualità, io vi sfido a scovare fuori qualcosa in quello che vi dico che non sia come vuole la Chiesa, perché se nel codice di diritto canonico o nei decreti conciliari ci fosse qualcosa contro quello che io vi dico, non può esserci la volontà del Signore se siamo contro la volontà della Chiesa gerarchica. Ma poiché non c’è niente contro, e anzi mi sembra che quello che diciamo è secondo quello che dice la Chiesa, noi affermiamo che il diacono deve avere queste caratteristiche.

DIACONATO diacono

VOLONTÀ

di DIO

PASTORALE parrocchia

SACERDOZIO prete

CHIESA

Atti 8,26–40.

L’eunuco stava leggendo il capitolo 53 del libro di Isaia dove si parla del servo sofferente di Jahvè e Filippo gli spiegò che quella profezia del ‘servo sofferente’ non riguardava il profeta Isaia, ma Gesù di Nazaret che era stato ucciso per i peccati degli uomini ed era risorto, e che i fatti erano avvenuti da pochi mesi a Gerusalemme.

Azoto era la più interna, verso le colline della Giudea, delle antiche cinque città dei Filistei, che occuparono fin dal 1200 a.c. la zona costiera del mar Mediterraneo dall’Egitto fino al Libano.

MI214,13 [17-12-1967]

13 Tutti sappiamo quello che deve essere il diacono in chiesa: lo vediamo, come abbiamo detto l’altra domenica, concelebrare con il sacerdote, essere al fianco del sacerdote che dispensa la grazia di Dio nei sacramenti. Abbiamo detto poi che fuori di chiesa è ‘il partigiano di Dio’, per dire una parola grossa, cioè colui che attacca.
Giorni fa ho chiesto al Signore di darmi la lucidità di fare qualche schiribizzo, qualche disegno, com’è il ‘quadratino al suo posto’, per poter spiegare agli altri queste idee perché è faticoso spiegarle con parole; con gli schizzi è più facile che vengano capite. Mi sembra di avere trovato qualcosa che può essere utile, prendendo lo spunto dal diacono Filippo che troviamo negli Atti degli Apostoli. Il diacono Filippo è stato chiamato da un angelo del Signore e si è ritrovato sulla via di Gaza , che era deserta, e subito è passato un eunuco della regina Candace, e lo Spirito gli ha detto: “Avvicinati!”. Ecco l’incontro casuale: i due uomini si sono incontrato. Filippo si avvicinò e sentendo l’altro che stava leggendo il libro di Isaia gli disse: “Ehi, capisci quello che stai leggendo?”. “Come posso capire se uno non me lo spiega?”. E Filippo salì insieme sul carro dell’eunuco e glielo spiegò. Spiegata la profezia di Isaia, Filippo continuò con l’istruzione. L’eunuco vide un torrente d’acqua e disse: “Non potrei essere battezzato, dato che qui c’è dell’acqua?”. Filippo gli fece un po’ di esame sul catechismo, sulla fede e poi lo battezzò, e l’eunuco, battezzato e pieno di grazia di Dio e di gioia, ritornò dalla sua regina, e lo Spirito del Signore prese Filippo e lo portò ad Azoto . Da Azoto Filippo passò da una città all’altra facendo sempre lo stesso ‘mestiere’, e cioè incendiare. Ecco il diacono! Io vorrei rappresentare il diacono in questa forma, con disegni: il diacono che si incontra con l’eunuco, che sale insieme sul carro, che battezza l’eunuco e poi scompare, e l’eunuco che va via per la sua strada a portare Dio che ha nel cuore. Vorrei fare dei quadri da mettere nella stanza per le vocazioni, e dopo preparare dei libretti con queste idee in modo tale da poterle spiegare anche nell’animazione vocazionale. Questo potrebbe essere utile anche per voi se un domani trovate qualche giovane al quale spiegare il diaconato.

DIACONATO diacono

SLOGANS consacrazione

PAROLA DI DIO Sacra Scrittura

APOSTOLO F.A.

FORMAZIONE

L’assistente Giovanni Orfano frequentava all’epoca il 2° anno del corso teologico in seminario per prepararsi al diaconato.

Il riferimento è a Girolamo Venco, che all’epoca frequentava l’ultimo anno del corso teologico ed era addetto anche agli acquisti per la Casa dell’Immacolata.

MI214,14 [17-12-1967]

14 Vorrei fare inoltre una fotografia con uno dei nostri assistenti, segnando l’assistente con una croce per distinguerlo, ma nella fotografia vorrei mettergli in mano una fiaccola, simbolo della fede. Questo assistente, potrebbe essere Giovanni Orfano , si ferma con la macchina davanti ad un meccanico perché l’auto è rotta. Lui ha la fiaccola in mano simbolo della fede e il meccanico in tuta è lì che guarda la macchina: prima scena. È stato il Signore che gli ha fatto incontrare casualmente quel meccanico. Subito dopo li vediamo seduti insieme in qualche angolo dell’officina: Orfano con la fiaccola accesa e il meccanico senza fiaccola accesa; è l’occasione per incontrarsi... Orfano deve dare fuoco. Poi li vediamo tutti e due seduti insieme in un altro posto, e tutti e due sono con le fiaccole accese. Poi il nostro caro diacono Giovanni scompare, e vediamo il meccanico con altri tre o quattro meccanici: lui con la fiaccola accesa e gli altri senza fiaccola accesa. Poi un’altra scena ancora: il meccanico con tutti gli altri meccanici con la fiaccola accesa.
Intanto lo Spirito del Signore ha preso Giovanni e lo ha portato qui: è con un magistrato che gli fa un interrogatorio perché, passando, ha visto un incidente; il magistrato lo interroga e l’altro gli dà il Signore. È un incontro casuale tra lui e il magistrato; poi sono loro due insieme, e infine Giovanni sparisce, mentre il magistrato appare con altri magistrati, uno con la fiaccola accesa e gli altri no, e infine sono tutti con le fiaccole accese. Poi la scena si ripete con un medico, perché Giovanni si è fatto male a un piede e va per farsi medicare e attacca discorso... casualmente si incontra con un medico. Giovanni gli trasmette il fuoco e se ne va, e il medico si trova con infermieri e altri medici... e poi si vedono tutti con la fiaccola accesa. Questa è l’idea. In altre parole, il diacono s’incontra per caso con una persona. Tu, caro Girolamo , vai al mercato a comprare l’insalata e qualcos’altro, però il Signore ti ha mandato perché lì c’è uno che ha bisogno di Dio, e devi insistere oggi e domani finché anche lui ha la fiaccola accesa. Ma quando ha la fiaccola accesa, cioè ha preso coscienza di essere cristiano, prende coscienza anche che un cristiano deve insegnare agli altri, altrimenti non è vero cristiano. È qui che bisogna arrivare! Non basta la partecipazione alla Messa per essere cristiano; bisogna far capire a quel cristiano che non è un vero cristiano se non fa il missionario, cioè il prete nell’ambiente dove si trova. In virtù del Battesimo ogni cristiano ha un sacerdozio. Nel Matrimonio vedete che i ministri del sacramento sono proprio gli sposi; in caso di bisogno qualunque cristiano può battezzare. Ma c’è una missione anche oltre questa sacramentale: è la missione apostolica che ha ogni cristiano.

APOSTOLO animazione vocazionale

ESEMPI diaconato

APOSTOLO F.A.

SACERDOZIO sacerdozio dei laici

EUCARISTIA S.Messa

PASTORALE laici

Don Ottorino intende ‘prete’ nel senso che il laico deve esercitare il suo sacerdozio comune che gli è stato conferito con il Battesimo. Questa dottrina del sacerdozio comune dei fedeli è stata molto dibattuta al Concilio che poi l’ha fatta propria.

Don 0ttorino, forse, si riferisce all’esperienza dei preti operai che, sorta in Francia, stava cominciando ad affermarsi anche in Italia con risultati spesso deludenti per l’abbandono di molti sacerdoti o per la contrapposizione alla Chiesa istituzionale di alcuni preti operai che avevano sposato l’antropologia marxista.

MI214,15 [17-12-1967]

15 E il diacono deve, appunto, fare questo: suscitare nei cristiani il senso della loro responsabilità di portare Cristo nell’ambiente dove si trovano.
Perciò, sarà l’eunuco l’inviato alla regina di Etiopia, sarà lui l’inviato da Dio a portare la religione in Etiopia, non il diacono Filippo. Il diacono Filippo è stato portato sulla strada di Gaza per incontrarsi con lui e dargli il Signore e per istrada glielo ha dato; quando Filippo ha dato il Signore, lui se ne va dopo aver detto all’eunuco: “E ora vai avanti tu, e continua la mia opera!”. Chissà quante comunità cristiane sono sorte proprio in questa forma! Il Signore ha messo un diacono vicino a uno, che a sua volta si sente inviato e parte per impiantare una comunità cristiana. Questo è il metodo più facile per moltiplicare le energie. Ma, prescindendo da facile o difficile, è il mezzo voluto dal Concilio, perché il Concilio continua ad insistere che i laici hanno questo dovere. Perciò noi ci inseriamo completamente e pienamente nel Concilio. Se fosse stato prima del Concilio, alcuni avrebbero potuto criticarci, dire qualche parola, ma adesso abbiamo tutti i decreti conciliari a favore nostro. Nessuno può impedire che il nostro diacono imiti il diacono Filippo. Nessuno può impedire che il nostro diacono insegni quando si incontra con uno e che spinga questo cristiano - ecco il punto delicato - ad essere prete nella Chiesa dove si trova. Non occorre più che il prete si levi la veste e vada poi in mezzo ai meccanici per portare Cristo. E neanche occorre più che il diacono vada a fare il meccanico in mezzo ai meccanici per portare Cristo: è sufficiente che il diacono, quando si trova con un meccanico, riesca a trasformare quel meccanico in un prete. Ma per fare questo è difficile! Lo so anch’io che è difficile, ma è difficile per chi mette la fiducia solo nelle sue proprie forze, per chi crede di prepararsi alla vita apostolica con il cinema, con la televisione, con lo sport. Ma per uno che sa che tutta la sua forza è nel tabernacolo, nella meditazione della Sacra Scrittura, nella lettura dei libri santi, nello spirito di mortificazione, e poi anche nell’aggiornamento - lo tiene come ultimo però e non come primo - non è difficile perché il Signore al momento giusto insegna come fare. Se invece noi pretendiamo di accontentare tutto il mondo e dopo fare anche queste cose, allora è impossibile! Ecco, mi pare che quello che abbiamo detto sia sufficiente, o vorresti di più, Gianni?

DIACONATO diacono

CHIESA Concilio

PASTORALE laici

SACERDOZIO sacerdozio dei laici

SACERDOZIO prete

SACERDOZIO veste

EUCARISTIA tabernacolo

APOSTOLO vita interiore

DOTI UMANE aggiornamento

PAROLA DI DIO Sacra Scrittura