MI301,1 [27-03-1970]
.1 Sia lodato Gesù Cristo! Presentiamo innanzitutto gli auguri a tutti voi, alle vostre famiglie e ai vostri sacerdoti. Vi pregherei, ritornando a casa, di andare a salutare i vostri sacerdoti, non aspettare il giorno del rientro, e di portare loro gli auguri: ricordatevi che rappresentante del Signore nel vostro paese è il parroco. Che non capiti, quindi, che qualcuno di voi vada a casa e si incontri con il suo parroco dopo tre giorni: «Ah, sei tornato?», «Sì, sono tornato». Penso che dobbiamo manifestare un po' di fraternità, di unione, di carità, innanzitutto a coloro che rappresentano il Signore nei nostri paesi.PASTORALE parroco
CARITÀ
COMUNITÀ
“Stava la madre, addolorata, in lacrime presso la croce”: è l’inizio del famoso cantico di Tommaso da Celano che si cantava nelle feste dell’Addolorata e durante la Via Crucis.
Don Ottorino, senza entrare in disquisizioni teologiche, vuole sottolineare la partecipazione speciale di Maria all’opera della redenzione.
MI301,2 [27-03-1970]
2. Ed ora portiamoci sopra il monte Calvario. Non vi dirò niente di nuovo questa mattina; di nuovo, invece, dovrebbe esserci questo: ogni volta che ci portiamo lassù dinanzi a Gesù crocifisso dovremmo discendere rinnovati. Queste solennità liturgiche sono per noi un passaggio del Signore, passaggio che egli compie per elevarci in alto, per trasformarci. La scena, dinanzi alla quale ci fermeremo un po’ a meditare, è quella di Gesù innalzato sulla croce. Non mi dilungo a descrivere la crocifissione. Dev'essere stata una cosa straziante per il cuore materno della Madonna, che era presente, vedere il figlio suo spogliato delle vesti, disteso sopra la croce. Pensate ad una mamma che assiste, impotente, alla crocifissione del figlio. Una mamma, di solito, non può resistere dinanzi all'operazione chirurgica di un figlio, anche se nelle operazioni non c'è motivo di vendetta, ma si fanno anzi per aiutare la persona, per salvarla. Una mamma non può vedere il sangue del figlio: sviene dinanzi ad esso. E invece la nostra buona mamma, la Madonna, assiste non ad un'operazione a fin di bene, ma ad un atto di odio e di vendetta a scopo di morte. Ed ecco allora i carnefici che crocifiggono Gesù: quelle martellate si ripercuotono nel cuore materno di Maria, quel sangue che sprizza colpisce nell'intimo la mamma nostra. Ed ecco, infine, il Signore innalzato sulla croce. Il Vangelo ci dice appunto che la Madonna ha un dolore contenuto: «Stabat mater dolorosa iuxta crucem lacrimosa». La Madonna era lacrimosa, piangente, ma non imprecante. Un'altra mamma avrebbe maledetto i crocifissori, li avrebbe graffiati, morsicati, si sarebbe scagliata contro di loro. No! La Madonna è lì che accetta la condanna inflitta a Gesù per il nostro peccato, è la corredentrice del genere umano. Da questa scena che abbiamo dinanzi allo sguardo, una mamma addolorata e un fratello crocifisso, mentre osserviamo quel sangue che scende e bagna la terra per lavare i nostri peccati, perché noi siamo stati lavati da quel sangue, siamo stati perdonati per quel sangue, ricaviamo la speranza della nostra salvezza eterna: siamo sacerdoti e siamo religiosi per quel sangue. Dinanzi a questa scena cercheremo di ricavare, come al solito, tre insegnamenti. Qualcuno ha chiesto: «Perché don Ottorino svolge sempre tre punti?». Perché non riesco a contare oltre il tre, perché la mia memoria riesce a ricordare solo fino a tre, e anche perché tre punti sono sufficienti e, suddivisi ulteriormente, permettono di arrivare alla mezz'ora.GESÙ
Via Crucis
DIO passaggio di...
DIO scoperta di...
MARIA addolorata
CROCE sangue
MARIA la nostra buona mamma
MARIA corredentrice
GESÙ
fratello
GESÙ
redenzione
SACERDOZIO prete
CONSACRAZIONE religioso
Cfr. Lc 23,34.
L’espressione è evidentemente scherzosa: “tirare oche” in linguaggio dialettale sta per “dire parolacce”.
Nell’esempio don Ottorino nomina don Zeno Daniele, che all’epoca stava completando il corso teologico, come pure don Ruggero Pinton, nominato subito dopo.
Nel testo registrato don Ottorino riporta le parole di Gesù in latino.
Don Enzo Mazzi era il parroco dell’Isolotto di Firenze che nel 1967 aveva creato un notevole disagio nella Chiesa locale per atteggiamenti di contestazione e di ribellione. Richiamato dal vescovo ed esonerato dagli impegni ministeriali, continuò nella sua posizione provocando grave scandalo.
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3. Primo insegnamento: Gesù, dall'alto della croce, non ha parole di condanna, ma di perdono. Quando una persona è tormentata da un dolore di solito esce con qualche frasaccia, perché in quel momento non ha il controllo di se stessa, per cui dopo, tante volte, deve chiedere perdono: «Mi scusi, sa, mi perdoni». Persino contro il medico si lanciano insulti qualche volta, ma poi: «Dottore, mi scusi, sa...». È logico! Se uno va a levarsi un dente e il medico fa sentire il dolore, è facile che sfugga di bocca qualche cosa. Qualcuno che è abituato a mangiare oche tira qualche oca, qualche altro invece qualche pollastrello. Insomma è facile che esca non quello che c'è di migliore nel proprio animo, ma quello che c'è di peggiore. Nel momento del dolore, nel momento in cui si viene colpiti, è possibile anche perdonare, ma in quel momento sfugge sempre qualche cosa. Invece Gesù, nel momento del massimo dolore, ha parole di perdono perfino per i suoi crocifissori. Tenete presente che, anche quando qualcuno dei martiri veniva ammazzato, diceva: «Ti perdono!», ma lo diceva prima del martirio; nel momento di morire, invece, forse non ne avrebbe avuto la forza. È facile dire: «Ti perdono, caro don Zeno, se mi ammazzi: ti perdono», ma quando don Zeno comincia è naturale dire: «Ehi, piano, piano! Prima ti ho perdonato, ma prima non sentivo male». Chiaro? Nel momento del dolore non è facile dire: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno». Considerate inoltre che Gesù non disse quelle parole come a volte le diciamo noi: «Vai, vai, Ruggero, tu non sai quello che fai, caro». Gesù non si espresse in questo senso, ma quasi dicendo: «Non lo sanno, Padre, ti assicuro io. Sì, ammazzano un uomo, credono di ammazzare un uomo, ma non comprendono quello che stanno compiendo, non sanno il grande delitto che stanno compiendo. Considera tutte le attenuanti, tutti i benefici di legge, metticeli tutti, Padre». Pensate che atto eroico da parte di Gesù! Mentre ha le mani e i piedi straziati, è tutto una piaga e sta per morire, ha la forza per dire: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» ; li scusa e si mette quasi in mezzo: «Padre, non colpirli, fammi il piacere: perdona, perdona». Amici miei, questo pensiero deve esserci di conforto specialmente nei momenti in cui, per la miseria umana, possiamo scendere molto in basso. Non meravigliatevi! Potrebbe capitare anche a voi di diventare un bel giorno come don Mazzi o anche peggio; potrebbe capitare a me, sapete! Se a un dato momento ci ricorderemo di Gesù crocifisso, non dobbiamo commettere il peccato ancora più grave di diffidare della sua bontà e della sua misericordia.GESÙ
Via Crucis
DIO perdono di...
CROCE
ESEMPI perdono
CROCE martirio
DIO bontà
di...
PECCATO
Il riferimento è alla parabola del Padre buono, narrata in Lc 15,11-32.
La battuta di don Ottorino è evidentemente scherzosa nei riguardi di tutti i presenti alla meditazione.
Cfr. Lc 19,41.
Don Zeno Daniele sarebbe stato consacrato sacerdote il mese seguente, il 25 aprile.
Don Matteo Pinton era, all’epoca, insegnante di filosofia e animatore del gruppo del corso teologico.
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4. Ripetiamo sempre nella nostra vita come San Domenico Savio: «La morte, ma non peccati». Cerchiamo di desiderare la morte, proprio la più tremenda delle morti, piuttosto di offendere il Signore. Ma se disgraziatamente cadessimo nel peccato, anche nel peccato più grave, se tradissimo la nostra vocazione e la nostra missione, se tradissimo quelle anime che avremmo dovuto salvare, quando ci accorgessimo di essere arrivati proprio nel punto più basso, come il figlio prodigo in mezzo ai porci, ricordiamoci che in casa c'è un Padre e non commettiamo mai il peccato ancora più grande di disperare della sua bontà. Ricordatevi che dall'alto della croce Gesù ha detto: «Padre, perdona ai miei crocifissori». Per cui vi dico: non offendiamo il Signore, non colpiamo il Signore, ma se disgraziatamente arrivassimo a questo punto, ricordiamoci: confidenza massima, massima nel Signore! Gesù non solo ha perdonato, ha chiesto perdono per i crocifissori, ma anche per un povero ladrone. Anche noi dovremmo imparare non soltanto ad avere confidenza con il Padre se cadessimo in peccato, ma anche a pensare a quei poveri ladroni che ci circondano, - non a questi che sono qui in chiesa, eh! - a pensare spesso nelle nostre preghiere e nelle nostre sofferenze ai fratelli che non conoscono Cristo e che non lo amano. Dobbiamo pensare un po' di più ai poveri peccatori, dobbiamo saper pregare un po' di più per loro, sentire nell'intimo del nostro cuore tutto lo strazio che sentirebbe Gesù, se fosse qui in mezzo a noi, per i poveri peccatori. Noi siamo il Gesù che continua. Gesù ha pianto sopra Gerusalemme , pensando alla sua città e a quegli uomini che non lo avevano accolto. Qualche volta dobbiamo saper piangere anche noi in chiesa pensando ai fratelli che sono lontani dall'amore, dobbiamo anche noi pregare e supplicare il Padre per ottenere il loro perdono. Dobbiamo inoltre andare a cercare i fratelli e avvicinarli; dobbiamo imparare da Gesù, inchiodato sulla croce, la nostra missione, che è una missione di salvezza, una missione di raccolta delle anime lontane per portarle a Cristo. Lui perdona ai crocifissori, perdona al ladrone. È una missione di perdono e di amore. Ma è anche una missione che dobbiamo continuare noi. È partita dalla croce e deve continuare. Che cosa sogni fare, don Zeno, quando sarai prete? «Vado a salvare, vado a raccogliere, vado a portare le pecorelle smarrite all'ovile». La nostra vita dev'essere un andare in cerca, di giorno e di notte, della pecorella smarrita, a costo di qualsiasi sacrificio: caricarla sulle spalle, portarla all'ovile, affidarla a Cristo, e ripartire per prenderne un'altra. La nostra vita dovrebbe essere consumata così. E dovremmo essere colti dalla morte mentre ci reggiamo in piedi magari con una gamba sola, mentre abbiamo un occhio solo e un solo braccio perché ormai non ne possiamo più, dovremmo cadere a terra proprio con la pecorella sulle spalle o mentre stiamo andando a prenderne una. Questa è la nostra vita, questa la nostra missione. E noi la impareremo dinanzi a Gesù crocifisso, la cui missione fu di amore e di perdono. Voi capite che su questo primo punto si potrebbero ricavare tante altre riflessioni. Don Matteo mi sorride e sembra dire: «Ah, ce ne sono di riflessioni che si potrebbero ricavare!». Pazienza! L'anno venturo detterà lui la meditazione.PECCATO
APOSTOLO salvezza delle anime
APOSTOLO vocazione
GESÙ
Via Crucis
GESÙ
imitazione
VIRTÙ
fiducia
PECCATO tradimento
PASTORALE peccatori
PREGHIERA
DIO Padre
DIO bontà
di...
DIO perdono di...
APOSTOLO missione
APOSTOLO F.A.
SACERDOZIO prete
PENITENZA sacrificio
Cfr. Gv 19,25-27.
La Congregazione ebbe fino al 1967 una colonia estiva ad Asiago (VI), dove don Ottorino condivideva spesso il periodo delle vacanze con i giovani e i religiosi della Casa dell’Immacolata. In quelle occasioni aveva l’opportunità di incontrare il dottor Zulian, che era originario di Bolzano Vicentino, paese confinante con Quinto.
La precisazione è dovuta al brusio dei presenti, che con una punta di malizia avevano pensato immediatamente ad una signora di cui don Zeno aveva cura.
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5. Secondo insegnamento: Gesù dalla croce ci dona la Madonna. Ricordo che quando eravamo lassù ad Asiago, il primario dell'ospedale, il dottor Zulian, mi parlava spesso della mia mamma e della sua, che ora è defunta. Mi diceva: «Ah, la mia vecchietta, la mia vecchietta! Ogni tanto scendo giù e vado a trovarla. Mi siedo accanto a lei, e per la mia vecchietta io sono sempre il suo bambino eh! Che bello è andare a trovarla!». Non so se voi abbiate la vostra vecchietta; forse qualcuno sì. Don Zeno, per esempio, ha la sua vecchietta... parlo di sua mamma, eh, che non pensiate male. Alcuni ce l'hanno in Paradiso, come il sottoscritto, don Zeno e altri; altri invece non l'hanno ancora vecchietta, ma diventerà vecchietta anche la loro mamma. Che cosa vuol dire avere una mamma! Per voi avere una mamma vuol dire andare a casa e trovare subito pronta la camicetta pulita, le mutandine pulite, la maglietta stirata, le scarpette pulite; ma per uno sposato, che ha una propria famiglia, che va a casa dalla mamma di tanto in tanto, avere una mamma vuol dire avere un cuore che ama e comprende, un cuore che guida e illumina, un cuore che aiuta.AUTOBIOGRAFIA
FAMIGLIA mamma
In occasione dell’ordinazione sacerdotale don Ottorino ricevette come regalo l’immagine della Madonna Addolorata dalla maestra delle elementari, e da allora sempre la conservò con speciale affetto sulla parete della sua stanza dove era appoggiato il letto.
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6. Ecco tre punti anche qui. a) La Madonna comprende. Un cuore che comprende. Arriva a casa uno che è sposato: saluta i fratelli, l'uno e l'altro, e poi si trova da solo con la mamma. “Che cos'hai? Dimmi: tu hai qualcosa!”, gli chiede la mamma. “Beh...”. “Non sei come al solito: tu hai qualcosa!”. E allora vien giù una lacrima. “Ah, non vado d'accordo con mia moglie... Ho un figlio che mi fa disperare... Gli affari non vanno bene...”. È inutile nascondere: il cuore della mamma è un cuore che comprende. Se ti trovi solo con la mamma, lei intuisce: “Tu hai qualcosa: dillo a tua mamma”. “È niente, mamma!”. “Non dirmi che non c'è niente: tu hai qualcosa! Lo vedo negli occhi: ti conosco, io!”. Ecco la Madonna. Viene il momento in cui abbiamo la tentazione più forte, lo scoraggiamento, ed è inutile nascondere: nella Madonna abbiamo un cuore che ci capisce. Passando in chiesa e guardando la statua della Madonna, chiudendo gli occhi e immaginando la sua presenza nella nostra stanza la sentiamo vicina. Quante volte io entro nella mia stanza, dove c'è l'immagine della Madonna Addolorata , e basta uno sguardo per capirci. “Hai qualcosa!”. “Lo sai già quello che ho”. “Tu hai qualcosa...”. Bisogna incontrarsi con gli occhi della Madonna. Gesù ce l'ha lasciata ai piedi della croce perché ci fosse mamma. Specialmente noi apostoli, non avendo moglie e figli, abbiamo bisogno di un cuore materno, di un cuore che ci comprenda. E allora bisogna che noi sappiamo incontrarci con quegli occhi, che sappiamo stare soli per qualche momento con quella benedetta creatura. Se un uomo sposato entra in casa e vi trova i figli, i fratelli e tutto un insieme di cose, la mamma parlerà a lui quando nella stanza o nel salotto si troveranno un momento soli, lui e lei. Allo stesso modo bisogna che noi sappiamo trovarci soli per qualche momento con la Madonna se vogliamo poi trovarci insieme con Cristo. L'incontro personale con Cristo è sempre preceduto da un incontro personale con la mamma del Cristo.MARIA la nostra buona mamma
FAMIGLIA mamma
MARIA amore di...
ESEMPI amore di Maria
CROCE tentazioni
VIZI scoraggiamento
MARIA maestra, guida
MARIA addolorata
APOSTOLO
FAMIGLIA moglie
FAMIGLIA figli
GESÙ
unione con...
GESÙ
incontro personale
Evidentemente don Ottorino riprende il paragone precedente dell’incontro dell’uomo sposato con l’anziana madre.
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7. b) La Madonna guida. Bisogna che la Madonna sappia tutto di noi, bisogna che noi diciamo tutto a lei, che non le nascondiamo niente, e allora la Madonna non sarà soltanto un cuore che comprende, ma anche un cuore che guida. E allora, quando manifesteremo alla Madonna le nostre sconfitte, lei ci dirà: «Sì, sei stato sconfitto, figliolo, però con tua moglie dovevi comportarti tu un po' diversamente; nel rapporto con i tuoi figli forse hai sbagliato tu; forse non hai dato tutto, non hai fatto tutto». Com'è bello quando una mamma capisce il figlio, lo incoraggia, lo corregge! Noi dobbiamo attenderci questo dalla Madonna: aspettare che lei ci indichi la strada e, se necessario, che ci corregga e ci metta sul giusto cammino. Non dobbiamo pretendere di andare avanti da soli, figlioli, pretendere di essere autosufficienti. Come fa compassione vedere qualcuno che si crede autosufficiente! Dalla Madonna dobbiamo farci guidare passo passo sulla via della nostra santificazione e del nostro apostolato.MARIA maestra, guida
MARIA amore di...
VIZI superbia
Nella registrazione si ascoltano a questo punto fragorose risate per le allusioni scherzose di don Ottorino, fatte abitualmente per mantenere viva l’attenzione o per allentare la tensione. In particolare nomina Franco Faggian, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso liceale, e don Ruggero Pinton, che stava completando il corso teologico.
Don Ottorino usa il termine cresta per indicare la superbia, con il riferimento alla cresta del gallo che assume un aspetto fiero quando la rizza per indicare il suo dominio sul pollaio.
Il riferimento è a padre Pierluigi Torresin, passionista, che don Ottorino aveva invitato alcune volte per ritiri e corsi di esercizi spirituali.
Il ricordo risale evidentemente al periodo trascorso da don Ottorino ancora chierico nel seminarietto della cattedrale, quando iniziò anche la sua attività fra i giovani.
L’invocazione mariana è alla “Madre del buon consiglio”.
Don Ottorino, per sviluppare nei suoi religiosi studenti lo spirito di responsabilità, di iniziativa e di zelo apostolico, affidava loro l’animazione dei gruppi di ragazzi della Casa dell’Immacolata e della vicina scuola Ferdinando Rodolfi e a volte anche dell’Istituto San Gaetano.
Nel testo registrato don Ottorino usa l’espressione latina: “Numquam satis”, resa famosa da San Bernardo che la applicava alla Madonna dicendo: “Di Maria non si parla mai abbastanza”.
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8. c) La Madonna aiuta. Avete mai osservato come fanno le mamme quando va da loro un figlio, ma specialmente le figlie, le figlie sposate? «Mamma, sai: mio marito... Sì, mi trovo bene, ma mi fa soffrire: mi dà appena diecimila lire al mese. Sono poche e avrei bisogno per i miei bambini...». «Quante storie!». Apre un cassetto: «Prendi, metti via. Non dirlo a tuo marito». E le dà cinquantamila lire: «Compera l'occorrente per i bambini. Poi, vieni qua: ho uno scampolo di stoffa per un paio di mutandine per Franco, poverino: ne ha bisogno più di tutti e occorre cambiarlo ogni altro giorno. Guarda: ho anche un pannolino per Ruggero». Fanno o non fanno così le mamme? Naturalmente tutto di nascosto. Dopo interviene il marito e le chiede: «Maria, dimmi la verità: hai dato niente a tua figlia? Uhm, uhm... Hai un debole per tua figlia! Dimmi la verità... Vorrei vedere io dentro a quel portafoglio se ci sono ancora i soldi che ti ho consegnato». «Beh, beh! Non me li hai dati appunto perché faccia del bene?». «Eh, sì... quando viene quella figlia, tu non sai resistere». Le mamme sono fatte così, è inutile! Quando un figlio o una figlia va da loro, se hanno qualcosa si fanno in mille pezzi per aiutarli. Pensate alla Madonna che ha ricevuto in consegna il portafoglio dell'Eterno Padre, che ha nella sua stanza tutti i tesori di Dio e li ha a portata di mano. Si presenta da lei un figlio e le dice: “Madonna, ho i pantaloni rotti”. “Vieni qui, caro: ti do un paio di pantaloni”. “Madonna, ho le calze tutte bucate”. “Ecco un paio di calze. Prendine anche uno di ricambio”. “Madonna, ho una cresta!”. “Vieni qui: ho un bisturi speciale, elettronico, che taglia le creste senza far male”. “Madonna, ho una lingua, una lingua!”. “Tirala fuori, che ci penso io!”. “Ho un cuore, un cuore!”. “Senti, ne avrei uno di ricambio, quello di Gesù. Ce l'ho qui, lo sostituiamo con il tuo. Lui neanche se ne accorgerà che l'abbiamo cambiato”. Ah, figlioli! Voi direte: “Queste sono bambinate!”. Io preferisco essere un bambino con la Madonna, parlarle con semplicità e cercare di salvarmi l'anima piuttosto di dire tante cose astruse, come fanno i teologi e i filosofi, e poi non essere capace di pregare. Amici miei avete sentito padre Pierluigi dire che ci sono troppi teologi. Amici miei, con la Madonna bisogna avere questa confidenza: bisogna ricorrere a lei, aprire il cuore, lasciarsi guidare, confidare, e lei non ci abbandonerà mai nei nostri bisogni. Affidiamo alla Madonna specialmente il lavoro che dobbiamo compiere per la nostra santificazione e le anime. Ricordo di aver preso un'abitudine ancora da chierico, quando cominciai ad avvicinare i giovani. Come potevo fare nell’avvicinare i giovani? E allora avevo preso l'abitudine di guardare, prima, negli occhi della Madonna e di dire: “Mater boni consilii”. Forse voi non vi accorgete che, quando venite a parlare con me per domandarmi qualcosa, io apro l'interruttore e prego: “Madre del buon consiglio, dimmi che cosa devo suggerire in questo momento”. Così pure quando confesso e comincio: “Nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo”, do uno sguardo alla Madonna e invoco: “Madonna del buon consiglio, consigliami bene perché voglio essere uno strumento che trasmetta la parola del Signore”. Abituatevi, specialmente un domani quando sarete nel campo apostolico, ma anche adesso come assistenti che lavorate in mezzo ai giovani, ad invocare il consiglio della Madonna, a domandare il suo aiuto. Le nostre buone mamme domandavano alla Madonna che nascessero i pulcini, che la focaccia riuscisse, che andasse bene il bucato: domandavano tutto con confidenza. E noi non dovremmo domandare alla Madonna che il nostro lavoro apostolico riesca bene, che il suo Gesù nasca bene nel cuore dei fratelli? Che cosa dovremmo domandare alla Madonna se non queste grazie? Dico male, caro don Guido? Capite che a proposito di questo secondo punto non avremmo mai parlato abbastanza.FAMIGLIA mamma
MARIA amore di...
DIO Padre
MARIA mediatrice
VIZI superbia
MARIA maestra, guida
MARIA fiducia di..
VIRTÙ
semplicità
CONSACRAZIONE santità
AUTOBIOGRAFIA seminario
GRAZIA Confessione
Cfr. Gv 19,28.
Cfr. Mt 27, 46 e Mc 15,34.
Il riferimento è forse ad Antonio Donà, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso teologico.
Don Ottorino all’epoca aveva appunto cinquantaquattro anni e mezzo, e per questo afferma di parlare per esperienza personale.
Nel testo registrato don Ottorino dapprima dice l’espressione in latino: “Interroga patrem et mater tuam”, e poi la ripete per due volte in italiano.
Don Guido Massignan era già sacerdote da alcuni anni e aveva una buona esperienza del sacramento della riconciliazione.
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9 Terzo punto. Gesù dice: “Ho sete... Padre, perché mi hai abbandonato?” . Nel momento in cui soffre di più, Gesù salva il mondo; lo salva, si potrebbe dire umanamente parlando, nel momento dello scoraggiamento, dell'abbandono: vorrei dire, nel momento del vuoto. Abituatevi a questi vuoti, caro Antonio. Nel mondo passa questi momenti anche chi non va prete. Purtroppo la cronaca registra che in questi momenti, momenti di vera disperazione, tanti giovani si ammazzano. I giornali non lo scrivono, ma sono moltissimi coloro che si ammazzano. Noi sappiamo che in questi momenti di vuoto ci sono papà che abbandonano la loro famiglia, mamme che abbandonano i loro figli. I giornali non scrivono queste cose, ma sono fatti veri. Ci sono momenti in cui uno si sente triste e abbandona la sua missione: quella di padre o di figlio o di mamma. Amici miei, ricordatevi che è specialmente in questi momenti che noi salveremo le anime. So di dire una cosa che voi tutti, più o meno, avete sperimentato e che non può essere tolta dalla vita, assolutamente: né se sarete padri di famiglia, né se vorrete fare i professori, né se farete i facchini. Andate in qualsiasi posto: non potrete sfuggire la sofferenza. Anzi, aggiungerei quello che padre Pierluigi diceva ieri: non è possibile sfuggire al senso del vuoto, dello scoraggiamento, della desolazione. Don Matteo mi guarda con due occhi meravigliati come per dire: “Che cosa dice?”. È vero o non è vero quello che sto dicendo? In questi ultimi cinquantaquattro anni e mezzo vi assicuro che è stato così, per esperienza personale; in futuro vi assicuro che sarà così, per esperienza ministeriale. Ed è e sarà così non solo per qualche rara persona, ma per tutti. “Interroga tuo padre e tua madre” , e vedrai se non è così. Ci sono delle giornate veramente difficili. A volte vengono in confessionale certe povere mamme e si sfogano: “Ci sono dei giorni, padre, in cui proprio mi ucciderei. Le dico la verità: ho delle tentazioni tremende e mi viene la voglia di uccidermi, di abbandonare tutto perché non ne posso più. Mi nascondo, non voglio farmi vedere che piango, ma piango in ogni momento. Non ne posso più, vedo tutto nero”. Don Guido , non ti sono mai capitate in confessionale queste confidenze? Qualche persona lo dice in una forma desolata, qualche altra invece, come ha fatto una poche ore fa: “Ci sono delle giornate... È il Signore che le ha fatte e allora le offro a lui”.CROCE sofferenza
CROCE prove
CROCE solitudine
VIZI scoraggiamento
SOCIETÀ
avvenimenti
FAMIGLIA papà
FAMIGLIA mamma
APOSTOLO salvezza delle anime
GESÙ
redenzione
CROCE tentazioni
CROCE difficoltà
Il riferimento è al Patronato Leone XIII di Vicenza, diretto dai Padri Giuseppini, centro formativo con una lunga e gloriosa storia a servizio della città.
Cfr. Gv 19,30.
Nel testo registrato don Ottorino usa il termine baracca per indicare il registratore, che evidentemente non venne spento.
Il villaggio San Gaetano di Bosco di Tretto (VI) non serviva solo per le vacanze estive, ma per don Ottorino doveva essere anche un rifugio per la preghiera e per i momenti di intensa vita fraterna.
Nel testo registrato don Ottorino ripete più volte l’espressione Jestenemei, contrazione popolare dell’invocazione latina: “Jesu, tene me!”, che significa: “Gesù, trattienimi!”.
Il riferimento è nuovamente a Franco Faggian.
Padre Pietro Uccelli, saveriano, era stato missionario in Cina e, ritornato a Vicenza, si era trasformato in uno zelante propagatore dello spirito missionario. Uomo di profonda spiritualità, fu anche consigliere spirituale di don Ottorino, che cominciò a frequentarlo quando era chierico prefetto nel seminarietto della cattedrale.
Don Ottorino aveva troppa confidenza con don Giovanni Calabria per non conoscere da vicino le terribili prove che il santo sacerdote veronese dovette soffrire specialmente negli ultimi anni della sua vita, che si era conclusa nel 1954.
“Consolatevi!”. Parole di un canto del periodo dell’Avvento, tratte da Isaia 40,1, all’inizio del libro della consolazione.
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10 Domenica scorsa c'erano qui gli ex allievi del Patronato. Uno di loro mi ha detto: “Io ho sette figli, uno migliore dell'altro: non ne sono degno perché sono veramente buoni. Però ho delle giornate, ho delle giornate, don Ottorino! Guai se non ci fosse la fede! C'è qualche giornata in cui io sento il vuoto, e allora la offro al Signore”. “Ha mai pensato - gli ho osservato - che forse i figlioli vanno bene proprio per quelle giornate?”. “Eh! Guai se non pensassi a questo; perciò le offro al Signore e vedo che i ragazzi vanno bene. D'altra parte il Signore, poverino, ha sofferto anche lui e bisogna che soffriamo anche noi”. Ecco i cristiani! Amici miei, Gesù ha salvato il mondo proprio nel momento in cui ha provato sete, abbandono, desolazione: “Consummatum est”. Noi siamo chiamati a salvare il mondo proprio nello stesso modo. Però, attenti: vi do adesso un consiglio, un consiglio intimo. Ti prego, per piacere, di chiudere il registratore. Se potete, in quei momenti ritiratevi da soli a pregare, perché è facile commettere delle stupidaggini, anche con i confratelli, è facile vedere nero, è facile esprimere giudizi negativi, è facile parlare male. Se vi è possibile, scappate con Gesù su qualche monte, che può essere il nostro villaggio di Bosco, e state là a pregare. E se uno vi chiede: «Come mai?», rispondete: «Sto poco bene, devo andare a pregare, devo preparare una predica - sottinteso - per me”. Dico male? Questo per quanto è possibile. Può darsi che qualche volta non lo sia: pazienza! Allora si va un momento in chiesa e si dice: “Signore, sentirei il bisogno di scappare via; fammi il piacere: tienimi una mano sulla testa perché non faccia degli spropositi!”. Dite almeno questa invocazione, ma possibilmente scappate, fate un po' di ritiro. Se questo non è possibile, almeno ritiratevi un momentino in chiesa per farvi mettere il morso da Gesù. Togliere questo sarebbe, per così dire, togliere ad uno la possibilità di dormire: si potrà non dormire una notte, ma dopo si deve dormire. “Homines sumus!”, disse una superiora una volta, e continuava a ripeterlo: “Che vuole, signor parroco, è purtroppo così: homines sumus”. Anche noi siamo uomini, e come uomini mettiamo in preventivo che bisogna dormire, bisogna mangiare, e bisogna portare la croce. E mettiamo in preventivo che fra le croci ci sono quelle d'oro per i vescovi, per le signorine, e anche per qualcuno di noi... mi pare che qualcuno, come Franco e qualche altro, l’abbia d'oro, e poi le croci del vuoto, che sono queste e che sono inevitabili. Ricordo che padre Uccelli aveva di quelle giornate... E don Calabria ne aveva di così tremende! Perciò farsi santi non vuol dire togliere le croci, ma piuttosto aumentarle. “Consolamini!”. Don Calabria aveva delle giornate tremende, proprio tremende, terribili.VIRTÙ
fede
CROCE sofferenza
CROCE prove
GESÙ
crocifisso
GESÙ
redenzione
APOSTOLO salvezza delle anime
APOSTOLO missione
COMUNITÀ
confratelli
FAMIGLIA figli
CHIESA cristianesimo
GESÙ
unione con...
PREGHIERA
CROCE solitudine
A Pessano (MI) c’era la sede dell’associazione MIMEP che aveva pubblicato un’edizione popolare del Vangelo. I sacerdoti della parrocchia, che ne erano i principali organizzatori, erano entrati in contatto con don Ottorino offrendo lavoro anche alla legatoria della Casa dell’Immacolata. La collaborazione e l’amicizia andarono aumentando, per cui alcuni sacerdoti della Congregazione andavano a Pessano in occasione di particolari feste liturgiche per dare un aiuto pastorale e ministeriale.
Il riferimento è alle giornate di fraternità e di spiritualità che don Ottorino aveva già programmato per la settimana dopo Pasqua a Bosco di Tretto (VI). Nomina Giorgio Girolimetto, che all’epoca frequentava il 4° anno del corso teologico.
Don Ottorino ama scherzare con don Matteo Pinton che aveva un piccolo difetto nella mano sinistra: sottolinea questo particolare e allude alla logica stanchezza per il lavoro pastorale nel tempo pasquale.
MI301,11 [27-03-1970]
11 Vi voglio dire anche un'altra cosa. Quando ci si mette a lavorare la nostra applicazione dipende, la maggior parte delle volte, dalle energie del nostro corpo. Quando uno è fisicamente stanco, dopo Pasqua per esempio, è più soggetto a questi momenti. La settimana santa i nostri cari sacerdoti vanno a Pessano : due ore di viaggio, nove di confessionale. Possiamo allora immaginare e mettere in preventivo, caro Giorgio, che quando andremo lassù a Bosco, li troveremo tutti desolati. Che vuoi fare? Pazienza! Daremo loro delle pastiglie e li faremo addormentare in modo che ricuperino i sonni perduti. Specialmente dopo un lavoro eccessivo facilmente vengono le giornate nere. Immaginiamo se don Matteo, che di solito ragiona poco, ragionerà ancora il lunedì e il martedì dopo Pasqua: ha già un ditino storto, immaginiamo quanto sarà storto dopo! Bisogna proprio che mettiamo in preventivo, specialmente quando il tempo cambia, quando siamo stanchi, dopo un lavoro eccessivo, quando saremo più vecchi specialmente, cari miei, che verranno quei momenti. Allora pensiamo che prima di noi quei momenti li ha passati lui e ricordiamoci che proprio in quei momenti lui ha salvato il mondo. Proprio nel momento della massima sofferenza, la sofferenza dell'abbandono e della tristezza, noi useremo in modo particolarmente degno ed efficace quella stola sacerdotale o diaconale che Dio ha messo sulle nostre spalle. Sia lodato Gesù Cristo!CREATO corpo
APOSTOLO uomo
GESÙ
redenzione
CROCE sofferenza
SACERDOZIO prete
DIACONATO diacono