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1... e perciò è considerato dagli studenti come il terremoto e sperano di non cadere tra le sue grinfie. La superiora, che è cognata della sorella del frate mi ripete amareggiata: «Sapesse che dispiacere!». Questo frate, che ha chiesto di restar fuori dal convento almeno per un anno e poi domanderà la dispensa, è sempre vestito in borghese e di frate non ha nulla: va a casa con tanto di cravatta e di cappello, senza alcun segno di abito religioso. A casa sua si vergognano di lui. I nipoti, che scrivono sul suo indirizzo: «Al padre...», vengono rimproverati. «Non scrivete - dice loro - «Al padre...», ma mettete «Al professore...». Di religioso non ha niente, non dice nemmeno Messa, non fa più apostolato.Eppure era un mio compagno di scuola. Era partito un giorno da casa per farsi frate rinunciando ad una professione, ad una vita, per mettersi un saio, per amore di Cristo. A un dato momento riprende quello che ha dato al Signore, per amore del mondo.DOTI UMANE coerenza
CONSACRAZIONE
PECCATO tradimento
Forse don Ottorino interpella Mario Corato, che aveva una buona conoscenza della letteratura italiana, anche se l’accenno da lui fatto non è certamente di alcun poeta di valore.
Don Ottorino porta un richiamo alla coerenza politica, perché falce e martello sono il simbolo del partito comunista e lo scudo crociato del partito democratico cristiano, per far capire la necessità della coerenza nel campo cristiano quando si è scelto di consacrarsi a Cristo.
L’episodio ricalca l’insegnamento di quello precedente, perché “Giovinezza” è un canto fascista e “Noi voglian Dio” un canto religioso, e il povero cieco che suonava con la fisarmonica lungo i portici che conducevano a Monte Berico li suonava per rendersi favorevole il gruppo che stava salendo.
Giorgio Pieropan è stato il primo religioso della Congregazione ad essere chiamato alla casa del Padre per un incidente stradale il 12 novembre 1966, di ritorno da Roma dove aveva accompagnato i primi missionari partenti per il Guatemala.
D. ALIGHIERI, La divina commedia, Inferno, canto III, w. 31-69. Dante pone gli ignari nel vestibolo infernale perché indegni della dannazione eterna e li chiama: “… coloro che visser sanza infamia e sanza lodo”.
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2 Un domani, quando si muore, c'è la misericordia di Dio, ma, umanamente parlando, come ci si presenta dinanzi al Cristo? Che cosa si dice al Cristo? Che vestito si avrà? Di comunisti o di partigiani?Ricordate d'aver visto, al cinema o per televisione, quel fascista squadrista, al quale fu chiesto se era stato fascista? E lui: «Ma... io no!». Al che, l'intervistatore americano esclamò: «Ma, insomma, non c'è più nessun fascista qui in Italia! Prima erano tutti fascisti, adesso nemmeno uno».Che brutta figura portare due distintivi, come si esprime il poeta: «Sotto l'occhiello...»! Ora si tira fuori l'uno, ora l'altro. Ricordate che nella letteratura italiana c'è qualcosa di simile? Non ricordate? Tu, Mario? «Sotto l'occhiello...», e si sceglie il distintivo secondo le circostanze.Non si può! O meglio, si possono fare queste cose con gli uomini: portare il distintivo con falce e martello e quello dello scudo crociato, a seconda delle circostanze; oppure comportarsi come l'organista di Monte Berico, cioè il cieco che suonava «Giovinezza» quando passavano i fascisti, e "Noi vogliam Dio" quando passavano i seminaristi perché la moglie lo avvisava: «Stanno arrivando i seminaristi, stanno arrivando i preti» e lui attaccava: «Noi vogliam Dio», oppure «Giovinezza, giovinezza», a seconda della squadra che stava salendo. Non si può fare così, non possiamo noi religiosi fare così, perché a un dato momento dobbiamo pur presentarci a Cristo.Supponiamo che Cristo abbia domandato al nostro caro Giorgio quando si è presentato dinanzi a lui:«Chi sei?».«Sono un religioso della Pia Società San Gaetano».«E va bene! Vediamo la tua faccia... Che distintivo porti?».«Scudo crociato».«Passa avanti!».Amici, e se invece avessimo giocato tutta la vita cambiando il distintivo? Non ci vorrebbero con loro né il diavolo né il Signore e ci toccherebbe andare tra gli ignavi di Dante e restare là per tutta l'eternità, fuori anche dall'Inferno. Non avremmo neanche la soddisfazione di dire: «Sono piombato nell'Inferno». Non si può essere così, amici; bisogna donarsi in forma totalitaria.NOVISSIMI giudizio
PECCATO CONSACRAZIONE religioso
Cfr. Filippesi 1,21.
Le parole sono prese dal discorso di Paolo VI del 3 luglio 1966, già citato nella meditazione del 29 maggio 1971. Cfr. Insegnamenti di Paolo VI, vol VI 1966, Edizioni Poliglotta Vaticana, 1967, pag 354
Il bar San Gaetano si trova all’inizio di via Mora e ha preso il nome dal vicino Istituto San Gaetano.
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3 Termino con questa citazione del discorso di Paolo VI:«Gesù annunciato: quale gioia, quale onore, quale merito maggiore di questo?Gesù vissuto: "Mihi vivere Christus est" : Cristo è tutto.Questo è il sacerdozio. È la missione. È il mistero. È la speranza». Qui si potrebbe fare un'altra meditazione sulle parole: «È il mistero». Il sacerdozio è un mistero, è questione di fede. Qui ci vuole fede, qui ci vuole speranza: il sacerdozio può viverlo soltanto uno che crede.Ripetere queste verità umanamente, pretendere di spiegarle a chi pensa secondo una logica umana, dicendo: «Ah, furbi: è più bello essere umiliati!», si raccoglie un titolo di pazzia perché sono contrarie a tutte le teorie del mondo. Non so se al bar San Gaetano dicono: «Signore, ti ringrazio d'avermi umiliato». Piuttosto tirano giù qualche parolaccia per fare il compenso all'umiliazione ricevuta. Ricordatevi che tutto questo può essere capito solo se abbiamo fede, se siamo abituati a incontrarci con il Signore, se durante il giorno andiamo al bar insieme con Gesù, se beviamo qualche caffè insieme con lui e abbiamo comunanza di vita con Cristo. Allora sentiremo il bisogno di vivere con lui, di sentire con lui, di lavorare con lui e di morire con lui e per lui.SACERDOZIO prete
MONDO
VIRTÙ
fede
GESÙ
unione con...