Meditazioni Originale > 1969 > LA COMUNIONE CON IL PAPA

LA COMUNIONE CON IL PAPA

MO259 [21-01-1969]

21 gennaio 1969

MO259,1 [21-01-1969]

1. Sia lodato Gesù Cristo!
Se venerdì scorso durante la meditazione io avessi detto: "Alzi la mano quello che per primo partirà per il Paradiso", voi sorridendo avreste forse pensato: "La alzi lei, don Ottorino, che è il più vecchio". Perché, si direbbe in dialetto: "Dai copi in xo tocca ai più veci prima partire". Invece, abbiamo già segnato il secondo caso, nella nostra Famiglia, che non è proprio il più vecchio che deve partire: è quello scelto da Dio. E adesso se io dicessi: "Alzi la mano chi deve partire per terzo", vi prego non state dire: "Alzi lei la mano", perché non sappiamo chi sia il terzo. Potrei essere io prima di sera, potreste essere uno di voi prima di sera. San Giovanni Bosco diceva, rivolgendosi ai suoi giovani: "Ricordatevi che sulla vostra fronte sta scritta una cifra, cioè la data, la data: giorno, mese ed ora nella quale voi dovrete partire da questo mondo e presentarvi dinanzi al giudizio di Dio". La sentenza di morte è già segnata! L'ora è segnata per ciascuno di noi. Ora, un po'... non concludendo per chiudere una pagina, perché questa pagina deve rimanere aperta, ma un po', dopo il funerale del nostro carissimo Lino - che me lo vedo ancora lì presente nella meditazione, che scappa via in fretta e furia per andare a scuola - dico, chiudendo questa pagina, io ancora una volta mi rivolgo a voi, e a me prima di tutto: cerchiamo di rimanere preparati. Proprio nella Messa di questa mattina abbiamo letto il Vangelo delle vergini stolte e delle vergini prudenti. Quante creature sono prese alla sprovvista come le vergini stolte; quante creature sulla strada che muoiono cosi improvvisamente; senza giudicare proprio male, vedendo la loro vita, possiamo pensare che si siano presentate dinanzi a Dio con la lampada spenta. Amici miei, cerchiamo di averla sempre accesa questa lampada, cerchiamo che tutte le nostre azioni abbiano sempre da corrispondere alla volontà di Dio in modo che se viene Dio a bussare alla porta della nostra casa, possa veramente accoglierci a braccia aperte.

MO259,2 [21-01-1969]

2. Vorrei, prima di incominciare la nostra meditazione, dire ancora una brevissima parola.
Lino si è presentato dinanzi a Dio, ha risposto della sua vita. Molti di voi, con l'esempio e con la parola, lo hanno aiutato ad essere più buono; perciò Dio lo ha trovato più buono perché qualcuno di voi lo ha aiutato ad essere buono. È una gioia questa sapete! Ieri l'arciprete suo mi diceva: "Era disorientato, poverino, durante l'estate; quando è venuto da voi era disorientato. Da un mese, da un mese io l'ho visto sereno, contento, non faceva che parlare bene di voi, che parlar bene dei suoi compagni, diceva che aveva dei compagni che veramente erano dei santi che lo aiutavano... - speriamo che sia vero questo, eh! - che veramente l'hanno aiutato ad essere buono, si sentiva portato ad essere più buono in mezzo a giovani buoni". Ebbene, Dio, Dio vede in questo momento che la bontà di Lino è dovuta alla sua... alla grazia di Dio, è dovuta alla volontà di Lino ed è voluta anche al mezzo attraverso il quale, vero, Dio ha operato in Lino; e perciò grazie a quei giovani qui presenti che hanno collaborato perché Lino fosse più buono, più degno del Paradiso. Però, però, è arrivato Lino in Paradiso con quella santità che Dio voleva da Lino in quel momento? E forse, forse è arrivato un po' meno santo perché qualcuno ha commesso un peccato di omissione o ha dato un po' di scandalo con la sua condotta qua dentro? Ecco il pensiero: vorrei che ognuno di voi si rendesse conto che in mezzo a cristiani e religiosi non si possono prendere le cose per scherzo; siamo tutti corresponsabili dei nostri fratelli. Perciò, la serietà nel parlare, nel comportamento, la vita religiosa vissuta bene da ciascuno di noi, è un dovere che Dio esige da noi per l'edificazione dei nostri fratelli. Guardate, amici miei, che nessuno di coloro che vi è vicino non debba domani dinanzi al giudizio di Dio dover dire: "Io sarei arrivato più santo in cielo se tu fossi stato più santo". Chissà quante volte i cristiani dovranno dire al loro parroco, ai loro sacerdoti: "Io sarei stato un santo se avessi avuto un parroco santo. Io sarei stata una Santa Agnese, una Santa Cecilia se avessi avuto un parroco santo; invece ho avuto un parroco che tutt'altro che farmi Cecilia e Agnese". Amici miei, rendetevi conto della responsabilità sociale che avete qui nella Casa dell'Immacolata, del dovere che avete di edificare spiritualmente i vostri fratelli; guardate che Dio vi ha dato una missione, è una missione che Dio vi ha dato. Nella Casa dell'Immacolata o si edifica o si distrugge, o si aiuta il fratello a divenire più santo o si aiuta il fratello ad andare in giù. Vorrei aggiungere un'ultima parola: è morto Lino... Qualcuno, forse, non dovrebbe anche percuotersi il petto? Forse nella Casa dell'Immacolata c'è stato qualcuno che non si era impegnato seriamente nella vita spirituale, intima? C'è stato forse qualcuno che viveva un po' nella tiepidezza o, Dio non voglia, anche qualche volta, disgraziatamente nel peccato? La nave dove Giona navigava minacciava di essere travolta dalle onde perché c'era uno... Guardate che non si scherza. Per uno, per uno la nave può essere, vero, minacciata tutta. Qualche volta parlando così... Parlavo, per esempio, con qualche novizio: "Come va?". "Sì, ma, me pare... qualche volta la va ben, qualche volta". Ieri sera parlavo con il nostro caro Lorenzo: "Come xela?". "Sì, qualche volta par che la vaga ben... qualche volta". Amici, state attenti che questo non sia stato un richiamo, forse l'ultimo richiamo di Dio, per qualcuno che ancora non si sia impegnato nella vita spirituale, o che abbia preso le cose spirituali così un po' alla buona. Concludendo: figlioli, con Dio non si scherza!

MO259,3 [21-01-1969]

3. Ed ora cominciamo la nostra meditazione.
Questa mattina ho pensato bene d'interrompere le consuete meditazioni e di leggervi la lettera che abbiamo rivolta al Santo Padre in occasione della giornata di domani, e cioè della consacrazione dei nostri fratelli, ai quali noi rivolgiamo proprio qui dall'altare il più fraterno, proprio, caloroso e insanguinato augurio. Dico insanguinato augurio, perché mentre prima poteva essere un augurio un po' pieno di festa, forse con un po' di festa anche di sagra diciamo, un po' di festa esterna, oggi è solo un augurio spirituale. Oggi, mentre prima guardavamo forse la veste esterna, oggi guardiamo solo lo Spirito Santo che entra in loro e li investe di una missione nella Chiesa di Dio, una missione nuova, una missione grande e perciò dico facciamo loro l'augurio proprio che siano come i primi sette diaconi, e Dio non voglia che proprio venga concessa alla nostra Famiglia religiosa la grande grazia, grande grazia, che qualcuno di questi sia emulo di Stefano o di Lorenzo. Beh, forse Lorenzo, sa, cotto de qua e de là... Vero, Vinicio, meglio Stefano, piuttosto! Ad ogni modo, sentite, io non chiedo il martirio per nessuno dei sette, ma se il Signore volesse concedere alla Congregazione che il terzo, il terzo che bagna la terra con il sangue fosse uno che non la bagna per una imprudenza stradale o per un'imprudenza nella organizzazione interna della Congregazione, ma per testimoniare la fede, fratelli, ricordatevi che quel giorno scappo a Bosco, vado in chiesa, metto su il piviale più bello che ci sia e canto un “Te Deum”. Perdonate, ma questo dovrei fare e lo farò. Se capita, però, eh! Abbiamo pensato di mandare la lettera al Santo Padre e l'abbiamo mandata tramite don Luigi Furlato; l'ho mandato a Roma pensando che don Luigi sia capace di trovare il buco o la finestra per andar dentro; sappiamo già che di solito sa trovare anche il sottoscala, no? Gli abbiamo detto soltanto questo: che deve assolutamente farla arrivare in mano al Santo Padre, che non stia neanche presentarsi più a Vicenza, che ha perso il suo posto qua nel noviziato se non riesce a far questo. Abbiamo messo questo qua... Ha fatto una lettera don Zeno e ho detto: "Varda, se non arrivi, neanche farti più vedere a Vicenza. Devi farla arrivare in mano al Santo Padre!". L'abbiamo messa in modo non soltanto che sia di ringraziamento, ma che sia anche di adesione, di unione, in questo momento che il nostro buon padre, il Papa, soffre. Pensate anche domenica scorsa, per esempio, il famoso Isolotto di Firenze, don Mazzi non ha permesso che venisse celebrata la Santa Messa e ha fatto un'adunanza in chiesa lì, con i famosi preti e la famosa gente. Ora, capite, in questo momento pensate intanto cosa vuol dire, il Santo Padre che ha in mano la situazione del mondo intero cosa non deve soffrire quell'uomo lì... Nella Voce dei Berici di questa settimana dovrebbe esserci, e guardate bene, me l'ha detto don Giovanni, cosa ha detto Atenagora del Santo Padre. L'avete vista? Avete visto cosa ha detto del Santo Padre? Ora, non è giusto che ci lasciamo battere, cioè un po' vincere da uno... Guardatela bene la frase. Non è giusto che ci lasciamo vincere da uno, non che è separato dalla Chiesa, perché nello spirito è più unito di noi, ma è giusto che noi figlioli della Chiesa Cattolica, Congregazione religiosa, non soltanto sentiamo amore, affetto per il Padre nostro che soffre in modo tremendo in questo momento, ma lo esprimiamo anche in una circostanza come questa in forma esterna.

MO259,4 [21-01-1969]

4. "Beatissimo Padre, è con somma riconoscenza che i membri della Pia Società San Gaetano ringraziano la Santità Vostra per il prezioso dono del diaconato permanente concesso ai loro Religiosi laici. L'ordinazione dei primi sette di loro avverrà nella cattedrale di Vicenza il 22 corrente mese, festa di San Vincenzo diacono e martire, patrono principale della Diocesi, per la mani del Vescovo Sua Eccellenza Monsignor Carlo Zinato.
In tale importante circostanza sentiamo il bisogno di esprimerVi con filiale confidenza l'affetto che ci lega al Vicario di Cristo. La nostra Famiglia religiosa è grandemente debitrice alla Santità Vostra fin da quando, a Milano, rivolgendosi ai sacerdoti, tracciava le linee maestre della formazione sacerdotale. Su questi fondamentali indirizzi ci siamo sforzati di plasmare la nostra vita religiosa. Vi siamo grati per le preziose direttive che la Santità Vostra incessantemente rivolge dalla Cattedra di Pietro a tutti i cattolici e in particolar modo alle anime consacrate nell'apostolato. Con franchezza Vi assicuriamo che di queste chiare esortazioni facciamo tema di quotidiana meditazione, di orientamento di vita e di azione. Per le sofferenze che gravano sul cuore del Santo Padre uniamo giorno per giorno volentieri il nostro modesto sacrificio nella speranza di contribuire, con la solidarietà, la preghiera e l'incondizionata dedizione, ad alleviare il grave peso del governo della Chiesa universale. Chiediamo a Vostra Santità di volere paternamente benedire i novelli diaconi e tutti i Religiosi della Pia Società, perché il nostro amore per il Vicario di Cristo non venga mai meno e sempre in Lui possiamo vedere il dolce Cristo in terra che ci manifesta la volontà del Padre. Con noi vogliate benedire, Beatissimo Padre, le anime sparse nel mondo affidate alle cure dei nostri apostoli, e quanti sostengono provvidenzialmente le nostre fatiche. Umilmente mi professo della Santità Vostra devotissimo figlio, Sacerdote Ottorino Zanon, superiore generale". Chi non è d'accordo alzi la mano. Ora, mi pare... cosa... Siete d'accordo? Sì, no? Era giusto, in una circostanza tale, approfittare proprio per dire al Papa: "Senti, caro papà, se anche tutti ti abbandonano, ti dovessero abbandonare, noi non ti abbandoneremo". Perché è uomo anche lui, capite chiaro; è un santo, è un'anima di Dio, ma è uomo. E quando ti capita sulla testa una disgrazia voi vedete che si soffre, no? Pensate adesso il Santo Padre quante disgrazie, di ordine specialmente morale, continuano a capitare e a colpire, vero, la Chiesa di Dio e colpire il suo cuore. Era giusto dire: "Caro padre nostro, sappi, siamo poveri, nella nostra pochezza, non siamo tanto, non siamo niente, però ti vogliamo bene. Conta pure su questo piccolo manipolo, conta pure su questo piccolo manipolo. Siamo figli tuoi, vogliamo seguire Cristo, e sappiamo che non possiamo seguire Cristo se non seguiamo te".

MO259,5 [21-01-1969]

5. Ecco, proprio, guardate, io vorrei approfittare anche di questa circostanza per ripetervelo ancora una volta: cerchiamo di regolare sempre il nostro orologio con l'orologio del Papa, cerchiamo di regolare il nostro pensiero, il nostro modo di giudicare con l'orologio del Papa, cioè con la voce della Chiesa. Quanto è doloroso qualche volta sentire qualche sacerdote che dice: "Il Papa? Il Papa capisce niente".
Io... mi par d'avervelo già accennato, don Luigi Furlato mi diceva che lì alla Gregoriana, parlando con un sacerdote ha detto: "Ah, il Santo Padre ha fatto due cose grandi, due cose belle: è andato all'ONU ed è andato a Taranto; però, cosa vuoi, è anche lui uomo e sente il caldo d'estate, e in uno di questi momenti di caldo ha fatto... ha scritto l'Humane vitae per cui... quella, l'enciclica sul celibato, poveretto! Bisogna compatirlo, eh... Qualche momento anche lui, vero, sente il caldo". Un grande teologo tedesco, che si è incontrato con don Federico Evarelli quindici giorni fa, proprio casualmente, nella sacrestia di una cattedrale... Don Federico aspettava un sacerdote che celebrasse la Messa, e questo teologo aspettava un suo fratello che doveva arrivare lì. Sono stati in una saletta d'aspetto una mezz'ora insieme, e a un dato momento don Federico ha detto, così in discorso: "Cosa ne pensa lei - dice - dell'Humane vitae?". E lui ha detto: "È stata una frenata potente che il Papa doveva dare a questo mondo che sta scivolando verso una forma, proprio, di materialismo tremenda! Ho detto che non è stata una fermata, è stata una frenata: è diverso fermare e frenare. Non è detto che domani non ci sia qualche cosa: infatti il Santo Padre lo ha detto; e il Papa - dice - ha frenato e doveva frenare; se non avesse frenato avrebbe mancato al suo dovere. E so quanto il Papa soffre per questo, per le conseguenze, per le interpretazioni che son state date, e so quanto il Papa patisce, e forse morirà in conseguenza dei dolori che ne vengono a lui, per gli insulti che riceve, per causa di queste cose qui. - dice - Però avrebbe mancato al suo dovere di pastore se in questo momento, che il mondo cerca solo soddisfazione, che cerca solo il piacere, che rinuncia al dovere, se in questo momento il Papa non avesse fatto, a costo anche della vita, questa frenata". Che diversità fra il giudizio dell'altro sacerdote che attribuisce al caldo estivo, vero, l'Humane vitae, e questo teologo che dice: "Il Papa ha pesato le cose dinanzi a Dio e ha fatto questo perché, perché ha creduto bene di farlo dinanzi al Signore". Ora, amici, io vi dico una cosa: se ho da sbagliare, preferisco sbagliare col Papa piuttosto che sbagliare con qualcuno che non nomino qui in chiesa perché la carità cristiana me lo proibisce di nominare. Amici miei, profittiamo non soltanto per dirlo al Papa che gli vogliamo bene, ma profittiamo per dirlo anche a Gesù che noi vogliamo sempre stare vicini al Papa, perché sappiamo che così staremo vicini a Gesù.

MO259,6 [21-01-1969]

6. Guardate, ho voluto leggervela proprio nella vigilia dell'ordinazione dei nostri cari diaconi perché, vedete, la giornata di domani non è la festa dei sette, è un impegno che Cristo ci dà attraverso la Chiesa. Rendetevene conto, guardate che domani prendiamo noi, cioè meglio la Congregazione prende la sua fisionomia definitiva. Adesso c'è l'impegno di tutti di costruirla: c'è il diacono, c'è la descrizione del diacono. Senza offendere i sette prototipi, vero, così ben descritti da "Famiglia Cristiana", diciamo che c'è della strada da fare; e c'è della strada da fare anche per noi sacerdoti, no? Abbiamo l'ideale del sacerdote, l'ideale del diacono, e adesso tutti insieme dobbiamo sforzarci per portarci più vicino possibile, sacerdoti e diaconi, all'ideale.
Abbiamo l'ideale del sacerdote, l'ideale del diacono, l'ideale della Comunità, l'ideale dell'apostolato in mezzo, vero, alle parrocchie. E allora, adesso il lavoro che dobbiamo compiere, insieme con la grazia di Dio, è proprio la realizzazione di questi ideali. Perciò prendere coscienza... se, guardate, ve l'ho detto tante volte che ognuno deve sentirsi il superiore generale, cioè quasi l'unico artefice di quello che può essere la realizzazione della vocazione della Congregazione, guardate che specialmente in questa circostanza, adesso, dovete sentirla questa responsabilità. Nessuno di voi, guardate, è autorizzato ad essere rimorchio adesso, nessuno di voi dev'essere trascinato; dobbiamo tutti metterci a correre proprio, come ognuno di voi avesse una bicicletta in mano e fosse l'unico che deve correre. Perché, guardate, che il demonio sta organizzando i cattivi; guardate che il demonio, il demonio, sta unendo i cattivi e sta lavorando tremendamente, fuori di casa nostra e in casa nostra; e se il Signore ci ha radunati qui è stato appunto per opporre al demonio un piccolo gruppo e far vedere al demonio che ancora una volta con una manata di zoppi, scusate la parola, o di storpi, con una manata dico di zoppi e di storpi sa sbaragliare gli eserciti.

MO259,7 [21-01-1969]

7. Guardate che Dio non mette mai proporzioni, perché se ci fosse proporzione a un dato momento si potrebbe dire: "Beh, insomma, c'è proporzione". Dicevo ieri mattina, cioè l'altra mattina lassù a Bosco, avevo Giovanni Dal Bosco, Dalla Costa, davanti a me. Dicevo: “Qui abbiamo Giovanni. Se Giovanni ricevesse da me 800.000 lire e gli dicessi: 'Caro Giovanni, vada per piacere a comprarmi una 1100', e viene su con una 1100... Beh, insomma, 800.000 lire vicino a un milione; un po' di... un sorriso che abbia fatto al commerciante, un po' qua, un po' là... insomma, è stato bravo. Ma se do a Giovanni 5.000 lire e dico a Giovanni: 'Vada a comprarmi una 1100', non c'è proporzione fra cinquemila lire e la 1100, chiaro!”.
Ora, quando Dio agisce, parlavo del miracolo delle nozze di Cana, quando Dio agisce non mette proporzione. Ti prende un po' d'acqua e ti dice: "Ecco il vino". Ti prende una barca con una rete piena di buchi, di giorno, in un posto dove non c'è pesce: "Andate e pescate". Certo, Pietro, deve fare... non ha preso le reti e buttate sopra la barca o sulla riva; lui ha pescato come si deve pescare, come sa pescare un pescatore, no, cioè ce l'ha messa tutta dalla parte sua; però ce l'ha messa tutta in un posto dove un altro pescatore avrebbe detto: "Sei pazzo andar a pescare lì, no, di giorno, lì e di giorno?". E lui nel nome del Signore pesca, come si deve pescare però, eh, lì e di giorno e raccoglie quel pesce che sappiamo. Ora, vedete, quando il Signore agisce, proprio non mette proporzione fra causa ed effetto. Una causa minima in mano di Dio, un effetto strepitoso! Rendetevi conto, rendetevi conto che oggi, oggi il Signore sta ripetendosi. Causa minima: sette diaconi, laureati alla Sorbona? Laureati a Lovanio? Che son passati, eccetera? Laureati, vero, alla Marzotto, Valdagno, no? Vero, Livio, su ad Asiago, alla linotipe. Domani il Signore può prendere uno di questi, potrebbe prendere uno di questi e confondere... Chi? Magari don Mazzi, magari quella gente là, magari una massa di comunisti, con uno di questi! Ricordatevi bene che Dio può prendere un insulso e confondere l'umanità intera, purché questo insulso si metta totalmente nelle mani di Dio. È l'azione di Dio, è l'opera di Dio, è l'abitudine di Dio. Vuol far vedere agli uomini che con il niente fa tutto. Però, gli uomini devono fare la loro parte. Quei servi hanno preso le idrie, quei servi le hanno riempite di acqua. Poteva Dio riempire le bottiglie lu... No! Vuole una parte anche dalla parte degli uomini! "Prendete le idrie, riempitele di acqua e mescete". Questa azione Dio la vuole! Perciò ricordatevi: una azione il Signore la vuole anche da noi. Ma rendetevi conto che stiamo lavorando insieme con Dio; e allora con Dio cerchiamo di essere sempre uniti nella sua volontà. Quel giorno che, invece che prendere le idrie, andremo a prendere la botte, o invece che prendere le idrie andremo a comprare il vino all'osteria, ricordatevi: cessa l'intervento di Dio. E se cessa l'intervento di Dio, ve lo ripeto, non c'è proporzione tra noi e l'opera che dovremmo compiere.