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LA CONGREGAZIONE È GUIDATA DA DIO

MI236[04-04-1968]

4 aprile 1968

Nel 1968 don Ottorino fece la spola tra Vicenza e Roma per ottenere il diaconato permanente ai religiosi non sacerdoti della Congregazione. La prima parte della meditazione si riferisce a uno di questi viaggi.

Mons. Alberto Bovone era venuto a contatto con l’Istituto come assistente spirituale dell’Enaoli. Ben presto strinse una fraterna amicizia con don Ottorino, che per ogni problema presso le Congregazioni romane ricorreva al suo consiglio e al suo aiuto.

Il riferimento è a don Giuseppe Rodighiero, che prima di entrare nella Casa dell’Immacolata, era stato vicerettore del collegio vescovile di Thiene (VI), che all’epoca fungeva come seminario minore della diocesi di Padova.

Nel testo registrato don Ottorino dice erroneamente “Vicenza”.

Il “Barbarigo” era un Istituto scolastico privato parificato, gestito dalla diocesi di Padova.

San Giovanni Calabria affermava che la provvidenza si serve di uomini concreti, e don Ottorino precisa che molte volte si serve di signore o di signorine.

Monsignor Mario Pio Gaspari lavorava all’epoca presso la Segreteria di Stato come sottosegretario del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa.

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1.Voi questa mattina volete conoscere il risultato del mio viaggio a Roma , e allora uniamo insieme il racconto del viaggio a Roma e la meditazione in modo da non trascurare nessuna delle due cose.
Arrivato a Roma, monsignor Bovone si è prestato subito gentilmente per mettersi a nostra disposizione. E qui vorrei, perché l’argomento diventi meditazione, farvi toccare con mano una realtà: sul nostro cammino abbiamo sempre trovato delle persone, per caso, venute qui per un altro motivo, con le quali ci siamo incontrati per una circostanza apparentemente casuale, e che poi sono diventate piloni per la nostra Congregazione, cioè degli aiuti provvidenziali. Dobbiamo avere gli occhi aperti sul nostro cammino per renderci conto che non a caso abbiamo trovato queste persone. Certi incontri, che sembrerebbero casuali, non potremmo invece definirli incontri provvidenziali? Non è vero, don Giuseppe ? Come, per esempio, l’essere andati a fare gli esami a Thiene anziché a Padova : se monsignor Zenone del Collegio Barbarigo mi avesse detto di sì, noi non saremmo venuti a Thiene e tu non saresti qui. Tanto per citare un caso. Il Signore gioca lui la carta. Noi non dobbiamo mai scagliarci contro l’uno o l’altro, perché sono uomini, ma dobbiamo saper vedere la mano di Dio anche in essi, vedere il Signore che si serve delle circostanze e delle persone per realizzare il suo piano. Come diceva don Giovanni Calabria: “La provvidenza viene sempre con cravatta e cappello”... o con il cappellino , cioè Dio si serve delle creature per aiutare. Ora, state attenti: il Signore mette vicino a voi delle persone, cioè vi dà le sue grazie attraverso questi uomini. Per noi è stato provvidenziale, quando abbiamo ottenuto il riconoscimento della Congregazione, avere vicino monsignor Bovone: ci ha aiutato moltissimo. E anche ieri, cioè martedì, sono andato da lui e mi ha detto: “Non è il caso che vi presentiate a monsignor Palazzini perché si finirebbe per complicare le cose per niente. Voi siete già in relazione con la Segreteria di Stato; monsignor Palazzini non farebbe altro che mettervi in comunicazione con essa, mentre voi avete già il ponte che vi conduce addirittura alla porta del Papa. Più di quella, dove volete andare? L’unica cosa da farsi - avevo capito che monsignor Gaspari è uno dei due o tre che sono intimi del Papa, uno di quei segretari che vanno e vengono dall’ufficio del Papa - è accertarsi, prima di tutto, se il Papa ha mandato la pratica alla Congregazione dei Religiosi, e ciò per non salire per niente”. E allora siamo andati a vedere.

CONGREGAZIONE storia

CONGREGAZIONE fondatore

PROVVIDENZA

DIO stile di...

CHIESA Papa

Padre Elio Gambari, religioso monfortano, era all’epoca impiegato presso la Sacra Congregazione dei Religiosi come ufficiale e visitatore apostolico.

I Monfortani sono i religiosi che appartengono alla congregazione fondata da San Luigi Maria Grignion de Monfort (1673-1716) “... per avere sacerdoti chiamati a predicare le missioni sull’esempio degli Apostoli poveri”. Seguendo il motto “ad Jesum per Mariam” promuovono tra i popoli l’avvento del regno di Dio per mezzo della conoscenza, dell’amore e dell’affidamento a Maria.

Alla fine del Concilio Vaticano II molti vescovi mandarono sacerdoti diocesani in aiuto a diocesi scarse di clero oltre ai soliti aiuti economici che le Chiese più antiche, specialmente europee, e più ricche di mezzi materiali già mandavano ai missionari che lavoravano in zone povere del mondo e di prima evangelizzazione.

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2.Anche questo accertamento presso la Congregazione dei Religiosi è stato provvidenziale: siamo passati ora in un ufficio, ora in un altro, e mons. Bovone mi ha accompagnato. Quello che vorrei sottolineare come prima cosa è proprio questo particolare. Siamo andati da padre Gambari , che è stato uno che ci ha aiutato in un primo tempo per le Costituzioni quando nel 1961 abbiamo presentato tutto il nostro programma per il riconoscimento della Congregazione e, appena mi ha visto, ha detto: “Oh, caro padre, quanto volentieri la rivedo! È da un pezzo che non ci incontriamo e ho sentito tanto parlare della Congregazione e dei suoi sviluppi. Mi dica: non è una provvidenza di Dio quello che sta facendo il Signore?”. E intanto ci siamo seduti insieme, con monsignor Bovone. Dovevamo soltanto domandargli se il Papa aveva inviato alla Congregazione dei Religiosi - lui ne è il sottosegretario - il nostro carteggio o no. E intanto mi diceva: “So che state preparandovi per il diaconato; mi racconti un po’, mi racconti un po’!”.
Io gliene ho parlato brevemente. Allora lui, dopo la mia sommaria esposizione, data un’occhiatina al foglio che gli avevo presentato, senza leggerlo per intero, si è rivolto a monsignor Bovone e ha detto: “Monsignore, guardi che cosa sta facendo il Signore! Sempre ha agito lui e anche oggi sta agendo allo stesso modo. Noi qui lavoriamo, tutti quanti lavoriamo, prepariamo i programmi, prepariamo i documenti del Papa. Ho collaborato anch’io al ‘motu propio’ sul diaconato perché facevo parte della commissione, e intanto il Signore aveva già preparato i suoi uomini. Noi ci troviamo a preparare dei programmi, credendo di essere noi a farli e li facciamo come vuole il Signore, e poi diciamo: ‘E adesso bisogna preparare gli uomini’, e il Signore risponde: ‘Li ho già preparati!”. Lui, il Signore, ha fatto tutto quanto! E questo è meraviglioso! Io ci vedo proprio la mano di Dio!”. Padre Gambari è un monfortano , un uomo di Dio, un’anima veramente del Signore, piena di Dio. Ha continuato: “Dico sinceramente che seguendo la storia delle congregazioni religiose vedo proprio la mano di Dio, proprio l’intervento di Dio che prepara i suoi uomini. Adesso ci vogliono questi! Mi dica lei, - padre Gambari era sempre rivolto a monsignor Bovone perché eravamo insieme - mi dica lei, e lei, padre, taccia un momentino: che cosa si potrebbe preparare di meglio per la Chiesa di Dio in questo momento di una congregazione così, fatta di preti e di diaconi che vanno nelle parrocchie, che sono religiosi, ma che si inseriscono proprio nel mondo missionario? Ora, per esempio, anche i nostri vescovi mandano aiuti alle missioni e danno una mano per questo e per quel caso...

PROVVIDENZA

DIACONATO

DIO stile di...

VOLONTÀ

di DIO

DIO piano di salvezza

CHIESA

Prima di essere eletto Papa con il nome di Paolo VI, Giovanni Battista Montini aveva retto l’arcidiocesi di Milano.

Cfr. Lc 1,49.

Il riferimento è a Natalino Peserico e a Giovanni Orfano, ambedue del 2° anno del corso teologico, che si erano recati a Milano per una conferenza sulla Congregazione e sul diaconato.

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3.Che vuole! Avete visto: anche il vescovo di Padova – scusate, eh!, è saltato fuori il suo nome - sta facendo marcia indietro per le difficoltà che i suoi preti incontrano. Lo stesso Santo Padre ha detto chiaramente che anche l’esperienza da lui fatta a Milano ha avuto dei limiti. Sono esperienze bellissime, degne di lode fin che si vuole, ma sono tutt’altra cosa. Una congregazione religiosa è preparata per questo e vi si butta dentro, cioè va in quel determinato posto con una spiritualità speciale. Perciò io proprio vi dico: ringraziamo il Signore, ma ringraziamo veramente insieme il Signore per quello che sta facendo. E poi, - ha soggiunto - se non le dispiace mi faccia avere uno di questi fogli sul diaconato, perché ho sentito dire che voi l’avete risolto molto bene, e mi piacerebbe avere uno dei vostri fogli”.
Amici miei, io non vi nascondo una cosa: quelle parole di padre Gambari mi hanno fatto riflettere. Chi siamo noi, poveri uomini e poveri untorelli, che il Signore ha voluto scegliere per realizzare tutto questo? Dinanzi a queste parole che più o meno abbiamo già sentite - ricordate quante volte le abbiamo dette qui, in casa nostra? - noi dobbiamo provare prima di tutto un senso di confusione, dobbiamo sentire che siamo piccoli, piccoli, piccoli, dei pesciolini che sanno anche odore. Dobbiamo sentirci piccoli, piccoli, ma nello stesso tempo dobbiamo sentirci grandi. Quando dico che dobbiamo sentirci grandi non intendo un atto di superbia né individuale né collettiva, perché “fecit mihi magna qui potens est”. Se è nostro dovere guardare la realtà, cioè vedere quanto siamo poveri, penso che sia altrettanto nostro dovere cantare le glorie del Signore e riconoscere che lui vuole fare qualche cosa. Voi, Natalino e Giovanni che siete andati a Milano, avete avuto la sensazione che il Signore sta lavorando: l’avete avuta, non è vero? Adesso io vi porto la sensazione della Chiesa perché, in fondo in fondo, il cuore della Chiesa è lì, è lì che esso, insomma, si sente pulsare e avverte come è considerata la nostra Congregazione; come voi l’avete vista a Milano, io vi dico che così la vedono a Roma, ma in alto, molto in alto.

CONGREGAZIONE storia

CONGREGAZIONE fondatore

CHIESA Papa

DIACONATO

VIRTÙ

umiltà

Nel testo registrato a questo punto don Ottorino si sofferma a descrivere, in maniera abbastanza confusa, tanto che sbaglia nel dire “padre Gambari” invece di “mons. Gaspari”, il luogo del ricevimento della Segreteria di Stato; tralasciamo la descrizione perché è ininfluente per il tema della meditazione.

S. E. monsignor Italo Severino Di Stefano, vescovo di Presidencia Roque Sáenz Peña, aveva chiesto al Santo Padre di poter conferire l’ordine del diaconato ai religiosi assistenti della Congregazione che lavoravano nella sua diocesi dal luglio del 1967.

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4.Infatti poi sono andato in un altro ufficio, ove non avevano ricevuto nessuna notificazione. Poi, quando sono andato in Segretaria di Stato, mi sono trovato proprio nel cuore degli uffici vaticani. Mi hanno fatto accomodare in una sala d’attesa ed è arrivato monsignor Gaspari. Mi ha detto con una gentilezza e una bontà che confondono: “Senta, padre, mi perdoni perché non posso fermarmi più di dieci minuti; devo ricevere un ambasciatore e condurlo dal Santo Padre. Non posso di più, ma in dieci minuti possiamo intenderci”. Ma io sono stato ancora più bravo. Alla fine mi ha detto: “Scusi se non le ho concesso più tempo”. E io gli ho detto: “Perdoni se sono venuto a disturbarla”. “No, venga quando desidera, venga quando vuole; noi siamo qui apposta e sarò ben lieto se potrò fare quanto lei vuole”, mi ha risposto con gentilezza. Pensate che cosa vuol dire avere una persona amica in quell’ufficio: mi sembra che sia qualcosa!
Il Santo Padre, dopo aver avuto in mano la domanda di monsignor Di Stefano, - le carte nostre, insomma - ha poi ricevuto i due o tre segretari ai quali ha domandato: “Voi conoscevate già questa Congregazione, quest’Opera che mi è stata presentata?”. “Sì, Santità, la conoscevamo; anzi ultimamente è venuto qui da noi anche il superiore”. “Ma è bella!”, ha detto il Papa, e ha cominciato a fare un po’ gli elogi e dire le sue impressioni. Poi i segretari hanno intavolato un po’ di discussione con il Santo Padre sulla Congregazione. In Segreteria la conoscevano già perché il cardinale Cicognani ne aveva avuto notizia attraverso monsignor Palazzini e monsignor Luna... insomma era conosciuta, era arrivata lì. Sicché era già... Così per caso, così per caso! Il Papa allora ha dato ordine di scrivere al vescovo di Vicenza che era inutile – infatti la Segreteria di Stato considerava la domanda del diaconato come fatta da mons. Di Stefano per Roque Sáenz Peña - concedere adesso la facoltà del diaconato a un vescovo o a un altro, dal momento che la Congregazione è già avviata così, con un programma ben definito. Doveva, perciò, essere concessa direttamente alla Congregazione; la questione doveva essere risolta una volta per sempre, e rimessa nelle mani della Congregazione, in modo che poi fosse essa a prendere la decisione, e quando volesse. Perciò fosse scritto al vescovo di Vicenza che la questione venisse risolta direttamente dalla Congregazione. Questa è la sostanza della lettera inviata al vescovo di Vicenza. E poi ha dato ordine di avvisare il vescovo di Roque Sáenz Peña che si era scritto al vescovo di Vicenza che la questione del diaconato venga intesa come propria della Congregazione e risolta una volta per sempre, perché era giusto che fosse così.

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CONGREGAZIONE fondatore

CHIESA

CHIESA autorità

Il cardinale Angelo Dell’Acqua fu per anni alla Segreteria di Stato. Non sappiamo di quale libro don Ottorino parli in questo caso.

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5."Il Papa, però, - diceva monsignor Gaspari - ha espresso i suoi sentimenti di gioia nel vedere una Congregazione così e si è mostrato anche contento che gli altri la conoscessero", perché ha ritrovato risonanza dall’altra parte. Vi ricordate che si è intromesso ancora il cardinale Dell’Acqua al quale abbiamo mandato il libro famoso. In pratica, noi, attraverso le difficoltà incontrate per ottenere il diaconato, abbiamo mosso la Segreteria di Stato, il Santo Padre, eccetera, altrimenti il Santo Padre forse non avrebbe mai sentito parlare della nostra Congregazione.
Perciò, dobbiamo prendercela con il vescovo di Vicenza o dobbiamo ringraziarlo? Dobbiamo dire: “Grazie, Eccellenza, perché così ha fatto in modo che la Congregazione venisse conosciuta”. Verrà il momento che ci presenteremo per essere di diritto pontificio. “Ma come? Di diritto pontificio? Ma che congregazione è? Che cos’è, che cosa non è...?”. È bene o è male che sia un pochino conosciuta? Se noi avessimo presentato la domanda e non fossimo stati conosciuti da nessuno, né in Segreteria di Stato né in nessuna altra Congregazione romana, sarebbe avvenuto che, arrivata la domanda, avrebbero dovuto chiedere informazioni a destra e a sinistra. Se la nostra domanda arrivasse adesso, ci sono già informazioni dirette per un motivo o per l’altro. Direbbero: “Ah, sì, sì, per carità, è pacifico, non si discute neanche!”. Infatti monsignor Gaspari ha detto: “State tranquilli che il vescovo di Vicenza... - si è messo a ridere un pochino - State sicuri che cederà. Come si fa a non cedere? D’altra parte voi avete tutto il diritto di ottenere il diaconato, ed è per voi pacifico. Fate la domanda e l’avrete immediatamente”. E io ho detto: “Ma, monsignore, si ricordi che le cose belle bisogna pagarle con il sacrificio e con la croce. È questo il motivo per cui il Signore vuole farci aspettare!”. Allora si è messo a ridere. Io l’ ho preso un po’ in maniera scherzosa, vorrei dire da amici, proprio da amici.

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CHIESA autorità

Termine colorito del dialetto veneto: far venire ‘el bao’ a qualcuno sta per far saltare i nervi a qualcuno, stancare qualcuno fino a fargli commettere qualche sproposito.

Il riferimento è alle lettere commendatizie alla Santa Sede, richieste da don Ottorino a tutti i vescovi diocesani dove la Congregazione era presente, in favore del diaconato permanente.

Don Guido Massignan era all’epoca il segretario generale della Congregazione e il direttore della Casa dell’Immacolata.

In campagna, quando si raccolgono i fagioli da conservare per l’inverno, vengono stesi sull’aia a seccare e ogni tanto vengono rigirati perché si secchino in modo uniforme affinché non ammuffiscano.

L’accelerato è il treno passeggeri che ferma ad ogni stazioncina a differenza dei treni con percorrenza veloce come i rapidi o i direttissimi che effettuano le fermate solo nelle città. Essendo Roma distante da Vicenza circa 650 chilometri, la durata del viaggio in accelerato sarebbe stata di molte ore.

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6.Continuando il precedente pensiero della meditazione, vorrei dirvi che bisogna ricordarci che siamo in una Congregazione voluta dal Signore e che il superiore generale è lui. Chi vuole avere la direzione della missione, cioè prendere l’iniziativa dell’azione, è il Signore, sempre! Per cui noi non dobbiamo prendercela in una forma un po’ d’arrabbiati se troviamo che il Signore ci fa girare di qua e di là. Lo so anch’io che, umanamente parlando, questo fa venire ‘el bao’ , si direbbe. E corri a Roma, e va di qua e va di là, e prova a destra e prova a sinistra, e scrivi in America perché gli uni, gli altri e quest’altri ti mandino le lettere...
Bisogna che noi facciamo tutte queste cose, anche se nello stesso tempo non sappiamo perché il Signore le permette. È chiaro? Se in noi ci dovesse essere un momento di preoccupazione, deve esserlo per chiederci: “Ho fatto tutto quello che potevo da parte mia? Ho fatto io quello che voleva il Signore?”. Ma solo questo! Ma se io ho fatto tutto quello che voleva il Signore e poi il Signore vuole farmi aspettare il diaconato dieci o vent’anni, pazienza: sia fatta la volontà del Signore! È giusto o no, don Guido ? Chiaro? Io devo - state attenti! - essere preoccupato di fare quello che vuole il Signore. Per esempio, il Signore può dirmi: “Perché non sei andato a Roma a vedere un po’ che cosa bolle in pentola?”. E allora mi sono chiesto: “Andare a Roma? Il Signore vuole che vada smuovere i fagioli o no? Se vuole che io vada, si va. Se il Signore vuole che torni indietro anche stamattina, vado un’altra volta a Roma, anche in accelerato e non in rapido, sebbene mi abbiano fatto ritornare a casa via Livorno, perché la linea abituale era chiusa per un incidente a Orte. Va bene!”.

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DIO stile di...

DIACONATO

VOLONTÀ

di DIO

Papa Giovanni XXIII prima di salire al soglio pontificio era stato patriarca di Venezia dove le strade sono costituite da canali che spesso sbarrano strette viuzze che permettono di muoversi a piedi e si devono attraversare con la barca. Don Ottorino poi accenna a qualche uscita attribuita al Papa, che si sarebbe lamentato perché a Roma il card. Nicola Canali si opponeva a volte a qualche sua iniziativa.

Termine dialettale veneto che sta per sciocco, stupido, insipido.

In questa serie di domande don Ottorino nomina don Giuseppe Rodighiero, da poco entrato in Congregazione, l’assistente Vinicio Picco che era consigliere generale, Zeno Daniele che frequentava il 2° anno del corso teologico, e don Vittorio Venturin che era già sacerdote da un anno.

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7.Amici miei, quello che interessa è questo. Non dobbiamo prendercela né con il vescovo di Vicenza né con altri che un domani dovessimo trovare sul nostro cammino. Come Papa Giovanni trovava a Roma i canali , o meglio il cardinal Canali che gli attraversavano la strada, così noi non dobbiamo prendercela, ma dobbiamo studiare i mezzi e i modi perché una parte dobbiamo farla anche noi. Qualche volta dobbiamo raggirare il canale e qualche volta gettare un ponte attraverso il canale per poterlo passare. Questo è chiaro? Perciò la nostra azione umana non deve farci dire: “Oh, c’è il canale; dunque mi fermo!”. No, no! Noi dobbiamo vedere, dobbiamo studiare la situazione con giudizio, con criterio, e metterci tutta la nostra parte umana. Ma, ricordatevi: la Congregazione non è mia e non è vostra, è di Dio! Lui, nella sua bontà, si è degnato di chiamare in essa anche noi, nonostante le nostre deficienze. Ci ha chiamati dentro lui, e perciò dobbiamo lasciargli l’iniziativa. Noi dobbiamo continuare a remare, a lavorare, a mettercela tutta, ma lasciare l’iniziativa al Signore, il quale, ricordatevi, ha i suoi disegni.
Queste cose le dicevo tanti e tanti anni fa e i più vecchi lo sanno. Dicevo: “State attenti che la barca è di Dio, la nave è di Dio, e il Signore l’aspetta nel posto stabilito”. Adesso vedete che già anche da fuori, anche in Segreteria di Stato si vede chiaro, - sono rimasto un momentino con monsignor Gaspari - si vede che anche loro considerano la Congregazione come un’opera del Signore, come un intervento del Signore, come un qualcosa del Signore: il Signore vuole fare lui, vuole intervenire lui. Come un tempo ha preso la manna e l’ha fatta scendere per dare da mangiare al popolo ebreo, così in questo momento il Signore vuole lanciare un gruppetto di uomini, di poveri uomini ‘insulsi’ a cominciare da me, meno ‘insulsi’ se si tratta di voi, ma sempre poveri uomini, e con essi il Signore vuole dare da mangiare agli uomini. Ritorno a quello che vi dicevo in precedenza, e cioè: prima di tutto dobbiamo avere un senso di umiltà. Per carità, fratelli, non crediamoci qualcosa, né come individui né come organizzazione; siamo povere creature, povere creature! Tuttavia, nello stesso tempo, dobbiamo manifestare un senso di riconoscenza a Dio che sta facendo queste cose. Faremmo un’offesa a Dio se ci credessimo qualche cosa, e faremmo un’offesa altrettanto grande a Dio se non vedessimo la sua mano che conduce avanti la ‘barca’. Don Giuseppe, sbaglio a dire questo? Tu, Vinicio? Voialtri? C’è qualcuno che non è d’accordo? Zeno e compagni? Don Vittorio? Siete d’accordo? Allora facciamo un passo avanti. Don Vittorio, tu che vieni dall’estero, è giusto questo, sì o no? Sono peccati di superbia le mie affermazioni? Facciamo allora un passo avanti, che è il seguente.

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DIO bontà

di...

VIRTÙ

umiltà

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8.A Roma una persona mi ha chiesto: “Scusi, padre, nella sua Congregazione si crede ancora al contatto personale con Dio?”.
“Perché mi fa questa domanda?”, ho detto. “In giro - mi ha risposto - la situazione è questa: si sostiene che la preghiera, per essere preghiera, deve essere comunitaria, altrimenti non è preghiera, perché il Signore accetta solamente preghiere comunitarie. Le cito un caso. Sono andato in un seminario e un chierico è venuto da me e mi ha domandato: “Senta, il rettore ci ha richiamati più di una volta perché non vede mai nessuno in chiesa a pregare da solo, a fare qualche visitina. Non le sembra, padre, che questo sia contro il Concilio? Perché, in fondo, la preghiera dev’essere comunitaria. Ora, mi pare che valga molto di più stare insieme con un gruppetto di compagni in cortile che andare singolarmente in chiesa a pregare”. Sono passati - commentava quella persona - dalla preghiera comunitaria alla fraternità, al cameratismo, e per loro vale più il cameratismo - a un dato momento bisogna chiamarlo così - che la preghiera personale e intima. Però, poi, ne derivano delle conseguenze tremende, che cioè la preghiera comunitaria non è più preghiera”. Ecco, vorrei dirvi a questo proposito: se noi vogliamo continuare sulla linea che il Signore ci ha tracciato, per carità, continuate ad insistere sulla preghiera intima, personale, con Dio. La preghiera comunitaria è possibile soltanto se voi realizzate quella personale. Qui insisterei proprio su questi due punti sui quali mi sto sempre più convincendo che bisogna insistere e che sono per noi quasi i piloni: - primo: saper soffrire con il Signore. - secondo: sapersi incontrare con il Signore. Se voi qui imparate a saper soffrire con il Signore, cioè quando vi capita qualcosa di spiacevole, - vi costerà fatica per qualche mese e forse anche per qualche anno avviarvi, ma, se voi riuscite a realizzare questo... - quando vi capita qualcosa che costa la offrirete al Signore. In un primo tempo - ricordate che ve l’ho detto? - arriverete ad offrirla magari alla sera, quando fate l’esame di coscienza, o magari dopo tre o quattro giorni, quando ve ne accorgerete. Ma, piano piano, comincerete col fare l’offerta ogni sera; poi finirete per farla anche a mezzogiorno; poi, piano piano, finirete ad offrire al Signore tutto ciò che vi costa un pochino. In questo modo avrete imparato praticamente a incontrarvi con il Signore: ogni volta che farete la vostra offerta, vi incontrerete con il Signore. Se voi uscirete dalla Casa dell’Immacolata con questa convinzione, io vi giuro sul crocifisso che non cascherete in disastri, che le vostre Comunità saranno uno spettacolo, e che il lavoro apostolico che compirete sarà meraviglioso, perché... Ve lo spiego anche un pochino.

CONGREGAZIONE fondatore

PREGHIERA

DIO contatto con

CHIESA Concilio

PREGHIERA incontro cosciente e personale con Dio

CROCE

PENITENZA

CONSACRAZIONE offerta totale

COMUNITÀ

Cfr. Giovanni 13, 35.

Nel testo registrato la premessa è posta in senso positivo, che non si spiegherebbe con le conclusioni che da essa don Ottorino ricava.

Molto probabilmente don Ottorino, come era solito fare, mima la forma e la grossezza di una trave di legno segata.

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9.Le nostre Comunità, dove noi stiamo lavorando, grazie a Dio vanno bene; in esse c’è lo spirito che si mantiene buono nonostante qualche piccola difficoltà. Anche il lavoro apostolico procede bene. Però, attenti, perché ho osservato questo: il demonio dove ha mirato? Ha mirato nel rovinare la Comunità. State attenti! Che cosa succede? Noi dobbiamo dare una testimonianza di amore: “Da questo conosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete...” . Perciò se quattro religiosi si stabiliscono in una parrocchia e non si amano veramente, non si vogliono veramente bene, che cosa succede? Succede che creano in essa uno scandalo, e ad un certo momento comincerà a notarsi il cattivo esempio. Il Signore ha legato l’efficacia apostolica proprio alla carità, all’amore. Se non c’è questa carità, questa fusione, è impossibile l’efficacia dell’apostolato. Anche se c’è un po’ di movimento, è un fuoco di paglia, un rullo di tamburo. Se noi vogliamo che effettivamente avvenga il miracolo - e per convertire il mondo di oggi ci vuole un miracolo, per creare la conversione delle masse ci vuole un miracolo - lo compiremo, secondo la parola di Gesù, solo se noi avremo stabilito una vera e propria comunità di fratelli.
Il demonio, - guardate che potrei citarvi ogni singolo caso, tutte le nostre Comunità, e questo lo sto osservando fin dall’inizio dell’Istituto, si può dire - il demonio, il quale sa che il segreto dell’efficacia apostolica sta proprio nella fraternità, impiega le sue armi, ma proprio tutte le sue armi, per farla saltare in aria. Ma le armi del demonio sono come l’acqua, un secchio d’acqua buttato sopra. Immaginate che ci sia un pezzo di trave segato, grosso così , e che vi si getti sopra un secchio d’acqua. Che cosa fa un secchio d’acqua? Attendete che venga il gelo della notte: quelle goccette d’acqua, tac!, spaccano la trave. È peggio una goccia d’acqua che un colpo d’accetta, si potrebbe dire, perché un colpo d’accetta stacca una scheggia, ma l’acqua, tan, tan, tan, piano piano fa saltare tutto, può far saltare anche la roccia. Bene, il demonio è fatto così: approfitta delle piccole cose. Ecco il suo segreto!

COMUNITÀ

fraternità

CROCE Demonio

COMUNITÀ

unità

‘Figlio di un cane’ è la traduzione letterale del dialettale ‘fiol d’on can’ che però ha meno senso dispregiativo dell’italiano e qualche volta è usato anche in modo bonario nel discorrere quotidiano.

Il riferimento è a Fernando Murari, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso liceale.

Il riferimento è a Raffaele Testolin, alunno all’epoca del 2° anno del corso liceale.

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10.Supponiamo che nella Comunità ci siano uno, due, tre, quattro religiosi. Tu, per esempio, ti accorgi che un confratello ha usato l’armonio e l’ha lasciato aperto. Appena lo incontri, lo investi: “Ti ho ripetuto tante volte di chiuderlo”. Ti salta la mosca al naso. Ed ecco che nasce in te un piccolo senso, non direi di odio, ma di sdegno verso il confratello, per cui fra te e lui non c’è più l’armonia di prima. Ecco la goccetta d’acqua che è entrata dentro. È naturale, perché è inevitabile che in una Comunità capitino queste cose. Tu hai l’incarico di suonare l’armonio e preghi il confratello: “Senti, suonalo pure, ma quando hai finito chiudilo, perché vi entra la polvere”.
Questo è un caso particolare. Che succederebbe se tu fossi abituato ad offrire al Signore tutte le tue croci? In un primo momento dirai: “Figlio di un cane di Fernando !”; ma in un secondo momento: “Beh, Signore, offro tutto quanto a te... Beh, Signore, offro per le anime. Può darsi che tu abbia bisogno di un po’ di sangue: lo offro a te”. E chiudi l’armonio. Quando incontri Fernando lo avverti, o sennò: “Beh, faccio un fioretto e non glielo dico nemmeno!”. Domani lo lascia aperto un’altra volta? E allora: “Ehi, Fernando: sei stato tu a suonare l’armonio?”. “Sì!”. “E allora, per piacere, chiudilo”. Questo modo di fare è diverso dall’altro: “Ehi, Fernando, hai suonato l’armonio e l’hai lasciato aperto! Sei sempre il solito!”; capisci che è diverso. Se sono abituato a offrire al Signore le mie croci, ottengo da questo un duplice effetto: primo, mi abituo a parlare con lui; secondo, elimino tante piccole cose di cui il demonio si serve per rovinare la Comunità. Figlioli: io credo che se noi ci abitueremo a questo le Comunità saranno sicure dalle insidie del demonio. Il demonio si comporta con noi come si racconta in quella storiella dei frati. “È mio, è mio”, dice uno. “Ebbene, tienilo pure tu!”, risponde quell’altro, e la contesa è finita. Ricordate la storiella del mattone? Il demonio suggerisce: “Eh, forza, Raffaele , attacca, attacca!”. E Raffaele: “Perché?”. E il demonio: “Non vedi che ti ha lasciato aperto l’armonio?”. “Pazienza; lo chiudo io!”, dice Raffaele. Che cosa fa il demonio? Va dall’altra parte: “Ehi, hai visto che Raffaele è andato a prendere la bottiglia della grappa e hai osservato quanta ne ha bevuta? E a te, di solito, piace molto...”. Se l’altro risponde: “Va bene, pazienza! Che ne beva anche lui; anche lui ha il diritto di berne”, tutto è finito! Che cosa può fare il demonio quando trova simili confratelli? Non credetevi forti, perché chi si crede più forte un domani può cadere vittima nelle mani del demonio in modo tremendo e in fondo, poi, dire: “Guarda per quale stupidaggine me la sono presa! Guarda che stupidaggine...!”. Se osserviamo, quella Comunità è diventata un disastro, ed è partita proprio da un’ombra, da una stupidaggine, proprio da un filo, da un capello, si può dire. Non è vero? Proprio così!

COMUNITÀ

unità

nella carità

APOSTOLO salvezza delle anime

CROCE sangue

È una delle frasi forti più usate da don Ottorino soprattutto dopo le prime avventure spaziali sovietiche e americane.

Altra frase tipica di don Ottorino molto pregnante perché indica familiarità molto intima e amicizia profonda con il Signore Gesù.

MI236,11[04-04-1968]

11.Figlioli, vi scongiuro in nome di Dio: salviamo le Comunità! E le salveremo solo a condizione che sappiamo offrire al Signore le piccole cose, perché è inevitabile: di piccole cose ne avrete sempre. Anche tra quattro persone, per quanto sante siano - sante da altare tutte e quattro! - ci sarà ogni giorno chi avrà i piedi che puzzano, chi l’alito con cattivo odore; non c’è niente da fare, qualcosa ci sarà sempre! Dico male?
Conclusione Dunque, figlioli, per prima cosa imparate a offrire al Signore. Ve lo dico in tutti i toni; vi scongiuro in nome di Dio, in nome delle anime. È il segreto per conservare in perpetuo la spiritualità della Congregazione, anzi per accrescere sempre più questa spiritualità, e non creare la parabola discendente, ma per entrare ‘in orbita’ . Come seconda cosa fermatevi qualche momento ogni giorno a ‘intendervela’ con il Signore. Se fate così andrete avanti tranquilli, non abbiate paura! Se dovesse capitare qualcosa, qualche stupidaggine, non interessa: fermatevi un momentino con lui. Io mi accorgo sempre più della validità di questi consigli che vengono continuamente dati qui in casa. Per esempio, alla sera, fate la ‘preghiera dell’angelo’ o qualche altra, ma fermatevi a guardare il tabernacolo: “Io lo guardo e lui mi guarda”. Capisci, Giovanni? Bisogna saper intendersela con lui, sapendo che c’è lui lì dentro, parlare con lui! E dopo, sono d’accordissimo per la preghiera comunitaria con gli altri. E, tanto per cominciare, diciamo una bella Ave Maria comunitaria.

COMUNITÀ

unità

nella carità

CROCE

CONSACRAZIONE offerta totale

CONGREGAZIONE spiritualità