LA CONSACRAZIONE RELIGIOSA È DONAZIONE TOTALITARIA.
MO303 [15-04-1970]
15 aprile 1970
MO303,1 [15-04-1970]
:1. Mi è stato chiesto da qualcuno dei fratelli che cosa si prova andando su nel deserto, eccetera. Ecco, chiamatelo deserto o chiamatelo ritiro, io penso che si prova quello che si ha dentro, perché ci si ritrova con noi stessi. Capito? Si prova quello che ha provato un pochino Santa Teresina del Bambin Gesù quando da ragazzina andava sottoscala. Sicché il deserto possiamo farlo anche sottoscala, se vogliamo, un pochino. Penso che è un esperimento bellissimo, ottimo. Ma non si può dire: "Adesso mettiamo questa ricetta e viene fuori il formajo". Non è una ricetta medica per dire: "Mettiamo dentro ed ecco abbiamo il deserto, abbiamo la santità fatta, senza fatica”. In altre parole, per farci santi, fratelli miei, bisogna far fatica. Diceva mons. Sebben, no: “Vita da can, caro!". Cosa disevelo, no: "Vita da can!". Ora, non è vita da cani, è vita da cristiani. Per farci santi bisogna far fatica. E quando ci si ritira un pochino dal mondo, vai a Bosco... Fra l'altro abbiamo sperimentato che Bosco è un luogo meraviglioso, specialmente in giorno feriale, non c'è nessuno, tu stai là calmo, tranquillo, hai la possibilità finché vuoi di parlare con Dio. Se non ci fosse Bosco, forse lo faremmo qui in casa, lo faremmo a Grumolo. Sì, non è il luogo. Il luogo basta che sia un po' sufficiente per darci la possibilità di pregare.Vorrei dire questo. Quando che noi ci si ritira con Dio, si va via un po' dal luogo dove si lavora continuamente, è chiaro che, mettendoci con un po' di verità dinanzi al Signore, ci si accorge di una cosa, fratelli miei: che si è risposto male alla chiamata di Dio. E io penso che anche i più grandi santi, ritirati un pochino dalla vita ordinaria che, sa, voglia o non voglia, distrae, e fermati davanti a Dio, hanno tirato fuori il fazzoletto e si sono messi a piangere i propri peccati. Quando ti trovi a tu per tu con Dio e cominci a considerare quello che Dio ha fatto per te, all'amore di predilezione che ha avuto, alla bontà e alla pazienza che ha avuto, al perdono ripetuto che ha dato, alla comprensione che ha avuto specialmente in certi momenti della vita, e ha portato pazienza, ha portato pazienza, no, allora tu dici: "Ma, insomma, Signore, tu mi hai perseguitato con la tua bontà, tu mi hai perseguitato con le tue grazie, tu mi hai perseguitato quasi... con il tuo amore!". Quasi, guardate, come un innamorato che perde la testa per una ragazza e che non capisce più niente. "Poveretto, el ga ciapà na cotta!", no? Vien voglia di dire: "Ma, Signore, te ghe ciapà na cotta par mi! Mi non capisso, ma go da essere così interessante, mi!", no? "E sì che son brutto sotto tutti i punti di vista, eppure tu ti sei innamorato di me, ma di un amore non sensibile, cioè non quell’amore che può avere un uomo per una creatura, ma un amore che è donazione, che è offerta. Tu mi hai amato proprio in una forma disinteressata!". E allora, per forza quando ti trovi davanti a questa visione, a questa verità, verità, senti il bisogno di dire: "Surgam! Adesso devo fare anch'io qualche cosa!".
MO303,2 [15-04-1970]
2. Ecco, perciò io dico: "Bisognerebbe che ogni giorno facessimo un po' di deserto, ognuno di noi, specialmente quando andiamo in chiesa, i cinque minuti della sera dovrebbero essere proprio cinque minuti di questo deserto”. Alla sera quando ci mettiamo dinanzi al Santissimo... Può essere che qualcuno alla sera faccia un po' di fatica perché ha sonno, eccetera, ma allora deve trovare il modo durante la giornata; alla sera farà un momentino, ma bisogna trovare il tempo, fratelli miei, ogni giorno. Perché non varrebbe niente andare una giornata al mese, ritirarsi o a Bosco o in qualche altra parte, se non facessimo ogni giorno un po' di deserto, cioè allontanare le cose, allontanare il mare, allontanare tutto, eccetera. Stare lì soltanto nella spiaggia di Dio, no?“Trecento chilometri di spiaggia!”, ha detto quell’altro. Si trovava uno in mezzo al deserto e, insomma, cammina e cammina e ha trovato uno col cammello e gli ha detto: "Vero, sior, quanto manca al mare?". "Eh, trecento chilometri". “Accidenti, quanta spiaggia c'è ancora! Trecento chilometri di spiaggia!".Ebbene, bisogna che ci allontaniamo un po' dal mare, che ci troviamo nella spiaggia, nella spiaggia insieme con Dio, soli con Dio. Io credo che questo è il segreto della nostra efficacia apostolica, se noi avremo questa possibilità di trovarci soli con Dio, proprio soli. Non parlare noi, ma lasciare parlare lui, lasciare che ce le dica, che ce le dica, che metta la mano nella piaga, non nascondere, che metta la mano nella piaga. Ah, figlioli miei, è questo il segreto della nostra potenza! Perché? Perché ci frenerà forse il Signore, ma è una frenata provvidenziale. Ci frenerà in qualche azione, ci fermerà un pochino, forse, ma ci fermerà per lanciarci ancora di più, ci farà perdere l'asino per prendere l'aereo. Ci farà perdere qualche ora di tempo, come don Giuseppe quando è stato in America, ci farà perdere la corriera che va da Buenos Aires a Resistencia, ma farà prendere l'aereo che supererà la corriera poi, no? Perdi un po' di tempo apparentemente, ma poi parti e in una ora poco più arrivi a destinazione. È quello che fa Dio: ti ferma un momentino lì con lui, ma poi ti dà il mezzo, ti apre lui le idee, ti dà lui la grazia di arrivare in fretta.
MO303,3 [15-04-1970]
3. Perciò, per carità, non caschiamo nell'eresia dell'azione, come diceva il Chautard, buttandoci dentro, buttandoci dentro pure nelle cose sante, senza questo segreto di fermarci. Voi direte: "Ma, allora, noi che cosa dobbiamo fare?". Ecco, adesso abbiamo provato noi più vecchi un pochino anche perché avevamo più, vero... Quella volta famosa dell'adultera sono stati i più vecchi i primi a scappare via, a buttar xò el sasso, no? Vi ricordate bene, no, e a scappar via. I quattro vecchioni sono scappati per primi. E allora siamo andati noi per primi. Adesso bisogna aspettare che piova un pochino a Bosco, prima di andare ancora, perché lavi un po' i peccati di don Matteo che sono ancora in giro di qua e di là dispersi, una buona pioggia, vero, come quando che buttano nei prati, buttano quella certa cosa là, dei polli, sapete, che si sente odore, eccetera. Sapete cosa è, no, di cosa parlo... Beh, vanno col carretto e portano di qua e di là, per un po' di tempo si sente un odore... viene la pioggia e purifica tutto. Ecco, bisogna aspettare che venga una bella pioggia, che purifichi un po' Bosco adesso che siamo passati noi. E poi, se qualche altro vorrà fare un'esperienza del genere, allora sarà un incontro che faremo intimamente fra noi per metterci d'accordo come fare. Essenziale è, fratelli miei, che qualcosa bisogna fare. E questo qualche cosa non lo fa né il tuo padre spirituale, né la madre superiora, vero, né il sindaco di Vicenza: devi farlo tu, caro Ugo. Neanche don Pierino lo fa, niente da fare. Ci sono delle cose che le fa Ugo, solo Ugo insieme col Signore. Neanche il Signore le fa. Ognuno, caro Toni, deve agire in nome del Signore, con il Signore, ma deve sudare lui, deve sudare lui. Vedi, Bepi, magnare, bisogna che te magni ti; non può magnare tua mamma par ti. Mario non può magnare par ti, devi mangiare tu. Farti santo, sudare per farti santo, devi farlo tu. Non c'è niente da fare!
MO303,4 [15-04-1970]
4. Dopo di che proseguiamo con la nostra lettura, sperando finalmente quest’oggi di terminarla, perché non faccio distrazioni come al solito."L'apostolo consacrato unicamente alla gloria di Dio...".“Unicamente!”. Non faccio distrazioni, dico solo una parola. Questa parola "unicamente". Ecco, vorrei essere San Giovanni evangelista, o almeno Lacordaire o qualcos'altro, insomma, per poter spiegarvi questa parola, questa parola: “... consacrato unicamente alla gloria di Dio...”. Penso che l'autore, l'agiografo, quello che ha scritto qua, investito dallo Spirito Santo, non pensava neanche lui cosa scriveva quando ha scritto queste parole. “Unicamente” vuol dire che per me non c'è altro, per me non c'è altro. Dovrebbe essere, non che sia per me, eh! Se io sono consacrato unicamente alla gloria di Dio, per me non c'è altro. Capite cosa vuol dire non c'è altro? Non c'è neppure un minuto, non c'è un paio di calze... Parlemo in dialeto parchè se capisse mejo, no? Non ghe xe un par de calze, non ghe xe un ciucio, non ghe xe un libro, non ghe xe una rivista, non ghe xe un pezzo di pane, non c'è niente; per me c'è solo questo.Deve entrare qui, deve entrare qui: io sono consacrato unicamente alla gloria di Dio! "Quid prodest?", diceva Sant’Ignazio alle spalle di San Francesco Saverio, no, all'università della Sorbona a Parigi. "Quid prodest? Cosa serve se un uomo conquista tutto il mondo e perde l'anima sua? Quid hoc ad aeternitatem?”, no? E qui bisognerebbe dire: cosa serve questa cosa per la mia consacrazione? Penso che Gesù era consacrato unicamente alla gloria del Padre, no, alla gloria di Dio, no, unicamente. E perciò dal suo primo vagìto, primo vagìto, al rantolo ultimo, quando ha detto "consummatum est", tutti i suoi respiri sono stati, tan, tan, tan, tan, atti di amore, perché si sono consumati completamente per amore di Dio, per la gloria di Dio.Ora, vedete, bisogna che ci pensiamo, specialmente voi, fratelli cari, che domani avrete la grazia di essere ordinati suddiaconi, e tutti voi che avete i voti religiosi, il grande numero di novizi che sta preparandosi alla vita religiosa, ricordatevi bene: non si può scherzare col Signore. Non possiamo prendere la vita religiosa come una cosa, così, presa alla buona. Non si può andare militari e poi, ogni tanto, buttar giù la divisa e andare a casa e andare di qua e di là, e poi andare in caserma par de drio la mura, par de drio, scappando dentro e sperando de farghela al caporale di giornata. Con Dio non si può fare ste robe! Ti, Vinicio, che ti si abituà alla vita militare, no, alla vita militare? Ti, Toni, vero, che te ghe fato la vita militare, eh, bisogna essere dentro per le dieci. Ma, intanto se ghe la femo, andemo via, tolemo el treno, andemo qua... ogni tanto se si vede un ufficiale là in treno ci si nasconde al gabinetto sperando che nol te veda, xe vero, se te gavevi la divisa; se te geri senza divisa, allora te la fasevi franca, te lo menavi anca par el naso... Ma con Dio non si può fare così!
MO303,5 [15-04-1970]
5. Siamo sempre in servizio con Dio, figlioli miei. Quel giorno che io mi sono presentato all'altare e mi sono inginocchiato lì davanti al vescovo: "Io, Ottorino Zanon, faccio voto di povertà, di castità, di obbedienza". Se vi ricordate bene, avevo la voce che tremava in quel momento là; se risentite la registrazione, avevo la voce che mi tremava. Perché volevo dire: io mi metto sopra l'altare, e il calice messo sopra l'altare da questo momento è dell'altare, è di Dio. Non posso più io dire adesso: "Me togo la macchina e vado a fare un giretto". Non posso più, sono di Dio, sono di Dio. Non posso più dire: "Adesso vado su alla televisione un'oretta". Sì, ma devo domandare a Dio se posso farlo.Non può una serva fare quello che vuole, non può una persona che è in uno stabilimento fare quello che vuole. Tanto meno io che non mi sono dato soltanto per otto ore al giorno a servizio, ma ho dato anima e corpo, anche il mio pensiero e i miei affetti, ho dato tutto al Signore, e questo tutto deve essere tutto. Non possiamo andare a compromessi con Dio. Ed è questa consacrazione totalitaria che il Signore vuole da noi, ed è questa consacrazione totalitaria che il Signore vuole dalla nostra Famiglia religiosa, altrimenti non valeva la pena di fare una Famiglia religiosa nuova. Ci volevano alcuni uomini consacrati in forma totalitaria, ma proprio totalitaria, per cui, senza compromessi. Vedete, forma totalitaria, poi, che è molto difficile oggi, perché non è inquadrata come era ieri in una vita monastica dove si entrava, si cambiava nome, si cambiava vestito ed eri inquadrato lì. Oggi, come siamo organizzati, dato anche il campo apostolico che ci è aperto dinanzi, per forza le persone restano persone: c'è un senso di libertà, un senso di distensione, però questo non toglie niente a quella che è una consacrazione totalitaria. Se ieri, per esempio, per fare un'ipotesi, per bere un caffè bisognava chiedere tre permessi, e poi ti guardavano, ti pesavano se avevi bisogno del caffè, oggi non c'è più bisogno di questo, ma tu non lo puoi prendere così: "Togo un caffè...", non puoi dire: "Ho i soldi in tasca... togo questo...". Non puoi farlo, non puoi farlo! Il capriccio deve essere tolto da noi sotto tutti i punti di vista, perché il capriccio può andar contro i tre voti, contro l'offerta che abbiamo fatta a Dio. Io penso che la Madonna, che si è offerta interamente al Signore, tutto faceva in vista del figlio e in vista della sua missione. Ora noi, noi dobbiamo essere... Il Signore non ci toglie il pane, non ci toglie il vestito, non ci toglie il necessario, ma è lui che ce lo deve dare, ed è a lui che ci dobbiamo riferire.Vedete, quello che dicevamo altre volte, l'ho detto in tanti modi e in tante forme: in nome di Dio, vi prego, cercate di capirlo, perché minacciamo, vero... Noi abbiamo la possibilità di farci santi, grandi santi dove siamo attualmente; ma possiamo fare anche dei fiaschi tremendi, possiamo illuderci. Nella vita che siamo, guardate che siamo nell'occasione di essere grandi santi e grandi scapoli. “Voce del padrone!”. È vero, don Giuseppe? Possiamo essere dei grandi santi. Perché se noi viviamo, guardate, guardate...Prendiamo il nostro carissimo don Girolamo, che è il più piccolo che abbiamo qua dentro, no? Nella situazione in cui è, lui può divenire un santo meraviglioso perché, perché lui fa... qua... là, cioè lui è... in tutte le sue azioni può, vero... Ma, nello stesso tempo, nella situazione in cui è, può benissimo fare dei compromessi. No, per carità, non che io ne abbia motivo, se no non l'avrei citato ad esempio. Ma potrebbe far dei compromessi, vero, fin che vuole, anche senza andare a compromessi gravi di peccato: compromessi di vita religiosa, in cui fa la sua bella vita...
MO303,6 [15-04-1970]
6. E questo dicasi di me prima di tutto e dopo di tutti gli altri. Vedete, quella libertà che Dio vi dà, che Dio vi dà, è un mezzo meraviglioso per salvare anime, per essere a disposizione. Ma non abusate, per carità, non abusate di un minuto, non abusate di un centesimo, non abusate di un libro, non abusate di un minuto di tempo, per carità! Guardate che è fatica, sapete, fratelli miei, è fatica. Perché era più facile ieri quando eravamo inquadrati, era più facile ieri quando, se chiacchieravi una parola in studio, ti davano un nove in condotta a fine mese, era più facile ieri quando tu a passeggio facevi un piccolo scherzo e ti davano un otto in passeggio, era più facile ieri quando che ti chiudevano la porta, vero, ti chiudevano la porta della stanza e, se per caso c'era un po' di luce, alle dieci ti venivano a battere alla porta: "Luce... Spegnere la luce", e se si vedeva la luce ancora tiravano via l'interruttore e ti lasciavano al buio. Guardate che noi siamo stati educati così; ma era più facile, lo riconosco, era più facile per noi. L'unica cosa era mandar giù e offrire al Signore: "Signore, ti offro questa umiliazione", ma dovevamo stare inquadrati, però.Oggi voi non avete questa umiliazione, però l'inquadratura la dovete avere, non cambia l'inquadratura. Noi dovevamo essere in stanza a quel dato minuto e ci chiudevano dentro, noi dovevamo spegnere la luce a quel dato minuto se no battevano alla porta e ce la toglievano. Il dovere dovevamo farlo, e c'era il carabiniere che ce lo faceva fare. Però il dovere è dovere! Perché anche se non c'è il controllo alla porta, c'è il dovere di andare a lavorare alle otto. E se c'è il controllo, paghi dinanzi agli uomini, e se non c'è controllo, paghi dinanzi a Dio, eh, perché alle otto tu devi essere lì: è il dovere che te lo impone.Ora, state attenti, ecco... Scusate se mi scaldo per queste cose qua, ma io ho una paura tremenda perché, vedete, io vedo il demonio, non so se voi di notte lo vediate qualche volta, vero, ma lo vedo qualche volta in giro per i corridoi, per le camerate, per una parte o l’altra, che cerca di mescolarsi in mezzo, cerca di rompere questa unione che abbiamo fra noi, cerca di rompere questa linea che il Signore ci ha dato.
MO303,7 [15-04-1970]
7.Io proprio vi dico: se avessimo la forza... Guardate, lasciate che dica una bestemmia questa mattina, pazienza, verrà registrata, vero, questa bestemmia: ogni tanto qualcuna ci vuole per dare un po' di tono alla cosa, diceva Fric Froc. Va ben... State attenti, io dico questo: se noi, questo piccolo gruppo qui, fossimo capaci di metterci d'accordo, non in tanti, basterebbe anche in dodici come gli Apostoli, e vivere queste parole qui, questa riga solo "consacrato unicamente alla gloria di Dio", noi avremmo la forza per sconvolgere il mondo. Se fossi più santo vi direi: datemi undici e dodici con me, va bene, ma che vivano così, e noi sconvolgeremo il mondo. Io non ho la forza di dirvelo, perché dovrei essere io il primo. Ma dico solo questo, in nome di Dio, questa mattina: se nella Pia Società ci fossero dodici, dodici consacrati, ma interamente consacrati alla gloria di Dio, io vi assicuro che noi avremmo la forza per rimettere a posto l'equilibrio nel mondo. Perché questi dodici, vi assicuro, di qui a non molti anni diverrebbero centoventi, e poi mille e duecento. Guardate che non sono solo i cattivi a moltiplicarsi; i buoni si moltiplicano più dei cattivi, se sono veri buoni. Solo che per la moltiplicazione dei buoni ci vuole una qualità, ma una qualità... sa, bisogna entrare in orbita, ci vuole, un pochino... sa, una reazione a catena, no? E la reazione a catena avviene quando c'è quella data santità.Ora, io vi prego, vi prego: a cinquatacinque anni non vi tocchi dire quello che avrà detto don Ottorino in questi giorni, penso, lassù nel deserto: “La compagnia fiaschi ha fatto un’autocisterna, un'autobotte”. Se a don Calabria ho detto: "Caro don Giovanni, dodeze anni go provà farme santo, go fatto fiasco", se venisse qua don Calabria adesso diria: "Caro don Giovanni, dodese più trenta fa quarantadò. O una fiaschetteria, o addirittura un’autobotte, vero, un’autocisterna!". Ecco, vi faccio l'augurio che arrivati a cinquantacinque anni... Beh, Vinicio è ormai vicino a me, ma gli altri sono molto lontani, vero, da questo... non dobbiate anche voi dire questo. E guardate che lo direte questo se non vi sarete sforzati, ma con tutte le forze, di vivere unicamente per la gloria di Dio, solo per la gloria di Dio.Vi dico quello che ho detto già all'inizio che ci vorrebbe qui un San Giovanni evangelista, ci vorrebbe qui la nostra buona mamma, la Madonna, qui è proprio il caso di dirvi quello che vi ho detto tante volte per il passato che io sento suonare le note, ma sono stonato. Datemi un pezzo di musica: se sono stonato, caro Raffaele, vien fora le pipe roverse, vero, vien fora un'ottava su o un'ottava xo. Ora, io sento cosa il Signore vorrebbe da noi: non cose straordinarie, sapete, no, no, mica flagellazioni, eccetera. Ognuno continuasse a fare le cose di prima, ma in una forma tale da sconvolgere l'Inferno, con un amore tale da sconvolgere l'Inferno. Uno è amante di San Tommaso, ma San Tommaso, uno di Kirkegaard, ma, per carità. Kirkegaard: c'è posto per tutti e due, no, Giorgio caro! Uno è amante di Santa Teresina del Bambin Gesù, vero, Ruggero, Santa Teresina! Uno di San Giovanni de Matha, e va bene, sarà don Alberto, San Giovanni de Matha, per carità, ma si, fin che volete! Vero, Toni, di Sant’Antonio dal porseleto? Ma sì, caro, benedetto dal Signore! Però attenti, però attenti! Con che santo che volete, ma con questo spirito qui. In altre parole ognuno deve conservare il suo colore, altrimenti avremo un gran mazzo di garofani rossi. No! Un po' di varietà. Il Signore ci ha creati diversi. Sicuro, no? Giorgio qua è uno de quei fioretti là che xe davanti al giardino, che sotto i ga el radicio, sai mi cosa che i se ciama... l'altro sarà una viola, cosa volete fare, qualche altro un girasole... Comunque, però, ecco, un fiore che nasce proprio dal cuore di Dio ed è dato per l'umanità.Te me vardi, Vinicio? Questa xe la realtà. Comunque niente distrazioni stamattina. Avanti!
MO303,8 [15-04-1970]
8. "L'apostolo consacrato unicamente alla gloria di Dio, di tanto in tanto con regolarità - ecco, il deserto potrebbe essere, no, di tanto in tanto, con regolarità - confronta il suo modo di vivere e di agire con le costituzioni, le delibere capitolari e si impegna con sempre più rinnovato spirito di sacrificio nelle mansioni specifiche ricevute".Qui ci vorrebbe un’altra distrazione, ma don Giuseppe mi ha guardato: "No, basta, per carità, se no non si va più in fondo"."... si simpegna con rinnovato spirito di sacrificio... rinnovato...”. Perché, cari miei, anche noialtri, fioi, cominciando da mi, savìo, davanti al sacrificio tiremo indrìo. Anche la natura di Gesù davanti al sacrificio: "Padre, se è possibile passi da me questo calice". Ma, sapendo che avrebbe salvato gli uomini con la croce, ha aggiunto: "Padre, non la mia volontà, ma la tua sia fatta". Ora, distratti dal mondo, tante volte anche noi possiamo recalcitrare davanti al sacrificio, ma, inginocchiati davanti all'altare, pensando che Gesù ha salvato le anime con la croce, anche noi allora riprenderemo forza e diremo: "Padre, se è necessario questo sacrificio del compimento del dovere, dell'osservanza delle costituzioni, dell’osservanza delle delibere, se è necessario questo sacrificio, questo piccolo sacrificio, eccetera, per la salvezza delle anime, eccomi qua, Signore". Cioè prenderemo, riprenderemo sempre più coscienza che noi siamo salvatori di anime prima di tutto con il sacrificio, poi con la parola. Penso che il nostro caro dottore di felice memoria quando ha scritto queste parole volesse alludere a questo, vero, padre Matteo?"Nei dubbi sa consigliarsi con umiltà con i confratelli e i superiori per timore di non dissipare il Regno di Dio con i suoi piani umani: per questo non rifiuta la collaborazione per cercare il meglio, anche se questo meglio può talvolta portare a dei sacrifici non indifferenti di rinuncia, di obbedienza e di apertura confidenziale nell'amore costante, anche quando le proprie attese rimangono a lungo deluse. Chiudersi in se stessi per dissenso è chiaro egoismo”.Vado avanti parchè vorria finir sta paginetta qua.“Soprattutto, il religioso preoccupato unicamente di essere in ogni momento dove Dio lo vuole, sa obbedire, responsabilmente, ma obbedire".
MO303,9 [15-04-1970]
9. Qualche volta nell'obbedienza ci sono due tentazioni, no? La prima tentazione è quella di fare la propria santa volontà, e la seconda è questa; guardate che è una tentazione anche questa: di fare il minimo possibile. “Ma, sa, la propria personalità!”. Amici miei, bisogna obbedire, per conto mio, in una forma responsabile.Ieri mi trovavo in legatoria, e c'era lì Chimetto che tagliava la carta, no, e ha detto così: "Ma, sa, - el ga dito - xe un gusto vigner qua, perché qua se vede tutti i tusi che i lavora come che i fusse a casa sua". Bello questo! Questo è un elogio, no, questo è un elogio: "I lavora come che i fusse a casa sua". E go dito: "Come i fusse... La xe casa sua! Mancarìa ancora quela. I mettaria sotto la taglierina se non i lavorasse così, no?". È chiaro? Per vedere cosa che ghe xe dentro, cominciando dalla testa: semo in casa nostra! Io proprio vi direi questo: nelle vostre azioni, anche negli atti di obbedienza quando obbedite, fate in modo che la gente possa dire sempre: "Varda, el lavora come se el fosse el superiore generale, come el fosse el fondatore! El ghe la mete tuta come se el fusse el fondatore!". Giusto, no? “El ghe la mette tutta quanta, come che el fusse el fondatore!”.Voi andate a Crotone e vedete don Marcello che ce la mette tutta perché è il capo. Bene! Non solo il capo, ma tutti dovrebbero mettercela tutta. Tu vedi don Gianni in Guatemala che ce la mette tutta. Bene, non Gianni solo, tutti ce la dovrebbero mettere tutta. Dobbiamo arrivare al punto. Guardate che la Comunità è fusa, perciò ci vuole uno sforzo da parte del superiore per primo: non che lui ce la metta tutta e lasci gli altri da una parte. È chiaro! Ci vuole un lavoro reciproco, ma dobbiamo arrivare al punto che ognuno dei membri della Congregazione e di una Comunità ce la mettono tutta... Uno va dentro: "Ma qual è il superiore? I lavora tutti come disperà, qua non te capissi chi che xe el superiore!”. Allora ci si accorgerà che il superiore è Dio. È chiaro? Non uno che tira la carretta e gli altri: "Ben, cossa gonti da fare? Ben, ben, questo te lo fasso, basta!". Non il minimo; avete capito? Questo vuol dire specialmente: "Una obbedienza proprio responsabile, dove ci si prende la... No dire: “C'è, per esempio, la villa Valeri: cossa gonti da fare? Me deo un par de ore? Un’oretta per qua, un’oretta per là...”. No, è di tutti! La legatoria è di tutti, la villa Valeri... San Giovanni, scusate, è di tutti, la Casa dell'Immacolata è di tutti. I debiti sono di tutti, va bene, le vacche di Grumolo di tutti, di tutti, cari; i conigli de Berto... de tutti; i peoci, de tutti; i peccati... de tutti. Anche i peccati, sì, caro Franco, che te me vardi, là in fondo, perché dobbiamo pagare anche i peccati tui, e anche i miei; comunità anche qua, cari, purtroppo, anche qua!
MO303,10 [15-04-1970]
10. "Questa consacrazione all'obbedienza, espressa attraverso un voto speciale, e il voto è un impegno pubblicamente assunto, conduce il religioso fino alla croce".Eh, purtroppo, eccola qua! Non ste mia credere che i voti che fe ve compagna in caneva. Perché una volta, vedìo, nella nostra vita religiosa i gaveva messo questo, vero: "Scegli l'ultima porta e troverai la pace". Ve ricordè? E l'ultima porta gera quella della caneva. Sotto là i ga messo la scritta... Quando gavemo fatto fare la scritta: "Scegli l'ultimo posto e troverai la pace", no, troverai la pace... E invece i ga sbaglià: "Scegli l'ultima porta", invece di posto; siccome chi ga scritto, scriveva male come al solito, i ga scritto la ceramica: "Scegli l'ultima porta e troverai la pace". E quei altri i la ga messa sul posto giusto: l'ultima porta era quella della cantina. E allora: “Scegli l’ultima porta e troverai la pace”. E qualcuno domandava: "Dove zela la stanza che conduce alla pace?". "Eccola là zo!". Ecco, state attenti che il voto di obbedienza non si fa mica così, scegliendo l'ultima porta.“Esigere che tutto sia chiaro, che i superiori siano infallibili, cioè facciano quello che pare giusto a noi, che non ci sia nessuna obbedienza difficile o incomprensibile, è anterporre delle remore e condizioni egoistiche al piano di Dio che ci chiama a soffrire per la redenzione del mondo...”.Credo che tutto il resto si spiega se abbiamo capito questa roba qua, se abbiamo capito Dio e abbiamo capito che dobbiamo soffrire per la redenzione del mondo. Allora anche se c'è qualcosa che pesa: “Ben, insomma, va là, pazienza! Ce la metto tutta, però in fondo, anche se resta un po' di peso, lo so che devo portarlo”. Ma se noi non abbiamo capito questo, per conto mio la vita religiosa è impossibile. Non so se sbaglio. Se non abbiamo capito questo, l'amore di Dio e la necessità di collaborare con Dio per la salvezza del mondo con la nostra sofferenza, io penso che sia fatica, insomma, ecco, che sia molto fatica. E del resto anche i nostri buoni cristiani, le nostre buone mamme quando che le dixe: "Pazienza! Cosa vorlo, d’altra parte el Signore ga sofferto, poareto! Sì, va ben, qualcosa ghe xe”, e magari portano di quelle croci sulle spalle no? E le dixe: “Sì, ghe xe qualcossa, però d'altra parte quando che penso a tutto quello che ha sofferto il Signore!". In fondo, ci battono queste buone mamme. Hanno capito che anche i cristiani devono collaborare per la salvezza del mondo come Gesù e con Gesù. E forse noi, “magister in Israel”, no, o “magistri in Israel”, minacciamo di non saper queste cose e non vivere queste cose. “Se le nostre mani e i nostri piedi non sono piagati dalle ferite doloranti della volontà di Dio; se il nostro vivere è un fuggire continuo dal luogo dove Dio ci chiama, dal nostro Getsemani, e dal nostro Calvario, dove forse l'obbedienza ci chiama solo a sudar sangue o a morire nell'abbandono, come faremo a parlare alle anime di volontà di Dio, di dovere, di amore?”.Sentì come i nostri santi padri fondatori i scriveva pulito, no?“Creeremo intorno a noi degli egoisti scontenti come noi, giustificando le loro scappate in nome della libertà, della maturità, della responsabilità! Non riusciremo ad educarli a morire piuttosto di offendere Dio o un fratello, magari nemico; non li educheremo ad amare per primi, nell'eroismo di una fede crocifissa!”.