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LA CROCE NELLA VITA DELL’APOSTOLO

MI110[23-11-1966]

Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell'Immacolata. Don Ottorino, dopo una lunga introduzione sul linguaggio e sulla carità dell'apostolo nella vita pastorale, prende spunto da alcuni passi del libro di René Voillaume "Sulla traccia di Gesù", per parlare della preziosità della sofferenza nella vita dell'apostolo. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 31’. 1. Introduzione

Il testo registrato è lacunoso all’inizio, per cui la meditazione sembra cominciare senza una adeguata introduzione.

È molto frequente in don Ottorino l’espressione paolina di 2 Tim 4,2, la cui lezione esatta è: “... insta opportune, importune”.

MI110,1[23-11-1966]

1.Certi aspetti sono talmente fondamentali nella nostra vita religiosa che, se riusciamo a captarli e a farli nostri, a un dato momento la nostra vita prende un colore per cui è impossibile che un domani perdiamo quota.
Raffiguratevi un apparecchio a reazione, come uno di quelli grossi che abbiamo visto partire, un DC 8, che venga guidato a 500 metri d'altezza: voi capite che fa tremare tutto e tutti e nello stesso tempo sarebbe in una situazione pericolosissima perché basterebbe un piccolo vuoto d'aria per cadere, come avviene con gli aeroplani di carta che si lanciano in alto e subito cadono. Non avete mai fatto voi queste cose? Li lanciate con la speranza che durino sospesi nell'aria, e invece piantano il naso per terra. Voi, quel naso, lo raddrizzate un pochino, ma il naso dell'apparecchio non si raddrizza tanto facilmente. E tanto meno il naso dell'apostolo! Figlioli, io insisto "opportune et importune" : o noi abbracciamo la vita religiosa integralmente come il Signore ce la presenta, o siamo come l'apparecchio di carta lanciato per aria che dopo un pochino va a sbattere il naso per terra e si schiaccia. Il contatto che spesso noi abbiamo con i sacerdoti dà la controprova a questa mia affermazione. 2. L’apostolo usa un linguaggio dignitoso e parla volentieri delle cose di Dio

CONSACRAZIONE vita religiosa

ESEMPI vita religiosa

SACERDOZIO prete

Il riferimento è a don Luigi Furlato, maestro dei novizi.

Nel testo registrato interviene don Luigi precisando: “Ha detto porco e non maiale”, e poi seguono commenti.

MI110,2[23-11-1966]

2.Ieri sera siamo andati in un posto e ci ha fatto compassione la situazione di alcuni sacerdoti. Dinanzi al Signore saranno molto più santi di noi, perché il Signore domanda conto in base alle grazie che abbiamo ricevuto. A uno di questi sacerdoti, che si preoccupava di andare alla questua di salami per i paesi vicini e che cercava di giustificarsi - raccoglie trecento salami all'anno perché va a confessare in un paese e dopo gira per le famiglie - ho detto: "Attento, così non vai a fare il prete!", e lui mi ha risposto: "Sì, sì. Vado così, vado amichevolmente, e mi regalano un salame, un cotechino, un sacchetto di frumento...". Andava a confessare e a celebrare la Messa in un paese vicino perché lui vive in piccolo paese e alla domenica andava a celebrare una seconda Messa in un altro paese che è nel veronese. Quest'anno, alla fine, hanno mandato lì un cappellano e allora il parroco ha ringraziato pubblicamente questo prete che andava ad aiutarlo, e lui era presente. Il parroco ringraziava per quello che aveva fatto, e ha aggiunto: "Per quello che ha fatto qualcosa gli ho dato io e il resto se l'è preso lui!". Ha detto così, pubblicamente, in chiesa: "... e il resto se l'è preso lui!". Infatti andava in giro per le case, dappertutto...
Figlioli, figlioli, vi dico questo perché so di non criticarlo, di non dire male di lui. Se mi fossi trovato io in un paese con trecento anime? Il primo giorno avrei cominciato a parlare di Dio; il secondo giorno avrei cominciato a parlare della casa di Dio; il terzo giorno della mia casa; il quarto giorno della stalla... A un dato momento si comincia a parlare il linguaggio dell'ambiente. Un prete diceva contro un altro: "Ehi, bestia". Allora dopo un po’ osservo: "Sono parole da dire?". E lui mi risponde: "Questo è il meno... Per queste cosucce...!". Ve lo dico perché si può dire chiaramente. Non è vero, don Luigi? Non è per scandalizzarvi, ma perché vi rendiate conto dove si può andare a finire pur restando buoni. Un parroco rivolto verso un altro parroco diceva: "Che vuoi! Al giorno d'oggi non viene più nessuno a confessarsi da noi, in paese... Che vuoi! Io devo spendere cinquemila lire al mese perché quel "maiale" venga a confessare!". Vi dico questo perché vi rendiate conto che non si poteva alzare il tono del discorso. Abbiamo tentato di mettere sotto i cricchi e alzare, ma loro erano in tre e quando cercavi di alzare un pochino il tono, ne alzavi uno e gli altri cominciavano a chiacchierare tra loro: si alzava una ruota e si abbassava quell'altra. Parlavano, e parlavano sullo stesso tono. Allora provavi ad alzare di qua, ma si abbassava dall'altra parte. Vi dico questo perché facilmente verrete a sentire i nomi, ma è meglio che non vi mettiate neanche a cercarli.

DOTI UMANE

SACERDOZIO prete

PASTORALE parroco

PECCATO

PECCATO peccatore

SACERDOZIO

Ci elo ci ? = Chi è ? Tipico modo dialettale veronese.

MI110,3[23-11-1966]

3.Presi individualmente, uno per uno, non sono cattivi; non sono come quei preti di cui parlano in America che hanno perso la testa. Sono preti "cristiani"; non sono preti che hanno perso la testa con le donne, preti che sono fuori di strada. Sono andati un po' giù di tono, vivendo da soli, con due o trecento anime soltanto, insisti oggi, insisti domani... "Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei!"; vivono sempre in mezzo a gente molto rozza.
Per esempio, adesso in cortile si sente esclamare: "Oh...! Eh...! Diavolo cane!" o altre espressioni del genere. Perché? Perché uno ha cominciato a dire: "Diavolo cane! Diavolo cane!", e a un dato momento il "Diavolo cane!" ha fatto strada, si è preso un'abitudine. Se uno va in un certo posto, dove dicono: "Ci elo ci...?”, a un dato momento anche lui dice: "Ci elo ci ci elo ci... ci elo ci...?". Perciò, ecco queste povere creature, dico povere creature, mandate in questi ambienti, dove si sono trovate sole in mezzo alla buona gente dei nostri paesi, dove il loro compito era quello di elevare il tono della gente, mentre invece la gente ha tirato giù loro. Che cosa volete farci? Invece di far cantare da angeli gli altri, gli altri hanno fatto cantare questi da uomini. Le loro occupazioni: celebrare la Messa, e tante altre cose. Forse ieri sera, alle dieci, alle nove e mezza di sera, avevano ancora da cominciare la recita del breviario: "Abbiamo avuto tanto da fare per tutto il giorno!". Figlioli, considerate la grazia che noi abbiamo di vivere in comunità, che cosa vuol dire per noi vivere insieme, essere in tre o quattro e sostenersi l'un l'altro avendo la possibilità di parlare delle cose nostre! È importantissimo che nelle nostre Comunità si parli spesso delle cose nostre. Spero che non capiti come in quella parrocchia dove il povero cappellano aveva cominciato a parlare delle cose di Chiesa e il parroco lo interruppe dicendo: "Adesso lascia da parte queste cose, lascia perdere. Parliamo di altri affari; vuoi parlare adesso di quelle cose?". Avete capito? Che non capiti questo!

SACERDOZIO prete

PECCATO scandalo

VIZI

APOSTOLO attivismo

PREGHIERA

COMUNITÀ

fraternità

COMUNITÀ

dialogo

Nell’esempio don Ottorino nomina don Pietro Martinello che insieme all'assistente Antonio Zordan sarebbe partito l’anno seguente per il Chaco Argentino.

Libera traduzione di 1 Corinzi 2,2, la cui lezione esatta è la seguente: "... me scire aliquid inter vos, nisi Jesum Christum, et hunc crucifixum".

MI110,4[23-11-1966]

4.Nelle nostre Comunità parlare di Dio e delle cose di Dio - se si tratta di parlare di affari e di debiti è un altro conto - non è una cosa, una delle cose: è la cosa che vi deve interessare! Perciò, in nessun momento della giornata siamo dispensati dal pensare e dal parlare di quelle cose; la nostra preoccupazione è di parlare delle cose di Dio. Per noi deve essere un sollievo parlare di Dio, ragionare delle cose di Dio e delle anime. Perciò, anche quando siete in conversazione in tre o quattro nelle varie Comunità, parlate dell'apostolato.
Che non capiti un domani che Antonio Zordan, dica: "Basta, Pietro! Suvvia, per piacere, parliamo adesso d'altro! Vuoi continuare a parlare di anime, del ministero... parliamo di altri argomenti. Quali gruppi sportivi ci sono adesso in Italia? Quali squadre? Chi è l'allenatore del Vicenza, del Lanerossi o del...?". Figlioli miei, adesso prendo per esempio Antonio perché voi sapete chiaramente che lui parla sempre delle cose di Dio; ma vi invito, figlioli miei, a stare attenti, a stare attenti: tutti abbiamo bisogno di ricaricarci per non perdere quota. Ad elevarsi in alto si fa fatica, mentre perdere quota è facile, perché per elevarsi ci vuole una grande forza, ma per scendere basta cessare di alimentare i motori; si chiude il rubinetto del kerosene e, caro mio, si va giù; non c'è niente da fare, si va giù! 3. L’apostolo alimenta la propria vita interiore con la sofferenza vissuta per amore di Dio Figlioli, alimentate la vostra vita interiore, ma alimentatela con pane duro, con pane buono, con pane sano. Ecco allora il detto famoso: "Conosco uno solo, Cristo, e questi crocifisso", di cui vi ho parlato tante volte: conoscenza di Cristo, unione con Cristo, parlare di Lui, vivere per Lui e solo per Lui! Per arrivare a questo bisogna che voi capiate i temi che abbiamo trattato in questi ultimi tempi, e cioè la vita di sofferenza, la vita di croce... E terminiamo. Mi pare che non abbiamo terminato questa paginetta. L'abbiamo letta? Penso di no; ad ogni modo la rivediamo. Se voi capite questa paginetta e la vivete, voi avete messo al sicuro, in cassaforte, tutto voi stessi. Perché? Perché quando uno ha accettato di soffrire per amore del Signore, non si ribella più dinanzi alle croci. Ieri sera dicevo ai sacerdoti di cui ho parlato prima: "Anime di Dio, le vostre conversazioni, i brontolamenti, il vostro gridare a destra e a sinistra non servono. Il vescovo vi permette di fare i preti fin che volete se siete in una parrocchia. Viene a seccarvi se fate i preti, se andate a confessare...?". "Ah! - hanno detto - Confessare!". Ed è stato allora che sono usciti con la parola "maiale"! Ad un dato momento io ho detto: "Sentite... Il 99% delle vostre conversazioni è fatto soltanto di critiche, di brontolamenti...". Le cose non le mando a dire, ma le dico. Non vi pare?

DIO

COMUNITÀ

dialogo

APOSTOLO salvezza delle anime

APOSTOLO vita interiore

PENITENZA

GESÙ

unione con...

CROCE sofferenza

CONSACRAZIONE radicalità

SACERDOZIO prete

L’assistente Dionigi Castagna faceva parte all’epoca della Comunità dell’Istituto San Gaetano, ma già si prospettava come sua nuova destinazione la futura Comunità del Chaco (Argentina).

Don Ottorino legge qualche passo dal libro di RENÉ VOILLAUME, Sulla traccia di Gesù, Milano 1966. Le citazioni di questa meditazione, che verranno sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami, sono prese dalle pagine 85-86.

Giampietro Fabris frequentava all’epoca l’ultimo anno del corso liceale.

MI110,5[23-11-1966]

5.Figlioli, se noi siamo abituati a soffrire per amore del Signore, anche se ci capita qualche cosa non cadiamo giù.
Supponiamo che don Pietro, che adesso va nel Chaco, si presenti dal vescovo e il vescovo gli dica: "Voi che venite dall'Italia avete sempre esigenze, e invece siete venuti a fare i missionari...". Supponiamo che il vescovo dica una frase del genere. Invece di farla oggetto di discussione, va’ in chiesa e prega dinanzi al Signore: "Signore, ti offro questa sofferenza per la salvezza delle anime". In poi casa dirà: "Dionigi , sono andato dal vescovo e mi è capitato così e così. Forse, poveretto, sta poco bene o ha qualche problema. Però stiamo attenti, che per caso non gli abbiamo dato il motivo anche noi perché il vescovo dica questo. Forse sì...". E allora interviene Zordan dicendo: "Sì, Pietro, è vero. Forse abbiamo domandato un po' troppo. Ci aveva già dato un frigorifero e ne abbiamo preteso un altro; avevamo una macchina e ne abbiamo voluta un'altra...". Ecco, dobbiamo fare così, da buoni fratelli, e non essere precipitosi. E se anche si avesse ragione, concludendo bisognerebbe dire: "Il vescovo forse esagera. Pazienza! Offriamo al Signore per le anime". Zordan potrebbe dire: “Adesso vado a portargli l’ ultimo inginocchiatoio che ho costruito; glielo porto stasera. Vedrai che al vescovo gliela faccio passare io l' amarezza, stai tranquillo!". Questa è carità! Capita qualcosa? Si offre al Signore! Bisogna cercare d'interpretare bene, di esaminare noi stessi e se poi, alla fine, ci sembra che la colpa sia degli altri, soffochiamo con la carità, ma non con giudizi, con critiche: no, no! Soffochiamo con la carità. Questo è il modo, figlioli, per conservare noi stessi e conservare le nostre Comunità, per volare in alto e non precipitare nel fango. Ecco quello che il nostro caro Voillaume dice: “Questo desiderio è inseparabile da un vero amore per Gesù: è un elemento di questo amore nato ai piedi della Croce, e non possiamo veramente amare d'un amore autentico senza desiderare di partecipare al disprezzo di cui fu abbeverato Colui che amiamo”. Io chiedo a Fabris : "Vuoi bene al Signore?". "Sì". "Tanto o poco?". "Tanto!". "Avresti piacere di soffrire per il Signore?". "Sa, don Ottorino: se badassi a me stesso, scapperei via dalla croce, ma se il Signore mi manda la croce... siccome ha tanto sofferto per me il Signore, è giusto che soffriamo anche noi". Ecco, questo è amore! “Ciò non è possibile. Ma questo desiderio deve essere proporzionato all'amore e deve scaturire da esso”.

CROCE

MISSIONI vita missionaria

COMUNITÀ

correzione fraterna

VIRTÙ

pazienza

CARITÀ

amore al prossimo

COMUNITÀ

critica

CONSACRAZIONE immolazione

DIO amore a Dio

GESÙ

sequela

CONSACRAZIONE offerta totale

Cfr. la prima antifona dei vesperi della solennità di Maria, Madre di Dio, il 1° gennaio.

MI110,6[23-11-1966]

6.Ieri sera siamo andati a ringraziare i genitori di Giorgio per la lettera che ci hanno scritto: "Siamo venuti per ringraziare della lettera che avete scritto". E allora è uscita un'altra sentenza che è stato un capolavoro come la lettera stessa. Il papà è entrato con una giacchetta da lavoro, un pochino sfilacciata, e gli ho detto: "Siamo venuti a ringraziare per la lettera che ci ha mandato". E lui mi ha risposto: "Che cosa vuole: si tratta di cose che mi sono uscite dal cuore; è quello che mi è uscito dal cuore!".
Figlioli miei, quello che voi un domani direte alle anime deve proprio uscire dal cuore. "Che cosa non mi ha detto quel don Mario! Ah, quell'anima santa!". E lui: "Che cosa mai ho detto? Ho detto quello che mi è uscito dal cuore!". Vi auguro, figlioli, che tutto quello che dite alle anime lo tiriate fuori dal cuore e non dal sacchetto! Le anime vogliono sangue zampillante dal vostro cuore e non sangue coagulato che portate raccolto da qualche libro o da una parte o dall'altra; sangue che scaturisce vivo dal cuore, e non importa niente se indossate una giacchetta vecchia, stracciata, ma che esca dal cuore. E non uscirà sangue dal cuore se il nostro cuore non è partito dalla croce, se il nostro cuore non è trafitto dalla croce. Se non amate la croce, se non baciate la croce, se non gioite quando avete la croce, la sofferenza, se non entrate in questo "admirabile commercium” di amore e di sofferenza, se il vostro cuore non è ferito, non uscirà sangue. Voi distribuirete, distribuirete, ma panini mezzi ammuffiti, pane stantio con pezzi di mortadella dentro, roba raccolta di qua e di là. No, no! Bisogna essere un forno che si apre con il pane profumato, e magari con qualche cestello di fichi a fianco! Che ve ne pare? Quella è una cosa sopraffina! “Sì, per amore del Cristo schernito - si tratta di capire questa parola "Cristo schernito" - noi dobbiamo almeno essere pronti ad accettare quelle piccole umiliazioni e quel continuo disprezzo di cui gli uomini ci gratificano nel corso delle nostre giornate”. È il regalo che gli uomini ci fanno durante il corso della giornata. Ricordate le parole di San Vincenzo de’ Paoli ad una suora: "Mi raccomando, fatevi perdonare la carità che fate!".

FAMIGLIA

APOSTOLO uomo di Dio

CROCE sangue

CROCE

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

ESEMPI apostolo

DOTI UMANE

Si trattava del nunzio apostolico in Brasile, S.E. monsignor Sebastiano Baggio, di origine vicentina, che aveva chiesto a don Ottorino di sostenere con i suoi Religiosi un'opera assistenziale creata dal dottor Arnaldo Marzotto in un terreno di sua proprietà per fanciulli abbandonati e poveri, il patronato "Lar dos meninos" di Resende - RJ (Brasile).

Cfr. Giovanni 18,23.

Don Ottorino si rivolge all'assistente Antonio Zordan che per alcuni anni aveva operato nella comunità di Crotone, insieme con don Marcello Rossetto e l’assistente Giuseppe Creazza che vengono nominati subito dopo.

Capo roccioso a strapiombo sul mare Ionio a circa 10 km dalla città di Crotone. Vi sono i resti dell'antico insediamento greco e romano e quelli del maestoso tempio dedicato a Era Lacinia: sono visibili i muri perimetrali e una colonna di stile ionico ancora eretta. Nei pressi del tempio pagano si trova una cappella dedicata alla Madonna di Capocolonna, patrona della città.

MI110,7[23-11-1966]

7.Il nunzio apostolico , lunedì scorso, mi parlava di un certo architetto che si trova in Brasile, che non perdona al dottor Marzotto di averlo aiutato quando partì dall'Italia. Un artista! Era dovuto scappare e il dottor Marzotto l'aveva accolto, sostenuto e lanciato. Ora, famoso e affermato, cerca di stargli il più lontano possibile, e non gli perdona di averlo aiutato quando era nella miseria.
Ricordatevi, figlioli: voi raccoglierete una povera serpe dal ghiaccio, la riscalderete in seno, e questa serpe vi farà morire. Questa è la storia, figlioli! "Se ho parlato male, dimmelo; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?”. Cari figlioli, bisogna che vi rassegniate! Andrete in una parrocchia, lavorerete e quelli che vi faranno soffrire e patire di più saranno i più beneficati. Antonio, tu non hai fatto tempo nell’Italia meridionale goderti questi frutti, ma ricordati che i tuoi confratelli che sono laggiù lo proveranno; verrà l'ora che lo proveranno... Don Marcello, il nostro caro Creazza e i compagni che sono là a lavorare verranno un bel giorno piangendo e diranno: "Proprio quello! Proprio quello! Oppure: proprio quella! L'abbiamo tirata su dal fango, quella disgraziata, l'abbiamo aiutata...". Supponiamo che si tratti della mamma di Tonino: che cosa non avete fatto per la mamma di Tonino? Non l'avete forse liberata da ogni preoccupazione? Mantenuta? E un domani potrebbe essere la mamma di Tonino a dire male contro don Marcello, spargendo la voce che si è innamorato di una ragazza e che arrivi fino a questo: "Io... li ho visti io, io che vivo là, in casa! So io... ho visto io!". E non c'è nulla di peggio che seminare quelle calunnie. E domani don Marcello viene a sapere che tutta Crotone dice che egli è innamorato di una ragazza, e la voce è certa perché è uscita proprio dalla donna che è in casa, che ha visto, che sa, che sa tutto. Perché? Perché forse questa donna è in casa come domestica, don Marcello si accorge che si appropria di qualcosa, le fa un'osservazione e allora lei si vendica così. Tirata su dal niente, mantenuta lei e la famiglia, sorretta da tutti, salvata la situazione... Quando gli fai una piccola osservazione, doverosa, che devi fare, lei si vendica in un modo così tragico, in una forma così. E tu devi sopportare... e se un domani quella creatura viene ancora a domandare la carità devi dire: "Ti perdono; non farlo più. Prendi, questa è la carità". Capite che cosa costa l'eroismo? Verrebbe la voglia di caricarla in macchina, di andare a Capo Colonna , mettere la macchina in quarta e... buttarla in fondo al mare. La natura umana farebbe così... dandole prima l’assoluzione. Ma, caro mio, il cristianesimo non dice questo!

APOSTOLO

PASTORALE parrocchia

CROCE sofferenze morali

PECCATO calunnia

PECCATO peccatore

VIZI

CARITÀ

perdono

VIRTÙ

Don Ottorino si riferisce all' Apostolo Giovanni. Una "leggenda", riportata anche da Tertulliano (2° sec. d.c.) e da San Girolamo (4° sec. d.c.), narra che l'Apostolo San Giovanni, durante la persecuzione di Diocleziano (circa il 95 d.c.), sarebbe stato condotto a Roma e gettato in una botte di olio bollente uscendone illeso. Sarebbe stato poi esiliato a Patmos, isola del mare Egeo a poca distanza dalla città di Efeso.

A Santorso, località del vicentino vicina a Schio, le Suore di Maria Bambina dirigevano un orfanatrofio situato in una proprietà che il barone Rossi aveva donato alle Opere Pie Riunite di Schio con l'impegno che fosse utilizzata per l'assistenza dei fanciulli orfani. Don Ottorino era in ottime relazioni con questa comunità di suore che visitava spesso anche per incontrare i ragazzi lì ospitati.

MI110,8[23-11-1966]

8.Avvicinate un centinaio di preti e provate ad esaminarne profondamente la vita: voi troverete che per lo meno il 50% dei preti è cascato in situazioni di questo genere. Dio ha permesso questo! Figlioli miei, "estote parati". Cristo è morto crocifisso; gli Apostoli, non uno su dodici, lasciamo stare Giuda perché è stato sostituito, ma undici hanno subito il martirio, e l'altro è stato messo nel pentolone dell'olio, ma era tanto caldo dell'amore di Dio che l'olio si è raffreddato...
Ieri sono andato a trovare la superiora di Santorso , quella anteriore che è stata per quarant'anni in India a fare la missionaria. Ho trovato un esempio meraviglioso di carità: è una cosa commovente! L'hanno messa superiora e suor Raffaele era vicesuperiora; se ci fosse stata un'altra vicesuperiora - suor Raffaele si trova a Santorso da più di 40 anni! - avrebbe detto alla superiora generale: "Faccia un piacere; è vecchiotta; la mandi via! Qui non può essere superiora...". E invece lei si trascinava dietro questa vecchia superiora, mezza sorda, facendo da vicesuperiora: faceva da sorella e da figlia a questa superiora, con grande venerazione, perché è una santa. Adesso la superiora vecchia attende di ricevere l'Olio Santo che dovevano amministrarle ieri. Allora ha detto: "Aspettiamo un paio di giorni perché c'è l'anniversario della santa fondatrice. Credo che il Signore mi lascerà ancora qualche giorno sulla terra...". Lei stessa aveva domandato l'Olio Santo, e diceva: "Forse resto qui ancora qualche giorno...!". Era seduta sul letto, poverina, con le gambe a penzoloni... L'altra superiora nuova, suor Raffaele, ha un tumore, una robetta così, insomma. L'anno scorso le hanno fatto l'operazione; in questi giorni è andata a farsi visitare, e un'altra suora mi ha detto: "Il risultato, purtroppo, è tremendo". Lei non lo sa, ma è tremendo. Io ho approfittato, come sempre da accaparratore, e ho detto a suor Raffaele, mentre non c'era l'altra suora: "Suora, io non so quando morrà lei e quando morrò io. Comunque, se lei va in Paradiso prima di me, lei che è amica di mia mamma - infatti mia mamma è stata ospite là, per un po' di tempo - mettetevi d'accordo tra voi donne; adesso c'è anche Giorgio là, e mandatemi assistenti, perché noi in America abbiamo bisogno di vocazioni, specialmente di assistenti. Mi faccia il piacere, non faccia scherzi; noi ci capiamo. Se le suore sentissero che facciamo questi ragionamenti, mi caccerebbero fuori". Insomma, le ho raccomandato vivamente le vocazioni. Ha un tumoretto addosso e sa di avere i giorni contanti; è lì che si trascina...

SACERDOZIO prete

DIO stile di...

APOSTOLO

GESÙ

DIO amore a Dio

CARITÀ

amore al prossimo

DOTI UMANE

GRAZIA Sacramenti

GRAZIA Unzione degli infermi

NOVISSIMI paradiso

L’assistente Giuseppe Filippi, che evidentemente nell’occasione accompagnava don Ottorino, era stato allievo presso l’Orfanatrofio Rossi di Santorso (VI).

Raffaele Testolin aveva già completato il corso ginnasiale e si trovava nell’anno di noviziato.

MI110,9[23-11-1966]

9.Andiamo poi al piano di sopra a trovare l'altra superiora. La suora che mi conduceva è andata di sopra a vedere dicendo: "Se è pronta, suono il campanello". Suona il campanello: siamo partiti per salire. Suor Raffaele vuole salire anche lei. E allora la suora da sopra le scale: "No, faccia a meno, superiora; è stanca". E lei: "Non sono cose di tutti i giorni... Le ho fatte tante volte queste scale!". Pian pianino è venuta su anche lei. Piano, piano... Ah, che bellezza! Siamo andati fino alla stanza della suora ammalata, la quale parla forte e non sente niente... bisogna gridare perché è proprio sorda come una campana. E mi dice: “Ecco, sto facendo la volontà del Signore. Preghi il Signore che possa morire d'amore di Dio, che possa proprio morire consumata dall'amore di Dio!". Filippi, ha detto così o no? E ha insistito: "Io desidero solo di morire consumata dall'amore di Dio".
Figlioli cari, ecco una povera suora, che forse, quando morirà, non riceverà i funerali come quelli fatti a Giorgio; forse passerà quasi inosservata, con una cerimonia semplice, in cappellina... "Consumata d'amore di Dio", e lo ha ripetuto due, tre volte per sottolineare che desiderava morire "consumata d'amore di Dio". Figlioli miei, ricordatevi che questa non è poesia, è realtà. Il Signore ci ha radunati qui perché anche noi dobbiamo morire consumati d'amore di Dio, e Dio ci consuma nella crocifissione, nella umiliazione, nell'annientamento del nostro io: è così che trionfa la grazia! Mi guardi, Raffaele. Il cristianesimo non l'ho inventato io, caro. Bisogna dire la verità. 4. L’apostolo accetta la sofferenza con gioia

VOLONTÀ

di DIO

DIO amore di...

CONGREGAZIONE carisma

CROCE

GRAZIA

CHIESA cristianesimo

La cucina calabrese è ricca di piatti piccanti. Nelle case sono immancabili le "corone" di peperoncini appesi alle pareti della cucina in attesa di essere usati per salse piccanti o per preparare gli insaccati di maiale.

Don Ottorino si rivolge all'assistente Antonio Zordan che era vissuto un paio d'anni nella comunità di Crotone e che ora era in attesa di partire per le missioni argentine.

Si tratta dell'assistente Girolamo Schiavo, coinvolto nell'incidente stradale che aveva causato la morte dell'assistente Giorgio Pieropan: era alla guida della vettura al momento del sinistro, subì gravi lesioni che lo tennero per alcuni giorni ricoverato all'ospedale di Este con prognosi riservata, e venne poi trasferito all'ospedale di Vicenza.

MI110,10[23-11-1966]

10.“La fede deve farci trovare in essa (= nella croce) una gioia elevata, purissima, la gioia perfetta, la gioia di gustare il duro mistero della Passione...”.
Dobbiamo arrivare a gustare spiritualmente la gioia della sofferenza. La sofferenza per il corpo non diventerà mai gioiosa; una umiliazione non sarà mai gioiosa, umanamente parlando. Ma, in fondo, anche quando mangi un peperoncino piccante dici: "Com'è buono!". Eppure è piccante! "Senti com'è buono!". A Crotone - tu che te ne intendi - ci sono quei peperoncini... "Che buoni!". "Non senti che sono piccanti?". "Sì, ma sono di una bontà!". Hanno scoperto la bontà di quei peperoncini. Anche noi dobbiamo scoprire la bontà di ciò che punge. Perciò, eccola qui la gioia perfetta, la gioia di gustare "il duro mistero della Passione", di andare davanti al tabernacolo insanguinati dopo la morte di Giorgio, e poi con quel benedetto figliolo, Girolamo , che era tra la vita e la morte e solo adesso comincia ad avviarsi verso un miglioramento, e dire: "Signore, sia fatta la tua volontà! Signore Gesù: per le anime! Vuoi ancora di più? Più sofferenze? Sia fatta la tua volontà!". È logico anche piangere perché pesa alla natura, ma bisogna dire: "Sì, Signore...!". Supponiamo che don Matteo un domani sia calunniato e offeso. Dovrebbe andare davanti al tabernacolo e dire: "Signore, Signore: per le anime, per le anime, per amore tuo, Signore...!". La natura ti porterebbe a dire altre cose, però tu devi dire: "Sì, Signore...!". “... di partecipare veramente alla fatica più nobile, più grandiosa che ci sia stata, al lavoro per eccellenza di Gesù...”. Quale è stato il mestiere per eccellenza di Gesù? Patire! Il lavoro per eccellenza che Gesù ha compiuto venendo sulla terra è stato quello di patire per salvare... “... quello del riscatto degli uomini. Nella Passione redentrice di Gesù, non dimentichiamolo, vi fu tanto di abiezione e disprezzo quanto di sofferenza e di effusione di sangue”.

CROCE

ESEMPI gioia

EUCARISTIA adorazione

APOSTOLO salvezza delle anime

CROCE sofferenze morali

PECCATO calunnia

GESÙ

redenzione

Nell’esempio don Ottorino nomina don Pietro Martinello e l’assistente Antonio Zordan, destinati alla missione nel Chaco Argentino, e allude alla carne dura e alla carne con il sangue perché così gli era sembrata in occasione della sua prima visita.

MI110,11[23-11-1966]

11.Perciò, patirete il caldo, patirete le zanzare che verranno a disturbarvi di notte... patirete, patirete! Non la fame, o forse anche la fame, perché la carne che vi portano è troppo dura: uccidono il vitello e lo portano subito e dovete mangiarlo duro, mezzo crudo, perché non c'è il tempo di cucinarlo a dovere. Quante volte capiterà, non è vero, Pietro? Zordan dirà: "La carne è cotta!". "Perché vuoi dire che è cotta se c'è ancora il sangue!". E lui: “Così fa bene, fa sangue!". E allora rimpiangerete le cipolle di Egitto!
Quindi dovete soffrire tutto ciò, ma nello stesso tempo soffrire qualcosa di più per ciò che colpisce Dio. Per uno che ama veramente il Signore è una sofferenza vedere un'anima che muore in peccato mortale, che non vuole saperne dei sacramenti, o l’arrivare troppo tardi o assistere uno che muore bestemmiando. Figlioli, credo che sia una delle sofferenze più grandi per uno che ama veramente il Signore. Chiamano di notte per un ammalato, per esempio: corri da questo ammalato... ed è già morto e sai che è uno che aveva maledetto Dio fino alla sera precedente. In quel caso vi auguro solamente che non arriviate troppo tardi per pigrizia e che non dobbiate dire: "Avevo in mente ieri di andarci; pensavo di avvicinare quell'uomo...". Zordan dirà: "Sì, era da tanto tempo che desideravo avvicinarlo, ma una volta per un motivo, una volta per un'altro...", e così, forse, si era persa l'ispirazione della grazia per giocare una partita a carte. Guai, guai, guai! Portate pazienza; ho finito. 5. Conclusione “Non dimentichiamo che voler essere per principio troppo umanamente ragionevoli in materia di amor di Dio può spesso condurre a limitare in noi l'azione infinitamente sottile e delicata dei doni dello Spirito d'Amore. Restiamo sotto il loro influsso, umili, docili e generosi”.

CROCE prove

PENITENZA

CROCE sofferenza

DIO

NOVISSIMI morte

GRAZIA Sacramenti

DIO amore a Dio

PASTORALE malati

APOSTOLO testimonianza

Nel testo registrato don Ottorino cita il testo evangelico di Lc 2,19 in latino: “Conferens omnia in corde suo”.

Cfr. Luca 2, 41-52.

MI110,12[23-11-1966]

12.C'è una logica di Dio che non è la logica umana. Voi capite che non è una logica umana quando noi, ormai per abitudine, diciamo che le opere di Dio devono essere segnate con il sangue. Umanamente parlando, che cosa c'entra il sangue con le opere del Signore? Che cosa centra con una bella stagione che muoia uno? In Paradiso c’è una logica, lo Spirito Santo ha un'altra logica. Voi sapete che i Cinesi ragionano girando sempre sullo stesso argomento, e lo Spirito Santo ragiona così. Bisogna che entriamo nella logica di Dio. Perciò “restiamo sotto il loro influsso, umili, docili e generosi”.
La maggioranza delle volte voi dovrete dire: "Non capisco perché sia così; comunque, se questa è la volontà di Dio, sia fatta e benedetta la volontà del Signore!", ma non pretendete di capire il perché. Gli stessi Apostoli hanno capito tante cose più tardi, e tante cose le hanno capite in Paradiso. La stessa nostra buona mamma, la Madonna, “custodiva tutte queste cose meditandole in cuor suo”. Eccola là, quando a dodici anni il Bambino Gesù le risponde: "Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?". I genitori non avevano capito niente e Maria "conservava tutto nel cuore". Anche voi dovrete prendere i colpi che ha ricevuto la Madonna, portarveli in cuore e capirete e direte come dicevano le nostre buone mamme, e come diceva tante volte la mia povera mamma: “Tante cose non si capiscono, ma penso che sia il Signore che le mandi, e perciò le capiremo in Paradiso". Quante volte ho sentito mia mamma dire queste parole: "Tante cose certamente non si capiscono perché tante volte queste cose capitano così, ma penso che sia il Signore che le mandi e che le capiremo in Paradiso". Perciò, figlioli, qualunque cosa vi capiti nella vita apostolica, e cominciate fin d'ora, concludete sempre così: "Queste cose io non le capisco, però le capiremo in Paradiso”. 24 novembre 1966

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MARIA

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