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LA DISPONIBILITÀ NELLE MANI DI DIO

MI374 [14-7-1972]

14 luglio 1972

Don Ottorino riprende il tema e il linguaggio della meditazione precedente, nella quale aveva paragonato gli incontri con il Signore alle uscite di una famiglia per una vacanza quotidiana o settimanale o annuale.

Don Ottorino ricorda a senso una frase della lettera di don Lorenzo Centomo all’amico Valerio Geremia sulla vita consacrata, letta integralmente da don Ottorino nella meditazione del 1° maggio 1972.

Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del libro di padre MATTEO CRAWLEY – BOEVEY, Gesù, Re d’amore, XII edizione riveduta, Editrice Vita e Pensiero, Milano 1963. Le citazioni, prese dalle pagine 24-26, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.

MI374,1 [14-7-1972]

1 Continuiamo, pertanto, la meditazione di ieri mattina sulle nostre brevi uscite dalla città verso la montagna, per passare un pochino di tempo in compagnia. Ieri mattina concludevamo il nostro incontro con le parole rivolte da nostro Signore a Santa Teresa: «Sarai santa a modo mio, non a modo tuo».
Non so se, poi, avete pensato al significato di queste parole; da parte mia, riflettendoci un poco, sono convinto di una cosa: che più di una volta nella vita cerchiamo di forzare la mano al Signore, di tirarlo dalla nostra parte, come quando si guida una macchina e c'è una gomma un po' floscia che tira da una parte. Non so se abbiate mai provato a guidare in quelle condizioni, ma anche un carretto, quando tira da una parte, è faticoso tenerlo sulla strada. Ebbene, forse nella nostra vita abbiamo tirato tante volte da una parte e chissà che fatica avrà fatto il Signore per tenerci in strada perché noi volevamo tirare dalla parte nostra, dalla parte nostra... come l'asinello che tira verso la stalla e non vuol mettersi alle stanghe del carretto.Nella nostra vita spirituale è importante che ci mettiamo in questa disposizione del Signore: non tirare né a destra, né a sinistra. «Signore, - scriveva il nostro caro Lorenzo - vuoi che consumi la vita lentamente, come una candela?». Ecco come dovrebbe essere la nostra disposizione verso Dio. “Signore, vuoi che io vada avanti? Sono pronto! A destra? Eccomi! A sinistra... indietro... in alto... sotto...? Eccomi qua”. Questa dev'essere la nostra disponibilità. Non dobbiamo avere alcuna preferenza nelle nostre scelte: è lui che deve scegliere per noi.«Il lavoro di questo ritiro... è dunque quello di vuotarvi di voi stessi» Abbiamo visto ieri mattina che la prima condizione per poterci riempire di Dio è quella di vuotarci di noi stessi.«Perciò serve in primo luogo l'esame di coscienza». Se voglio vuotare questa stanza del suo contenuto, devo prima dare un'occhiata a quello che contiene, cioè avere almeno una visione sommaria del suo interno. Non si entra in essa ad occhi chiusi, annaspando e portando via il primo oggetto che si afferra. Se voglio vuotarmi di ciò che non è di Dio, cioè come dicevamo ieri mattina, degli interessi, delle piccole preoccupazioni, dell'amor proprio, eccetera, devo prima esaminare se dentro di me ci sono questi difetti ed esaminare con onestà.

CONSACRAZIONE santità

CONSACRAZIONE disponibilità

ESEMPI disponibilità

VOLONTÀ

di DIO

VIZI egoismo

MI374,2 [14-73-1972]

2 Non devo dire che tutte le mie azioni e tutti i miei pensieri sono atti di virtù: se lo sono li dirò virtù, ma se provengono dall'amor proprio e dall'egoismo, non posso dirli virtù. Diciamo pure che certi atti non li compiamo con cattiveria, - scusiamoci finché vogliamo! - ma se, per esempio, do un pugno a un mio confratello anche sbadatamente, quello è sempre un pugno. Potrò dirgli che non l'ho fatto apposta: «Scusami, non l'ho fatto apposta!», però è un pugno. Se nella mia vita compio azioni che non è bene compiere, quand'anche non siano volute, sono tuttavia peccati, magari solo materiali e non formali, che pure non piacciono al Signore, anche se - lo ripeto - non sono stati fatti apposta. Se non ho commesso peccato quando ho ucciso quella data persona, tuttavia non potrò certamente essere contento d'averla ammazzata. Se sono alla guida di una macchina e, pur senza mia colpa, investo mortalmente una persona, non credo di potermene andare a casa tutto contento annunciando: «Oggi ho ammazzato una persona». Così mi pare, almeno! Togliamo pure qualsiasi colpevolezza, tuttavia è sempre un atto che fa piangere una mamma se ammazziamo il figlio sulla strada.
Se noi abbiamo fatto delle cose, anche involontarie, che non piacciono al Signore, dobbiamo toglierle, se non altro, perché non piacciono al Signore. Vi pare? Perciò la prima condizione è l'esame di coscienza: guardarci dinanzi a Dio, guardarci con semplicità dinanzi a lui, per vedere quello che gli piace e non gli piace, per chiedergli: «Signore, sei contento di questo tuo figlio?». Come don Bosco diceva a sua madre: «Mamma Margherita, sei contenta del tuo Giovanni?», così noi chiediamo a Gesù: «Gesù, sei contento di tuo fratello? Dimmi: c'è qualcosa in me che non ti piace?».«L'esame ben fatto mostra quel che dev'essere tagliato, respinto, quel che c'è da riformare, da correggere». Quando dico «esame di coscienza» non intendo che si debba perder la testa attorno ad esso, nel senso di stare fissi ad osservare l'azione A, l'azione B; esaminiamoci, invece, alla luce di Dio, vediamo se in casa nostra abbiamo qualche manifestazione dei vizi capitali. Non si tratta tanto di rilevare quanti peccati di superbia abbiamo nella coscienza, ma se siamo superbi; né quanti peccati, anche piccoli, o quante imperfezioni riguardanti la purezza ci sono in noi, ma se siamo impuri, vedere cioè se siamo staccati un pochino con il cuore dalle creature, se le creature sono per noi mezzi o fine.Bisogna, dunque, «fare quest'esame, ma senz’agitazione, dolcemente, pacificamente, come un fanciullo davanti a nostro Signore».

VIRTÙ

VIZI

ESEMPI vizi

PECCATO ESEMPI peccato

CONVERSIONE esame di coscienza

Don Guido Massignan era all’epoca il segretario generale della Congregazione e il responsabile della formazione dei novizi.

L’invocazione richiama la preghiera delle sorelle di Lazzaro a Gesù in Gv 11,3.

Nel testo registrato don Ottorino aggiunge a questo punto: «Dritta la superiora!».

MI374,3 [14-73-1972]

3 Com'è bello vedere un fanciullo che va davanti alla mamma e le domanda: «Mamma, sono pulito adesso? Vedi, mi sono lavato». Avete mai osservato un bambino che va a lavarsi, a pulirsi? «Adesso - dice la mamma - bisogna che ti abitui a pettinarti da solo, a vestirti da solo». E poi lui si presenta alla mamma: «Mamma, guarda!». «Sì, sei un bel bambino adesso, proprio un bel bambino», dice la mamma. Oppure: «Sì, ma bisogna che ti metta così... che la cravatta te la assesti in modo diverso». La mamma corregge, ma è un atto di amore; anche l’osservazione che lei fa è un atto di amore.
Con Gesù, con Cristo, noi dobbiamo metterci in questa disposizione d'animo: cercare che l'esame di coscienza diventi un atto di amore: «Io voglio piacere a te, Signore! Voglio che tu sia contento di me, voglio rassomigliare a te. Dimmi se c'è qualche cosa in me che non ti piace». Non dobbiamo metterci dinnanzi a lui per discutere e dire: «Ho ragione io... hai ragione tu...», no, ma con questa disponibilità: «Io voglio essere come tu mi vuoi, Signore».«Bisogna dirgli semplicemente: "Signore, ecco una macchia, e poi un'altra; miserie che conosci meglio di me; guariscimi, correggimi, Signore!"». Vorrei dire che quasi quasi è una gioia, - scusate se dico una bestemmia; don Guido me la perdonerà - quasi quasi è una gioia riconoscere di avere qualcosa da domandare al Signore sotto questo riguardo; potergli dire: «Signore, colui che tu ami è ammalato» ; oppure «Tu mi ami, Signore, e sai che ho male ad una gamba, perché tu mi conosci, e sai che ho quella gamba ferita. Signore, se tu vuoi che io cammini un pochino di più per te, guariscimi questa gamba, per favore. Però, se per ipotesi è tua volontà che io rimanga zoppo per tutta la vita, sia fatta la tua volontà, Signore!».«Vi risponderà come fece un giorno a santa Margherita Maria, inviatagli dalla sua Superiora perché la guarisse, in testimonianza della sua missione: "Eccoti tutta abbandonata alle mie cure, ecco perché ti voglio rendere in perfetta salute a colei che t'ha messa ammalata nelle mie mani". Anche voi siete affidati alle sue cure, durante questo ritiro: egli vi guarirà, abbiate fiducia. Lasciatelo fare però: egli farà la sua opera in voi. Non siete voi che farete: che potreste fare da soli?». Che bello entrare nella Casa dell'Immacolata e dire al Signore: «Signore, eccomi qui: fa’ di me quello che vuoi»! Penso spesso a quello che con tutta semplicità rispose Domenico Savio a don Bosco, che gli parlava della necessità di farsi santi: «Ebbene, io sono la stoffa, lei è il sarto: faccia un bel vestito per nostro Signore». Che bello dire a Gesù: «Signore, sei tu il sarto, io sono la stoffa. Che vuoi: purtroppo la stoffa non si è conservata com'era quando uscì dalla fabbrica; allora era un bel taglio, ma lungo la strada si è rovesciato il camioncino che la trasportava, così si è imbrattata e lacerata. Comunque adesso è così, eccola qui. Prima rattoppala, mettila un po' a posto e poi farne un bel vestito per l'Eterno Padre. Fallo tu, Signore Gesù»! Dobbiamo metterci proprio in questa disponibilità: ecco il grande lavoro, vorrei dire quasi l'unico lavoro, perché tutto il resto è parallelo ad esso; ecco il grande lavoro che dobbiamo fare noi per tutta la vita: metterci veramente nelle mani del Signore Gesù e lasciar fare a lui, ma lasciarlo fare.

ESEMPI esame di coscienza

PREGHIERA dialogo con Dio

APOSTOLO uomo di Dio

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

PREGHIERA dialogo con Dio

CONSACRAZIONE disponibilità

Don Ottorino è sempre stato radicale nella sua donazione al Signore, e avrebbe voluto che i suoi figli lo fossero alla stessa maniera, e per questo spesso ricorre all’esempio dell’idoletto che ognuno è tentato a riservarsi nel più profondo del cuore.

Negli ultimi anni don Ottorino celebrava la Messa da solo, con l’assistenza di un chierico. In quel periodo era incaricato Vittorino Gonella, che aveva appena terminato il primo anno del corso teologico. Don Ottorino da una parte sentiva l’esigenza di una piena comunione con la partecipazione all’Eucaristia sotto le due specie, e dall’altra era ligio alle prescrizioni liturgiche volendo essere obbediente a Dio anche nelle piccole cose.

La meditazione a cui allude don Ottorino non è stata purtroppo registrata. Il tema evangelico della semente si trova in Mt 13,1-9; Mc 4,1-20 e Lc 8,5-8.

MI374,4 [14-73-1972]

4 State attenti! Talvolta nella preghiera si continua a parlare con il Signore per paura che ci domandi qualche cosa. Non so se tu, don Guido, hai mai provato a chiedere a qualche anima, e si trova qualche anima che, in fondo in fondo, ha questa paura: «Dimmi, che cos'è che non vorresti che il Signore ti domandasse?». E c'è sempre qualcosa che non si vorrebbe che il Signore chiedesse. Guardate che tutti abbiamo qualche cosa del genere, magari qualche piccolo idoletto, come si diceva una volta. «Beh, insomma, questa stupidaggine qui!», si dice, però è un idoletto che non vorremmo che il Signore ci domandasse.
Esaminiamoci, e anch’io esamino me stesso, perché noi siamo disposti a dare tutto il resto, ma a proposito del nostro idoletto gridiamo fortemente che è una stupidaggine perché ci costerebbe troppo darlo. È una stupidaggine in se stessa, però siamo disposti a dare tutto, ma non quella stupidaggine. Questo non è amore! Non so se dico male, però è così, è così! Con Gesù bisogna avere la forza di lasciare che ci dica: «Mi devi dare tutto, anche quella cosina nascosta».Stamattina facevo dentro di me un esame di coscienza. Al mattino, al momento della comunione offro anche il preziosissimo sangue a Vittorino che mi assiste durante la Messa, e allora mi domandavo: «Posso farlo?». Sarebbe proibito. Va bene: è un religioso, è questo... è quello... ma se io voglio essere perfetto, se voglio piacere a Gesù, non potrei farlo. Qualche volta tiriamo in campo i diaconi, e questo e quel pretesto, tutto quel che volete, però state attenti perché qualche volta sono proprio le piccole cose che costituiscono un atto d'amore. È come quando la mamma ti chiede per piacere di portarle a casa mezzo chilo di pesche e tu invece le porti un quintale di angurie. «No, - ti risponde - io desideravo una pesca; scusami, ma io desideravo una pesca». «Ma, - tu le replichi - io pensavo che...». «Sì, va bene, ti ringrazio; però, anche se tu mi avessi mandato un camion e rimorchio pieni d'altre cose... io desideravo da te quello».«Vuotarvi di voi stessi è la condizione preliminare...» Giorni or sono meditavamo sulla semente che cade sul terreno e produce vari frutti; ebbene, quante volte nella mia e vostra anima è caduta la semente di Dio! Per esempio, ieri mattina, abbiamo sentito le parole: «Sarai santa a modo mio, non a modo tuo»; voi capite che una frase di questo genere, ripetuta dentro di noi, può far nascere un bosco, una selva di santità. È una semente che affonda nel terreno, che va giù, giù, giù. I santi si son fatti santi perché hanno accolto una semente del Vangelo e l'hanno fatta diventare un albero grande, grande.

PREGHIERA

CONSACRAZIONE

DIO idoli

CONSACRAZIONE offerta totale

CONVERSIONE esame di coscienza

GESÙ

CONSACRAZIONE perfezione

ESEMPI consacrazione

Cfr. Mt 25,43.

La presente meditazione è del 14 luglio, giorno in cui la Chiesa ricorda appunto San Camillo de Lellis.

Nel testo registrato don Ottorino cita l’espressione di Mt 6,33 in latino: «Quaerite primum regnum Dei et iustitiam eius, et haec omnia adicientur vobis».

È chiara l’allusione alla breve parabola del lievito di Mt 13,33, ma è anche un ricordo dei tempi in cui il pane veniva fatto in casa. Nell’esempio il pane azzimo è visto in luce negativa, come insipido, mentre nella Bibbia l’immagine è capovolta: il pane azzimo sottolinea la novità e la purezza, mentre il lievito è simbolo di perversità e di corruzione (cfr. 1ª Cor 5,6-8).

Il riferimento è a Giovanni Battista Battilana, che aveva fatto la professione nel mese di ottobre dell’anno precedente.

Allusione a un racconto popolare e arguto che mette in evidenza il potere d’intercessione di Maria presso il Padre che è sempre costretto ad accondiscendere alle sue preghiere.

MI374,5 [14-73-1972]

5 San Camillo de Lellis, per esempio, ha accolto quella piccola frase del Vangelo: «Ero ammalato e mi avete visitato» , l'ha fatta scendere giù, giù nella sua anima e ne è nata una congregazione: non solo un albero, ma una selva, una congregazione religiosa!
Don Calabria ha accolto un'altra semente: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta». E lui ha piantato il «Cercate prima...» nel profondo della sua anima, e ne ha fatto nascere un bosco.Qualche volta noi riceviamo queste frasi che vengono da Dio, dal Vangelo, ma le lasciamo poi passar via; ci fanno buona impressione, ne facciamo magari una bella raccolta, le cataloghiamo in una bella biblioteca, in uno scaffale, ma non le facciamo diventare fermento di vita. È come avere in casa tanti pacchetti di lievito e non metterli nella pasta del pane, e mangiare pane azzimo mentre si avrebbero i pacchetti di lievito: evidentemente bisogna adoperarli. L’espressione di Sant’Agostino: «Timeo Dominum transeuntem» deve far paura a noi, perché quando il Signore passa, viene per trasformarci, per santificarci.Per esempio, la frase che ci siamo ripetuta adesso: «Vuotarsi, bisogna vuotarsi, bisogna toglier via», se uno si mettesse a meditarla, se la tenesse proprio per sé, potrebbe partire di qui e farsi santo. La santità è partire da una frase come questa e dopo continuare nella salita. Se prendo per mano Battista e, tenendolo per mano, salgo a mille metri, è chiaro che con la mano sale tutto l'uomo. Così, se io riesco a prendere una frase del Vangelo e a farla diventare sangue del mio sangue, le verrà dietro tutto il Vangelo. Come quella volta in cui la Madonna fece per partire dal Paradiso, ed essendo regina degli angeli, dei santi, dei martiri, eccetera, tutto il Paradiso partiva dietro a lei.

ESEMPI parola di Dio

CONSACRAZIONE santità

Don Ottorino riprende il linguaggio e l’immagine dell’uscita a Bosco o in altro luogo per indicare un momento privilegiato di incontro personale con il Signore.

Il riferimento è a Francesco Ambrosi, entrato da poco tempo nella Casa dell’Immacolata.

Don Ottorino richiama una delle azioni simboliche che a volte faceva fare per inculcare a fondo un principio o un’idea: nel caso la necessità di essere accesi per accendere gli altri.

MI374,6 [14-73-1972]

6 «Vuotarvi di voi stessi è la condizione preliminare: ricolmarvi di nostro Signore, per donarlo, è lo scopo di questo ritiro».
Dicevamo ieri mattina: io devo vuotarmi per riempirmi di Cristo, ma riempirmi di Cristo per portarlo agli altri. Come fare? «Con lo spirito di fede»: eh, qui non c'è altro! «Abbiate la fede viva, vivete la fede. La fede penetri i vostri pensieri, i vostri giudizi, la fede sia la vostra sapienza: siate sicuri di Dio». Ecco, stiamo per entrare un po' nel ritiro, ma siamo ancora lungo la strada per Bosco e non abbiamo ancora fermato la macchina per metterci a sedere e ascoltare la voce del Signore. Però è tutto qui, sapete, tutto qui: la fede. Possiamo avere una fede intellettuale, una fede legata ai libri, ma una fede viva è un'altra cosa. Scusate: se adesso tu, Francesco , sentissi dire che è arrivata tua mamma, non staresti calmo qui, perché sai che è arrivata la mamma e ti chiederesti: «Che c'è? Che cos'è venuta a fare?». «Scusi, don Ottorino, - mi diresti - scendo un minuto e vado a sentire come è»; sentiresti la presenza di tua mamma, qui, a pochi passi da te.Finché noi non arriviamo a sentire, con la fede, non con il sentimento, la presenza di Dio, di un Dio vicino, intimo a noi, non abbiamo capito niente del cristianesimo. Stiamo lavorando per la comunità, per la carità, facendo cose meravigliose, grandiose, ma queste devono nascere dalla convinzione, da una convinzione viva della presenza di Dio in noi. Io devo sentire Dio dentro di me, sentirmi immerso in Dio, sentire che lui, lui è qui che mi parla; devo sentirmi abbracciato in Dio e camminare a braccetto con Dio. Se è bello vedere in cortile due amici che stanno insieme, camminano insieme e parlano tra loro, dovrei io essere meno amico di Dio di quanto non lo siano quei due? Quando sono nella mia stanza, durante la comunione e prima della comunione, prima e dopo la Messa, insomma durante le ventiquattr'ore del giorno, io devo sentire questa presenza. Non dite che questa è una cosa sentimentale: è la fede! E questo deve avvenire anche nell'aridità più grande.Questa è la verità che noi dobbiamo portare dovunque nel mondo e dare agli altri: è questa la fiamma che dobbiamo consegnar loro. Un tempo si parlava di stoppino e di candela, e si diceva che per accendere le candele dell'altare occorre avere lo stoppino, ma lo stoppino acceso. Perciò, se il sacerdote o il diacono non ardono d'una fede talmente viva che, se è necessario, si fa un salto dalla finestra con la certezza che, invece di cadere in basso, si sale in alto, oppure, se non si ha una fede tale che dovendo partire in macchina, si parte anche se manca la benzina, sicuri che quando si è in autostrada e si rimane senza carburante, appena ci si ferma, spunterà dal suolo una pompa che verserà nel serbatoio la benzina necessaria; una fede per cui se si deve intraprendere un viaggio attraverso l'oceano perché Dio lo vuole e si sa che la scorta di gasolio si esaurirà a metà viaggio, si ha la certezza che Dio provvederà per l'altra metà... se non abbiamo questa fede noi, che siamo i professionisti della fede, chi la deve avere? Quella buona vecchietta, quel buon vecchietto, quella figliola, quel ragazzo... credono, e tu, padre spirituale, tu, scalatore di montagne, hai paura anche soltanto di toccare la roccia... e quelli te la fanno vedere!

GESÙ

VIRTÙ

fede

ESEMPI fede

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

COMUNITÀ

GESÙ

amico

ESEMPI Eucaristia

APOSTOLO F.A.

ESEMPI apostolo

SACERDOZIO prete

DIACONATO diacono

Cfr. Giovanni 6,53-54

Con questa frase, di risonanza evangelica, forse don Ottorino allude al fenomeno della diminuzione delle vocazioni che in quegli anni andava aggravandosi, per cui la chiesa appariva più vuota degli anni precedenti, e alla sua fiduciosa speranza per l’avvenire.

Don Ottorino si lascia prendere dall’entusiasmo, e chiama distrazioni i suoi commenti personali, i quali possono sembrare digressioni dal testo scelto per la meditazione.

Il libro di p. Matteo porta in calce la citazione paolina: 1ª Corinti 2,2.

MI374,7 [14-73-1972]

7 Supponete che avvenga nel campo umano che una guida di montagna si metta alla testa di un gruppo di scalatori e, arrivata ai piedi della montagna, incominci con un «ma...» o abbia paura, mentre gli altri... tac, tac, tac, scalino la roccia e arrivino sulla cima, prima della guida: sarebbe ridicolo! Eppure è quello che capita, che continuamente capita sul piano della vita spirituale! Se un cristiano, se una cristiana ha più fede del prete, più fede di un apostolo, non vi pare che sia un controsenso? E una cosa preoccupante! Bisogna, dunque, che ci preoccupiamo vivamente di aver fede, perché altrimenti sarebbe come voler fare i chirurghi essendo ciechi. È possibile che un cieco possa fare il chirurgo? Che possa prendere in mano il bisturi e mettersi ad operare al cuore? E impossibile, è impossibile!
Un uomo che pretende di avvicinarsi all'altare, ricevere una consacrazione e una missione, se non ha una fede semplice, viva, sicura, una fede che non cede quando comincia a fare un po' di caldo e non si è capaci di pregare, o quando sorgono alcune difficoltà, per cui subito crolla, è un povero apostolo. Non si può avere una fede che sta in piedi soltanto finché c'è la moltiplicazione dei pani o la pesca miracolosa, ma una fede che resiste fino all'ultima cena, fino alle ultime parole che parlano della passione, una fede che resiste nell'orto degli Olivi, nella sinagoga di Cafarnao allorché viene annunciato ciò che umanamente parlando sembra un paradosso: «Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue, non avrà la vita eterna». Questa è la fede! Una fede che crede contro ogni apparenza, quando sembrerebbe tutto distrutto, tutto rovinato; che, vedendo una chiesa che sta svuotandosi, crede che sarà una chiesa piena - e chi ha orecchi per intendere, m'intenda! - ; che non vacilla, anche se si dovesse cominciare di nuovo. Domani, in una parrocchia, dopo aver lavorato per dieci, quindici, vent'anni «in nomine Domini», anche facendo sbagli e domandandone perdono al Signore, potrà sembrare che sia andato tutto perduto, e invece è proprio il momento in cui comincia. Credere che non è stato distrutto niente, che niente è andato perduto, che lì, proprio lì comincia l'opera di Dio. Quando l'uomo dice che tutto è finito, allora comincia Dio: quando, passata la tempesta, sembra che sia stato distrutto tutto il raccolto, proprio in quel momento discende la manna dal cielo, e si fa il raccolto. Questa è la fede, la fede che non segue la logica umana, certamente!Scusate le distrazioni. «La sapienza umana non è niente, paragonata a questa sovrana sapienza. Se Iddio vi ha arricchiti dei suoi doni, se avete esperienza, scienza acquisita, bene: ringraziatelo e servitevene per la sua gloria. Ma prima di tutto, soprattutto, apprezzate, cercate la divina sapienza di cui san Paolo diceva: "Non ho voluto sapere fra voi altri se non Gesù Cristo, e Gesù Cristo crocifisso" ».

ESEMPI apostolo

VIRTÙ

fede

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

APOSTOLO missione

SACERDOZIO prete

PAROLA DI DIO Vangelo

PASTORALE parrocchia

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

Don Ottorino dice in tono scherzoso “qualche altra volta” perché il tema, e lo stesso esempio che subito dopo porta, erano ricorrenti in lui: tante qualità sono necessarie per l’apostolo, ma la più necessaria è il motore, cioè l’unione con il Signore.

L’assistente Danilo Gasparotto, della Comunità dell’Istituto San Gaetano, partiva per fare una esperienza missionaria di alcuni mesi a Resende in Brasile.

MI374,8 [14-73-1972]

8 È giusto, giustissimo possedere sapienza, esperienza, conoscenze, doti umane: benissimo! Però, ricordatevi bene, bisogna fare la proporzione giusta. Un tempo, parlando di questi argomenti, che abbiamo trattato, forse, qualche altra volta! - dicevamo: un camion nuovo, quando esce dalla FIAT è ancora senza carrozzeria: la carrozzeria viene applicata dopo, ma prima ci vuole una buona struttura portante, il motore, tutto. Questa è la fede; il resto è la carrozzeria che pure ci vuole! Supponiamo che abbiate un camion con i due soli longheroni, con le ruote e tutto, ma senza carrozzeria, e che vogliate trasportare della ghiaia. Quanta ne trasportereste? Neanche un granellino, perché ci vuole tutta una carrozzeria adatta. Ma supponiamo che non abbiate il camion: è inutile che facciate una bella carrozzeria! Ora, sì, è necessario avere cultura, è necessario, ma guardate che sotto ci vuole una fede che trasporta le montagne, altrimenti avete solo una bella carrozzeria, e non vi muovete, non vi muovete: è una carrozzeria che resta abbandonata in mezzo al cortile. Potrà essere ammirata, davanti ad essa la gente esclamerà: «Ah, che bella!», ma voi non vi muovete, non trasportate nulla. Ci saranno fuochi di paglia, ci sarà il momento dell'entusiasmo, il momento della gloria, ma non trasporterete le anime a Dio.
Ieri eravamo all'aeroporto di Venezia per assistere alla partenza dell'assistente Danilo ; abbiamo visto decollare dieci, dodici apparecchi, perché eravamo arrivati con un'ora di anticipo e l'aereo è partito con una mezz'ora di ritardo. Danilo non aveva mai visto il decollo di un apparecchio a distanza ravvicinata e si divertiva ad osservarli. Era in sosta anche un quadrimotore inglese. Era entusiasmante osservare questi apparecchi che si staccavano dalla pista con un centinaio di persone a bordo e un carico di casse del peso di centoventi chili l'una. «Le persone - mi diceva un addetto dell'aeroporto - sono nulla rispetto al materiale che viene caricato. Guardi quel camion pieno di cassette che pesano centoventi chili l'una. Quel quadrigetto, che ora sta partendo, è veramente carico: vedrà come farà fatica per alzarsi; lo fanno partire duecento metri più avanti». Infatti lo si è visto: rum, rum, rum e... su! Ma, cari miei, perché si staccasse da terra sono necessari i quattro bolidi che aveva, i quattro motori a reazione.

DOTI UMANE

ESEMPI fede

VIRTÙ

fede

APOSTOLO salvezza delle anime

CONGREGAZIONE storia

L’espressione paolina di 1ª Cor 2,2 è cara a don Ottorino e abbastanza frequente nel suo parlare.

Nel testo registrato don Ottorino a questo punto chiede: «Mi concedete ancora due o tre minuti?».

Anche a questo punto don Ottorino interviene precisando: «Infatti se io credo, amo».

MI374,9 [14-73-1972]

9 L'uomo di Dio deve avere motori talmente potenti da poter elevare la materia: non soltanto se stesso, ma una parrocchia, una località, tutto. Un santo, per dove passa, innalza tutto, ma lo innalza con la sua fede, con la sua vita. Naturalmente occorre anche la carrozzeria: è necessaria, ci vuole. Anche l'apparecchio deve essere fornito interiormente di sedili, di poltrone, deve essere confortevole, ha bisogno di tutto quell'insieme di attrezzature che gli permettano di volare a diecimila metri di altezza, e questo anche a motivo della rarefazione dell'aria. Però, se non ci sono i quattro motori, amici miei, tutto è inutile. Voi direte: «Sono cose complementari». D'accordo, ma se non ci sono i quattro motori potete attaccarvi gli asini che vorrete: quell'apparecchio non uscirà dall'aeroporto. L’aereo giunge all'aeroporto attraverso l'aria, e deve uscire attraverso l'aria, altrimenti viene portato fuori a pezzi. E così, cari! Un apparecchio - non ci avete mai pensato? - quando è pronto per la consegna, non può essere trasportato per ferrovia o per strada: deve arrivare per via aerea; non c'è nessun altro modo. E quando voi partirete di qui per andare in missione, dovrete servirvi della via aerea; non potete arrivarvi per mare o per terra, dovete andare per via aerea, cioè per la via di Dio.
«Ecco la vera scienza, solida, utile, feconda»: conoscere Cristo e Cristo crocifisso.Io vorrei fare una domanda, alla quale ognuno di noi dovrebbe rispondere nel suo intimo: capite il Cristo crocifisso? Contemplate, qualche volta, la sua immagine, o meglio, la contempliamo? Ci fermiamo per qualche istante a tavolino, con l'immagine del crocifisso davanti, pensando: «Tu sei morto per me, tu volontariamente ti sei disteso su questa croce perché io potessi essere tuo fratello e avere la grazia. Tu hai desiderato questo sacrificio perché io potessi essere veramente con te». Ecco, dunque, la vera scienza! San Tommaso, indicando il crocifisso, rispondeva: «Ecco la mia biblioteca, eccola qui!». Il sacerdote che non capisce il crocifisso, non il sacerdote che lo porta al collo, dorato, attaccato ad una catenina d'oro, che non piange nell'intimo del cuore davanti ad esso, che non lo bacia veramente con fede sapendo chi è lui, quel sacerdote ha poco da dare alle anime.«Ecco» dunque «la vera scienza, solida, utile, feconda. Chiedetela. Andate ai piedi del tabernacolo, e là, come gli Apostoli, con gli occhi fissi sul Maestro divino, col cuore vicino al suo Cuore, chiedetegli che vi conceda di conoscerlo con una conoscenza intima, seria, profonda, integrale. Vita di fede, vita d'amore; l'una conduce all'altra. Non d'amore sensibile ma d'amore solido, che vive di sacrificio, di spirito di sacrificio, d'immolazione». Eh, l'amore sensibile può esserci per un momento. Ma se si va avanti con l'amore sensibile, alla prima difficoltà, alla prima salita ci si ferma. Il nostro dev'essere un amore fondato sul sacrificio, sulla ricerca e sulla gioia di dare a lui qualche cosa che costi.«Sia che si tratti della vostra santificazione personale, sia che si tratti di lavorare alla santificazione del prossimo, la base dell'amore è sempre il sacrificio, l'amore fino al sacrificio».

APOSTOLO uomo di Dio

ESEMPI talenti

CONSACRAZIONE santità

VIRTÙ

fede

APOSTOLO missione

GESÙ

crocifisso

PREGHIERA meditazione, contemplazione

PREGHIERE a Gesù

SACERDOZIO prete

Cfr. Giobbe 1,21 e 2,10. Subito dopo don Ottorino esprime la stessa disposizione riportando le parole di Gesù: Mt 6,10 e 26,42.

Don Giuseppe Rodighiero riportava spesso scherzando la giaculatoria coniata da un suo compagno di scuola che, per esigenze di rima, diceva: «O mio caro e buon Gesù, fammi simile a tu». Don Ottorino riferisce le parole con lo stesso tono scherzoso, rivolgendosi a don Matteo Pinton che aveva approfondito il tema della preghiera.

Nel testo registrato don Ottorino aggiunge a questo punto: «Ci sarebbe da meditare anche queste parole: “Fa l’opera sua in voi”, è l’opera sua che fa in voi;"la fa con voi, attraverso voi”, però è sua l'opera ».

MI374,10 [14-73-1972]

10 Un tempo si raccomandava di fare ogni giorno qualche sacrificio volontario, anzi - e i più vecchi lo ricordano - si era arrivati al punto di comperare delle pastiglie amare di rabarbaro per poter fare penitenza. Erano cose che si facevano un tempo proprio per sacrificarsi, per far penitenza, per le anime, per le anime. Senza sacrificio non si salvano le anime. Tante volte ci si ribella dinnanzi a qualche piccola croce, a qualche piccola incomprensione, a qualche cosa che fa soffrire. Perché? Non si è abituati a sacrificarsi, non si ama la croce.
«Non bisogna essere di quelle anime che dicono: "Signore, se vuoi, dammi una piccola croce, molto piccola"». In altre parole: “Signore, se proprio tu vuoi, se è proprio necessario, dammi una piccola croce, ma molto piccola, eh!”.«No, bisogna voler l'amore di Gesù Cristo qual è: voler che faccia in voi e di voi la sua volontà. Amare Gesù pienamente, d'un amore senza misura, per farlo amare nella pienezza del suo Cuore». Quasi come Giobbe. Capita una disgrazia, poi ne capita un'altra e un'altra ancora: «Signore, sia fatta la tua volontà!»; muore qualche persona cara: «Signore, sia fatta la tua volontà!». Se voi vi mettete nelle braccia di Gesù, lui vi prende sul serio; è pericoloso dire di sì al Signore alla leggera. D'altra parte non si può non dir di sì: questa è la realtà. E quando gli si dice di sì, lui ti prende sul serio. Per questo una santa a Gesù che le disse: «I miei amici li tratto così», rispose: «Per questo ne hai pochi». Il Signore prende sul serio. «Fammi simile a tu, - diceva don Matteo - fammi simile a tu». Dire al Signore: «Fammi simile a te» è un po' pericoloso, perché il Signore ti prende sul serio ed è lì che aspetta qualcuno che desideri essere come lui, veramente aspetta, desidera. E se non siamo noi a dire di sì, chi deve dirlo? Però dire di sì significa accettare di essere come lui: incompreso, deriso, perseguitato, ucciso, deluso.«Amare Gesù pienamente, d'un amore senza misura, per farlo amare nella pienezza del suo Cuore. Amore confidente: lasciate di guardarvi troppo, contate su Dio, non su voi. Ancora una volta egli fa l'opera sua in voi, con voi, attraverso voi, nonostante le vostre miserie». Vorrei dire, e bisognerebbe quasi dire: proprio per le nostre miserie! Sembra quasi che il Signore faccia un'opera artistica con le nostre miserie. Avete mai visto un crocifisso fatto di schegge? «Che bello!», si esclama. Infatti qualcuno si è servito di schegge di granata per creare una piccola opera d'arte, il crocifisso, per esempio. Ebbene, se vi accorgete d'essere tutti pezzi di schegge, e credo che umilmente, sinceramente dobbiamo ammettere un po' tutti che siamo pezzi di granata scoppiata e tutti rovinati, c'è il materiale per fare un'opera artistica. C'è il materiale: mettiamolo nelle mani di Dio, ed egli ne farà uscire un'opera meravigliosa, che attirerà certamente l'ammirazione del cielo e della terra.«Bisogna essere sicuri di lui, perché è lui: ecco tutto». Andiamo!

PENITENZA sacrificio

APOSTOLO salvezza delle anime

CROCE

PREGHIERA

VOLONTÀ

di DIO

GESÙ

CONSACRAZIONE offerta totale

VIRTÙ