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LA MIA VITA È FINE O MEZZO?

MO348 [30-04-1971]

30 aprile 1971

MO348,1 [30-04-1971]

1 Ci riallacciamo un po' all'ultima meditazione.
Venendo su per le scale uno dei vostri confratelli o dei nostri confratelli mi ha domandato: "Di cosa parla questa mattina?". Ho detto: "Ci leghiamo all'ultima". Salta fuori allora "De colores", là, Adriano: "Allora semo in istà", el ga dito, vero? "Allora semo in istà". E appunto, sì.

MO348,2 [30-04-1971]

2 L'ultima volta abbiamo parlato delle stagioni, no? Primavera, estate, autunno; e abbiamo visto che non si passa dalla primavera all'autunno, dai fiori alla frutta; bisogna passare attraverso l'estate; e l'estate porta con sè venti, temporali e lavoro, lavoro, lavoro, fatica, fatica, fatica, momenti di trepidazione, certo tanta fatica e tanto lavoro.
Ora, non possiamo passare dall'infanzia spirituale, non quella che si raggiunge con tanta fatica, no, dagli inizi di una vita spirituale, direi, a una vita spirituale matura senza fatica, senza trepidazioni, qualche volta anche senza temporali e tempeste: è impossibile. Ora, per avere la forza, ed ecco qui dove mi riallaccio, per avere la forza e vincere la fatica dell'estate, cioè sostenere il peso dell'estate, bisogna che mettiamo in chiaro una cosa. Credo che sia un po' la chiave di tutto. E cioè, la mia vita è fine o è mezzo? Perché, se è fine a se stessa, basta, è finita. Allora godiamoci, vediamo un pochino di farla, passarla meglio che è possibile: all'inverno riscaldiamo la stanza e l'estate mettiamo l'aria condizionata; vediamo di avere una bella macchina e di fare meno fatica che è possibile; di urtare meno che è possibile gli altri, se non altro per non andare in galera... Cerchiamo insomma di goderla sta vita, pure onestamente, senza andare proprio a fare certe porcherie; godiamola, godiamola! Ma, se la vita non è fine a se stessa, ma è mezzo, è mezzo, allora è ben diversa la cosa. Io posso usare, devo usarne della vita; ma se non è fine a se stessa, ne uso tanto in quanto mi è necessaria. Cioè, io miro a quel dato posto. Voi capite, voi che avete studiato filosofia, che cosa vuol dire fine, no? Io son diretto a quel dato posto, e perciò tutte le mie forze le convoglio verso là. Se state, per esempio, per rilegare un libro, il fine è che venga fuori il libro in fondo; che non vi fermiate quindici giorni soltanto alla raccoglitrice per star lì darci il colore alla raccoglitrice, per star lì mettere esteticamente una bella pila di libri, eccetera, eccetera. Interessa... Don Girolamo è preoccupato che venga fuori il libro, che lui ha promesso per il dato giorno che vengano fuori i libri. Tutto il resto è mezzo: dalla ballarina al tagliacarte, dal tagliacarte alla piegatrice, dalla piegatrice alla raccoglitrice e cucitrice e il glorioso trilaterale... ma quello che interessa è il libro in fondo che venga fuori. Tutto il resto... bellissima cosa! Anzi, capite chiaro che se al posto della raccoglitrice si dovesse raccogliere in cortile i libri, correndoci attorno, vero, come fanno là i Paolini, è una cosa ben diversa. Avere queste macchine moderne, possibilmente anche un bel trilaterale nuovo un domani... Vorrei io che ci fossero alcuni benefattori che si muovessero in questo momento e dicessero: "Perché non possiamo noi regalarlo?". Magari che venisse avanti. Non vi par giusto? Però, tutto questo lavoro in vista del libro che deve venir fuori.

MO348,3 [30-04-1971]

3 Ora, qualcosa di simile è anche nella mia vita. La vita, sì, è un dono di Dio meraviglioso, meraviglioso; e in questa vita ci sono delle cose belle, bellissime, che il Signore mi ha date, ci sono delle cose che io devo godere con gioia. Però, in vista del dove devo arrivare, del dove devo arrivare. Cioè, in altre parole, è mezzo la mia vita, non è fine; serve per il fine che è l'eternità.
Ora, è male, per esempio, che a un dato momento tu, Faggian, ti trovi nella piegatrice, e la piegatrice va bene, che... la carta è stata tagliata bene, supponiamo una giornata che va bene, che tu ti diverta anche a piegare, che goda nel vedere che la macchina va bene? È male, per esempio, che un tagliacarte... c'è Gabriele col suo tagliacarte, è messo lì, e riesce... e c'è una carta abbastanza buona da tagliare, e vedere il tagliacarte che funziona bene e goderne anche? Ma chi è che dice che è male? Anzi! O forse rimpiangi il tagliacarte vecchio, preferisci quello vecchio? No, ah? È male, per esempio, che a un dato momento la cucitrice per caso una volta va bene, e uno che xe lì a cucire, guarda, se sacrifica, ma è una macchina buona, che va bene? Domani arrivasse un tagliacarte nuovo, un trilaterale nuovo, quelli addetti al trilaterale che godessero: "Ma guarda, non vedo l'ora di andare in laboratorio pensando che... eccetera, per poterlo provare"? Magari arriva... Scusate, arriva di sera, a un dato momento, ma son convinto che, se... per quanto possibile coloro che lo hanno in consegna vorrebbero provarlo... "Mentre prima me vegneva male andar a lavorare, adesso son tutto contento de andar a lavorare, perché... sa, è un'altra cosa". È male, per esempio, se domani a don Venanzio, al posto della sua fuoriserie, dovessero donare un'altra macchina nuova? Sì, adesso la porta e la esalta perché nol ga de mejo, vero; ma, un domani avesse una buona macchina nuova, son convinto che... sì, farebbe come quel frate che fa il sacrificio, vero: "Facciamo il sacrificio di non mangiar cipolla e mangiar cappona", ha detto, no? Facciamo il sacrificio quest'oggi, vero, facciamo così. Amici miei, questo, però... usare queste cose, usarle con gioia, usarle anzi godendole queste cose... qualche volta non ci sono e allora va ben, offrendo il sacrificio al Signore; ma questo è nell'ordine della provvidenza di Dio. Però, un momento: il mio fine qual è? Perché se il mio fine è il libro, no sto ad adorare la raccoglitrice, no, non sto ad adorare il tagliacarte... Il discorso non è... non deve vertere soltanto sul tagliacarte, pure anca parlando del tagliacarte, deve vertere sulla catena, sul lavoro che stiamo compiendo.

MO348,4 [30-04-1971]

4 Ora, il mio fine da uomo, da cristiano, è l'eternità. E guardate che tante volte noi condanniamo nel mondo gli uomini che si perdono attorno al tagliacarte, che mettono tutte candelette attorno al tagliacarte e rompono la catena, vero? Se uno si mettesse là, tu, Franco, ti mettessi là attorno alla tua piegatrice, e dai: "Ma varda che bela!", lustrela e rilustrela, e te continuassi una giornata intera a lustrarla, il giorno dopo lustrarla, e dopo lustrarla... i te lustra ti, vero, a un dato momento, i dixe: "Sì, bellissima cosa, ti rimproveriamo se non dai olio, se non la tieni pulita ti rimproveriamo; ma ti rimproveriamo altrettanto se tutto il giorno non fai altro che lustrare la piegatrice e non ci dai fuori la carta piegata, vero". Ora, io, da papà, ti rimprovero se vai vestito male, ti rimprovero se sei spettinato, messo male, con i piedi che puzzano, se non sei educato, ti rimprovero; ma altrettanto ti rimprovero se tutto il giorno stai là a lucidarti, vero, chiaro? Devi anche produrre qualcosa, devi piegare qualcosa, prima te stesso e poi gli altri.
Ora, ecco, messo in chiaro questo punto, guardate che è un po' la chiave. Se io ho capito e metto la mia vita su questa linea, la mia vita... non c'è niente da cambiare. Hai da suonare? Suona! Hai da cantare? Canta! Hai da fare una gita? La fai! Però è come uno che fa pulizia nel suo laboratorio, è come uno che ha la gioia di far bello il suo laboratorio, di far bella la sua macchina, ma il motivo è quello là: io son diretto là.

MO348,5 [30-04-1971]

5 E allora ecco qui, facciamo un passo avanti.
"Se credo che il fine è l'eternità, devo vivere per lo spirito, posporre la carne per dare tutte le mie cure allo spirito". Allora, se io credo che io vivo per l'eternità, e devo vivere per l’eternità, allora io devo avere un fine solo, l'eternità; e devo mettere, e qui ho sottolineato la parola "cure" e "tutte", soprattutto la parola "tutte", devo mettere tutte le mie cure per lo spirito, per l'eternità. Il mettere tutte le mie cure per l'eternità non è esclusivo che io non deva curarmi del corpo, della vita presente. Perché, a un dato momento, sembrerebbe: "Beh, metto tutte le mie cure per l'eternità, e allora la vita presente...". No, perché mettere tutte le mie cure per fare che il libro venga fuori bene, include già che io devo mettere le mie cure perché le macchine vadano bene, che siano curate, che siano trattate bene, no, Vinicio, la cucitrice trattata bene, perché se io non tratto bene la cucitrice io fermo tutto il lavoro. Perciò quando io dico: "Devo mettere tutte le mie cure perché i libri vengano fuori bene e tanti", include già che devo perdere un po' di tempo, che non è perso, per darci olio, per pulire la macchina, che devo... Questo... Avete capito? Cioè, io devo... Quando io dico: "Devo mettere tutte le mie cure per l'eternità", e allora... Sì, allora fai ricreazione, perché quello è tempo per darghe olio alla macchina, no? E allora... E allora cercherete di cantare, starete allegri perché anche quello fa parte di darghe olio alla macchina... Ma è diverso perdere un quarto d'ora per darci olio alla macchina, o perdere dieci ore per darghe olio alla macchina e dieci minuti per lavorare. Non so se ho reso il pensiero? Cioè io devo, ripeto le parole: le ho pesate e ripesate qui in chiesa giorni fa: "Se credo che il fine è l'eternità, devo vivere per lo spirito". Io devo vivere per lo spirito; quasi io devo col mio sguardo passar sopra a tutte le macchine - tengo ancora il paragone della legatoria - e devo vedere i libri finiti. Avete capito? Devo, no supporre... D'accordo, che la legatoria deve andar bene tutto, no, deve andar bene tutto; siamo d'accordo, però io devo avere lo sguardo là: i libri finiti. E perciò, tutte le cose della carne, sottolineo di nuovo la parola "tutte", devono essere subordinate al punto dove io devo arrivare. "Alla vita", alla mia vita, che vuol dire tutto il complesso, vero, di cui io ho bisogno, anche per la mia ricreazione, "devo dare quel tanto che le serve per durare e servire lo spirito nella sua conquista".

MO348,6 [30-04-1971]

6 Io “devo” dare alla vita, no “posso dare”: devo dare, devo dare il riposo necessario, devo dare la ricreazione necessaria, devo dare il cibo necessario, devo dare l'istruzione necessaria, devo dare anche un'apertura, devo, devo io... ma in tanto in quanto... questo è necessario per lo spirito. Perché ci vuole una proporzione. Seguendo l'esempio della macchina, devo dare in tanto in quanto, perché è inutile che io mi metta a darci una doratura alla macchina... Se adesso Vinicio fermasse un mese la legatoria perché vuol dorare tutti quanti i pezzi della cucitrice, dorarli... così, è più bella dorata. Te dixi: "Poareto! A 'na certa età se vede che l'arteriosclerosi comincia a colpire", vero? "Dorare tutti i pezzi della cucitrice perché, sa, così mi pare che sarebbe molto più bella". Certo che la xe più bella dorata; anche se te ghe metti delle perle preziose da un milione all'una sopra tutti i maneghetti, in fondo, una bella perla preziosa... Ma uno che vien dentro el dixe: "Quelo l'è mato! Le perle preziose metteghele... Tote 'na morosa e metteghele su coll'anelo, caso mai".
"Quando...”. E qui portiamo... passiamo un po' più avanti ancora... portiamo un esempio materiale se volete. Quando io prendo il cibo, io devo stare attento non soltanto a quello che mi piace, ma devo... quello che io appetisco, no? Il gusto chiede: "Uh, che bello!", ma devo stare attento anche a quello che io posso digerire. Non basta dire: "L'è bon"; non basta il giudizio comune: "Prenda, che l'è bon, fa bene". Pian, pian, "fa bene", sì, ma se tu hai un certo disturbo o quell'altro disturbo, può essere veleno per te. Un cibo che comunemente fa bene, può essere veleno. Ci sono dei cibi che sono veleno per tutti: per esempio, se regolarmente tutti quelli dell'Immacolata prendessero ogni sera 'na scodela de graspa, penso che anche don Matteo se metteria a cantare de notte, no? Ora, prenderne un bicchierino, cosa vuoi che sia; però, uno cominciasse a scodele de graspa ogni sera, capite che di qui a qualche mese, vero, dottore Gianni, dopo qualche mese saria un disastro, un vero e proprio disastro. La graspa in sé? Un dono di Dio, un dono di Dio. Un bicchiere di vino? Un dono di Dio, ma un certo abuso di questa cosa sarebbe male per tutti. Perciò ci sono delle cose che sono male per tutti nel cibo.

MO348,7 [30-04-1971]

7 Ci sono delle cose che per tutti non fanno male, ma sono male per qualcuno. Per esempio, io mi prendessi qualche bicchierino di graspa, vi assicuro che sarebbe una reazione tale in me che ci rimetterei certamente la digestione per qualche giorno. Perché? Perché non riesco... - lo sanno i più anziani qua - non riesco assolutamente a bere dei liquori, viene una reazione... e per me è un veleno. Al gusto? Al gusto può anche piacere. È chiaro? Però non la posso prendere perché per me è veleno. Per qualche altro può essere veleno mangiare i fagioli, o può essere veleno mangiare qualche altro cibo di carne, che so io... Ognuno poi... mentre ci sono dei veleni per tutti, ci sono degli abusi che pur essendo buoni divengono veleni. Va bene?
Ci son dei cibi che sono veleno... Un cibo guasto è veleno per tutti, no? A un dato momento, è capitato in seminario, abbiamo mangiato delle sardine, che so io, un po' guaste, poi andando in chiesa a uno viene male, a un altro viene male... centocinquantadue, centocinquantatré svenuti, uno di qua, uno di là... Cose da matti! Più di centocinquanta: affanno a destra... xo, tutti i corridoi: gavissi visto che mestiero! Più di centocinquanta. Cascato uno in chiesa... Appena dopo mezzogiorno, c'è stato un po' di visita, e... uno casca giù: paff! Cosa xe successo? Un altro: taff! Porta fora uno, porta fora l'altro. Dopo te se, sa, anca el contagio, vero, perché quando che te scomissi portarghe fora dieci o dodici... Bom! Xo un altro, e allora, fora! Tutto il corridoio della Madonna, tutti i tusi intorno là che rigettavano. Chiama el medico de urgenza. Quello è stato un cibo guasto che ha fatto male a tutti, no? Dunque, ci sono dei cibi guasti che fanno male a tutti; ci sono degli abusi che fanno male a tutti; ci sono dei cibi che non sono guasti, che anche usandoli senza abuso fanno male a qualcuno in particolare. Questo per il corpo. La stessa cosa è per lo spirito, no? Se io sono diretto verso l'eternità e la mia cura dev'essere per l'eternità, io devo mangiare, per forza; la mia vita devo nutrirla, come ho detto prima: una sana ricreazione, un sano sviluppo, eccetera. Però, ci sono dei cibi, anche spiritualmente, che fanno male a tutti, e quelli li devo evitare, certe cose le devo evitare, certe cose non me le posso permettere. "Ma... adesso i le magna tutti". Cosa importa a me se i le magna tutti! Se tutti i se invelena, gonti da invelenarme anca mi? Sarebbe come dire: "Adesso c'è... in giro per il mondo tutti bevono una scodella de graspa ogni mattina, e allora la bevo anca mi". Ma scusa, perché tutti quanti vole andare in malora, vuoi andarci anche tu?

MO348,8 [30-04-1971]

8 A un dato momento comincia la televisione: e allarga, allarga, allarga, fin che si allarga un po' troppo. "Eh, tutti i vede; non posso vardare anca mi?". A un dato momento dire: "No! Questo non va bene. Non c'è motivo di guardare questa roba qua".
"Tutti legge certi libri e allora posso leggerli anche mi". "Piano! Ma, in se stesso?". "Sì, ben in se stesso... va ben, ma... Allora niente!". Perché a un dato momento io posso cominciare con bicchierini, bicchierini e diventare un alcolizzato. Quante volte si vedono degli uomini, poareti, là, mezzi scemi, mezzi stupidi... "Cossa vuto, el se ga rovinà coll'alcool, el se ga rovinà coi liquori, el se ga invelenà coi liquori". Ecco, si può piano piano avvelenarsi con certe cose, con certe idee, con certi libri, con certe riviste, con certi spettacoli, con certe cose del mondo, che sono per il mondo, ma non sono più per noi. Perché per noi, vedete, amici miei, c'è un cibo che può essere fatto per la gente di campagna... la gente di campagna tole alla mattina polenta e scopeton, ‘na scudela de clinto; ma se don Matteo ogni mattina cominciasse così, a un dato momento dovremmo cantare la marcia funebre, vero? Per forza! Perché? Perché ci sono degli stomachi... c'è un'altra vita. Ora, ci sono delle cose che sono fatte per la gente del mondo, ma per la gente consacrata non sono più: c'è un'altra misura di cibo per la gente consacrata. Noi abbiamo un'altra vita. "Ma noi dobbiamo conoscere perché altrimenti...". Questa è una stupidaggine, scusa. Sarebbe come dire: "Io devo conoscere quello che mangiano quelli fuori, e perciò mangio anch'io". Crepa dopo, vero. Eh, scusa. Tu hai un'altra vita, una vita più sedentaria, una vita... e non puoi, non riesci a digerire quello che digerisce l'uomo che si alza alla mattina presto e va là in mezzo al campo, e sappa, e dopo torna là un'altra volta. Sa, ha un'altra mola de mulin dentro, vero! Ora, anche nel campo spirituale ci sono dei cibi, ci sono delle cose che non sono più per noi, per noi che ci siamo offerti al Signore.

MO348,9 [30-04-1971]

9 Diceva mons. Volpato quando che noi eravamo seminaristi: "Voi andrete a casa in vacanza, ma, ricordatevi bene, i vostri compagni non sono più i vostri compagni. Voi sarete amici, nessuno deve accorgersi, però voi, ricordatevi bene, non siete diretti sulla strada loro. Perché un vostro compagno di sedici , diciasette anni può parlare di una ragazza, può fare i suoi sogni: "Mi doman co me sposo, mi doman qua...", voi non lo potete fare, se volete andare avanti per questa strada; e se no state a casa, andate avanti per un'altra strada”.
Perciò le letture dei vostri compagni, gli spettacoli dei vostri compagni, le compagnie che frequentano i vostri compagni, non sono più per voi, se volete essere consacrati al Signore. Perché loro stanno cercandosi la fidanzata, voi no, l’avete già scelta la vostra fidanzata. Un ragazzo che avesse la fidanzata, per parlarci chiari, non va in giro con una compagnia mista senza la sua fidanzata, altrimenti la fidanzata se ne offende, no? Perché? Perché ormai lui l'ha già scelta la sua fidanzata. El dixe: "Se te vien anca ti vegno, e se no no!". E lei dice: "Varda, se te me lassi che vegna anca mi, se no no"; non gradisce. Non so se sia così l'abitudine del mondo; penso che sia così. Voi che siete... cioè "ex" del mondo... Ora, state attenti, cosa ne viene di conseguenza? Amici, continuiamo la lettura. "Così nella vita - seguendo il paragone - dovendo servire la vita allo spirito, sarà necessario: primo... - e qui ho raggruppato due tre punti, vero? - continenza della carne in tutti i suoi appetiti, in tutti”.

MO348,10 [30-04-1971]

10 Se io vivo per l'eternità, se la vita deve servire per lo spirito e per l'eternità, io devo avere il controllo della carne in tutti i suoi appetiti, e ho sottolineato "in tutti" due volte. "Continenza della carne in tutti i suoi appetiti, in tutti”, sottolineato due volte.
Voi capite che la carne ha i suoi appetiti, niente da fare. È inutile adesso che ve li ripeta, perché voi sapete molto meglio di me queste cose e le conoscete bene. Ha i suoi appetiti, è una lupa "che dopo il pasto ha più fame che pria". E perciò io, se voglio essere coerente, devo dare alla carne l'olio necessario, ma non oltre. Perché anche il motore, se non ha una miscela regolata giusta, non va bene. È inutile che io dica: "Do benzina di più"; se non c'è proporzione giusta fra aria e benzina - dico male, signor tecnico - non va bene. Ora, anche la mia carne, la mia carne ha degli appetiti e ha degli appetiti che in sè sono buoni alcuni, no? Il gusto, la fame... ma è un appetito buono; è un gusto vedere, la mamma se la gode vedere un fiolo che magna de gusto. Xe giusto, no? 'Na mamma che vede el fiolo che magna de gusto: "Ma varda che belo!". Qualche volta un papà che vede un toso che varda, che smissia la minestra, 'na roba non ghe va, quell'altra non ghe va... Ma el ghin soffre el mal de fegato, tante volte ghe vien la fegatite a un papà, a una mamma, che vede un figlio non mangiare di gusto. Xe vero, don Matteo, che è così di solito? Sei oggetto di studio, non oggetto di... Ora, attenti, chiaro: un appetito... Avere il gusto, il gustare le cose, il dire che le xe bone, questo xe da omeni. Non è da santi, per niente; io non credo che sia santo uno che dixe: "Oh, sta roba qua... oh... oh, roba del diavolo, roba del diavolo... oh, roba...". I ghe porta un polastrello arrosto: "Oh...". Tutto: “Paradiso, paradiso!”. Bauco! "Per aspera ad astra", come xela, là? "Per aspera ad astra"; accetta questa cosa aspra, de magnare el polastrelo, e va in Paradiso “ad astra”, vero? Amici miei, questi appetiti della carne, il desiderio di sentire, il desiderio... sono buoni. Però, amici, attenzione! Andare a mangiare è una cosa, e il venir fuori dal pranzo e il dover fare come Nerone, che doveva metterse el deo in boca, è un'altra, vero. Capite chiaro. Perché anche la natura stessa ti segna il troppo pieno e ti fa soffrire dopo. E lo spirito naturalmente, quando il corpo è... Anche la macchina stessa, quando la xe ingolfà, non la va; stessa macchina, stesso motore, quando la xe ingolfà non va. Ora, bisogna che stiamo attenti che anche il nostro corpo, se noi gli diamo tutto il necessario, va bene; ma c’è una misura, oltre la quale, lui recalcitra, e noi siamo responsabili dei ritardi che avremo nel raggiungere la meta, se il motore si è ingolfato. Siamo responsabili se non facciamo rifornimento, e siamo responsabili se ingolfiamo la macchina. Ora, per una macchina bisogna stare attenti che ghe sia olio, che ghe sia benzina, bisogna stare attenti che la miscelazione sia buona perché sennò non se corre, la macchina non rende, se dixe, la macchina non rende. E per il nostro corpo queste cose, no? Ma se la macchina deve servirmi per andare a Milano, il corpo deve servirmi per andare in Paradiso, che è un viaggio ancora più lontano. È chiaro? E se per la macchina devo avere queste cure, perché non le devo avere per il mio corpo?

MO348,11 [30-04-1971]

11 Ora, ecco, prima cosa perciò: "Continenza della carne in tutti i suoi appetiti". Voi capite che qui ci si potrebbe fermare e tirar fuori, andare al particolare, tirar fuori dove che, purtroppo... Qui è facilissimo sbagliare. Guardate, credo che nessuno di noi, nessuno no di voi, di noi, può dire di non aver sbagliato ieri. Perché io, facendo l'esame di coscienza anche ieri ho detto: "Sì, ho sbagliato una, due, tre, quattro, cinque volte in queste cose qua”. Mentre ieri sera me le guardavo, ho detto: "Guarda, io domani mattina devo parlare di queste cose qui, e purtroppo non passa giorno che io stesso non manchi su sta roba qui".
Secondo: "Continenza della mente in tutti i suoi desideri". In tutti! Io vorrei che ciascuno di voi avesse la forza di dire: "Prendo in mano questo schema qua e mi metto da solo a Bosco dinanzi al tabernacolo a fare un po' di deserto". E cominciassi a dire: "Oh, vediamo un po', io ho diciotto, vent’anni. No, mi ghi n'ho de più, - el ga dito don Giuseppe - vent’anni, ventuno, ventidue; ho avuto continenza della mia carne? Ho avuto continenza della mente in tutti i suoi desideri?". Ora, scusami tanto, se tu devi andare in cima alla casa per saldare una grondaia, perché vuoi portarti su l'incudine, il martello, la fresa, il tornio, el trapano, eccetera. Ma te si matto, vero. Porta su el saldatore e un po' de stagno; giusto, no? Ora, se io son diretto verso il Paradiso, perché voglio desiderare de portarme drio... - "omnia mecum porto", vero - tutti i miei capricci di testa e tutto quanto: "Io devo sapere, devo conoscere, devo qua, devo là". Ma, scusa, se vai a saldare una grondaia, portati via il saldatore; vuto portarte via la biblioteca intera insima alla casa? Vuoi portarti via l'officina intera? Ma, scusatemi, cosa direste voi se il nostro carissimo diacono Vinicio, per andare a saldare una grondaia qua in cima, cominciasse lui e Mariano e Luciano a fare una andaora - sapete cosa sono le andaore, no? Caso mai don Zeno ve lo spiega - che partisse dall'Istituto San Gaetano, da in fondo là, con tanto di... larga dieci metri, con un parapetto a destra e a sinistra, che va su per qua e va finire verso la strada, là le paludi, in modo da potere andar su da una parte e giù dall'altra, e che cominciasse a portar su... Intanto, prima di tutto può piovere e allora ghe impiantemo 'na casa prefabbricata in cima; dai! Un quindici, venti giorni per fare una casa prefabbricata, magari cinquanta metri per venti, in modo da essere sicuri che se piove... Pol vegnere el vento, vero; armemola bene, eccetera. Giù giù... Può essere necessario, vero... E allora portemo su 'na fresa, el tornio, eccetera, eccetera, eccetera. Scusatemi, io penso che basterebbe una cosa di questo genere qua per aprire un manicomio internazionale. È impossibile, no?

MO348,12 [30-04-1971]

12 Eppure guardate che se esaminiamo bene, qualcuno che è diretto a andar prete sta preparando qualche volta, è preoccupato di preparare una andaora e andar su col camion rimorchio e metterci su un'officina, mentre che interessa, specialmente interessa il saldatore, el stagno, interessa 'na bella corda, perché se per caso capita che te sbrissi, te sippi ligà, interessa... pòrtate su anche un sigaro, se te vui portarte su, portate su un panino, portate su anche un fiaschetto de Frascati, se te vui, ma portate su, insomma, il necessario, portate su 'na lima, che se xe da limare 'na s-cianta, portate su un saldatore de scorta, ma portate su quelo che prevedi che possa esserci necessario, vero, per lì... Portate su anche un'ombrella se per caso piove... ma più de là no, no 'na casa prefabbricata. Ora, i nostri desideri devono essere selezionati in vista del lavoro che abbiamo da compiere. Tutto qua.
Io ho una missione da compiere; la mia vita è mezzo, non è fine; e se è mezzo che mi dirige all'eternità, io devo selezionare tutti i miei pensieri, diretti verso là, preparando verso là. Mi dispiace che il tempo è corso stamattina, pazienza! Ma voglio finire; altri due, tre minuti. Terzo: "Continenza del cuore in tutte le passioni che sanno di umano". Qui si potrebbe ripetere il discorso, no? "Continenza del cuore in tutte le passioni che sanno di umano". E voi capite che le passioni per sé sono come un fuoco; il fuoco per sé non è cattivo. Guai se non ci fossero delle passioni in noi. Ma non voglio andar più avanti col ragionamento, perché altrimenti i professori, Giorgio e compagni, professori di filosofia, eccetera, podaria dire: "No, xe sbaglià qua, xe sbaglià là...". Comunque le passioni per sé sono buone. Ma quando le passioni sanno troppo di umano... C'è l'obbligo di amare, il Signore vuole che ci vogliamo bene; ma se facciamo un passo più avanti... Questo benedetto cuore! Guai se non avessimo il cuore! Non avremmo neanche il Sacro Cuore di Gesù, no? Sarìa un disastro; non ghissimo il cuore, non ghe saria gnanca el Sacro Cuore di Gesù... cosa farissimo il primo venerdì del mese, no? El saria un disastro, no? Ora, se non avessimo il cuore... Guardate: dall'amore, dall'affetto, perché il cuore è il simbolo dell'amore, no, simbolo della carità, cosa è venuto fuori. Dio ha amato gli uomini... Guardate che atto di amore! Guardate i santi, guardate la nostra buona mamma, la Madonna! Però, però, se questo cuore non è divinizzato, se questo cuore non è regolato, se questo cuore si ingolfa...

MO348,13 [30-04-1971]

13 Avanti! E qui invece c'è una cosa positiva. Qui c'è continenza, tre continenze, no? Praticamente: della carne, dei pensieri e del cuore. E poi, qui ci sarebbe da fare un volo pindarico, ma ci vorrebbe un santo per farlo; caso mai, qualcuno qua... Battista o qualche altro potrebbe farlo in altre circostanze...
“Illimitato invece sia lo slancio verso le passioni che sono del cielo”. Se c’è una continenza da una parte, no, però ci deve essere una roba, invece che deve essere slanciata. Come uno che ha la passione dei cavalli o ha la passione de pescare... per noi ci dev'essere una passione che domina. Se io devo contenere la carne, la mente, lo spirito, proprio un lavoro che devo fare, e anni e anni e anni di lavoro, perché devo avere in mano io la briglia di questi cavalli, no, però c'è una cosa dove io devo potenziare, dove devo spendere capitali, devo spendere capitali. Come Grassetto aveva fatto l'ippodromo, eccetera, aveva questa passione, che da lontano telefonava per vedere come che la va e non la va... anch'io questa passione, e cioè, la passione, vero, del cielo. E cioè: "Illimitato sia lo slancio verso le passioni che sono del cielo, e cioè: amore di Dio e del prossimo". "Amore di Dio e del prossimo". Amore di Dio: e qui si potrebbe fare un'altra meditazione, a Bosco. E del prossimo: no perché si canta: "Dov'è carità e amore". Amore del prossimo vuol dire: non criticare il prossimo; vuol dire: se tuo fratello ha qualche cosa, le braghe rotte, ciaparlo a brassetto e dirghe che el ga le braghe rotte; se tuo fratello è fuori di strada, dirghe una buona paroletta, e magari ti far digiuno e penitenza per tuo fratello. Amore vuol dire aiutare, cari, vuol dire dare sangue, del proprio sangue al fratello. Non è amore mettersi davanti al fratello: "Varda che bello che te sì! Ah come ti amo!", cioè: "Come mi amo, perché guardando te godo io". Non è amore. Uno che ama gode anche di questo, ma non è questo l'amore. L'amore è dare, è aiutare. Amore non è con quello solo perché ti è simpatico; amore è verso i fratelli... Logico, tu vai d'accordo con quello e nessuno ti proibisce, però attento che c'è anche quell'altro fratello. E forse, se io chiedessi a ciascuno di voi: "Per piacere, qual è il tuo fratello più antipatico?". Ognuno di voi, cominciando da me, dovremmo dire: "El più antipatico, quello che fasso più fadiga l'è el tale". Beh, quante volte preghi per quello? Preghi almeno ogni quindici, venti giorni per quello?

MO348,14 [30-04-1971]

14 Secondo: "Volontà di servire Dio e il prossimo".
Ecco l'amore positivo. Proprio il desiderio proprio di servire Dio, di fare quello che vuole Dio, di fare la volontà di Dio. E nel prossimo: proprio... se fosse necessario andare a piedi fino nella luna, se fosse possibile, per salvare un'anima. Eccolo qui: desiderio ardente di servire Dio, ecco l'amore, Dio e il prossimo. E ultimo: "Obbedienza assoluta alla parola di Dio ed eroismo nel bene e nelle virtù". Forse si potrà rileggerla ancora sta roba qua, no, una volta o l'altra, potremo rileggerla fermandoci un pochino di più. Stamattina bastava questo: dare un'idea. E cioè, l'idea era questa: la mia vita è fine o è mezzo? È mezzo per raggiungere l'eternità. E se è mezzo per raggiungere l'eternità, io devo dare tutto il mio interesse, tutto, per lo spirito; e la vita devo curarla come curo la piegatrice, so io, la brossuratrice, eccetera, in vista del libro che ha da venir fuori. E invece purtroppo tante volte siamo portati tutti a interessarci della nostra macchina e non interessarci invece del libro che deve venir fuori. Poco varrebbe che una macchina fosse dorata, come vorrebbe il signor Vinicio dorare la sua, o poco varrebbe che arrivassimo sopra la casa col tornio, fresa, rettifica e tutto quel che vuoi, e al momento di saldare non avessimo un po' di stagno e un semplice saldatore. Sia lodato Gesù Cristo!