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LA PRATICA DELLAVIRTÙ DELL’UMILTÀ

MI281 [04-11-69]

4 novembre 1969 Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell’Immacolata. Don Ottorino, prendendo lo spunto dal libro di P. Matteo SS.CC. “Ritiro sacerdotale”, parla a lungo della virtù dell’umiltà, della sua natura e dei mezzi pratici per acquistarla. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 25’.

Nelle vecchie macchine fotografiche da studio, tra l’obbiettivo e la lastra c’era una specie di mantice di pelle simile a quello delle fisarmoniche o degli organetti.

Era una somma considerevole per quei tempi, anno 1936, quando don Ottorino si trovava nel seminarietto della cattedrale come prefetto dei giovani seminaristi. La somma era rilevante anche perché ciò che il papà e la mamma riuscivano a guadagnare era appena sufficiente per le spese della famiglia, senza riuscire a pagare la retta del seminario per il figlio che con il tempo era andata sommandosi originando quel debito.

MI281,1 [04-11-69]

1. 1. L’umiltà è sincerità davanti a Dio
Sia lodato Gesù Cristo! Parlando di umiltà qualcuno potrebbe obiettare: “Non è una cosa un po’ sorpassata questa benedetta umiltà? Non è una virtù d’altri tempi e che avvilisce la persona umana?”. Mi pare, invece, che l’umiltà faccia più grande la persona umana, purché si abbia il coraggio di affrontare la sua realtà. Del resto, ricordo quando un tempo i fotografi erano più artisti e si andava da loro per una foto. Forse voi non ricordate, ma impiegavano tanto tempo per preparare la posa. Ricordo Ongaro di Santa Lucia: ti collocava sulla sedia, ti pettinava, ti metteva in posizione adatta, ti sistemava: “Un po’ più in qua il naso, un po’ più in qua... un po’ più in là...”. Poi, a un dato momento, scattava ‘l’organetto’ e veniva fuori la fotografia.Ma quanta preoccupazione per ottenere un buon risultato, per metterti in un atteggiamento tale che potesse fare bella figura anche lui come fotografo! Mi pare che dobbiamo considerare l’umiltà come un atteggiamento giusto e sincero dinanzi a Dio. È un atteggiamento che dobbiamo avere dinanzi a Dio, è verità, è apparire come siamo, è non metterci tante pomate sul viso, truccarsi con tanto rosso, verde, celeste, ma apparire con la bellezza naturale che abbiamo, come Dio ci ha creati e anche con le miserie che noi vi abbiamo messo sopra. Se uno ha la gobba, perché nasconderla? Se uno è un po’ sporco, si presenta com’è dinanzi a Dio; del resto mi sembra che questo sia un atteggiamento naturale. Se, per esempio, io ricevo una dono da una persona... Come quel giorno che monsignor Rodolfi mi ha mandato a chiamare e mi ha detto: “Senti, che debito hai con il seminario?”. “Tremiladuecento lire”. “Ebbene, oggi alle tre vieni in stanza mia perché ho da parlarti”. Sono andato nella sua stanza - questo giovane chierico di prima teologia che si presenta nella stanza del grande Rodolfi! - e il vescovo mi ha consegnato una busta, che mi pare ancora di vedere, senza alcuna intestazione, con scritto sopra in matita “3.200 lire”: “Prendila, consegnala a don Giovanni Zilio, all’economo, e non dire che è stato il tuo vescovo”. Sono rimasto confuso nel vedere che il vescovo mi consegnava quella somma, e mi manifestava l’amore in una forma così concreta pagandomi tutti i debiti. L’avrei abbracciato; mi sentivo più piccolo, non perché mi fossi nascosto sotto terra, ma perché vedevo lui grande, lo sentivo più grande, più buono...

VIRTÙ

umiltà

ESEMPI umiltà

Nel testo registrato don Ottorino usa un termine dialettale molto sonoro e plastico: “stravacà”.

L’iconografia tradizionale, soprattutto statuaria, dal settecento in poi, rappresentava il santo con l’abito del novizio gesuita, portante tra le braccia il crocifisso e il giglio, e spesso erano presenti anche un teschio e il flagello, segni penitenziali. La figura era in genere atteggiata ad un misticismo languido e sdolcinato, da sembrare quasi innaturale e oggi risibile.

MI281,2 [04-11-69]

2.Questo è l’atteggiamento di umiltà: riconoscere chi è Dio. Ricevo una grazia? Vedo in essa la grandezza e la bontà di Dio. Considero il mio peccato? Vedo la mia cattiveria e la bontà di Dio che mi perdona. Non è dunque un atteggiamento di andare a nascondermi sotto terra perché non sono degno di essere uomo. È vero: io sono stato cattivo, ho disonorato l’umanità con il mio peccato.
Supponiamo che uno di voi, uno della Casa dell’Immacolata, a un dato momento commetta una porcheria, ammazzi una ragazza. Certamente disonora la Casa dell’Immacolata e dovrebbe dire dentro il suo cuore: “Non sono più degno di appartenere a questa casa!”. Noi tutti abbiamo peccato e questo dovrebbe portarci a conoscere questa realtà: chi è Dio, chi siamo noi, che cosa vuol dire peccare, che cos’è il peccato. Amici miei, questo atteggiamento di umiltà è necessario per essere, vorrei dire, naturali, persone che si presentano con la propria bellezza naturale e non truccati. 2. L’umiltà nella preghiera Questo atteggiamento di umiltà dinanzi a Dio dobbiamo manifestarlo specialmente nella preghiera, quando ci presentiamo a pregare, perché questo atteggiamento di umiltà davanti a Dio ci darà un colore diverso, un comportamento anche esteriore diverso. Ci porterà, per esempio, a fare bene la genuflessione perché sentiamo il bisogno di piegare il ginocchio dinanzi a Dio e dirgli: “Signore, io credo che tu sei il mio Signore; ti adoro, Signore; ti domando perdono dei miei peccati; ti amo, Signore”. La genuflessione diventa così un atto di adorazione, di ringraziamento e di amore. Se abbiamo un atteggiamento di umiltà, sentiamo il bisogno di fare bene il segno della croce dinanzi a Dio, che vediamo dinanzi a noi, per dirgli: “Signore, io credo nell’unità e trinità di Dio, credo che tu mi hai redento e con il tuo sangue hai lavato le mie macchie. Ti credo presente nel tabernacolo, nella sacrificio della Messa. Credo, Signore, nel Padre, Figlio e Spirito Santo”. Sentiamo il bisogno, anche durante le funzioni, di tenere un atteggiamento devoto dinanzi all’Altissimo che è presente. Non siamo preoccupati di quello che può dire un vicino, o del sorrisetto che può venire da destra o da sinistra. La nostra preoccupazione è quella di restare dinanzi a Dio, perché si sente di essere dinanzi a lui. Perciò il nostro atteggiamento non deve essere né affettato né disordinato: non si deve essere messi in una posizione scomposta, ma neanche con la testina storta da San Luigi Gonzaga, poiché il costume adesso è cambiato un pochino. Tutto deve manifestare quello che si è, come ci si sente dinanzi a Dio.

VIRTÙ

umiltà

DIO bontà

di...

PECCATO peccatore

ESEMPI peccato

PREGHIERA

EUCARISTIA adorazione

EUCARISTIA S.Messa

EUCARISTIA comunione

MI281,3 [04-11-69]

3. 3. L’umiltà nel servizio apostolico
Amici miei, mi pare che questo atteggiamento umile sia necessario per i nostri rapporti con Dio, ma anche per la missione che stiamo svolgendo nella Chiesa. Dobbiamo essere umili, come prima cosa, perché Dio ci vuole così, cioè sinceri, pieni di riconoscenza e di amore, non con la testa piegata fino a terra, ma in atteggiamento di umiltà e di verità, di verità davanti a lui. Però, amici miei, è necessario che questo atteggiamento scaturisca dall’intimo del cuore per il vostro apostolato. Quando qualche volta dico che dobbiamo essere preti-preti, e anche i diaconi devono essere preti-preti, cioè persone che devono manifestare il Cristo, guardate che il colore del Cristo lo si prende specialmente in questo atteggiamento di verità davanti a Dio; cambiamo la parola, e invece di dire umiltà diciamo verità. Se dinanzi a Dio abbiamo questo atteggiamento di verità, noi prendiamo il colore di Dio, altrimenti siamo dei commedianti che facciamo la commedia anche quando celebriamo la Messa, anche quando celebriamo le funzioni sacre, e così non convertiremo le anime. La prima cosa che le anime richiedono da noi è la nostra vita: devono sentire un passaggio di vita che giunge loro da Dio attraverso di noi, ma ciò non avviene se non saremo in questo atteggiamento di verità. Bisogna proprio sentirsi creature di Dio, pieni di gioia perché abbiamo ricevuto la grazia del Battesimo, pieni di gioia perché abbiamo ricevuto il sacramento dell’Eucaristia, pieni di gioia perché siamo religiosi, pieni di gioia perché siamo sacerdoti o diaconi.

VIRTÙ

umiltà

APOSTOLO missione

SACERDOZIO prete

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

APOSTOLO salvezza delle anime

GRAZIA Battesimo

CONSACRAZIONE religioso

Cfr. Lc 1,49.

È chiaro il riferimento alla storia del re Davide che fece ammazzare Uria per prendergli la moglie Betsabea, come è narrato in 2 Sam 11.

Don Ottorino, nominando Zeno Daniele che era una vocazione adulta, si riferisce evidentemente ai religiosi che erano entrati in Congregazione dopo una esperienza di vita nel mondo.

Nel testo registrato c’è a questo punto una prolungata interruzione.

MI281,4 [04-11-69]

4. 4. L’umiltà riconosce i doni di Dio in noi
Ecco l’atteggiamento fatto di profonda umiltà, ma nello stesso tempo di gioia per la nostra grandezza. “Fecit mihi magna qui potens est”: la Madonna sente di essere umile, di essere piccola, ma sente anche di essere grande. Ecco il vero cristiano, il vero religioso: si sente piccolo, ma anche grande. Il Signore ha scelto me povera creatura, e mi ha fatto re. Io riconosco di essere un piccolo pastorello come Davide, ma di essere anche re, perché Dio nella sua bontà ha scelto me fra i miei fratelli e mi ha messo sul trono. Questa, se non sbaglio, mi pare sia l’umiltà, insomma. Umiltà è sentire che senza merito mio, senza nessuna benemerenza da parte mia, ho ricevuto il dono di essere re. Avrò poi collaborato, ma quando lui mi ha chiamato traendomi fuori dal gregge per farmi re, quello è stato un dono: il Signore mi ha dato le grazie e io le ho trafficate, e lo riconosco. Riconosco anche di averne perse tante; forse mi sarà capitato anche - spero di no! - quello che è capitato al re che ha ammazzato un suo soldato per prenderne la moglie.Spero che questo non sia capitato, e speriamo, caro Zeno, che qualcosa di simile non sia capitato a coloro che sono vissuti fuori nel mondo,perché il peccato porta sempre in sé una malizia simile, anche se è una bugia o una mancanza di riguardo dinanzi all’Eucaristia. Però tutti, come Davide, siamo stati presi dal gregge, cioè eletti gratuitamente, e perciò collocati gratuitamente sul trono. Il Signore ci ha posto in alto; lì noi abbiamo collaborato con i doni che il Signore ci aveva dato, e perciò è verità se abbiamo collaborato con la grazia di Dio, però riconosciamo che anche nel posto in cui ci troviamo abbiamo mancato, non abbiamo corrisposto: ecco l’umiltà! Vi chiedo, in nome di Dio, di prendere sempre più coscienza della responsabilità che abbiamo come Congregazione. E allora aveva ragione il vescovo di Crotone quando diceva la prima volta che siamo andati laggiù: “A me basta che i suoi religiosi vengano qui, che girino per la spiaggia, per la città, in chiesa: questo solo! Infatti se si mostreranno credenti, con il loro atteggiamento porteranno una infezione a Crotone, un rinnovamento. E questo solo venendo qui a passeggiare e andando in chiesa”. Credo che il vescovo di Crotone avesse ragione.

VIRTÙ

umiltà

MARIA modello

CONSACRAZIONE religioso

DIO bontà

di...

APOSTOLO chiamata

Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del libro di P. MATTEO SS.CC., Ritiro sacerdotale, Direzione Generale Intronizzazione, Grottaferrata (Roma) 1958. Le citazioni sono prese dalle pagine 41-42, e vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.

Nel testo l’autore indica che la citazione evangelica è tratta da Mt 26,63.

MI281,5 [04-11-69]

5.In qualsiasi posto vi presenterete un domani, anche se non farete prediche, ma il vostro atteggiamento in chiesa sarà quello di anime devote, se il vostro atteggiamento esterno sarà misurato, sereno, tranquillo, senza barzellette e stupidaggini che non convengono a religiosi o cose che corrono sul filo del rasoio, cioè sereni e allegri, ma non più in là, questo atteggiamento sarà la prima predica, il primo mezzo per la conversione delle anime. La Congregazione deve dare questa attestazione, e voi, singolarmente, avete la responsabilità di darla.
5. L’umiltà si acquista con l’esercizio Amici miei, procedamus! Adesso cominciamo la meditazione. Abbiamo visto che per praticare l’umiltà ci sono due mezzi. Il primo, e mi pare che l’abbiamo trattato, riguarda l’obbedienza. Adesso ci sarebbe il secondo, del quale non abbiamo ancora accennato. «Il secondo metodo per respingere le ondate di orgoglio e per imparare la lezione dell’umiltà quale sarà? domanderete voi. Ed io a mio volta vi domando: come si apprende una lingua? Praticandola, ed anche storpiandola sovente, fino a dominarla perfettamente. E vi si arriva. Fate altrettanto con la lingua difficile per eccellenza dell’umiltà. Io vi dico: imparate ad essere umili, umiliandovi. Le occasioni abbondano nei rapporti con i vostri Superiori e fra di voi. Voi ne troverete ogni giorno, se voi volete corrispondere alla grazia. Sopportate in silenzio un riprensione che una spiegazione potrebbe deviare: “Jesus autem tacebat” ». Non si tratta di dire: “Faccio sempre silenzio”, no! Si tratta qualche volta di saper dire: “Adesso voglio fare un sacrificio, voglio fare un atto di umiltà!”. Voi direte: “Sono ancora valide queste cose?”. Amici miei, Gesù ha passato quaranta giorni nel deserto, Gesù è rimasto nell’orto degli ulivi prostrato per terra, Gesù durante la sua vita pubblica fu umiliato. La Madonna a Lourdes chiese a Bernardetta: “Mangia quell’erba! Lavati in quell’acqua!”. Qualche atteggiamento anche esterno di umiltà è necessario. Se adesso non vi è richiesto quello che era richiesto ai fratelli e ai frati di un tempo: cappelli a zero, un saio di sacco, eccetera, però un atteggiamento interno di umiltà lo dovete avere. Se, per esempio, qui in chiesa non ci imponiamo più atteggiamenti esterni di umiltà come ai primi tempi quando ci prostravamo per terra, tuttavia avete una stanza nella quale potete farli ancora, e non siete dispensati dall’abbassare la vostra testa dinanzi a Dio. Qualche atto di umiltà ci vuole assolutamente, sia che si tratti di un atteggiamento del corpo, ma specialmente dello spirito.

APOSTOLO testimonianza

DOTI UMANE

CONGREGAZIONE

CONSACRAZIONE religioso

VIRTÙ

umiltà

GESÙ

Via Crucis

“Le malattie si curano con i rimedi contrari”: è un principio della medicina classica, che si oppone o forse si completa con il principio della medicina omeopatica che dice: “Similia similibus curantur”, cioè: “Le malattie si curano con rimedi simili”.

MI281,6 [04-11-69]

6. 6. La superbia è peggiore del peccato impuro
Qualche volta bisogna dire: “Adesso ci penso io: poiché tante volte il mio orgoglio ha voluto dominare, tante volte io voluto essere orgoglioso, ora faccio un atto di umiltà”. Una volta ci insegnavano in latino: “Contraria contrariis curantur”, per cui qualche volta bisogna purtroppo premere sopra questo orgoglio, sopra questo io che vuole dominare. Guardate quali disastri provoca qualche volta l’io quando, a un dato momento, una persona prende il proprio orologio come termine di riferimento! Quante volte noi ci troviamo, ve ne accorgerete quando sarete più vecchi e avrete l’occasione di sperimentare, dinanzi a persone che hanno come termine di giustizia, come termine di giudizio il proprio io! Fanno compassione, vi assicuro, fanno compassione, molto più di una creatura che si è corrotta con le donne o con il peccato impuro, perché questa, dopo aver commesso il peccato, dice: “Sì, lo riconosco... vedo anch’io che sono un animale e che non dovrei fare così. Mi pento, sento la mia debolezza, sono incapace di emendarmi”. Invece quel tale, che è pieno di se stesso e ha messo come termine di paragone il proprio io, non si pente. Ci vorrebbe proprio un miracolo di Dio, bisognerebbe che capitasse qualche disgrazia, e chissà! Quello ha sempre ragione lui, al centro c’è lui! È come uno che ha un orologio. “Che ora fa il tuo orologio?”. “Le otto”. “Sbagliato! Il mio è esatto!”. A un altro: “Il tuo orologio, che ora fa?”. “Le nove”. “Sbagliato!”. Il suo orologio e solo quello è l’orologio che va bene. Guardate che a questo si arriva un po’ alla volta. Non voglio fare nomi, ma potrei farvene e citarvi casi, e mostrarvi proprio con l’esperienza che quello che vi dico è vero, ma la carità cristiana me lo impedisce. Vi assicuro - fidatevi un pochino in questo caso dell’esperienza di uno che ha più di cinquant’anni - che l’orgoglio è il veleno più forte, la disgrazia più grande che vi possa capitare nella vita.

VIZI superbia

VIRTÙ

umiltà

CONVERSIONE pentimento

ESEMPI orgoglio

Il riferimento è a Giampietro Fabris, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso teologico.

Il riferimento è a Marco Pinton, alunno del l° anno del corso teologico, che all’epoca veniva dato nella Casa dell’Immacolata.

MI281,7 [04-11-69]

7.Supponiamo che ti succedesse, Fabris, di dover perdere la testa per una donna e tu non te ne accorgessi e continuassi ad andare con lei, a fare porcherie con lei, e tutta la gente di Vicenza lo sapesse. “È una grande disgrazia”, tu diresti, e ti vergogneresti di restare a Vicenza. Supponiamo invece che ti capitasse quest’altra disgrazia, quella di essere ubriacato dall’io: tu non te ne rendi conto, ma sei commiserato molto di più perché tutti ti compatiscono, e tu non te ne accorgi. Questa è la disgrazia più grande che possa capitare a uno di voi. Vi auguro che non vi capiti alcuna disgrazia nel campo morale, ma se ve ne dovesse capitare qualcuna nel campo della superbia, sarebbe peggiore di qualsiasi altra in campo morale, perché in questo c’è la speranza che a un dato momento vi battiate il petto o per lo meno, dopo il peccato, vi confessiate, mentre per la superbia non vi confessate e continuate ad andare su una linea divergente sempre più lontano dalla meta.
Voi direte: “Ma come?”. Guardate che di superbia siamo pieni tutti; guardate che, cominciando da me, siamo tutti pieni di superbia, e tutti cerchiamo il trionfo nel nostro io, tutti cerchiamo di essere lodati, tutti cerchiamo di coprire le cose che non sono andate bene! È inutile, Marco, che mi guardi meravigliato; le cose stanno così! È vero o non è vero? E allora, che cosa dobbiamo fare? Vigilare, vigilare, vigilare, e naturalmente, almeno qualche volta, prendere questo benedetto io e piegarlo dinanzi a Dio. Tante volte il nostro io ha voluto alzarsi, perciò bisogna fare qualche atto volontario e abbassarlo, bisogna saper trangugiare qualche volta. Capita una piccola umiliazione: per esempio, mentre si sta discutendo con un confratello, si dice: “Era così!”. “No, era così!”. “Signore, offro a te questa contraddizione”. Ieri mi è capitato un caso con una persona. Io dicevo: “L’anno scorso eravamo d’accordo così”. “No!”. “Mi pare di sì!”. “No, no, no!”. Avrei potuto portare le prove... costa trangugiare, costa, ma qualche volta bisogna farlo.

VIZI superbia

VIRTÙ

umiltà

Il riferimento è a don Giuseppe Rodighiero, che all’epoca si trovava nell’anno di noviziato.

Ruggero Pinton stava completando all’epoca il corso teologico presso il seminario vescovile.

MI281,8 [04-11-69]

8.Quando vi dico che ogni giorno bisogna fare qualche piccolo sacrificio, il sacrificio più grande è questo. Abbiamo imparato a fare quei famosi fioretti come non mangiare una caramella, ma questo è il fioretto che bisogna fare, come saper dire qualche volta: “Adesso non è proprio necessario ribattere; rinuncio un pochino alla mia opinione, rinuncio a qualcosa, e l’offro al Signore”.
Non so, don Giuseppe, sei d’accordo o no? Sono forse fuori strada? Mi pare che un controllo di noi stessi sia necessario, perché il nostro io ci porta fuori strada. La nostra superbia è il più grande nemico che abbiamo in casa e ci può rovinare anche sul piano umano; anche la gente che lavora sul piano umano si rovina con la superbia perché, chi è pieno di se stesso, anche umanamente parlando non è ben visto, è compatito: lui crede di essere sul piedistallo, ma è compatito anche sul piano umano. L’umile, e quando dico umile intendo la persona semplice, la persona buona, la persona che riconosce i propri sbagli, è simpatico, viene sempre accettato. L’umiltà è una virtù che bisogna conquistare, e l’acquisto di una virtù costa fatica, figlioli miei. Rendetevi conto che costa fatica anche l’acquisto delle virtù umane. Credete che caschino dal cielo? Per imparare a suonare voi dovete fare ore e ore di prove. E vorreste che le virtù venissero giù dal cielo da sole? Caro Ruggero, è inutile che tu mi guardi! Bisogna che ci convinciamo che è molto più difficile divenire umili che imparare a suonare il violino o la chitarra o il tamburello, o imparare una lingua. Per la lingua, per il suono e per le altre cose dedichiamo ore e ore di esercizio, e per la virtù proprio niente? Vogliamo che scenda dall’alto, così, senza fatica? Ah, amici miei, non c’è niente da fare: la virtù bisogna conquistarla. I santi le hanno conquistate le virtù! È inutile che mi guardi, caro... Leggiamo.

PENITENZA sacrificio

VIZI superbia

SOCIETÀ

VIRTÙ

umiltà

MI281,9 [04-11-69]

9. 7. L’umiltà è indispensabile per il ministero
«È praticamente così, facendosi violenza, che si acquista la dolcezza e l’umiltà del cuore, virtù indispensabili per voi stessi e per il vostro ministero sacerdotale». È facendosi violenza che si acquista la virtù. Ti verrebbe voglia di scagliarti contro quel compagno perché ha fatto quella cosa, e invece fai un atto di dolcezza. Ah, guardate che qui l’autore parla chiaro: l’umiltà è “virtù indispensabile per il ministero”! Francesco di Sales diceva: “Si prendono più mosche con una goccia di miele che con cento barili di aceto”, ma egli aveva già impiegato ventidue anni per fabbricarsi il miele in casa perché lui era aceto, e di quello buono. Perciò, donandosi al Signore, aveva capito che doveva divenire dolce e paziente per avvicinare le anime: paziente e anche caritatevole perché la pazienza e la carità nascono dall’umiltà. E allora lui ha lottato per ventidue anni ed è diventato il santo della dolcezza. «Le belle teorie noi le sappiamo a memoria, e voi potreste fare delle magnifiche dissertazioni sulla bellezza dell’umiltà, allo stesso tempo che bruciate d’orgoglio. Oh, apprendete per mezzo della pratica quotidiana questa lingua divina!». 8. Conclusione Basta, ci fermiamo qui, quest’oggi. Penso che la mezz’oretta sia passata. Vi pregherei di non lasciarvi abbindolare da certe teorie, da certe frasi che si possono sentire anche fuori di qui dove si dice: “L’umiltà... è ora di finirla!”, e simili. Cercate di capire nel giusto modo che cosa vuol dire essere umili. Quell’atteggiamento che dobbiamo avere dinanzi a Dio, atteggiamento di verità, di amore, di sincerità, ricordatevi che non lo si acquista facilmente. Vi dico: passeranno gli anni e vi accorgerete che quanto più si diventa vecchi, tanto più difficile è la pratica dell’umiltà. Bisogna vigilare, lavorare, dominarsi, agire contro se stessi con qualche atto di umiltà interno ed esterno. E allora preghiamo la nostra buona mamma, la Madonna, che è la mamma della nostra Famiglia religiosa, perché ci dia il colore giusto, ci aiuti ad essere come ci vuole il Signore. Il Signore ci ha chiamati qui perché siamo suoi testimoni, però come ci vuole lui. E allora preghiamo la Madonna che ci aiuti a vincere quelle difficoltà che certamente ci saranno sul nostro cammino.

VIRTÙ

umiltà