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LA SANTA MESSA VISSUTA

MO235[28-03-1968]

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1.Sia lodato Gesù Cristo.
Avete mai provato voi fare una conferenza di sera, con la luce, schema davanti, un bel gruppo di persone e improvvisamente viene a mancare la corrente elettrica, viene a mancare la luce? E vi trovate lì senza luce e senza carta. Pensate un momentino trovarsi lì senza luce e senza carta. Perché se fosse una predica o una conferenza che sapete bene, ma se dovete seguire uno schema... Non vedere le persone, sentire un pochino un certo movimento... Ecco, questa è la situazione di un apostolo che non è in contatto con Dio nella vita apostolica: un uomo che parla con la carta davanti e deve dir su qualche cosa, con la speranza che arrivi la luce. Ora, mettiamoci in contatto con il Signore e domandiamogli proprio la grazia che la sua luce risplenda sempre tutti i giorni della nostra vita, affinché possiamo leggere sempre quello che lui vuole che noi diciamo alle anime. Non so se tu, don Piero, conosci Canton Felice. Lo conosci lo scultore Canton Felice? Ah, povero uomo, hai perso metà della tua vita! Canton Felice è quello che ha fatto le statue nostre: un bravo figliolo. Voleva farsi religioso qui con noi, da noi, ma a condizione però di continuar a fare lo scultore. Ho detto: no! Il fine nostro è un altro, no? Ho detto: "Se tu vieni, se lei viene per darsi al Signore, così... poi può darsi che faccia anche lo scultore”. Mi dispiace, mancano le sedie. Speravo di poter parlare liberamente; niente da fare! Bene, è un ragazzo, cioè un uomo che lavora molto bene, che scolpisce bene, che ha fatto la statua della Madonna, che ha fatto dei gruppi di Fatima a Tremignon, eccetera. Bene! Un giorno sono andato là, mi sono fermato a parlare un momentino e mi ha detto: "Senta, don Ottorino. Galo visto le ultime robette che go fatto?". Perché, sa, xe quelo che el ga fatto anche el busto de mons. Rodolfi, no? Lavora bene. La Via Crucis in chiesa... Uno che lavora benino. Se dixe che el lavora con l'anima proprio, vive quelo che el fa, ghe mette passion. Quello non se farà mai sioro perché lu nol ga corajo de domandare quelo che costa la roba, lui ghe la mette tutta. Lu vol far bene, ma soprattutto fare una roba che viva. El me ga dito: "El senta, don Ottorino. Galo visto le ultime robette che go fatto?". El gaveva i modelli del lavoro ch'el gaveva fatto per Udine, per le suore Rosarie e altra roba così, eccetera. "Galo tempo una s-cianta ca ghe mostro?". El me ga fatto andare dentro in sta stanza di lavoro: polvere de marmo... e in xima a 'ste scansìe 'na statuetta, un'altra statuetta in figura piccola, no, che poi vien riprodotta.

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2.Non so se sia mai capità a voialtri de accompagnare uno così, come che i ghe mostra con gioia, no, quel che i ga fatto... dirìa le loro creature quasi, perché è una cosa che è uscita dalla loro anima. "El varda 'sta Madonnetta qua; ghe piaxela? El varda 'sto Sacro Cuore, quel che go fatto”. El ga fatto el Sacro Cuore anca per Crotone adesso, no? “El varda 'sto Sacro Cuore, el varda ben controluce un pochettin...". Compagnare un artista che te mostra le sue opere xe una cosa veramente spassosa, bella. Anche perché insomma te vedi che mostra qualcosa di suo, no?
Ora, quando si accompagna uno, un artista così, nel suo studio e mostra le sue opere, qual è il sentimento insomma... a meno che non sia Picasso perché allora buxie proprio bisogna dirghene, no, ma se xe fatto bene, se ghe xe delle cose fatte bene, quale deve essere il sentimento primo: una parola di lode par lu, non vi pare, una parola di lode. Supponiamo adesso, andiamo avanti con l'immagine, è logico: "Caro Felice, ma salo che el ga fatto... Bella sta...". "Ghe piaxela? Son contento che la ghe piaxa. Ghe piaxela?". "Ma varda che bella, varda che bella!". E ti fermi a lodare le varie opere e ne lodi in modo particolare due o tre di queste opere. Poniamo che lì... Adesso facciamo un passo che non è successo... che visitando queste opere - di solito sono di gesso, sono di terra i modelli, no? - tu sbadatamente t'appoggi a un posto e ne rovesci una e ne spacchi una. "Felice...". "Beh, nol staga preoccuparse, don Ottorino, la metto a posto". "El scusa salo, Felice". "Ma no!". Prima lo gavea tanto lodà e poi ne spacco una. Insomma mi me confondo, no, domando scusa, eccetera. E lu: "Ma don Ottorino, el lassa stare che la metto a posto". "Sì, ma lu capisse cossa...". Prima d'andar via lu ga visto che ne avevo adocchiata una, l'avevo in modo particolare esaltata e mi vuole regalare un modellino. I sentimenti dunque che mi devono accompagnare nella mia partenza dalla casa di Felice quali sono? Primo: un sentimento di lode, sentimento insomma, insomma... "Felice, el varda, me congratulo con lu, gera un toco che non vegneva qua dentro, me congratulo veramente con lu; el ga fatto delle robe veramente belle. Felice, el me scusa, salo, el me perdona". "Ma don Ottorino...". "Cossa che ghe go fatto!". "Ma nol staga gnanca parlare", no? "E grazie tante, grazie del dono che el me ga fatto".

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3.Questo mi pare che deve essere l'atteggiamento che noi dobbiamo avere con Dio, non vi pare, che dobbiamo essere sempre con il Signore, sempre... ma in modo particolarissimo in un momento che è grande, grande: cioè il momento della Santa Messa, nell'incontro che abbiamo ogni giorno con Cristo nell'altare, non vi pare? Ogni momento della giornata noi dobbiamo sentire il bisogno di cantare le glorie di Dio.
Questa mattina ho chiesto a uno, non dico il nome se no Fernando si arrabbia; ecco, ho detto, fora dalla porta, vero... Non xe mia stà Fernando, vero, non te si mia stà ti... Go domandà: "Ciò, gheto za saludà el Signore?". "Veramente - el ga dito - lo go ringrazià perché ghe xe el sole, - el ga dito - ma me son desmentegà el resto". Intanto è già qualche cosa; dimostra di essere abbastanza cristian, no? Ringraziare il Signore, cioè adorare il Signore, adorare! Primo senso, proprio, di sentire la presenza del Signore. Ieri vedevo qualche confratello che stava là guardando i sassi, i sassetti... la sassonia, l'è rivà a casa con un pacco de sassonia... vero, don Leonzio? Ebbene, che bello che, vedendo queste cose, noi dobbiamo adorare il Signore. Vedete, come entrando nello studio di Felice dobbiamo sentire il bisogno di quasi ammirare Felice là, riprodotto là, no, vorrei dire l'impronta di Felice, l'anima di Felice dentro là, noi in tutte le opere del creato dobbiamo vedere Dio, vedere Dio. Ma passando... Se io, supponiamo, fossi andato a vedere lo studio di Felice e non mi fossi... non ci fosse stato a casa lui. Incontrandomi... "Felice, son andà a casa sua e la sua signora me ga mostrà tutte le opere... Belle, salo! Son veramente contento!". Ecco il mio incontro con il Signore al mattino; il mio primo incontro con Dio dev'essere un inno di adorazione, ma proprio veramente un inno di adorazione. Vedete, il nostro cardinale qua ci parla appunto di questa cosa: che il punto centrale della giornata è questo incontro con il Signore per una rinnovazione nostra. Ora, vedete, noi purtroppo abbiamo l'abitudine di questo incontro. "Ab assuetis non fit passio", dixea quei altri, no? Abbiamo l'abitudine. Ma guardate che dovremmo fare in modo che ogni Messa per noi dovrebbe essere la prima Messa, ogni comunione la prima comunione, la prima Messa e l'ultima Messa, la prima comunione e l'ultima comunione.

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4.Se domani io dovessi celebrare la Messa e sapessi che è l'ultima Santa Messa che celebro e domani sera sapessi di essere già morto, voi capite che quella Messa - ne ho celebrate migliaia di Messe - quella Messa sarebbe diversa dalle altre Messe. Se fosse la prima Messa, fosse l'unica Messa, per esempio, no, che io... Un prete avesse soltanto la possibilità di celebrare una Messa in tutta la vita, soltanto una volta celebrare la Messa, per turno... ah, come si aspetterebbe, come si aspetterebbe quel turno! Se un cristiano, vero, Toni, potesse fare solo una comunione per turno, per turno, come si aspetterebbe quella comunione!
Ora, vedete, fratelli miei, il fatto di poterci avvicinare ogni mattina a lui non deve cambiare niente. Verrà tolta la parte sentimento, ma quella interessa relativamente, la parte, sa, esterna. Per esempio, adesso i nostri cari figlioli che stanno preparandosi al sacerdozio tu vedi che cominciano già a non capire niente. Siamo già rassegnati che per un mese, un mese e mezzo, non capiscono niente; poco capivano prima, vero, e vedo qualcuno, parlo di Luciano Bertelli, vero don Luciano... poco capivano prima, adesso capiscono niente e, dopo neanche un mesetto, capiranno ancora meno, anche perché devono fare il catalogo dei doni che hanno ricevuto nella festa della prima Messa... El distacco, sì, el strappo del distacco. Però, attenti, fratelli miei, state attenti: l'incontro con il Cristo al mattino, dico, lasciamo stare questa parte sentimentale che ci può essere e non essere, questa parte sensibile, no, ma la fede dovrebbe portarci lui presente. Per cui al mattino, quando ci avviciniamo all'altare dovremmo sentire la presenza di lui; e il primo sentimento dinanzi a lui dev'essere proprio un sentimento di adorazione. I cieli e la terra cantano le lodi del Signore, tutto l'universo canta le lodi del Signore, e noi dinanzi a lui dovremmo rivedere tutte le opere di Dio, tutto quello che ha fatto il Signore e sentire il bisogno di prostrarci dinanzi a lui e dire: "Signore, tu sei il mio Dio, tu sei il mio creatore, tu hai creato l'universo, hai creato l'anima mia, mi hai data la grazia; Signore io ti adoro, io ti riconosco per mio Dio, per mio Dio!". Vedete, prima, noi sacerdoti, di celebrare la Messa e prima di fare la comunione dovremmo proprio farlo questo atto di fede: "Mio Dio, io credo!".

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5.Perché sapete quando che ci si presenta a una persona, non è lo stesso presentarsi al caporale o al generale, no, non è la stessa cosa. È giusto sapere dentro l'ufficio chi c'è... Se io vado: "Scusa, chi c'è dentro?". "C'è il generale!". Ah, scusa, non è la stessa cosa. Entrare in un magazzino e entrare nell'ufficio del comandante d'armata non è la stessa cosa. Tu prova vedere un sergente che entra in cucina o un sergente che entra nell'ufficio del suo comandante: tu vedi che si guarda... sa, si presenta al suo comandante!
Ora, noi dobbiamo presentarci dinanzi al nostro Dio e sentire che c'è il creatore dell'universo. Figlioli, quando che io dico: "Andiamo in chiesa, fermiamoci lì, facciamo la cura del sole, mettiamoci lì...". Prima cosa bisogna che pensiamo che è il nostro creatore, il nostro Dio. Guardate, io mi diverto leggere, quando che arriva "Città Nuova", la pagina di Pasolini; la prima cosa che leggo è proprio quella. Perché? Perché più grandi che vedo, vero, le opere di Dio, più le vedo grandi, più vedo che l'è grande me papà, no? Sa... "Me papà, eh!". Cosa ghe gera? "El faxea el carabiniere", el ga dito che l'altro, no? "Me papà, eh!". Sa, el gaveva le tajadele: "Me papà, eh!". Ecco... Più vedo grande l'opera di Dio, più vedo grande l'universo, più vedo le bellezze dell'universo, - anche leggendo la rivista medica, eccetera - più vedo le meraviglie, più sento la grandezza di mio padre. Ecco, bisogna che ci aiutiamo un pochino. Anche, per esempio, quando voi andate su in montagna, quando andate in mezzo ai campi, adesso la primavera che si risveglia un pochino, fermatevi un istante. Quando che avete visto quel cinema che mostrava la natura, no, questi fiori... ma sentite che è nostro padre che ha fatto queste cose! Sentite che quella particola santa che abbiamo in mano o che stringiamo qui dentro di noi è proprio il nostro Dio che ha fatto tutte queste cose, e le ha fatte per noi, le ha fatte per noi. Perciò questo senso di adorazione... Ma bisogna fermarsi, figlioli, bisogna fermarsi e pensare a queste cose qui.

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6.E subito dopo viene l'altro senso, l'altro pensiero che nella Santa Messa ci deve accompagnare: il ringraziamento. Dobbiamo ringraziare. Guardate, fratelli, che forse ringraziamo poco perché adoriamo poco, ringraziamo poco perché ci pensiamo poco. Vedete, come si fa, come si fa a non ringraziare?
Tante volte noi siamo come i ragazzi delle medie qualche volta, che sono esigenti: loro vedono solo quello che manca e non capiscono quello che ricevono. I ragazzi sono fatti così anche nelle famiglie: non pensano i sacrifici che ha fatto una mamma per loro; loro capiscono solo: "Oh, mamma, non te me ghe gnanca parecià... non te me ghe gnanca comprà...", e tutto quello che la mamma ha dato, per loro è un'esigenza, per loro è un'esigenza... "Mi vui... mi vui...", no, per loro è un'esigenza. Invece, no, figlioli! Vedete, anche noi, cosa abbiamo ricevuto dal Signore? Pensate adesso, per esempio, la primavera che sta venendo avanti. Quei nostri fratelli, Zeno, Vinicio, che hanno girato in giro, capiscono cosa vuol dire questa temperatura, no? Il dono di questa temperatura che abbiamo qui. Pensate i nostri fratelli del Chaco con quel calore che hanno, pensate le difficoltà... le bellezze naturali che abbiamo qui... Bisogna sentire questi doni, non abituarci a questi doni. Guardate che è una cosa brutta abituarsi ai doni di Dio, sapete! Doni naturali, doni spirituali... Il dono di essere in questa casa; figlioli miei, non abituatevi a questo! Non guardate solo quello che manca in una casa! Guardate che un pochino siamo tutti così, sapete: come il ragazzo delle medie guarda solo quello che manca e non quello che riceve, guardate che tutti siamo un pochino come i ragazzi delle medie, guardiamo a quello che ci manca e critichiamo e mormoriamo, o per dentro o per fuori: "Ma qui ci vorrebbe... ma qui si dovrebbe fare...". E invece che cominciare in forma attiva a fare, ci si mette in un atteggiamento di mormorazione e di critica per quello che ci manca o per quello che si vorrebbe che ci fosse qui dentro, no? Figlioli miei, guardate che è una delle più tremende tentazioni del demonio. Ringraziamo per quello che abbiamo ricevuto! Ringraziamo in questo momento per i doni straordinari che Dio ci ha dato qui dentro. Guardate, guardate che è una cosa tremenda, sapete, non essere riconoscenti a Dio per quello che abbiamo ricevuto! Forse ci pensiamo troppo poco a quello che abbiamo ricevuto e pensiamo troppo a quello che ci sembra mancare e critichiamo troppo quello, vero, che ci viene dato forse male per causa degli strumenti. Per esempio, può essere che don Ottorino non vi dia in modo sufficiente... Ma, e se il Signore ha permesso così, cosa volete fare? Se ha permesso che certi cibi vengano serviti in un vassoio che è di terra, ma non dimenticatevi che i cibi sono cibi che vi dà il Signore... Non so se esagero, esagero se dico questo, no, vero?

MO235,7[28-03-1968]

7.Guardate, figlioli, ringraziamo il Signore! Guardate, io ho proprio l'impressione che quello che ho detto in principio: non ringraziamo perché non adoriamo, perché non ci rendiamo conto di quello che il Signore ci ha dato. Bisognerebbe, vero...
È come nella salute, che si capisce la grazia che abbiamo ricevuto quando l'abbiamo persa la salute. Quando uno è ammalato a letto, per esempio, e deve star fermo là per anni e anni, allora capisce il dono della salute. Quando uno si trova... - abbiamo visto ultimamente una creatura piangere perché non era capace di rialzarsi dal peccato, prova e riprova: "Ormai io sono disperata!", eccetera, questa creatura... eccetera - allora si capisce il dono di avere la grazia di Dio. Ma perché dobbiamo aspettare di perdere i doni di Dio per capire i doni di Dio? Perché bisogna aspettare che muoia la mamma per capire il dono di una mamma? Perché dobbiamo aspettare che venga una guerra per capire il dono della pace? Perché dobbiamo aspettare la carestia per capire il dono dell'abbondanza? Figlioli, mi pare che questa è proprio mancanza anche d'intelligenza, oltre al resto. E allora bisogna... Il giovane intelligente deve fermarsi dinanzi al Signore e vedere che cosa ha ricevuto e ringraziare e ringraziare; e non solo domandare, ringraziare; non essere esigenti, ringraziare per quello che avete in tavola e non soltanto vedere quello che vi manca. Scusate se insisto su questo, ma guardate che su questo punto, cominciando da me, tutti manchiamo. Ve lo dicevo in altro tempo, dicevo: guardate che in principio si correva in chiesa quando arrivava un'offerta. Vi ricordate? Ve l'ho detto in altre circostanze, si correva in chiesa quando arrivava un'offerta; adesso non ci si fa più caso... Ma non resta meno dono quello che arriva adesso di quello che arrivava ieri. Vi prego in nome di Dio, pensate, pensate... Anche il dono delle missioni, la grazia attuale che viene a noi attraverso il lavoro dei nostri fratelli nelle missioni, la predica che ci fa il Signore attraverso il sacrificio dei nostri fratelli. Questi dodici fratelli là che si sacrificano e che fanno e che lavorano per la salvezza delle anime... è una grazia attuale per noi; questi fratelli che in circostanze, poveretti, anche loro, sono stati degli eroi, proprio degli eroi in quelle circostanze in cui sono stati messi... E va bene, e sono riusciti a superare difficoltà, eccetera, con l'aiuto della grazia di Dio... è un dono, è una grazia attuale per noi, è una spinta per noi! Perciò, vedete, potremmo continuare fino a sera se volessimo mettere, passare in rassegna i doni che abbiamo ricevuto da Dio. Vi prego in nome del Signore: aprite gli occhi e guardate quello che Dio vi ha dato e non lasciatevi ingannare dal demonio di guardare solo quello che vi manca. Questo è il secondo pensiero, cioè che noi dobbiamo avere dinanzi all'Eucaristia, dinanzi all'altare.

MO235,8[28-03-1968]

8.Quando io mi accosto all'altare di Dio, quando io prendo tra le mani la particola santa, prima cosa: devo adorare; secondo: devo ringraziare; terza cosa, fratelli: devo domandare perdono.
Non una sola statua, chissà quante statue abbiamo rotto noi nella sala di lavoro di quell'altro artista, non di Felice Canton, ma di Dio padre onnipotente! Quante piccole e grandi statue ognuno, volontariamente o involontariamente, tante volte, figlioli, non così per caso, ma proprio volontariamente abbiamo rotte! Pensate, entrare nello studio di Canton Felice e rompere in sbaglio una statua è una cosa compatibile, ma prendere in mano una statua e spezzarla, sarebbe un'offesa, no, una vera offesa. Eppure io e voi - scusate, penso di non offendervi - se non sarà una statua grande grande, almeno qualche statua piccola, tutti l'abbiamo rotta, tutti siamo entrati nello studio di Dio, abbiamo preso in mano qualche opera di Dio e l'abbiamo spezzata, sapendo di fare un dispiacere a Dio; l'abbiamo spezzata come si farebbe entrando in cucina, cioè in sala da pranzo e prendere un tovagliolo che è fatto lì per tenere... e prenderselo per pulire le scarpe. Abbiamo fatto azioni di questo genere qui per lo meno, cioè una cosa che era riservata alla tavola, l'abbiamo messa in un uso profano. Fratelli miei, e allora se ci sentiamo peccatori, se dinanzi all'altare ci sentiamo peccatori, ditemi una cosa: non è proprio ridicolo recitare un “confiteor” a fior di labbra? Non è una cosa incomprensibile non metterci veramente nell'atteggiamento di peccatori, non sentirci peccatori? Perché poco vale al mattino cominciare: "Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa"... Guardate, ringraziando il Signore, il “confiteor” lo saprei a mente, anche quello in italiano, ma lo voglio aver davanti per aiutarmi, vedere proprio quasi concretamente le cose, per non aver nessuna preoccupazione, per sentire la presenza insomma di tutta 'sta corte celeste, dinanzi alla quale io sono peccatore. Mi ricordo che è stato mons. Mistrorigo, quando facevo prima liceo, ci ha abituati a questo. Diceva: "Quando vi accostate - dice - alla Messa... Io ho preso questa abitudine - ha detto lui - di rappresentarmi proprio una grande sala, una grande sala meravigliosa: il trono di Dio, la Madonna e tutta la corte celeste attorno e io in mezzo, vestito male, pieno... come il figliol prodigo, no, e presentandomi in mezzo". Raffiguratevi adesso in mezzo a questa corte, piena di tappeti, piena di... aiutatevi un po' con la fantasia, e si presenta questo povero uomo, peccatore, figliol prodigo, e si inginocchia davanti: "Confesso a Dio onnipotente, alla beata Vergine Maria, a San Michele... - e giro lo sguardo de qua e de là - e a tutti che sono un peccatore, che ho peccato in pensieri - fate conto che vedano tutti i pensieri - in parole, in opere... per mia colpa... - non mi scuso - colpa mia... colpa mia... perciò prego: Madonna, San Michele... pregate per me il Signore Dio nostro". Ecco l'atteggiamento che dovete avere durante il “confiteor”. Cosa vale "confiteor Deo omnipotenti, beatae Mariae semper Virgini, beato Micaeli... mea culpa, mea culpa... mea ..", cosa vale? Una Messa in vita piuttosto, solo! Vale niente! Sì, sì, "ex opere operantis, operato...". Tutto quel che volete, la Messa è valida, certo, ma non è la Messa che vuole il Signore che celebriamo. Perciò il nostro atteggiamento deve essere non di disperazione, no, ma realmente di quello che siamo: realtà è che siamo peccatori e abbiamo peccato; aveste anche commesso una sola piccola mancanza in tutta la vostra vita, ne avete al bisogno per piangere la vita intera, perché volontariamente avete presa un'opera di Dio e l'avete spezzata. Perciò alla Messa bisogna presentarsi così, dinanzi all'altare; vorrei dire, cominciare col domandare perdono. Io vi dico: cominciate prima col credere che Dio è presente, ecco l'adorazione.

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9.Poi viene il quarto punto, quello di domandare, domandare.
Nella Messa abituatevi a non andare a domandare tante cose; domandatene una sola: di poter fare sempre e solo la volontà di Dio. Domandate una cosa sola: la grazia di poter cercare in tutta la vita solo la volontà del Signore. Il "factus oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis" dev'essere presente durante la Messa... Lui, lui lì presente, "factus oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis", è entrato nel piano del Padre obbediente fino alla morte di croce. Ecco la grazia, vorrei dire unica, che noi dovremmo domandare al Signore: "Signore, fa' che anch'io entri come lui; Padre santo, come lui è entrato nel piano meraviglioso della salvezza, fa' che anch'io entri in pieno nel piano della salvezza". Ecco quella domanda che dobbiamo rivolgere a Dio attraverso il Cristo durante la Messa: "Caro Gesù, aiutami ad essere come te. Padre... Kyrie, eleison... Signore, pietà, Cristo, pietà, Signore, pietà allo Spirito Santo che è dentro di me". Dev'essere una domanda quando che voi incominciate la Messa, all'inizio, no: "Signore, pietà, Signore, pietà". Io ho preso l'abitudine di rivolgermi un po' in alto pensando al Padre, no: "Signore, pietà!", ma quel "Signore, pietà!" cosa vuol dire? "Aiutami, o Signore, ad adorare... aiutami a ringraziare... aiutami a pentirmi e aiutami ad essere come lui, come Gesù...". "Cristo, pietà!": questa parola "pietà" per noi deve domandare a lui la forza di essere come lui. E poi: "Signore, pietà!", che è dentro di me, lo Spirito Santo. Prima mi rivolgerò al Padre dicendo: "Signore, pietà!", poi al Cristo che è lì nel tabernacolo e che è presente, e poi: "Signore, pietà!" allo Spirito Santo che è dentro di me, ma con quella parola "pietà" io faccio un atto di adorazione, di ringraziamento, di riconoscimento delle mie miserie e di domanda, nello stesso tempo, di poter essere come il Cristo, inserito in pieno nella volontà del Padre. Siamo abbastanza ortodossi, maestro dei novizi? Sì o no? Se la Messa non la viviamo così, fratelli miei, vi dico: perché andiamo alla Messa ogni giorno? Se la comunione non la viviamo così, perché andiamo a mangiare, a mangiare il Cristo ogni giorno? Forse se siamo un po' troppo umanizzati nel nostro lavoro, un po' troppo presi dalla materia, dalle cose del mondo, non è forse perché viviamo troppo poco la nostra Messa? Tu, don Vittorio, che sei professore in materia, è abbastanza giusto 'sto pensiero qua? Dimmi, dimmi. Cosa hai voglia di dire? Dai! Cosa stavi dicendo? Sei già inserito... basta, vero?

MO235,10[28-03-1968]

10.Ciò, ma vedìo, "ante orationem praepara animam tuam", prima della Messa e prima della comunione bisogna preparare questi sentimenti, dovete prepararvi ancora in stanza questi sentimenti qui. Non potete mica improvvisamente... paff! E sa, una s-ciantina de composizione d'ambiente ghe vole par forza, vero... un momentino bisogna entrare... Non si può improvvisamente adesso passare da una festa da ballo a una predica sulla passione del Signore. Sa, semo uomini, e un po' di passaggio... Xe troppo brusco. Troppo grande l'azione della Messa, e dico della Messa che la celebriamo insieme, perché celebrate anche voi, no, e la comunione che fate, eccetera, troppo brusco il passaggio... Per forza...
Aprendo le finestre, vedendo il sole, vedendo la natura, dovete cominciare a cantare, l'introito comincia in stanza, della Messa, per conto mio. Vi par mica? L'introito... questi sentimenti di adorazione, di ringraziamento, di pentimento e di preghiera - che capite che cos'è la preghiera - dev'essere quella la preghiera dominante... Non è mica proibito poi dire, per esempio: "Signore, guarisci il papà, aiuta il papà del nostro Tonello", non è mica proibito domandare questo, ma la preghiera dominante dev'essere l'altra, no? E anche quella deve terminare: "Signore, se questa è la tua volontà...". Non è mica giusto, caro Luigi? Dico male, figliolo? Dobbiamo farlo, dobbiamo domandare queste cose al Signore, per noi e per i nostri fratelli, ma dopo dobbiamo terminare... Ma la preghiera dominante è questa: il piano di Dio che noi dobbiamo fare, mettendoci dentro pure anche... segnalando dei bisogni, ma concludendo: "Se è possibile... se no sia fatta la tua volontà, o Signore". Ma, vedete, questo... Ecco io vorrei dire questo: siccome che si va in chiesa, se dixe le preghiere, comincia le laudi, non potete pretendere che quel tempo lì è sufficiente per preparare 'ste cose qui. Dovete ancora fin dalla sera dire: "Signore, domani fa' che celebri una Messa come fosse la prima, come fosse l'ultima. Signore, domani ci incontreremo". Ti svegli al mattino: "Signore, stamattina ci incontreremo. Fa', o Signore, che almeno questa comunione sia...". Vedete, vorrei dire, più che il ringraziamento, è necessaria la preparazione. Non so se sbaglio. Perché il ringraziamento, quando che ti sei già incontrato, cosa vuoi, dopo te lo porti via con te il Signore, no? Pur essendo necessario il ringraziamento, pur restando insieme, non escludo il ringraziamento. Ma vorrei dire che questa preparazione remota e prossima è più necessaria del ringraziamento, perché la vita è incontrarci con lui; e se anche una volta per caso dovessi scappar via dopo qualche minuto, ma te lo porti via con te il Signore. Invece l'altra... se non hai fatto la preparazione, celebri una Messa così... In fondo: "Ma ciò, non go gnanca pensà...". No, non è possibile questo! Ciò non toglie che siamo uomini, che ci può essere un momento di distrazione, può esserci un momento... ma, per carità, questo guardate ci sarà sempre. Ma almeno il desiderio, lo sforzo nostro ci deve essere così. Scusate se ho abbandonato il testo stamattina, ma d'altra parte sentivo il bisogno di dire una parola così, da papà... Andiamo! 4 aprile 1968