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LA SANTITÀ È ALLA PORTATA DI TUTTI

MO204 [26-10-1967]

26 Ottobre 1967

MO204,1 [26-10-1967]

1 Abbiamo visto, l'ultima volta che ci siamo trovati insieme, che la meditazione la vogliamo cominciare mettendoci alla presenza del Signore, cioè il primo punto della meditazione sarebbe questo: metterci alla presenza del Signore. E poi, dopo esserci messi alla presenza del Signore, invocare il suo aiuto, no? Cioè chiedere a lui la forza per fare la meditazione e, vi dicevo appunto, mettendoci alla presenza del Signore come siamo, con i nostri peccati, con le grazie che abbiamo ricevuto. Chiedere perdono e ringraziare, e da qui partire.
Ecco, io vi pregherei: quando fate la meditazione per conto vostro, insistete molto su questo punto, perché altrimenti non diviene meditazione, altrimenti minaccia di essere uno studio, una soddisfazione dell'intelletto; la meditazione è contatto personale, cosciente con Dio. È la preghiera per eccellenza la meditazione. Vedete, ve l'ho detto tante volte: il mondo, gli uomini fuori vengono qua da noi perché suppongono che noi siamo i profeti, cioè coloro che parlano loro in nome di Dio. Noi dobbiamo essere gli uomini che hanno una mano che tocca il Signore e una mano che tocca l'umanità. Che ascoltano Dio, che parlano con Dio, che se la intendono con Dio. "Vero lu mons. Snichelotto, no, che si incontra ogni mattina col Signore, el ghe diga...". Ora vedete, la gente aspetta qualcuno che porti una parola nuova, che porti la parola dell'al di là, la parola dell'eterno. E noi siamo proprio gli uomini dell'assoluto, gli uomini dell'eterno, gli uomini che sono in contatto con Dio. Questo contatto noi dovremmo averlo spesso durante la giornata. Ma un momento nel quale vogliamo proprio, ci sforziamo di averlo, è proprio l'inizio della meditazione. Vi ho già detto: qualcuno riuscirà ad averlo metafisicamente, sa, con pensieri, pensando a Dio immenso, eccetera. Qualche altro pensando a Dio presente nel cuore. Qualche altro pensando a Gesù, Uomo-Dio in Paradiso. Qualche altro, credo che sia la maggioranza, pensandolo presente davanti a noi, proprio lui, Uomo-Dio. Adesso lo abbiamo ricevuto da poco nell'Eucaristia, sforziamoci di creare questa presenza.

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2 E adesso partiamo con la nostra meditazione.
Vi ho detto: quest'anno andremo in cerca un po', insieme, di un metodo di attacco che serva per noi e che serva per gli altri. Cioè, se viene da me uno che vuole fare ripetizione di matematica, prima devo sapere dove devo condurlo e poi vedere lui in che condizioni che si trova, no, in che posizione è? E poi, ognuno col suo metodo, spiegherà la matematica, ma la matematica è matematica. Ora, se io avvicino un'anima, e noi dovremmo essere gli specializzati per far salire le anime, eh, per forza... la nostra specializzazione dovrebbe essere questa: vivere in contatto con Dio e specializzati nel portare le anime a Dio. Questo, tanto gli assistenti come i sacerdoti. Si tratta solo della posizione, dove ci troviamo, ma la specializzazione è uguale. Si tratta soltanto che uno si trova... È specializzato... Vorrei dire, uno è medico in ospedale più che in famiglia e l'altro è medico più in famiglia che in ospedale. L'assistente è il medico condotto che avvicina le anime in qualunque parte dove le trova. Il sacerdote è il medico primario dell'ospedale. È chiaro? Dico male, Livio? Non è mica giusto? Ma medici tutti e due. Uno ha la missione di andare un po' ad avvicinare le anime dove le trova: pronto soccorso, eccetera, de qua e de là... avvicinarle, quelle che el cura in casa, eccetera, l'altro all'ospedale. Nel senso che uno è un po' più fuori, ma la specializzazione è questa. Dobbiamo far salire le anime, dobbiamo portarle a contatto con Dio. Ma, capite chiaramente, che prima cosa è che noi dobbiamo essere in contatto con Dio. Se uno non sa fare la moltiplica è inutile che vada ad insegnare agli altri la moltiplica. Se uno non si è mai posto il problema: come farò ad insegnare la matematica? Si mette là: "Mi la so, ma non savaria come insegnartela a ti". E in giro per il mondo abbiamo trovato tante persone che non sanno la matematica e pretendono di insegnare la matematica. O che sanno la matematica e non hanno nessun sistema per insegnare la matematica, perché non si sono mai posto questo problema: come la insegnerò?

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3 Ora, ecco, San Francesco di Sales si pone questo problema e cerca di scriverlo. Naturalmente dobbiamo passare sopra, adesso, alla forma, al modo, eccetera. Perché è chiaro che se noi leggiamo qui in Italia i libri scritti 500 anni fa, non hanno la forma dei libri scritti adesso, no, anche come lingua. Perciò passiamo sopra e andiamo alla sostanza. Anche i paragoni che San Francesco di Sales può portare un pochino, che ci stanno o non ci stanno, lasciamo stare. Andiamo a vedere quello che è il più che ci interessa.
Ora, nella prefazione San Francesco di Sales tira fuori questo, dopo aver portato un paragone che dice che una ragazza faceva dei mazzi di fiori, era specializzata nel fare i mazzi di fiori, e i fiori erano sempre quelli, ma li faceva sempre diversi i mazzi di fiori, sicché sembravano mazzi diversi l'uno dall'altro. Ora, anche il Signore fa i suoi santi; la santità è sempre quella, però, dice, li mette in un modo o nell'altro per cui sembrano diversi. Effettivamente, tu prendi una creatura che è in carmelo, santa Teresina di Gesù Bambino, prendi San Giovanni Bosco che è fuori, prendi Papa Giovanni, San Pio X, prendi una santa Bertilla che in fondo ha fatto la serva nel convento, e tu vedi che la santità è sempre quella, sono fiori messi un po' diversamente, ma la santità è quella, non c'è differenza di santità. Ora, dice San Francesco di Sales, la santità è una sola, è una sola. C'è uno stato per raggiungere la santità che è quello dei religiosi, ma la santità è sempre quella. Ora noi, dice, noi dobbiamo raggiungerla questa santità. E dopo aver premesso questo, dice: "Quelli che hanno trattato della devozione, cioè che hanno trattato per raggiungere Dio, raggiungere la santità, hanno quasi sempre avuto riguardo all'istruzione di persone molto ritirate dalle occupazioni del mondo, o almeno insegnavano una specie di devozione che guida a questa completa ritiratezza”. Te vedi el vescovo, no, l'uomo dinamico, l'uomo che... Voi conoscete la vita di San Francesco di Sales, e perciò capite che uomo che è. Dice: chi ha scritto trattati per la santità, di solito li ha fatti per le suore del convento, per i frati ritirati dal mondo... o per lo meno per uomini o per donne che non sono ritirati, ma che devono ritirarsi, insomma, che se vogliono farsi santi, devono finire là in mezzo a un convento. Ecco, dice: "Finora i trattati per la santità, quasi fosse un'esclusiva la santità solo per queste anime qua". Dice lui: "Mia intenzione è di ammaestrare quelli che vivono nella città, fra le faccende domestiche e i pubblici impieghi e per loro condizione sono costretti a fare una vita comune, quanto all'esteriore; i quali spesso, sotto pretesto di una apparente impossibilità, non vogliono neppure pensare a iniziare una vita devota".

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4 "Io - dice - scrivo questo qua non per quella gente là, per quelle suore... hanno già i loro trattati, anche troppi".
Dirà in un altro punto: "Io vescovo, con tutto quello che ho da fare, non mi metterei neanche, neanche ci penso". Dice a un dato momento, - varda che è meraviglioso! - a un dato momento dice questo: "Quindi non vedrai un'opera completa, ma solo una raccolta di avvertimenti dati alla buona. Ed espressi in termini chiari, facili a capirsi; così almeno ho cercato di fare. Quanto agli ornamenti della lingua non vi ho nemmeno voluto pensare, avendo ben altre cose da fare". Te senti proprio el vescovo: gli ornamenti, star lì leccare... non ghe go gnanca pensà... a ghea altre robe mi da fare. Cosa interessa... Però, dice questo: "Ho voluto scrivere qualcosina per questa gente che ha avuto tante occupazioni"; ad un dato momento: "Ah, è inutile, bisognerebbe che mi fossi fatto suora! Allora sì! Ah, se quella volta mi fossi fatta suora! Son qua con dieci dodici tosi, col marito, col cognà in casa... come si fa? Xe impossibile! Ah, mamma mia, se quella volta fusse andà suora!". "No, - dice - no! La santità è anche per te!". “Oh, se quella volta invece che andare missionario in giro, là, in Guatemala, se fossi andato frate in un convento, in una trappa, eccetera!”. Ma no! Abbiamo trovato là un padre, no, tu, Zeno... voleva andare in un convento di clausura per salvarsi l'anima. ”Ma, benedetto dal Signore, - go dito - el se salva l'anima anche qua”. “Ma, ma no, ma qua xe impossibile, xe impossibile salvar l'anima... in mission. Bisogna ca me ritira, ca pensa all'anima mia!”. Ma no - dice San Francesco di Sales - anima del Signore, tu là puoi farti santo.

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5 Ecco, mi pare... Perché ho preso in mano questo libro qui? Mi pare che sia una cosa che riguarda proprio noi. In altri momenti noi dicevamo che i membri della nostra Famiglia religiosa dovrebbero essere carmeli ambulanti. Uso un termine un po', vorrei dire, profano; nel senso che dovremmo essere ritirati, ma restando in mezzo al mondo, no, uomini di contemplazione nella azione. Siamo costretti noi nella vita apostolica nostra a vivere in mezzo agli uomini, siamo costretti a camminare in mezzo agli uomini, siamo costretti ad avere vita comune con gli uomini. Perché se vogliamo salvare gli uomini bisogna diventare, non dico come loro nel peccato, ma come loro nella vita, no? E allora, se vogliamo salvare gli uomini, per forza la nostra vita sarà un po' distratta un pochino, sarà... Tu fai un programma e dopo improvvisamente gli uomini ti cambiano quel programma.
Ora non mettiamoci nell'idea che per noi è impossibile la santità, anche la più alta, perché siamo distratti da queste cose, vero. Prima cosa è questa, vero: noi possiamo raggiungere il più alto grado di santità, anche in mezzo a queste mille distrazioni; costruendo la palestra, costruendo Bosco... “No, no, no! Quando avrò finito di costruire la palestra, allora mi metterò...”. Guarda che adesso nelle condizioni che sei, nella situazione che sei, tu puoi raggiungere il più alto grado di santità. Ecco, l'inganno del demonio potrebbe essere questo: "Guarda, finita l'estate incomincio a farmi santo. Sa, adesso ho un esame da fare. Finito l'esame, - vero, Filippi? - mi faccio santo". No, proprio adesso, con quell'esame, con quella preoccupazione che hai, proprio adesso in quella situazione che sei di salute, proprio adesso puoi farti santo. Questo per noi, prima di tutto, capite che è importantissimo. San Francesco di Sales scrive per se stesso, sembra che parli a se stesso; lo fa capire. Dice: "Mi con tutto quello che go da fare, me fasso santo, insomma, con tutte le occupazioni che ho, con tutti i trapeli che ho, mi sono fatto santo". Non lo ha detto, ma... ho cercato di farmi. In altro posto dirà: "Mi scrivo queste robe qua, proprio mi che son l'ultimo; ma però scrivendole me vien voja de farle anca mi", el ga dito. Come che fa don Ottorino: dicendole ghe vien voja de farle, no? Ecco, qualche volta bisogna rassegnarse a questo: disendole vien voja de farle.

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6 Bene. Allora lui parla a noi. Noi, d'altra parte, facendo l'esperienza che la santità è possibile anche in una vita dinamica, in una vita di movimento, facendo questa esperienza, possiamo domani dire alle anime che incontriamo, in qualunque modo le incontriamo, che la santità è possibile anche in una vita di movimento, in una vita in mezzo agli uomini. Perché? Perché lo sappiamo per esperienza nostra. Non so se ho reso il pensiero.
Noi abbiamo una vita molto movimentata. Dice San Francesco: "Voi potete farvi santi. Dovete farvi santi in quella situazione come siete". Ed è possibilissimo. Non dovete rinunciare al più grande grado di santità perché siete in quella vita un po' dinamica, così. Lo potete raggiungere. Noi, esperimentato questo, siamo in grado nel mondo, di dire al presidente della repubblica italiana: tu puoi farti santo, e di dire a un ministro: tu puoi farti santo; di dire a un avvocato, a un medico, a un meccanico, a un industriale: tu puoi e devi raggiungere la santità. "Ma sa, quando sarò in pensione...". No! Adesso, prima di andare in pensione! "Quando avrò i figli più grandi, che prenderanno in mano l'industria loro". No, adesso tu lo puoi fare, non devi aspettare domani! Guardate che è importantissimo. Vedete che mi sono fermato un po' troppo lì, ripetendomi anche in quello che ho detto, ma non importa. Lo faccio apposta perché vi resti l'impressione. Guardate che è importantissima questa cosa qui. Perché noi ci troveremo domani davanti a gente fuori che rinunciano a salire perché: "Ah, go tante robe da fare! Gnanca alla Messa; vao a Messa e go in mente altro che le cose. El creda, mi voria, vedo anca mi, lo so anca mi". Oggi vengono presi in mezzo a mille cose e non hanno la forza di buttarsi a Dio. Noi, dobbiamo noi prima di tutto avere la forza di gettarci in Dio e quando ci siamo gettati in Dio, dobbiamo avere la forza di strappare questa gente e di interessarli di Dio. Ecco, guardate, scusate se insisto su questo. Adesso insisterò ancora di più sulle righe più avanti, perché è facile per noi e per la gente del mondo, è facile lasciarci trascinare da una vita così monotona e quotidiana. Cioè, praticamente, lasciarci trascinare dalla corrente. E andare avanti così. Si diceva una volta: "Non progredi, regredi est", no, non andare avanti vuol dire andare indrio. Si diceva che la vita della santità è un andare contro corrente.

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7 Ecco, guardate che o voi siete impegnati a farvi santi, e... cioè vale a dire a lavorare positivamente verso la santità, o se vi accontentate di andare avanti perché già vedete che peccati non ne fate, robe grosse non ne fate, e allora andate avanti tranquillamente. Non c'è di peggio. Perché guardate, non sarete mai capaci dopo di prendere gli altri per lo stomaco e farli camminare. Voi sarete minacciati domani, se andate avanti così, di diventare funzionari di Dio, quelli che distribuiscono, ma a tavolino, non quelli che vanno alla conquista, che si mettono lì... Viene uno, sa: "Un altro!". Quasi, quasi dei grammofoni, o dei distributori automatici di grazie. Invece se voi siete dei conquistatori della santità, voi sarete dei conquistatori di anime, domani.
Dice ancora il nostro caro San Francesco, dice questo: "Io insegno loro che come le madreperle vivono nel mare senza prendere gocce d'acqua marina, e che verso le isole Chelidonie vi hanno fonti di acqua dolce in mezzo al mare, e che i pirausti volano dentro alle fiamme senza bruciarsi le ali...”. Adesso lasciamo stare se è giusto o non è giusto... sti osei che i xola in mezzo senza bruciarsi le ali, lu el credeva così quella volta, parchè i ghe gavarà dito così anca a lu, no, e lu el ga preso questo esempio. Bisogna essere... No, perché, state attenti... in questi libri qua, vardè el santo; non l'è mia lo Spirito santo no? Se el ga usà un'immagine come la ga usà l'altro quella volta che el ga dito: "O sole, fermati", usava il linguaggio del tempo, ma vardemo la sostanza. Allora lui dice: "Così può un'anima energica e costante vivere nel mondo senza imbeversi di alcun umore mondano". Questo xe giusto. "La madreperla che è in mezzo al mare - dice- la xe madreperla, se te la tiri fuori e te la vardi dentro non la ga miga acqua". Lascia stare se la ghi n'ha una sc-ianta, i fisici se la ghi n'ha o no la ghi n'ha; all'occhio umano in quel tempo non la ghi n'aveva gnanca una sc-ianta. E perciò - dice - un'anima che va in mezzo al mondo può vivere in mezzo al mondo senza bere l'acqua del mondo, cioè senza lasciarsi prendere dallo spirito del mondo. Ecco, questa xe la sostanza che ghemo da prendere. L'anima semplice che va cercando Dio non si perde dietro qualche robetta, qualche paragone; la sostanza è questa. Un'anima che veramente vuole salire, può andare in mezzo al mondo senza lasciarsi prendere dallo spirito del mondo.

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8 E quante volte, fioi, invece noialtri si vede questo: un apostolo va in mezzo al mondo e dopo un po' de tempo te lo vedi impregnato dello spirito del mondo. Invece che vedere gli altri trasformati nello spirito di Dio... Non ghe xe gnente da fare! Ti te mandi un apostolo in mezzo a un gruppo anime: dopo un po' di tempo o le anime sono come l'apostolo, o l'apostolo è come le anime. Non c'è via di scampo! No, no! Non si può dire: ad un dato momento el xe indifferente. Non c'è niente da fare: o a un dato momento l'apostolo è divenuto come quella gente là, sta umanizzandosi, o le anime stanno spiritualizzandosi. Se l'apostolo cede, guardate, cede anche un pochino, la sconfitta è sua. Potrà anche essere contento perché le anime vanno vicino a lui, perché tanti giovani... ma ricordatevi, la sconfitta è sua.
L'apostolo deve entrare in mezzo agli uomini, ma restare come la madreperla in mezzo al mare, senza prendere l'acqua. Perciò, porto un esempio, domani ecco lì Renzo che è sacerdote. Tu vai, supponiamo in una data parrocchia, non vuol mica dire che tu non debba essere gentile con la gente, che anche vai a cena magari una sera da una parte, eccetera, ma tu devi restare sempre quello che sei uscito dalla Casa dell'Immacolata, cioè prete. Perciò durante il pranzo non dovrai mai cedere con un sorriso a una cosa dinanzi alla quale tu, prete, non puoi cedere. Perché se no tu hai lasciato entrare un po' di acqua. Tu non tirerai mai fuori una frase che non sia sacerdotale; ci starai allo scherzo, puoi ridere, ma in quel momento che viene fuori una frase, che vien fuori una barzelletta, che vien fuori qualche cosa che non è sacerdotale, tu no... ti fermerai, tu mostrerai che in quel momento non va bene. Capisci? Ma se invece, perché ci sono quindici venti persone, perché c'è la signora, perché c'è poi la figlia della signora che è della tua età, che ti dà tanta gentilezza, vero, che ti porta i pezzi di carne migliore, magari... e se tu in quel momento, viene fuori una robetta che non va, e tu fai un mezzo sorriso solo, non uno intero, perché sa... quel mezzo sorriso è già un cedere. Ma cosa devo fare? Mostrati serio! O se no fatti furbo come mons. Comin che sa scherzarghe sora; svejete fora! "Ma non sono capace...". E allora fa de manco de andare a pranzo; se non sei capace fa' a meno di andare a pranzo. Bisogna che il prete si mostri prete, che resti prete e che non ceda il suo sacerdozio per un piatto de fasoi! È chiaro?

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9 Allora che cosa succederà? Che vicino lì, di lì a poco, nasceranno degli altri figli di Dio. Si trasformeranno. Questo è possibile? Possibilissimo. San Francesco di Sales è andato a Ginevra e lui è rimasto prete. E abbiamo l'esempio di tante e tante anime che sono andati in ambienti che non erano certo gli ambienti di Dio, ma sono rimasti uomini di Dio. Francesco ci dice questo: "Ricordatevi che voi che vivete nel mondo - e noi viviamo in mezzo agli uomini del mondo - voi dovete essere di Dio e restare di Dio e fare in modo che altri diventino di Dio. Però per fare questo ci vuole energia e costanza".
Eccola qui, eccola qui: ci vuole forza di volontà. Cioè, in altre parole, non potete, è qui l'errore nostro, non potete pretendere di fare questo senza far fatica, senza prendere la cosa sul serio e dire: come devo fare? Cercare aiuto dal padre spirituale. Per esempio, uno che non frequenta regolarmente il padre spirituale e che non lavora sodamente col padre spirituale, questo in partenza già non ci mette né energia né fatica ed è destinato a cadere. È destinato a rinunciare a queste robe qui. Perché? Perché non ci ha messo né energia né costanza. Ora, per fare ottenere qualunque risultato nel mondo, ci vuole energia e costanza. Guardate, per esempio, adesso, scusate: per raggiungere, Giuseppe, il titolo di ingegnere, quanta fatica ci vuole, quanta energia e costanza ci vuole? Guardate don Giuseppe Rodighiero per raggiungere il titolo di dottore in lettere e cartoline, no, guarda quanta energia è costata, quasi quattro anni di lavoro... E dai... e sta su di notte. E Filippi che ormai sta facendo collezione di titoli, vero, sa come che la xe. Ora, state attenti, ci vuole energia e costanza per qualunque cosa sopra sta terra. Ora, guardate, per raggiungere il titolo di ingegnere, varda Thiella, poaretto, cosa che nol sta tribolando Thiella! Anche ieri è venuto qua avvilìo morto: aveva preso in scritto 30... e i lo ga fatto ritirare in orale per... un momentino; e adesso deve andare finire in gennaio con l'esame orale e ha ancora dieci esami da fare e sta aspettando il suo avvenire, lì così... Guardate che sono cinque o sei anni, mi pare, che lavora, no, anche sette ormai... Beh, pensate un pochino cosa costa di sacrificio per raggiungere una meta che si chiama ingegnere.

MO204,10 [26-10-1967]

10 E voi pretendete di raggiungere la meta che si chiama ingegnere delle anime, pretendete di raggiungere questa meta con meno fatica e con meno impegno di quello che ci mette uno per fare l'ingegnere? Ma è una pazzia! Non potete figlioli! Uno non può adesso, prendiamo Filippi, andar là a fare gli esami, intanto gioca, fa, eccetera, e dopo anca, se fa anche gli esami, una robetta così, superficiale. Ma guardate che il raggiungere questa specializzazione è una cosa molto più difficile e molto più impegnativa. Perciò dovreste essere molto più impegnati su questa cosa che non don Giuseppe per fare i suoi esami all'università, che non Giuseppe per i suoi esami all'università. Se ci mettessimo tanto impegno per questa cosa qui, come ci mette Giuseppe per fare l'esame, saremmo tutti santi. Eppure se non ce la mettiamo, manchiamo di giustizia contro le anime. È qui che dobbiamo arrivare.
L'andare avanti per esempio così, così: manchiamo di giustizia contro le anime. E allora piuttosto, vi dico: “Ritiratevi”. "Ma io mi ritiro". Se hai la vocazione, arrangiati tu col Signore. Ma piuttosto che venga fuori un medico che invece di essere un medico è un macellaio, meglio che non ci sia. Se tu sei chiamato ad essere prete, ad essere assistente, io mi inginocchio davanti a te e ti scongiuro: “Va’ avanti!”. Ma piuttosto che tu divenga un macellaio di anime, ritirati! Io ti supplico in nome delle anime, dei milioni di anime che ho incontrato, ti supplico, fatti prete se il Signore ti ha chiamato ad essere prete, fatti assistente se il Signore ti ha chiamato ad essere assistente! Ti scongiuro, abbi pietà di quelle povere anime, ti scongiuro. Però, piuttosto che tu divenga un macellaio di anime, ritirati, ritirati! Le cose vanno fatte con serietà, e con serietà vuol dire prendere a cuore questa, come l'unica, la più importante delle cose. Tutte le altre in servizio di questa. E perciò, come l'industriale pensa di giorno e di notte come far sorgere la sua fabbrica e sviluppare la sua fabbrica, io devo, giorno e notte devo pensare come realizzare questo che è la mia comunione con Dio e come domani poter portare gli uomini in unione con Dio. Questa è la mia specializzazione. E per far questo ci vuole energia e costanza. Perciò fedeltà al padre spirituale, fedeltà nel lavoro col padre spirituale. A volte, prendi qualcuno che è qualche mese... ogni tanto... qualche mese che non va dal padre spirituale. Ah... niente da fare, niente da fare, niente da fare! Non ha capito niente! Non ha capito niente! È come quelli che al giorno prima dell'esame va mettere la candeleta a santa Rita e non studiano mai. Non ha capito niente! Le cose vanno fatte con serietà, con impegno.

MO204,11 [26-10-1967]

11 E allora tu vedi con facilità allora i compromessi. E allora vedi spuntare le piccole cose umane. Piccole, per carità, piccole stupidaggini. Ma non si è capaci di rinunciare a quel piccolo affettuccio umano, ma non si è capaci di rinunciare a quella piccola amicizia che si vede che è umana, di rinunciare a quel piccolo interesse di cognizioni, che so io, di sport e qualcos'altro del genere. Perché? Perché non si è partiti dando il 100 su 100, ma si è partiti a 99 su 100. Ma Dio vuole 100 su 100. E allora se noi partiamo 100 su 100 non dobbiamo interessarci più di niente? No! Di più ancora dopo vi interesserete, ma quando avrete dato il 100. "E io, intanto, potrei prendere il resto; il 100 dopo". No! Il 100 prima. Se no non c'è niente da fare, se no non attacca, non attacca. Caro Luciano, sono cose serie...
Passa el tempo? Almeno leggiamo! "È vero che questo è difficile...”. Che, di questo bisogna convincerse, lo dice anche San Francesco di Sales. È difficile... non c'è niente da fare; non pretendete che sia una cosa facile, è dura! Diceva: “Vita da cani... Go provà farme santo due tre volte - ga dito, no, quel frate là a mons. Sebben - una vita da can, caro! Gnanca tacare; mi a ghe go molà... una vita da can”. No, una vita de santi! Ma ricordatevi: è difficile! Fanno fatica tanti per raggiungere un titolo: credo sia giustificato che un uomo di Dio faccia un po' fatica per raggiungere Dio, no?

MO204,12 [26-10-1967]

12 “È vero che questo è difficile, e appunto per questo vorrei che molti si adoperassero con maggior ardore di quanto si è fatto fino ad ora".
È vero che è difficile, per questo io vorrei che molti, cioè don Ottorino e altri, non tutti quelli che sono qui dentro, parlo a me, vorrei che don Ottorino e qualche altro che è dentro qui si adoperassero con maggiore ardore di quello che hanno fatto fino adesso. No tutti, perché ci sono alcuni che, ringraziando il Signore, sono partiti e bisogna inginocchiarsi davanti per dire... Vi dico sul serio qualcuno qui dentro è partito sul serio. Non vi dico mica chi è. Vi dico: qui dentro c'è qualcuno che può stare a fianco di Domenico Savio fin che volete. Non vi dico mica chi è; e chi è, se sa di esserlo, non è. Vi assicuro che qui dentro vi sono non uno, ma alcuni che possono stare al fianco benissimo di Domenico Savio. E se non volete credere, allora tiro fuori il crocifisso e ci giuro sopra. Ci sono alcuni che possono, è così. E di questo ringraziamo il Signore. Però è inutile che pensiate: "Sono io per caso, Signore?". No... quel giorno che se ne accorgono, non lo sono più. Però ci sono altri che sono partiti, ma non hanno ancora attaccato la quarta. Sono partiti bene... Qualche altro el ga ingranà le marce. Pazienza! Ecco, io direi... Io non sono partito con la quarta, ve lo assicuro, e neanche con la terza. Non so se son quelo che ga ingranà le marce o son partìo con la prima. Comunque ecco: Francesco di Sales ci dice questa mattina che questa è una cosa difficile. E sono d'accordo... Però, bisogna partire con maggior ardore di quanto si è fatto finora. Diciamolo al Signore, senza agitazioni, con semplicità, eh, intendiamoci bene. Questa partenza è una partenza serena, tranquilla, non una partenza là, eccitata. No, no! Proprio tranquilla e serena, ma partenza, però!