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LA SANTITÀ PRIMA DI TUTTO, AL RESTO PROVVEDE IL SIGNORE

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25 novembre 1970

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1. Il Signore ci ha detto che, se vogliamo portar frutto, dobbiamo stare attaccati alla vite come i tralci. Un tralcio attaccato alla vite - non adesso d’inverno, ma a stagione opportuna - dà frutto; uno tagliato, buttato da una parte, non dà, non porta frutto.
Ora, in questa casa - quando dico “in questa casa” intendo dire dal sottopalco in poi vero? - si è continuamente insistito: “Sforziamoci di farci santi, di metterci nelle mani del Signore, di essere strumenti docili nelle sue mani, di fare la sua volontà, di fare quello che vuole lui istante per istante”. Il resto? Il Signore ce lo darà. Infatti l’invocazione potente è sempre stata questa: “Mamma, te voio ben, fame santo”, e cioè chiediamo la santità, sforziamoci di raggiungere la santità; il resto... pensa il Signore. Naturalmente ci pensa il Signore, mettendocela anche la parte nostra, questo è chiaro, no? Però, lui non ci lascia mancare niente. Ora, in quest’ultimo periodo noi abbiamo pregato per tante cose, ma abbiamo messo un po’ a fuoco la questione della provvidenza. Ci trovavamo in disagio parecchio in quest’ultimo mese e mezzo, perché più di uno dei nostri creditori voleva la restituzione del denaro. Per, poi, un certo movimento più grande in tipografia che esigeva un giro più grande, per cui abbiamo detto: preghiamo il Signore che ci dia... Che cosa? Il pane nostro, il nostro pane quotidiano, non il pane di domani o di posdomani: il pane quotidiano necessario per poter continuare a lavorare sulla vigna del Signore, compiere il nostro lavoro apostolico. Ed è con gioia che io devo dire, questa mattina, che ieri è arrivato un bel toco de pan, grosso, e latore di questo pane è stato il nostro caro fratello don Piero. E adesso lui dirà qualche cosa al posto mio, lui canterà, che canta con una buona voce, vero, le glorie del Signore, le lodi del Signore. A me resta soltanto l’incarico di mostrarvi il pezzo di pane e, siccome che c’è qualcuno che è capace di leggere, mi pare che sia Marco... per piacere vieni e leggi. Sono due pezzi di pane... Marco Pinton: “Uno di due milioni, e un altro di dieci milioni”. Due pezzi di pane della provvidenza! Sono suoi, ce li ha dati in mano perché li passiamo... Noi siamo come le acque del mare che ricevono acqua da tutte le parti e buttano... Attenti, adesso!

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2. Don Pietro De Marchi: “Ad ogni modo, credo veramente che è una grazia di questa persona... È stata qui una volta anche, mi pare, quando sono venuti a Vicenza quelli dell’Isolotto. Lei non è dell’Isolotto, questa persona... È stata molto vicina a don Mazzi. Veramente condivideva le idee, e don Masi... tanto che, ecco, lei è stata veramente disorientata da tutte queste cose, ma proprio disorientata. Lei è molto riconoscente a noi perché dice che le abbiamo fatto credere in qualche cosa, ecco, non so in che modo, cosa insomma, ma lei dice che le abbiamo ridato la stima, la fiducia e la fede, ecco, perché dubitava di tutto. Cioè lei era veramente... perché è una persona che crede fino in fondo, quando crede; e, dopo avere visto, lei, a occhi chiusi, a occhi chiusi, proprio si era fidata di questa gente, specialmente di don Masi.
Don Masi è quello che ha ammesso i bambini della prima comunione dell’Isolotto il primo anno che siamo andati noi. In chiesa non sono venuti, quindi... Era veramente, veniva a darci noia, ogni volta, là, era sempre... Anche lui è come don Mazzi, tale e quale, insomma. Adesso sembra che sia stato un paio di mesi in Inghilterra e sembra che stia abbastanza, insomma, rivedendo alcune cose. Questa persona era veramente di casa, perché lei è parecchio tempo che è vedova e, quindi, poteva anche andare in montagna, apriva la sua casa... E mi diceva una volta che era... Ecco, la sua delusione è cominciata... Veramente no, perché il parroco, un sacerdote, le diceva: “Guardi, stia attenta, - perché portava i ragazzi da questo don Masi, tutto - stia attenta, stia attenta”. E lei contro questo parroco. E una volta, mi diceva un giorno, che è andata in montagna, era in montagna, e i ragazzi... non diceva la Messa mai questo sacerdote, mai, e diceva: “Non diciamo la Messa?”, “Eh... dopo... più tardi”. Non diceva mai la Messa... È giovane, ha più o meno la mia età questo don Masi. E un giorno stava dicendo la Messa, c’erano loro due soltanto, i ragazzi erano a letto, alle nove di sera, dicevano la Messa in casa, e al momento della predica questo sacerdote le fa una domanda: “Secondo lei è più importante il Vangelo o il libro di Mao?”. E praticamente ha detto che, oggi come oggi, incide di più, è più importante, insomma, risponde di più il libro di Mao che il Vangelo. Questo detto a lei... È stato da quel momento che lei ha abbandonato completamente. Questo don Masi andava in casa, andava là, stava là fino a mezzanotte con tutte le famiglie vicine a fare il catechismo, e insomma, ma non appariva, ecco, dall’inizio. Per cui lei veramente ha perso la fede; non la fede, la fiducia più che la fede, ecco. Ma non sapeva più a chi orientarsi, non sapeva più a chi aggrapparsi. È incominciato così: è andata in piazza, - eravamo appena arrivati noi - è andata in piazza a Messa, andava a Messa in piazza, e han detto: “Sono arrivati i preti nuovi”.

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3. E dice: “Passando, andiamo a vedere”. È entrata, e dopo è sempre venuta. Mi par che fosse il giorno di Pasqua o la domenica dopo, non ricordo, ma è sempre venuta. Ecco, e lei ha trovato veramente fiducia, e dice che sembra che ci crediamo, ecco... Insomma sembra che ci crediamo, e il fatto che noi crediamo a qualche cosa, ecco, ha dato fiducia anche a lei. Per cui lei viene a tutte le Messe, sempre, e segue molto. Ecco, e lei è riconoscente per questo, veramente riconoscente. Ha una stima del sacerdote che io non so, se potessimo, ecco, vorrei che veniste... ah, ma se parla di proposito non è più così, ma sentirla cosa lei pensa del sacerdote, cosa... di un sacerdote che ci crede dice sempre, ecco.
Anche un’altra cosa: un altro sacerdote a cui lei è stata vicina, molto e molto vicina, proprio che si è sposato, insomma non si può nemmeno dire sposato perché non ha avuto la dispensa, ma ha lasciato la parrocchia e si è unito con una donna adesso poco fa, un paio di mesi fa, per cui lì di Firenze lo stesso, per cui anche quello, lei è stata veramente... proprio piangeva, piangeva. Ecco, e allora, quando ha fatto veramente amicizia con noi altri, veramente. E un giorno viene... - e ha una casa grande, molto grande - e dice: “Guardi, - dice - cosa posso farne?”. E allora le ho detto: “Guardi, diciamo, - ha nome Cesare il marito - diciamo una Messa a Cesare e all’offertorio l’offriamo al Signore. Faccia così, - lei è, penso, abbastanza ricca, può molto perché è sola, e le ho detto - l’offra al Signore. Non è più sua, è di Dio, in modo che dopo Dio farà lui, lui fa capire insomma quello che vuole che lei faccia”. Tutta contenta, veramente contenta. Ecco, dopo, qualche giorno fa mi è venuta vicino, perché ci porta sempre da mangiare... per esempio al martedì lei porta pasticcio e tutto, insomma, che ne abbiamo per tre giorni, dopo ne abbiamo... porta il vino, la verdura, la frutta... ieri ha portato il miele... l’altro giorno... insomma è piena di attenzioni, piena di attenzioni. Una cosa veramente... Una mamma fa fatica... veramente, piena di attenzioni. Ecco, mi portava da mangiare, sabato o venerdì, e dice: “Si può chiedere al Signore di diventare poveri o di amar la povertà?”. Non ricordo bene, e ho detto: “Sì”. E allora ho approfittato. Avevo in mente di chiederle un prestito per la casa, ma prestito, però, perché sapevo com’erano le acque e allora... E allora l’ho chiamata in archivio lì e le ho parlato; ho cercato meglio che potevo, insomma, nel senso che mia preoccupazione era proprio quella di non abusare della sua fiducia, perché io sapevo la stima che ha di noi, la fiducia, com’è attaccata a noi e ad un certo punto si può chiedere quello che si vuole, no? Ma non volevo appellarmi alla stima e alla fiducia che ha in noi, ecco, proprio agisse così indipendentemente da questo. E proprio le ho parlato con chiarezza e... “Sì, sì... - dice - Ho capito tutto e faccio un po’ i miei conti...”. E lunedì mattina viene, ma quasi di sfuggita, quasi di sfuggita proprio e non vuole neanche grazie e dice: “Guardi, questi sono di Cesare”, il marito. Nemmeno ha detto “un dono”: “Sono di Cesare!”. E le ho detto: “Dirò la Messa domani mattina”, e dice: ”No, no!”. Ieri mattina ho detto la Messa. Ecco, per dire che si vede veramente un dare proprio cristiano, ecco, un dare cristiano.

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4. E noi li sentiamo, proprio, all’Isolotto, sentiamo questo adesso. Un motivo che ci tiene su anche, veramente, ecco: se noi deludessimo questa persona è un peccato mortale grosso, veramente una cosa che... un delitto, ecco. Questa e tante altre persone, ecco. Noi lì, all’Isolotto, siamo in una posizione particolare perché non possiamo, veramente direi, - è il Signore che ci aiuta! - ma non possiamo sgarrare, cioè nel senso di sbagliare strada, ripetere un po’ quello che ha fatto don Mazzi, ripetere... non si può! Perché, dopo la delusione che hanno avuta, si sono attaccati a noi come ad un’ancora di salvezza, come ad un qualche cosa che dà fiducia in loro. Se dovessimo sbagliare anche noi, credo che veramente all’Isolotto si può chiudere chiesa e tutto perché non credono più a nulla. Ecco...
Questa mi pare un po’ il tipo... che poi non è neanche di questa parrocchia, quella persona non è della parrocchia, ecco. E lì credo anche da pregare, perché eventualmente domani può, credo che lei è contenta, di orientare tutto anche verso la nostra casa. Io non ho accennato a niente, eh, assolutamente. Ma credo che sarebbe contenta di, di... perché lei cerca appunto di diventare povera, ecco. L’ha colpita il fatto della vedova che ha dato quell’obolo e insomma... Io l’avevo davanti quando predicavo, lì... Perché lei ha sempre l’impressione di non dar nulla. Un giorno stavo facendo il ringraziamento dopo la Messa, mi viene vicino con una bustina e mi dice: “Per i bisogni della parrocchia”, e c’era l’assegno di un milione dentro. Ecco, per dire: mantiene i fiori della chiesa tutte le settimane, ma li prende, li porta in canonica, li mette per terra, e poi scappa via senza... Veramente una cosa molto bella, ecco. E queste le abbiamo viste noi proprio come attenzioni del Signore, lo dicevo proprio ieri sera: il Signore veramente è stato tanto buono con noi, tanto buono, ecco, troppo buono perché proprio non lo meritiamo, insomma, che tante persone... ecco loro... là. Infatti la comunità l’ha con molti dell’Isolotto perché ci sono stati vicino, perché dicono che se ci avessero abbandonato, noi ci saremmo stancati e saremmo venuti via. E quindi l’hanno con tante persone che al momento che noi siamo arrivati ci sono state vicino. Ma, ecco come si spiega. Per esempio, io credo che poche parrocchie anche lì a Firenze la gente ci è vicina, in tutti i modi... Quello che vesto io, per esempio, io non ho comperato nulla di quello che vesto, nulla, nulla. Ma tutto, né io, né il diacono Giovanni, né don Gabriele adesso che è arrivato anche lui.

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5. Tanto per dire, adesso deve venire mia mamma e un giorno a cena lì ero a casa di questa signora, che ha detto la Messa in casa con altre persone lì, e dicevo che stavamo preparando una cameretta e che compriamo un letto. Il giorno dopo è arrivato tutto il materiale per il letto: lenzuola, coperte, federe... tutto, tutto. Non si può mica esprimere un desiderio, perché non si può esprimere perché se no... ecco. E quindi, e direi che vediamo circolare la provvidenza.
Ora anche questo, visto anche in questa circostanza cioè di una necessità... perché fosse venuto in certi momenti, non so, come... ma adesso, e credo sia bene anche che lei sappia, questa signora, che si pregava a questo scopo insomma, perché è veramente un segno, anche perché io avevo chiesto veramente un aiuto, un prestito a interessi, e dopo lei subito dice: “No, guardi, questi sono di Cesare”. Ecco, questo ci dà conforto, ma nello stesso tempo anche ci obbliga anche a riflettere, ecco, perché se il Signore è così attento vuol dire che dobbiamo corrispondere a queste attenzioni, a queste delicatezze del Signore. Dopo noi... Intanto la nostra Comunità, mi pare, va benino. Chiaro che c’è tanta strada, ecco, ma mi pare che siamo abbastanza tutti e quattro sereni, e mi pare che questa sia la cosa più importante che esista veramente. Questo mi pare di poterlo dire, ecco, che siamo sereni. C’è don Gabriele che ha un pochino di più disturbi fisici degli altri; adesso è andato dal medico l’altro giorno a fare delle analisi ed ieri doveva andare per una cura, per il fegato. Quindi fisicamente un pochino più... Ma io credo, ecco, ci troviamo bene insieme, anche ripeto se, chiaro, che mica né Comunità ideale... e niente, per carità, ma ci stiamo bene insieme, volentieri, ecco. Anche l’arrivo di don Luigi noi lo consideriamo proprio un dono del Signore, perché mi pare ha completato la Comunità, cioè ha fuso anche noi tre più di prima, e qui credo di dover proprio ringraziare don Ottorino che ci ha mandato don Luigi perché... Eh, il Signore senz’altro... Tanto era necessario anche come lavoro fisico, era necessario veramente perché c’è specialmente la domenica; adesso con la scuola, un po’ tutto, c’è parecchio, ecco. Ma dopo anche direi soprattutto perché il problema nostro primo, è chiaro, è quello della Comunità, ecco. E anche la gente ci guarda, ecco, ci guardano veramente come Comunità, ecco, ci guardano. Tanto per dirvi, dicevo anche ieri sera, un piccolo accenno, ci siamo trovati l’altra sera per dire come veramente è necessario che anche esternamente noi ci sentiamo uniti. E anche a questo scopo abbiamo scelto una Messa comunitaria al venerdì: c’è una sola Messa e concelebriamo noi tre sacerdoti e il diacono, ecco, e la gente vederci tutti e quattro sull’altare, tutti insieme, darci l’abbraccio della pace... ce l’han detto esplicitamente... è commovente veramente. E loro impressiona molto bene, perché abbiamo insistito sul fatto della Messa come segno di unità. Quindi almeno una volta alla settimana ci sia una Messa in cui la parrocchia tutta, chi può, insomma, è chiaro che anche tanti che possono non vengono perché non vengono, ma... insomma è veramente seguita quella Messa lì. È al venerdì sera alle sette, c’è la Messa penitenziale comunitaria che serve come penitenza un po’ della settimana, il giorno penitenziale e l’offrono specialmente per fomentare la comunità ed anche per noialtri.

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6. Noi vediamo che a noi quattro lì, proprio il fatto di essere tutti stretti attorno all’altare, davanti insieme con la parrocchia, ci aiuta moltissimo, ecco, e questo li ha impressionati molto, molto bene, ce l’hanno detto chiaro, proprio ce lo hanno esplicitamente, insomma, fatto capire questo.
E l’altra sera ci siamo trovati, lunedì sera, con dei giovani per programmare per il Natale, adesso l’Avvento, in preparazione all’Avvento. Ecco, io e il diacono prospettavamo un’idea, don Gabriele e don Luigi un’altra idea; avevamo discusso prima, avevamo risolto già prima, ma lì si ritornava proprio perché il presepio dopo deve riflettere questa idea... di Cristo. Cioè l’idea sarebbe questa: Cristo è già presente, ma viene alla luce nella misura in cui noi lo sappiamo vedere e accogliere negli altri. E don Gabriele e don Luigi avevano un’altra idea; la maggioranza era un po’ con questa prima idea, ma c’è stato un pochino di, non dico di battibecco, per carità, ma un po’... E ieri mattina trovo una persona in chiesa e mi dice: “Non bisognerebbe mica che quando vi trovate così insieme con tutti foste... Prima tra voi vi mettete d’accordo fino in fondo, e dopo lì c’è un’idea soltanto da portare avanti”. Dico questo proprio per far vedere come la cosa più importante, veramente la più importante, dell’Isolotto è veramente la nostra Comunità. Questo non vuol dire che noi siamo Comunità, assolutamente, perché si fa ogni giorno la Comunità, ma noi sentiamo l’esigenza, credo dappertutto, ecco, dappertutto, ma l’esigenza specialmente lì non solo di essere, ma di apparire anche esternamente come Comunità. Ecco questo anche perché, questa persona me lo ha fatto proprio capire. Un’altra volta è capitato lo stesso con don Gabriele. Stavamo a cena, lì c’era un gruppo di ragazzi e discutevano sul catechismo delle famiglie, ecco, e don Gabriele insisteva dicendo che questa è una necessità del momento perché, dice, se avessimo le stanze lo faremmo. E io ho detto no se anche avessimo le stanze, io... giudico... e anche lì un pochino... Tanto che ho dovuto domandar scusa al mattino dopo a don Gabriele, perché insomma avevo alzato la voce veramente, insomma lì, alzato la voce... però ho visto i ragazzi che ci guardavano, ecco. Per dire come... mi pare, se dall’esperienza che facciamo lì si può dire una parola che può aiutare voi che state preparandovi a questo tipo di esperienze più o meno, io credo, il fatto veramente di perché questo non s’improvvisa assolutamente. Non è che qui ognuno vada per conto proprio, un domani due o tre che si trovino in campo di lavoro, che si posso realizzare perché dopo capitano cinquanta storie... può capitare il fatto che uno sbatta la porta, per esempio, o che l’altro arrivi cinque minuti in ritardo, se non si è abituati un pochino a superare queste cose, dopo ci sono screzi che... di solito son sciocchezze quelle che creano disagi nella Comunità, proprio autentiche sciocchezze. Ecco.

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7. Quindi se, direi da fratello, ecco, per l’esperienza che ho lì, si può dire una parola, direi: creare veramente questo senso di collaborazione poiché siamo chiamati a lavorare insieme, di collaborazione perché questo incide, direi, per la gioia nostra, per la gioia nostra, perché qua io ho visto che quando si è contenti dopo si lavora molto più volentieri, ma il primo condizionatore della gioia siamo noi, tre o quattro... il resto... Se loro voglio dirci ‘maiali’ come ci hanno detto, anche ‘fariseo’ hanno gridato a me... “Al diavolo, maiali”... e altre cose, non fanno niente quelle robe, non fanno niente... cioè, non è che ci tocchino, che ci colpiscano perché se in casa, quando torniamo in casa, ecco, troviamo l’ambiente in cui si sta volentieri insieme, dicano quello che vogliono fuori, quando arriviamo in casa ridiamo, è finito. Forse lì si è sentita di più l’esigenza che altrove, ma credo che... ecco...
Dopo non saprei se voi avete qualche cosa da chiedere, non so io, perché... che cosa dire, insomma. Saluti da tutti... confratelli, ecco, perché quando son partito ieri mattina eravamo tutti e quattro quando son partito e hanno detto di salutare tutti. Don Gabriele che stava andando a scuola, fa scuola alle medie don Gabriele; anche lui si è trovato bene perché è un ambiente, anche scuole medie, insomma, c’è un certo, ma... non è perché non volevano quello che andava: don Masetti... Sono in tre, insomma, saranno dieci ore per ciascuno, ma si è inserito bene anche nella scuola che, mah, non è facile, insomma. E don Luigi e il diacono fanno scuola alle elementari. E anche lì vedo che ogni volta che domandiamo com’è andata sono contenti. Altra attività: abbiamo i ragazzi della prima comunione e della cresima; prima comunione è il diacono che s’interessa: prepara i catechisti, eccetera, e dopo tutta la parte del catechismo è del diacono per la prima comunione e la cresima invece è don Gabriele. Ecco, sì, vita spirituale insieme è questo: dunque, al mattino, di solito ci alziamo alle sei e tre quarti, dipende dopo perché in genere si va a letto molto tardi, undici e mezzo o mezzanotte, e allora qualche volta ci troviamo in chiesa per la recita di lodi. Dopo, ciascuno fa la meditazione, e ogni mattina ci incontriamo tutti e quattro per programmare la giornata, cioè ognuno dice gli impegni che ha, e dopo gli impegni comunitari, uno ha scuola, quell’altro ha questo, quell’altro ha quello, eccetera, cioè si vedono i lavori che sono da fare o che si son visti prima e dopo... c’è da far questo, quello, eccetera, ora, tu fai questo, tu fai quello, tu fai quell’altro, eccetera. Poi cerchiamo di tenerci anche al fatto di mangiare insieme, possibilmente perché, cioè, il momento del pranzo, ecco... Questo mi ha commosso...