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LA TIEPIDEZZA SPIRITUALE

MI213 [14-12-1967]

14 Dicembre 1967

Don Ottorino concede un momento di silenzio per facilitare il contatto personale con il Signore.

Rivista di grande tiratura per ragazzi, edito dai Salesiani della L.D.C, che don Ottorino leggeva volentieri.

Il riferimento è a don Pietro De Marchi, che all’epoca stava facendo l’anno di noviziato.

Nel testo registrato si ascolta don Pietro De Marchi che risponde: “No”, e allora don Ottorino aggiunge: “Cattivo!”.

MI213,1 [14-12-1967]

1 Mettiamoci alla presenza del Signore, domandiamo perdono dei dispiaceri che gli abbiamo procurato, e ringraziamolo del dono della vocazione.
Ho letto in “Meridiano 12” che un giorno si è presentato a Benedetto XV un vescovo eletto, e questo vescovo diceva: “Santità, non sono degno per troppi motivi. Se è possibile, mi levi questa croce”. E allora il Papa ha risposto: “Sentite, pensavo... Sì, sì, vi ascoltiamo. Va bene, ascoltiamo il vostro desiderio: perciò niente consacrazione vescovile. Pensavamo di fare un vescovo confessore, non un vescovo martire!”. Tante volte si dicono certe frasi tanto per complimento. Può darsi che quel vescovo avesse fatto sul serio, e allora è santità, e il Papa l’ha preso sul serio, ma chissà con che dispiacere è andato a casa dicendo tra sé: “Non sono più vescovo, non sono più vescovo!”. Amici, spero che non mi consideriate come quel vescovo se vi dico una cosa; almeno spero che mi crediate. Stiamo per affrontare una meditazione che fa paura. L’avevo nello stomaco per tutta la Santa Messa: la meditazione sulla tiepidezza. Noi membri di questa Famiglia religiosa non dovremmo neanche parlare di tiepidezza. Mi diceva un giorno don Ziggiotti, quando era rettore maggiore dei Salesiani: “Se noi volessimo, i primi membri della Congregazione Salesiana potremmo canonizzarli tutti, i primi che erano con Don Bosco... Abbiamo introdotto la causa di qualcuno, ma se volessimo... Ci sarebbe da introdurre la causa per tutti i primi”. Amici miei, ai tempi di San Giovanni Bosco cominciò una Famiglia religiosa e si vide una covata di santi. Al tempo di Sant’Ignazio di Loyola, al tempo di tutti coloro che hanno cominciato qualcosa, una covata di santi! Però, però, amici miei, ce n’era uno che era santo alla fonte e ha trasmesso qualcosa. Ma se quel primo invece di essere santo è tiepido, che cosa succede? Se nell’impianto di riscaldamento abbiamo la caldaia che va a cinquanta gradi, non si può pretendere che dal bollitore esca l’acqua a ottanta gradi; se abbiamo la caldaia a cinquanta gradi, il bollitore è certamente ad una temperatura inferiore, almeno finché non si cambia caldaia. Ed è questo che io spero. Durante la Messa, questa mattina, ho domandato: “Cambia caldaia, Signore, cambia caldaia!”. C’è don Pietro che è una bella caldaia grossa, e potrebbe fare molto calore, o qualche altro qui dentro... Ti pare, don Pietro? Non lo dico tanto per dire. Vi dico come quel vescovo, ve lo dico sinceramente: io capisco che cosa bisognerebbe essere, come ciascuno di noi dovrebbe essere. Lo dico non perché dobbiamo scoraggiarci perché nessuno deve scoraggiarsi, anche perché in questa casa non ci sono i travi per poterci impiccare... diventa un problema anche impiccarsi per la disperazione se non si sa dove impiccarsi. Quindi lo dico non per scoraggiarci, ma per chiamare le cose con il loro nome: noi dobbiamo essere tutti fervorosi.

DIO riconoscenza a...

APOSTOLO vocazione

PECCATO mediocrità

CONGREGAZIONE appartenenza

CONGREGAZIONE fondatore

ESEMPI tiepidezza

VIRTÙ

umiltà

Anche in questa meditazione don Ottorino si serve del libro di A. ANCEL, Il sacerdote secondo il Vangelo, Edizione Trevigiana, Treviso 1966. Le citazioni, prese dalle pagine 67-69, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.

Fernando Murari frequentava, all’epoca il 2° anno del corso liceale.

Il riferimento potrebbe essere a Giuseppe Giacobbo o a Giuseppe Biasio, entrambi allievi del corso teologico, o a Giuseppe Zorzi che all’epoca frequentava il 1° anno del corso liceale.

Siamo nel capitolo 3 dell’Apocalisse di San Giovanni.

MI213,2 [14-12-1967]

2 Adesso esaminiamo un po’ la tiepidezza, vediamo che cos’è la tiepidezza. Alla fine, vi dico, aiutiamoci da buoni fratelli per venir fuori da questo difetto; non uno scoraggiamento, ma un aiuto reciproco: aiutiamoci, aiutiamoci! Non mi dilungo di più perché il tempo passa, altrimenti si potrebbero dire ancora parecchie cose all’inizio.
“Introduzione “All’Angelo della Chiesa di Laodicea scrivi: Così parla l’Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio” (Ap 3,14). È dunque Cristo che parla e che si presenta a noi con due titoli: il titolo della sua fedeltà: egli è l’Amen, il Testimone fedele e veridico, e il titolo della sua onnipotenza: egli è il Principio delle opere di Dio”. Se avete paura, se avete il cuore debole, è meglio che ve ne andiate; queste cose potrebbero farvi paura. “Il Testimonio, fedele e veritiero, ci rivelerà ciò che noi siamo. Grazie a lui, noi entreremo nella verità; può anche darsi che essa ci faccia male, ma bisogna amare la verità: è la verità che ci libera”. Fernando , sei bianco; è meglio che tu vada fuori! “Il Principio della creazione di Dio: è per mezzo di lui che tutto è stato fatto, e si metterà a nostra disposizione per liberarci dalla tiepidezza, malgrado la nostra debolezza: noi sappiamo che “nulla è impossibile a Dio” (Lc. 1,37)”. Dunque lui, la verità, si mette a nostra disposizione per rivelarci la verità, non per scoraggiarci, ma per rivelarci la verità e per aiutarci a venir fuori da dove ci troviamo. Guardate che durante queste meditazioni, in questi giorni, prenderemo un po’ di paura. Giuseppe , coraggio! Non è per scoraggiarci che facciamo queste meditazioni, ma per venir fuori dalla nostra tiepidezza. “Dopo questa introduzione vi è una prima parte: il Testimone fedele rivela all’anima la sua tiepidezza e la sua situazione oggettiva”. La tiepidezza e la situazione oggettiva, non la situazione delle lapidi da morto o dalle epigrafi dove è scritto: “Vero padre... Ottimo padre... Cittadino esemplare....”. No, no, no! Siete tutti teologi e capite che cosa vuol dire “situazione oggettiva”. Penso non occorrono ulteriori spiegazioni “Eccoci i punti successivi: 1° - Versetto 15 : “So le tue opere”. Cristo conosce tutte le nostre azioni. Ci conosce come il Padre lo conosce (Gv 10,14-15). Nulla è nascosto ai suoi occhi: egli vede sino in fondo al nostro cuore (Ebr 4,13); egli conosce le nostre intenzioni e tutti i nostri pensieri (Gv 2,25)”.

CONSACRAZIONE mediocrità

COMUNITÀ

Marco Pinton, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso liceale, era ‘specializzato’ nel raccontare barzellette e battute durante le feste e le accademie. Aveva una naturale propensione allo scherzo e alle battute argute condite di quella sapienza popolare che lo rendevano particolarmente abile nel sostenere la compagnia.

Il card. Giulio Bevilacqua, prete dell’Oratorio di Brescia, era stato confessore di Paolo VI nei tempi giovanili; accettò la nomina cardinalizia a condizione di restare nella sua parrocchia di Brescia.

MI213,3 [14-12-1967]

3 Lui conosce le azioni e il motivo per cui abbiamo fatto le azioni. Noi possiamo fare le belle azioni per farci vedere, per amor proprio, per accaparrarci la simpatia. Non c’è niente da fare: lui conosce le azioni e il motivo delle nostre azioni.
“Non si tratta più dunque del comportamento esteriore o della stima che godiamo”. A Dio questo non importa; non è la stima che lui vuole. Il vescovo può dire: “Ah, quelli sono preti!”; invece può darsi che quello non interessi al Signore. E il vescovo: “Quello? Ah, non sono contento di quello”, e forse è quello il sacerdote che interessa al Signore. Può darsi che il vescovo faccia una graduatoria di preti: “Questo? Monsignore! Questo? Preti di primo, secondo, terzo grado!”; e magari il Signore: “No, no, no: questo è ultimo! Questo è primo!”. Tutto è diverso! Fa paura, eh!, con la differenza che la graduatoria che fa il vescovo dura pochi anni, quella che fa il Signore dura per tutta l’eternità; c’è solo questa piccola differenza. Se adesso chiamassi fuori uno di voi e dicessi: “Beh, vediamo un po’: prendi questi religiosi e mettili in graduatoria. Chi metteresti primo per santità, bontà, eccetera?”. “Don Pietro”. “Benissimo, don Pietro. E secondo? Beh, siccome mi vuoi bene, mi metti secondo”. Viene il Signore: un colpo di vento e si rovescia la casa, e dice: “Pronti? Ecco il foglio che accompagna questo gruppo”. Don Pietro è ultimo, e don Ottorino è più ultimo ancora! Chi è primo? Marco! “Proprio Marco , un buontempone?”. Sì, Marco! Fa paura, sapete! Guardate che tutte le graduatorie che abbiamo sopra la terra cascano di lì a pochi anni. È morto il cardinale Bevilacqua , un’anima bella, ma può darsi che il suo sacrestano superi in graduatoria il cardinale Bevilacqua. Muore Papa Giovanni, e può darsi che l’ultimo servo della casa pontificia, quello che puliva i gabinetti, l’ultimo gabinetto del Vaticano, sia primo in graduatoria, e per tutta l’eternità! Possibile? Possibilissimo! “Nulla è nascosto ai suoi occhi: egli vede sino in fondo al nostro cuore (Ebr 4,13); egli conosce le nostre intenzioni e tutti i nostri pensieri (Gv 2,25). Non si tratta più dunque del comportamento esteriore o della stima che godiamo. Alle volte, inconsciamente, noi portiamo una maschera di fronte gli altri e anche di fronte a noi stessi. Ci fidiamo della nostra reputazione. Si dice di noi che siamo buoni preti, e forse anche preti santi; si ammira il nostro zelo e la nostra pietà. Ma Cristo strappa la nostra maschera: ci vede tali e quali siamo: “So le tue opere””.

VIRTÙ

retta intenzione

DOTI UMANE stima

DIO logica di...

CHIESA Papa

Il riferimento è a Giovanni Orfano, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso teologico e che riusciva molto bene negli studi.

MI213,4 [14-12-1967]

4 Senza neanche accorgerci, quasi inconsciamente, portiamo una maschera dinanzi agli altri e forse anche dinanzi a noi stessi.
“Giovanni!”. “Ma io a scuola ho preso dieci”. “ A me non importa!”. “Ma, ho piantato i fiori”. “Che cosa m’importa? Giù la maschera!”. E questa sarà la graduatoria per tutta l’eternità. “2°- Ed ecco le parole sferzanti: “Tu non sei né caldo né freddo, almeno tu fossi freddo o caldo; ma poiché sei tiepido, cioè né caldo né freddo, ti vomiterò dalla mia bocca (Ap 3,15-16)”. Il Signore dice: “Almeno tu fossi freddo... Se tu avessi commesso qualche peccato grave, se avessi ucciso tuo padre, se avessi fatto qualcosa di grave, saresti un buon ladrone, piangeresti i tuoi peccati. Ma non sei né caldo né freddo. Giù la maschera; conosco le tue opere!”. “Ma che cosa è questa tiepidezza, della quale si parla qui? La tiepidezza può essere spiegata in maniera molto diversa. Mi sembra che, dal contesto, la tiepidezza sia caratterizzata da due note: siamo tiepidi nella misura in cui, da una parte, la carità non è il principio reale della nostra attività, e, d’altra parte, nella misura nella quale troviamo che la nostra situazione è soddisfacente”.

CONVERSIONE pentimento

CONSACRAZIONE mediocrità

Cfr. 1ª Cor 10,31.

Il prof. Marcello Peretti, docente di pedagogia presso l’università di Padova, era un amico di famiglia e spesso veniva invitato per offrire conferenze sulla pedagogia del Vangelo.

Cfr. Mt 26,39; Mc 14,36; Lc 22,41.

Cfr. Mt 27,46; Mc 15,33.

MI213,5 [14-12-1967]

5 Non si tratta di chiacchierare sulla carità, ma della carità come il principio reale della nostra attività. Uno può dirlo a chiacchiere che la carità è il principio reale di tutta la sua attività. No, no, no, deve essere il principio reale di tutta la nostra attività, di tutte le nostre azioni.
Dunque noi dobbiamo avere la carità come vero motivo di tutta la nostra attività. Anche andare a vedere la televisione deve essere per amor di Dio. Perché? Perché io sto cercando le anime e guardo la televisione in tanto in quanto, cioè la mia selezione in tutte le azioni viene fatta dall’amore, dalla carità verso Dio. “Sia che mangiate, sia che beviate...”. Io vado a mangiare: una cosa non mi piace e la scelgo invece di un’altra per amore, per amore di Dio. Vado a fare una gita, e ci vado per amore di Dio. La mia scelta non è fatta dal piacere. Per l’uomo di Dio non c’è il piacere; per l’uomo di Dio c’è la carità che può portare piacere. San Paolo dice: “Sia che mangiate...”; quando si mangia, si mangia di gusto e si prova anche piacere. Se si sente una canzone che piace, c’è il piacere. Se vedi dei fiori, una bellezza della natura, c’è il piacere. Ma fatto per amore! Il movente di queste scelte è la carità, è l’amore. Io devo essere mosso dall’amore nella mia vita di consacrato, quando ho una cosa da fare: la mia vita di consacrato è vita d’amore. Io, consacrandomi, mi sono messo davanti al tabernacolo come una lampada del Santissimo: devo essere consumato esclusivamente per lui, esclusivamente. Il motore di tutte le mie azioni - di tutte, anche delle più indifferenti, come bere un bicchierino - deve essere l’amore, la carità verso Dio. La carità dobbiamo distinguerla dal sentimento. Il professor Peretti ha parlato bene della carità, cioè dell’amore, quando ha detto che è donazione. Perciò la carità può esserci anche nell’aridità, nella freddezza, in cose che costano sangue. Io do al Signore questo: lo faccio non perché devo farlo, ma perché lui lo vuole. Il Signore Gesù quando è salito al Calvario aveva carità, aveva amore, nonostante la natura fosse riluttante: “Padre, se è possibile, passi questo calice”, “Padre, perché mi hai abbandonato?”. La natura tirava indietro, non sentiva certo l’entusiasmo di quello che faceva: la parte sensibile recalcitrava, solo la volontà di darsi, perché Dio Padre voleva così, lo sosteneva, e allora si dà. Il motore di tutte le azioni di Gesù era l’amore verso il Padre, era la carità verso di noi, nonostante la natura tirasse indietro.

CARITÀ

DIO amore a Dio

PENITENZA sacrificio

APOSTOLO uomo di Dio

EUCARISTIA tabernacolo

CONSACRAZIONE offerta totale

GESÙ

Via Crucis

GESÙ

uomo

DIO Padre

GESÙ

Cfr. Romani 7,14-25.

Cfr, Mt 2,13-15.

Cfr. Lc 2,1-7.

Cfr. Lc 2,41-50.

Modo di dire popolare veneto per indicare una persona spastica o handicappata.

Luciano Rizzi frequentava all’epoca l’ultimo anno del corso teologico.

MI213,6 [14-12-1967]

6 Non dovete pretendere, fratelli miei, che la natura sia sempre d’accordo con queste cose; qualche volta la parte sensibile potrà essere d’accordo, ma la maggioranza delle volte non la troverete d’accordo. Bisogna prendere l’asinello e partire e andare in Egitto con la Madonna e Gesù: la natura non è certo d’accordo! Bisogna partire da Nazaret e andare a Betlemme : la natura non è d’accordo! Bisogna tornare indietro, quando hanno perso Gesù nel tempio, e la natura non è d’accordo! Bisognava che Gesù scappasse da una parte e dall’altra perché lo perseguitavano: e la natura non era d’accordo.
Figlioli miei, la vita di un cristiano è lotta, è battaglia. Se questo è per un cristiano, immaginiamoci per un apostolo! Capite, fratelli miei? Quello che mi fa paura è questo: se noi non siamo completamente uomini di Dio, per cui l’attività nostra sia mossa solo dall’amore, non siamo quegli apostoli che sono attesi nel mondo. Qualche volta mi si chiede: “Saremo noi diaconi come vuole il Signore? Saremo noi preti come vuole il Signore?”. Fratelli, non lo saremo se non abbiamo come motore di tutta la nostra attività l’amore di Dio. Non parlo del sentimento; non confondete questa parola, perché qualcuno crede che amore di Dio sia questo: “Gesù, che gusto! Io non ho amore di Dio perché non ho più soddisfazioni!”. “Ma no, figliolo: tu fai fatica a pregare e vai a pregare?”. “Sì: faccio fatica e lo faccio”. Quello è amore! Per una mamma stare alzata tutta la notte vicino al figlio ammalato è un sacrificio, ma lo fa perché ama. E tante volte, forse, ha un figlio che è scemo , che non ha mai manifestato un atto d’ amore verso di lei, cioè che non ha mai dato un segno di affetto, ma la mamma lo ama e si sacrifica per lui anni, questo per anni. E può capitarvi proprio questo, fratelli: che noi per anni, e anni, e anni, dobbiamo mettere al centro di tutte le nostre azioni l’amore di Dio, e Dio non si fa sentire. Dio non è uno scemo; lo fa per il nostro bene. Mi guardi, caro Rizzi ? Dimmi tu se non debba aver paura considerando queste cose.

DOTI UMANE sensibilità

PAROLA DI DIO Vangelo

GESÙ

uomo

MARIA

CHIESA cristianesimo

APOSTOLO uomo di Dio

CONGREGAZIONE appartenenza

DIO amore a Dio

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

PREGHIERA

ESEMPI carità

Cfr. 1 Samuele 17, 38-40.

Era frequente nei paesi vedere girare queste macchiette: in genere erano dei cenciaioli che andavano alla ricerca dei barattoli di latta per ricuperare il ferro e lo stagno con cui erano fabbricati.

Cfr. Tobia 6,1-9.

MI213,7 [14-12-1967]

7 A volte, per esempio, io vedo uno troppo attaccato allo sport, uno troppo attaccato alla televisione, uno che ci tiene tanto a interessi superficiali e dice: “Sa, faccio così, tanto per divertirmi...”: va bene, sono cose che in se stesse non sono proibite, ma non si nota che il motore è solo l’amore di Dio. Va’ al cinema anche ogni sera, se è l’amore di Dio che te lo chiede; se Dio ti dice di andare al cinema ogni sera, vacci ogni sera. Se Dio dice di giocare il calcio tre volte al giorno, gioca! A me interessa, fratelli, non la cosa in se stessa, ma vedere l’uomo che desidera solo l’amore di Dio. Quando io vedo uno che non è proprio così, per me è un rimprovero.
Guardate che ho fatto fatica a non piangere durante la Messa. Voi non ne avete neanche l’idea, perché guardando il Signore dicevo: “Ma...”. Se nella Casa dell’Immacolata c’è qualcuno che non ha veramente questo fuoco, la colpa, figlioli, è anzitutto mia; e io sento la responsabilità di questo. Se io fossi una pianta accesa nel bosco, è impossibile che il bosco non si incendi; quando la pianta è solo po’ di acqua calda - calda, calda, calda, finché volete - farà solo un po’ di caldo, come un radiatore in mezzo al bosco. Un radiatore in mezzo al bosco non incendia il bosco. Uno che gli va vicino dice: “Senti che caldo! Senti, ma senti!”. Certo, siamo d’inverno, trovi un po’ di caldo con un radiatore caldo e dici: “Che caldo!”. Però quel radiatore non incendia il bosco; non vedrai mai uscire una fiamma da un radiatore di termosifone. I profani possono dire: “Che caldo!”, ma Dio non è contento. Dio non vuole calore, vuole fuoco. Dio non vuole qualche buona parolina, vuole fuoco. E uno di noi, ognuno di noi, dove casca deve incendiare, e se non incendia vuol dire che non ha la temperatura che dovrebbe avere; vuol dire che non ha come centro motore di tutte le azioni Dio, vuol dire che è tiepido. Ecco perché avevo paura di affrontare questo tema. Sono parecchi giorni che penso a questa meditazione: “Come farò ad affrontarla?”. Doveva affrontarla qualche altro; volevo quasi chiederlo al maestro dei novizi, ma... Eh, volevo farlo, caro don Luigi! Andiamo avanti. Don Pietro dirà: “Qui sono matti!”. Sì, caro, bisogna che tu vada in America ad aprire un manicomio! Che cosa ne dici, don Pietro, di queste cose? Sono cose vere! Per conto mio, uno che si è dato al Signore, si è dato al Signore totalmente, e non si discute più. Se usa delle cose, di tutte le cose, lo fa con semplicità, usandole in tanto in quanto Dio vuole. Si cerca ciò che piace al Signore; quello che non mi interessa lo lascio stare: “Questo interessa, aspetta, potrebbe servirmi per...”. Noi dobbiamo cercare solo armi per salvare le anime. Davide cercava una specie di sasso per mettere nella fionda, e non si caricava di pesi inutili. Qualche volta si vedeva passare qualche vecchietto pieno di barattoli, barattoli, barattoli, appesi addosso di qua e di là. Fratelli, non ci si carica di pesi inutili, ma solo di quelle pietre che sono necessarie e che possono servire per salvare le anime. Tobiolo si è caricato del fegato e del fiele del pesce perché l’angelo di Dio gli ha detto: “Mettili via, ti serviranno!” e non si è caricato di tutto il pesce: pesava troppo.

DOTI UMANE sport

DOTI UMANE televisione

CONSACRAZIONE mediocrità

PECCATO passioni

VOLONTÀ

di DIO

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

APOSTOLO uomo di Dio

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

CONGREGAZIONE appartenenza

CONGREGAZIONE fondatore

ESEMPI tiepidezza

APOSTOLO F.A.

SLOGANS fuoco apostolico

CONSACRAZIONE offerta totale

VIRTÙ

semplicità

Padre Isacco Meggiolaro era un sacerdote della Comunità dell’Oratorio di Vicenza e insegnava teologia dommatica nel corso teologico del seminario vescovile.

Don Ottorino scherza alludendo a Vittorino Gonella, che all’epoca stava facendo l’anno di noviziato, e che era soprannominato “Rosso” a causa del colore rossiccio dei capelli.

MI213,8 [14-12-1967]

8 “Non c’è tiepidezza quando vi è semplicemente una mancanza alla carità accompagnata da rimorsi, ma quando la carità non anima la nostra azione e quando a questo ci fossimo abituati”.
Può darsi che uno voglia muovere tutte le sue azioni con la carità, con l’amore, ma non riesca in un’azione particolare. Questo non vuol dire che sia tiepidezza; una mancanza non fa tiepidezza. Padre Isacco Meggiolaro diceva: “Quando uno passa in mezzo ad un campo arato e si vedono le orme, non fa sentiero”. Un’orma non fa sentiero, ma solamente il passaggio ripetuto più volte fa un sentiero: questo nel bene e questo nel male. Quando tu fai un atto di virtù, non hai la virtù. Una volta fai un atto di carità: “Oh, quanta carità!”. No, hai fatto solamente un atto di carità. La vera virtù è la ripetizione di atti buoni, e anche il vizio è la ripetizione di atti cattivi. Se uno fa una sbornia una volta, non puoi dire che è un ubriacone. Il Rosso l’altro giorno si è ubriacato; pazienza! Ha fatto una sbornia, ma non vuol dire che è un ubriacone. Vero, Vittorino? Uno non può dire che sei un ubriacone! Così pure è per noi. Uno, ad un dato momento compie un’azione che non è stata mossa dalla carità e dice: “Ecco, sono tiepido!”. No, una mancanza non fa tiepidezza. Questa è la verità, altrimenti bisogna impiccarsi sul serio. Però ci dovrebbe essere in noi questo motore, questo desiderio di fare le cose solo mossi dalla carità. Io mi sono dato a Dio, mi sono consacrato al Signore, io devo cercare solo la volontà del Signore istante per istante, tutte le mie azioni devono essere regolate dall’alto. Mi capita una mancanza? Dico subito: “Signore, eccolo qui...”. Alla mattina, prima di fare la meditazione: “Signore, anche ieri ho mancato due o tre o quattro volte”. Il Signore permetterà questo perché non abbiamo da esaltarci, perché stiamo con la testa bassa, perché restiamo umili. Il più bello è ancora indietro. Mi dispiace che siano già le otto, ma vi prometto che la settimana ventura faremo il resto.

CONSACRAZIONE mediocrità

CARITÀ

VIZI

CONSACRAZIONE offerta totale

VOLONTÀ