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LA VERGINITÀ È DONAZIONE TOTALE AL SIGNORE.

MI325 [21-10-1970]

21 ottobre 1970

MI325,1 [21-10-1970]

1. Cominciamo questa mattina alcune meditazioni prendendo lo spunto dal libro “Il cantico della fede e dell'inevidenza” di Amato Dagnino: tratta sulla verginità. Seguiremo questo testo durante quest'anno nelle nostre meditazioni; a volte, però, daremo spazio a qualche distrazione o a qualche altra ispirazione che il Signore potrà mandarci, anche per tenerci un po' svegli, specialmente nelle giornate più pesanti. Oggi è una bella giornata serena, per cui è meglio cominciare con il libro. Il nostro caro padre Dagnino comincia con una prefazione. Se un domani vi verrà in mano questo libretto, e penso che lo avrete perché ne ho fatte ordinare almeno una decina di copie, sarà bene che ne prendiate visione per conto vostro, e che vi leggiate attentamente anche la prefazione

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2. Padre Dagnino, dopo la prefazione, colloca un capitolo sul fondamento teologico della verginità, con il seguente titolo: “Fondamenti biblico-teologici della verginità”.
Egli mette questo fondamento, cioè parla di fede, perché qui si tratta di fede. È la fede che fa sì che il vergine sia un consacrato e non sia uno scapolo. La nostra vita di fede ci fa capire una cosa: noi siamo sposati più degli altri. Il nostro cuore ha bisogno di integrazione affettiva. Perché? Ricordate l’episodio di Anna, la mamma di Samuele, che era triste e piangente per non aver figli, e alla quale il marito ha detto: “Non ci sono forse io? Non sono io più di dieci figli? Non valgo io come dieci figli? Cessa di piangere perché non hai un figlio: non sono io forse più di dieci figli?”. A un dato momento Gesù Cristo potrebbe dirci: “Io non valgo almeno come dieci donne? Varrò qualche cosa, sarò qualche cosa!”. Il Cristo, insomma, deve riuscire a colmare il nostro bisogno di affetto, fatta eccezione per la parte sensibile che è legata alla natura umana. Anche uno sposato può sentire l’attrazione della parte sensibile verso una ragazza, che può essere la sua segretaria d'ufficio, può essere un’altra ragazza, ma a un dato momento bisogna essere uomini. Tu, Mario , che conosci il mondo, è così? La parte sensibile si fa sempre sentire. Anche l’uomo sposato, che vive con la propria moglie, a un dato momento può sentire l’attrazione sensibile verso la moglie di un altro. D'altra parte siamo uomini... Cristo per me è tutto. Io mi sono donato interamente al Cristo, completamente, molto più di un giovane che si dona a una ragazza e viceversa. Mi sono donato interamente, e naturalmente questo è possibile solo se io vivo la vita di famiglia con il Cristo. Se un giovane si sposa con una ragazza e, a un dato momento, invece di andare a casa alla sera, va in giro a destra e a sinistra e va a casa ogni tre o quattro mesi, si dà alla bella vita, è logico che non vive la vita di famiglia con quella ragazza. Se io mi sono donato a Cristo e non mi fermo insieme con lui, lentamente si affievolisce il nostro legame. Di qui deriva l'importanza di quello che diciamo continuamente in casa: bisogna fermarsi e incontrarsi con il Signore, incontrarsi la sera in particolare con quei cinque minuti che abbiamo posto un po' come base, come inizio del nostro colloquio con lui. Ma dovrebbero essere i cinque minuti di don Ottorino quando ero ragazzino e dopo pranzo la mamma mi diceva: “Va' a letto cinque minuti. Dopo farai quello che vuoi, ma adesso per cinque minuti va’ a letto”. E dopo doveva gridare: “Ottorino, vieni giù! Ottorino...”, perché io dormivo e non mi decidevo mai a scendere. I cinque minuti dovrebbero farci gustare il contatto intimo con il Signore, per cui dopo dovrebbe essere naturale incontrarci con lui al mattino appena entriamo in chiesa, fermarci un po' con lui durante la giornata passando un momentino davanti alla chiesa. Ma non soltanto in chiesa; c'è una chiesa grande che è l'universo. Stamattina, per esempio, aprendo la finestra, vedendo una bella giornata di sole, vedendo sorgere il sole, come è possibile non aprire il cuore e non cantare? Come è possibile non cantare di tanto in tanto durante la giornata, come è possibile quando ci si trova da soli un momentino non cantare le glorie di Dio, non mettersi in contatto con lui, con nostro Signore? È importante che assumiamo questa abitudine: è un'abitudine che bisogna prendere con un po' di sacrificio.

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3. Talvolta confessando si incontra qualche uomo che dice: “Reverendo, vedo che è un po' di tempo che il mio cuore verso la moglie non è più come una volta. Sento che sta pendendo da una qualche parte e domando perdono al Signore; la colpa è mia perché resto poco in casa, resto poco in casa: gli affari, un impegno e l’altro mi occupano molto. Sento che dovrei restare più in casa, manifestare maggiore affetto verso la moglie. Alla domenica me ne vado con gli amici. Adesso prometto dinanzi al Signore che voglio restare in casa e trascorrere la domenica insieme perché vedo che sto andando fuori strada”. Avete mai sentito queste confessioni: “Vedo che sto andando fuori strada”? Quante volte, uomini di una certa età, nel confessionale dicono proprio questo: confessano che stanno andando fuori strada perché non stanno insieme con la loro moglie e con la loro famiglia.
Di tanto in tanto anche noi dobbiamo fare questo esame di coscienza per vedere se viviamo la nostra vita di consacrati. Altrimenti possiamo essere mariti che stanno fuori casa, persone che non vivono la vita di famiglia; siamo ingiusti, manchiamo di giustizia. Il Signore invece è giusto verso di noi. Il marito che non sta in casa con sua moglie, che non vive la vita di famiglia, manca di giustizia verso la moglie perché la moglie è sempre a casa che l'attende. E Cristo ci attende sempre: “Sum ad ostium et pulso”. È sempre lì: al mattino quando ci alziamo è lì; ha aspettato tutta la notte per incontrarsi con noi. Quando durante il giorno andiamo in chiesa un momento, ha aspettato ore per incontrarsi con noi. E ventiquattro ore su ventiquattro è con la cornetta in mano che aspetta la nostra telefonata, è al centralino telefonico. Avete mai notato che quando si chiama, per esempio, qualche confratello di Crotone al telefono ci si mette vicini alla portineria in attesa della telefonata? Qualche volta anch’io mi metto ad aspettare qualche telefonata fuori città e mi domandano: “È lei il portiere? È diventato portiere?”, e allora rispondo “Sì, sto aspettando una telefonata”. Ricordatevi che il Signore aspetta sempre qualche telefonata da noi, per tutta la giornata, per tutte le ore della giornata. Tutta la giornata è sempre in portineria che aspetta la telefonata, e sogna il momento che il campanello squilli: “Oh, finalmente mi ha telefonato!”. Se lui aspetta, perché non parliamo con lui, perché non facciamo questo contatto con lui? Penso che il fondamento teologico della verginità consiste veramente nell’incontro con il Signore. Poi l’autore tratta altri argomenti un po' generali, ma fondamentale per noi è l’incontro con il Signore. Fermatevi un po' a leggere e a meditare questo punto.

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4. E adesso andiamo avanti e cominciamo il primo capitolo vero e proprio: “Rapporti Verginità - Spirito Santo”.
Dalla prima lettera ai Corinti: «Ora noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito che viene da Dio, affinché possiamo conoscere le cose che da Dio ci sono state generosamente donate. E di queste cose noi parliamo con discorsi non insegnati dall'umana saggezza, ma dallo Spirito. L'uomo carnale, però, non accetta le cose dello Spirito di Dio, giacché per lui sono follia e non può conoscerle dato che esse vengono discriminate spiritualmente». Qui ci sarebbe materiale per fare sette o otto meditazioni. Comunque adesso vediamo che cosa ci dice il nostro padre Dagnino, ma prima vorrei sottolineare due o tre righe: “Ora noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo...”. Ricordate che noi non possiamo avere il colore dei giovani del mondo. Ricordo sempre una esortazione che monsignor Volpato ci faceva quando eravamo ragazzi. Eravamo nell’anno 1927 e io frequentavo la prima ginnasio, per cui me la sono bene impressa nella memoria. Ci diceva: “Adesso voi andate in famiglia per le vacanze. Ricordatevi che i vostri compagni, anche i più buoni che avete in paese, anche i migliori dell'Azione Cattolica, anche gli stessi vostri fratelli, non sono più i vostri compagni di prima. Voi non siete più come loro, voi avete una vocazione. Perciò voi non potete più misurarvi con loro. Voi andrete insieme con loro, cercherete di stare allegri, gioiosi con loro, giocare con loro, tutto quello che volete, però ricordatevi che non siete più come loro: voi siete di Gesù. E perciò voi dovete vivere un qualche cosa di diverso da loro. Le loro conversazioni non sono più le vostre conversazioni, anche se parlerete con loro”. Amici miei, questa esortazione di monsignor Volpato a noi ragazzini di I ginnasio, la dobbiamo vivere in modo particolarissimo noi che siamo consacrati al Signore nella vita religiosa. Noi non siamo più del mondo, non possiamo più misurarci con i buoni giovani del mondo; non possiamo più, scusate, misurarci, - caro Domenico, perdonami se dico questo - neanche con tuo papà, che pure viveva così intimamente unito con il Signore: neanche con lui, perché noi dobbiamo essere i suoi maestri. I buoni giovani, le buone anime del mondo non sono più come noi. Noi dobbiamo essere qualcosa di più. Perciò i rapporti, che noi abbiamo con il mondo, dovrebbero essere rapporti di convenienza, rapporti di amicizia, ma senza dimenticare che noi non siamo più del mondo. Dobbiamo usare le cose del mondo soltanto in quanto ci servono per il nostro programma di consacrati.

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5. In altre circostanze vi ho detto che quando un tempo un giovane si consacrava al Signore vendeva tutto, dava via tutto, cambiava la veste, gli tagliavano i capelli facendogli la tonsura, e gli imponevano un saio: “Eccolo, siamo del Signore! Anche esternamente siamo del Signore!”. Ora voi potreste dire: “Uno poteva far questo e non essere del Signore”. Ad ogni modo il distacco interno dal mondo è necessario, è indispensabile, altrimenti ci illudiamo.
“Chi sei tu?”, dirà San Pietro quando entreremo in cielo, quando arriveremo alla sua porta. “Sono un religioso”. “Mi pare che tu sia poco religioso, caro. Nella tua vita hai cercato quello che ti piaceva. Il sacrificio della tua volontà, il voto di povertà, di castità e di obbedienza, lo hai osservato? Hai fatto quello che ti piaceva o hai fatto la volontà di Dio? Ti è pesata l'obbedienza? Ti è pesata la povertà? Ti sei staccato dal mondo o hai cercato un po' un compromesso?”. Quando noi vogliamo continuare a godere, godere delle amicizie del mondo, godere dei rapporti con il mondo, con la scusa che andiamo a salvare chi è nel mondo, e intanto godiamo le soddisfazioni del mondo, quale differenza c'è allora fra noi e un uomo di mondo? Forse c'è la differenza che noi non abbiamo moglie e figli e perciò siamo più liberi per godere un po' la vita del mondo. State attenti che siamo in una posizione pericolosissima. La nostra missione è meravigliosa e grande, ma non possiamo, amici miei, figlioli miei, non possiamo abusare di questa posizione. Non so se don Matteo , che mi guarda, è d'accordo. La nostra posizione è tremenda. Per esempio. Noi abbiamo l’auto e possiamo usarlo, ma non possiamo fare un chilometro o dieci metri di più di quello che il Signore richiede perché manchiamo contro la povertà, facciamo un peccato contro la povertà. Noi disponiamo di denaro, ma non possiamo usare trenta o cinquanta centesimi di più perché pecchiamo contro la povertà. Noi oggi godiamo di una certa libertà. Adesso non è come una volta, quando nei conventi bisognava firmare ventiquattro carte prima di uscire dal convento e dopo rifirmarne trentaquattro prima di rientrare, e questo per la disciplina, per l'orario, per tutto. Oggi godiamo di maggiore libertà. Ma, amici miei, questo non toglie niente all’immolazione della nostra volontà che abbiamo fatto dinanzi all'altare. Per cui un domani non renderemo conto al superiore, ma dovremo rendere conto a Dio di tutti i minuti, non solo delle ore, di tutti i minuti della nostra giornata. Non possiamo mai essere dove vogliamo noi; dobbiamo essere sempre dove Dio ci vuole, non dove, secondo noi, ci sembra che Dio ci voglia, ma dove lui ci vuole.

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6. Perciò ci deve essere una ricerca, ci deve essere una sottomissione in un qualche senso, bisogna domandare a chi è incaricato: “Io occupo così la mia giornata: le pare che vada bene o no?”. Non si può dire: “A me sembra che vada bene così”, perché se disgraziatamente il nostro orologio è sbagliato, noi arriveremo fuori orario, cioè quando la porta è chiusa.
L'esempio delle dieci vergini, delle quali cinque erano stolte e cinque prudenti, può ripetersi anche per i religiosi della Pia Società San Gaetano. Uno arriva alla porta del Paradiso e il Signore potrebbe dirgli: “Signore mio, tu hai fatto i tuoi comodi per tutta la vita, hai fatto quello che ti è piaciuto”. “Ma, Signore!”. “No, hai fatto quello che ti piaceva, siamo sinceri. Con la scusa di essere religioso tu hai sempre fatto quello che ti piaceva, hai cercato di combinare un po' la consacrazione a Dio con lo spirito del mondo”. Eh, no, figlioli miei! La vita religiosa deve costarci, deve essere un peso, deve essere qualcosa che ci stronca un po'. Anche chi vive nel mondo ha il suo peso. E noi non dobbiamo avere il nostro peso? Il distacco dal mondo, amici miei, dovrebbe costarci un po'; noi con la consacrazione facciamo una rinuncia e dobbiamo sentirne il peso. Ma se noi, invece, abbiamo tutto quello di cui abbiamo bisogno perché il riscaldamento lo abbiamo, le coperte le abbiamo, il vestito lo abbiamo, il mangiare lo abbiamo, e non cerchiamo qualche cosa che pesi, dov'è la rinuncia? Quando abbiamo desiderio di andare a casa ci andiamo, quando abbiamo piacere di parlare con un amico ci andiamo, quando abbiamo piacere di avere un libro lo abbiamo. Dov'è la rinuncia? Dov'è l’abbandono del mondo, la sofferenza perché manca qualche cosa? Come possiamo parlare a gente sposata, a mamme che hanno figli, a persone che non hanno il pane quotidiano? Amici, come possiamo? La gente è mezzo disperata per la situazione tragica in cui si trova... Come facciamo?

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7. «Noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito che viene da Dio».
Da Dio... e guardate che lo Spirito che viene da Dio non attacca in noi se non abbiamo rinunciato allo spirito del mondo. Voi siete tutti meccanici. Se si rompe la gomma della bicicletta siete capaci di metterci una pezza, ma se la camera d'aria è tutta sporca, è inutile attaccare una pezza perché non attacca, il mastice non attacca. Non è vero, Battista? Prima bisogna pulire e dopo attacca. È facile che noi siamo attaccati un po' al mondo, anche attraverso legami piccoli e insignificanti, ma è facile essere attaccati al mondo. Insisto perché non voglio che diventiate ridicoli, non voglio che siate pezzenti, non voglio che siate vestiti come gli zingari, ma la famosa disposizione che abbiamo dato in casa: “Sforzarsi di piacere a Dio e di non dispiacere al mondo”, guardate che è sapiente. Non è detto “piacere al mondo e non dispiacere a Dio”, non è detto “accontentare Dio e accontentare il mondo”. Noi abbiamo sposato Dio e perciò la nostra preoccupazione dev'essere quella di piacere a Dio e di non dispiacere al mondo, perciò presentarsi in modo da poter essere accolti bene. Ma la nostra preoccupazione deve essere di piacere a Dio, di piacere a Dio e solo a Dio. Ieri hanno fatto il funerale di un “giovane” sacerdote, il parroco di Breganze... “un giovane” sacerdote! Ieri è morto poi un altro “giovane” sacerdote, il parroco di Gambugliano. Conocarpo , quanti anni aveva? E quello di Breganze? Ambedue hanno trascorso una vita. Ho sentito una frase, e permettetemi che la dica in chiesa. Don Carlo Scudella ieri ha detto una frase con tutta semplicità, che vi assicuro non corrisponde a verità, ma la ripeto per trarre un insegnamento: “Mamma mia, quante faraone ha mangiato quel sacerdote! Io credo che ne ha mangiato un pollaio intero!”. Beh, spero che non si pensi che fosse uno che vivesse per mangiare, per carità: soltanto mangiava con piacere. Ad ogni modo sarebbe troppo poco se un domani, alla nostra morte, dicessero: “Quante bottiglie di grappa ha bevuto! E quante bottiglie di Frascati ha bevuto!”. Sarebbe un panegirico un po' povero per un sacerdote! Infatti don Carlo ha poi aggiunto: “No! Guardate che dicevo così per dire”. Però, state attenti, perché sarebbe un brutto panegirico se un bel giorno il Signore, che a differenza degli uomini non può sbagliare, ci dicesse: “Caro mio, tu sei stato poco religioso”.

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8. Ieri abbiamo celebrato la festa di Suor Bertilla: le Suore Maestre di Santa Dorotea hanno una santa che non è una maestra. Guardate che un domani, con tutte le nostre arie di superiori generali o consiglieri generali o ragionieri o professori di filosofia, eccetera, potremmo trovare in Paradiso, come consigliere dell'Eterno Padre, il nostro caro assistente Pietro con tutta la sua semplicità perché lui ha usato tutti i suoi talenti per il Signore, ha dato tutto, e anche se qualche volta si arrabbiava lui ha donato tutto quello che aveva: lui consiglierà l'Eterno Padre e noi puliremo le scarpe, forse, agli Apostoli... e che vada bene!
State attenti che si tratta solamente di pochi anni, che fra l’altro passano come un soffio di vento... “Settanta sono gli anni della nostra vita, ottanta per i più robusti”, dice il salmo , e passano come un soffio di vento, e poi resterà soltanto quello che abbiamo fatto veramente per il Signore. Perciò la nostra vita non può essere una vita che va avanti in maniera superficiale: dobbiamo consumarci totalmente per il Signore come una lampada. Non si può prendere una candela e portarla da una parte e dall’altra perché non brucerebbe bene e perderebbe la cera. Noi siamo stati chiamati da Dio per consumarci come la lampada del Santissimo, fino in fondo. Questa mattina Franco ha visto la lampada spenta e ne ha preso un'altra, ne ha messo un'altra; fra qualche giorno anche questa sarà spenta, e allora se ne metterà un'altra ancora. Così sarà anche di noi: oggi siamo qui come lampade accese davanti all'altare; di qui ad alcuni anni noi avremo consumata la nostra missione, e il Signore manderà un altro e un altro ancora. Ma se noi lasceremo un detrito sporcheremo per terra, sporcheremo tutta la casa come i colombi o come i polli. Che sudiciume! Non possiamo lasciare la casa così. Dobbiamo consumarci interamente, fino in fondo, completamente per il Signore. Allora bisogna prendere seriamente la nostra vita di consacrati. Non si può accettare la vita di consacrati, per esempio, e poi interessarsi di sport, e interessarsi di politica, e interessarsi di tante cose mondane, e un pochino anche del Signore.

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9. Il Signore vuole tutto, non si accontenta di qualche cosa, come uno che dicesse: “Beh, diamo qualcosa al Signore. Vediamo un po': su ventiquattro ore gli possiamo dare una mezz'oretta”. No, noi dobbiamo essere solamente presi dall’ idea di Dio, del suo amore, e della salvezza delle anime, come l’interesse per un'industria prende un industriale.
Per esempio, noi adesso stiamo lavorando per i Vangeli, stiamo lavorando per la legatoria, stiamo lavorando per il cinema, ma questo deve essere un corollario del nostro interesse centrale. Ma se questo interesse centrale è debole allora è un disastro. Non possiamo scindere questi due aspetti. Per esempio, non possiamo interessarci della produzione del Vangelo, della tipografia, dei debiti e di ogni altra attività come sezioni staccate: no, no! Noi saremo un disastro e dovremmo fermarci. L'anima dominante di tutto, il cuore di tutto deve essere l'amore di Dio, e per l'amore di Dio si compera una mucca, e per amore di Dio la si ammazza, e per amore di Dio la si mangia, e per amore di Dio si fa tutto. Ma tutto dev'essere centrato in questo, figlioli miei. I motori elettrici hanno il rotore. Sai che cos'è il rotore, tu che sei di Bertesina? È la parte che si trova dentro al motore, la parte che fa girare il motore. Quando i motori elettrici hanno il rotore e vanno a forte velocità, se il motore non è equilibrato, cioè se non ha il peso giusto, è un disastro. All'inizio il motore comincia a muoversi da solo e a camminare sopra la tavola, e poi può provocare qualche danno, far saltare tutto per aria. E quanti più giri fa il motore, tanto più è necessario che sia equilibrato, altrimenti sfasa, butta tutto per aria, finisce per fregare attorno allo statore. Allora sarebbe un disastro; non c'è niente da fare, deve essere equilibrato. E ci sono degli apparecchi speciali per equilibrare il rotore: sono gli equilibratori, fatti apposta per equilibrarlo, per tagliare, per aggiungere. Del resto, anche le ruote delle auto devono essere equilibrate; sarebbe pericoloso partire con le ruote non equilibrate. Noi siamo degli uomini chiamati da Dio a correre a una velocità vertiginosa perché dobbiamo correre, si può dire, alla stessa velocità di Dio. Se non siamo equilibrati è un disastro, amici miei. Perciò dobbiamo essere preoccupati di avere un equilibrio spirituale. Se per fare un motore si usa un pezzo di ferro o lamierini di ferro o di rame, poi è necessario provare e riprovare per equilibrarlo. Così noi non possiamo, presi dalla nostra superbia, traditi da Satana, andare avanti senza preoccuparci di un equilibrio spirituale, che è quello che è necessario per poter camminare nella via di Dio. Oggi ci sono troppi consacrati squilibrati, che credono di servire Dio e servono se stessi, credono di servire Dio e servono il demonio. Abbiamo le passioni, figlioli, che ci squilibrano tutti, abbiamo la fonte dello squilibrio, l'abbiamo tutti. E se ognuno di noi avesse il coraggio di esaminarsi e di mettersi dinanzi all'altare, in tutta la sua realtà, prenderebbe paura vedendo i suoi squilibri. Qualche volta noi prendevamo un motore e lo mettevamo sull'equilibratrice. Mamma mia, era spaventoso vedere come saltava! Si credeva che fosse a posto facendolo girare lentamente a mano, ma quando lo si faceva girare a forte velocità si notava subito che non era equilibrato: un vero disastro! Se noi avessimo il coraggio, figlioli miei, di metterci dinanzi a Dio per una o due o tre giornate di deserto, di metterci dinanzi alla realtà di Dio che vede tutto, che conosce tutto, al quale non si possono raccontare storie e fandonie, al quale non si può dire: “Sono andato con l’auto a trovare un ammalato”, e invece sei andato a trovare una ragazza, al quale non si può dire: “Ho preso quella cosa perché ne avevo bisogno”, e invece l'hai presa per capriccio... se avessimo il coraggio di metterci dinanzi a Dio con sincerità come se fossimo all'ultimo istante della nostra vita, come ci accorgeremmo di essere squilibrati e come sentiremmo il bisogno di equilibrarci! Guardate che se non facciamo questo lavoro, manchiamo di giustizia. Volete andare all'Inferno? Potete andarci, ma non fate andarci gli altri.

MI325,10 [21-10-1970]

10. Voi state preparandovi ad essere uomini pubblici, e voi siete responsabili non solo dell'anima vostra, ma anche delle anime che saranno affidate a voi. Un medico condotto che viene mandato in un paese è responsabile della salute di tutti gli abitanti del paese, e anche dalla legge viene condannato se non provvede a tempo in certi casi. Noi saremo inviati un domani in un paese, saremo mandati in una zona...
Guardate, per esempio, i nostri fratelli che saranno mandati a Laghetto: non c'è da scherzare; il Signore affida loro migliaia di anime. E se fra qualche anno quelle anime non arderanno dell'amore di Dio, il Signore dirà loro: “Rendetemene conto!”. Anche se un domani il vescovo dovesse nominarli tutti monsignori, se dovesse anche premiarli, il Signore non si prende in giro. Il Signore dirà: “A me non importa che vi abbiano fatti monsignori, a me non importa dei vostri trionfi, a me non importa se vi hanno fatto accademici o vi hanno attribuito medaglie d'oro o d'argento... Rendetemi conto! Rendetemi conto!”. Qualcuno potrebbe obiettare: “Guarda che è il migliore Istituto! Guarda che è la migliore parrocchia!”, ma il Signore insiste: “Rendetemi conto! Io vi avevo dato un milione, non cinquantamila lire! Dinanzi agli occhi degli altri potete apparire bravi perché loro vedono qualche cosa, ma io vi ho dato un milione”. Dico questo non per spaventarvi, ma perché vi rendiate conto che la vita apostolica è una vita d'impegno, e non va presa come un gioco. Qui non si tratta di giocare; è un impegno preso con Dio, e con Dio non si scherza. È un privilegio immenso. Rendetevi conto, figlioli miei, che cosa vuol dire celebrare la Messa, che cosa vuol dire assolvere un peccato, che cosa vuol dire convertire uno: “Io ti perdono”. Vi rendete conto che cosa significa dire a un peccatore che ha offeso Dio, che ha un piede nell'Inferno, che se muore va all'Inferno: “Fermati: io ti perdono nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”? E in quel momento quella creatura non è più del demonio, è di Dio. Vi rendete conto che cosa significa, anche per voi diaconi, dire una parola, dire una parola divina? È una fiamma di fuoco che passa, che parte da Dio, passa attraverso di voi e brucia e salva. Questa è la missione alla quale siamo chiamati: missione divina, missione di ambasciatori di Dio, di trasformatori delle anime. Ma per essere così, per fare questo bisogna essere strumenti santi, strumenti pieni di Spirito Santo. Mi fermo a questo punto, e il resto lo continueremo la prossima volta. «Noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito che viene da Dio». Parola del Signore!