LA VITA COMUNITARIA ESIGE COLLABORAZIONE, SENZA INVIDIE E SENZA CRITICHE
MO159 [5-04-1967]
5 Aprile 1967
MO159,1 [5-04-1967]
1 "Per questo, non potendo più resistere, preferimmo di restare soli in Atene e mandammo Timoteo, nostro fratello e ministro di Dio nella predicazione del vangelo di Cristo".Paolo... Dovete perdonare, ma non ho fatto a tempo a preparare ieri sera: sono cascato nella tentazione di leggere un altro libro, il Vangelo! Mi è venuto in mente dopo che dovevo prepararmi... la prepareremo in compagnia..."Paolo aveva appena pregato Silvano e Timoteo di portarsi da lui, da Berea ad Atene; ma la notizia delle pericolose persecuzioni a Tessalonica rendono nuovamente necessaria la separazione. Il suo cuore ne è straziato. La decisione di restare solo ad Atene non gli è certo facile. Timoteo gli è fratello; anzi, l'apostolo lo chiama anche suo 'diletto figlio'. Tra lui e il suo 'collaboratore' intercorrono infatti rapporti di cordialità che nulla tolgono alla sua autorità. Egli si sente unito ai suoi collaboratori da legami fraterni e paterni insieme".State attenti, qui è il caso di sottolineare un particolare: Paolo ha predicato il Vangelo, ha predicato la carità, ha predicato tante belle virtù. Sarebbe il caso di domandarsi: "Come mai poi ha due tre collaboratori e... arriva persino a dire: 'Colui che consola tutti ha consolato anche me con l'arrivo di Tito!'". No? Qua invece si separa da Tito! Ora, è una cosa da chiarirsi.Vedete, anche nella vita comune nostra, nella nostra Famiglia, noi dobbiamo amarci, ma volerci bene nel vero senso della parola, ma volerci bene fino al punto che indistintamente ognuno di noi deve essere pronto a dare la vita per il fratello. Fosse necessario il mio sangue per Raffaele o per Luciano o per... per me deve essere indifferente: uno ha bisogno, occorre la vita e io te la do, non si discute!Ma pretendere poi che sia uguaglianza perfetta nelle azioni, voi capite che è umanamente impossibile. Perché, non potete pretendere, per esempio, che quelli che sono a Estanzuela, esempio don Ugo e don Gianni, abbiano gli stessi rapporti con Severino e con Lino come li hanno, per esempio, con Toni Pernigotto, perché è chiaro che lavorano insieme là a distanza di qualche chilometro, è chiaro che fra loro si stabilisce poi un rapporto di collaborazione che li lega in una forma umana, sensibile. Questo è mica peccato. Se loro fanno esame di coscienza, non possono dire: "Ciò, guarda, io voglio forse più bene a Lino e a Severino che non a Toni Pernigotto, che non a Vinicio!".Figlioli miei, capite chiaro questo qua. È impossibile, finché eravamo in cinque sei o in otto dieci c'era anche una collaborazione nel senso di lavoro in comune; essendoci lavoro in comune c'era... Ma mano a mano che ci separeremo perché diventeremo molto più numerosi, ricordatevi che può darsi che un giorno noi non ci conosciamo neanche fra i membri della stessa Congregazione. Come è successo con i cristiani: c'erano dodici Apostoli, questi dodici vivevano insieme, mangiavano in compagnia, vivevano in compagnia, a un dato momento si sono separati. E allora troviamo il famoso Abercio: "In qualunque parte che io sono andato ho trovato fratelli nati da un 'pesce', vero? Nati da una Vergine... Ricordate? Cioè... mangiavano un 'pesce' nato da una Vergine! Ovunque ho trovato fratelli!".
MO159,2 [5-04-1967]
2 Ora, dobbiamo fra noi sentire questo senso di fratellanza, di fraternità, per cui io, io non solo do la vita per ciascuno di voi, ma devo essere pronto a interpretare bene le azioni di ognuno di voi. Qualunque azione che io vedo, devo vedere il lato... anche se c'è un centesimo solo di bianco, devo vedere bianco: questa è carità! Non essere insulso dopo e non vedere il nero: io vedo Raffaele con... che ha fatto una azione che non doveva fare, io, ben, devo scusarlo in tutti i modi e in tutte le forme, poi la carità mi dirà di chiarire: "Senti, Raffaele, guarda, io, per carità, capisco che tu non hai fatto mica per cattiveria, infatti io ho visto e vedo la parte bianca, però, guarda, tu quell'azione sappi che può essere vista... così, così, così...”, e tiro fuori anche le altre novantanove con calma, tutte. Ma io, io penso che lui l'ha fatta per il centesimo punto, cioè per il punto bianco, no per il punto nero. Mi capite? Questa è fraternità, questa è carità! Mica essere stupidi! Se uno bestemmia, io: "Oh, è una giaculatoria!". No! Se bestemmia io dirò: "Senti, poareto, chissà, el crederà de aver dito una giaculatoria, el crederà, ossia, la ghe sarà sbrissià: chissà quanto male che el sta, poareto!". Però è materialmente una bestemmia. Ma io interpreterò bene, scuserò e andrò vicino e dirò: "Raffaele, senta, o Ugo, senti, o Vinicio, senti, caro Vinicio, te xe sbrissià quella parola, no te te sì gnanca accorto, per carità sta' attento...". Ma con fraternità.E questa è la carità che deve regnare in tutta la nostra Famiglia. Vi dico, man mano che cresceremo, per forza non ci sarà quel rapporto... Domani se faremo un noviziato supponiamo in Brasile, e quelli del Brasile fanno il loro noviziato e poi vanno supponiamo nell'interno del Brasile o in qualche altra parte, forse non ci vedremo mai neanche in terra. Certo che certi Gesuiti non vedranno, non conosceranno mai altri Gesuiti; certi cristiani moriranno senza conoscere altri cristiani. Ma noi dobbiamo stabilire una Famiglia tale per cui, quando incontriamo un nostro confratello domani in America o in Russia o dove che sia, incontrandolo dobbiamo sentirci aprirsi il cuore, come l'altro: "Ho trovato fratelli, ho trovato fratelli!". Dobbiamo sentirci che siamo dello stesso colore, della stessa Casa, dobbiamo sentirci... farci la festa proprio intima della stessa Famiglia! Questo deve essere fra noi, questo è lo spirito che ci deve animare! Però, è... sarà poi naturale, naturale, un po' avere il senso di collaborazione.
MO159,3 [5-04-1967]
3 Per esempio, andiamo adesso nel caso mio particolare, e quello che dico mio particolare domani sarà in una Casa, in una Casa supponiamo dove domani si potesse essere sei sette otto fratelli fra sacerdoti e religiosi, è un po' naturale che non si può completamente con tutti far la stessa cosa. Sarà naturale che due tre abbiano delle mansioni e che altri due tre ne abbiano delle altre. Ma, guardiamo a questa Casa che è piuttosto grande, piuttosto grande. Voi pensate adesso, scusate, io tocco un tasto che è bene che lo tocchi perché può prestarsi a delle confusioni.Voi capite che la Casa dell'Immacolata è casa di formazione, no, ma non è solo casa di formazione, c'è anche un po' la direzione di tutta la baracca, e perciò ci sono tutti i rapporti che la Congregazione ha con l'esterno civile, con l'esterno religioso e con le altre Case, con tutte le rogne e tutte le convenienze che ci vogliono, dagli auguri di Natale e a Pasqua e i ringraziamenti... Guardate, è venuta qui, per esempio, una persona che ha portato centocinquantamila lire e li ha dati a Ruggero l'altro giorno, l'altra sera... una signora qui... le ho telefonato ieri mattina, ieri vanti mezzogiorno, telefonà adesso... la busta... eccetera. Seguivo per trovare sta persona, go telefonà... tutte robe che certo non centra con la casa di formazione, no? Se don Ottorino fosse solo per la casa di formazione, allora sì, allora sì dovreste voi esigere da don Ottorino una eguaglianza, allora, se io fossi qui solo per la casa di formazione, allora io dovrei avere i miei assistenti, vero, un gruppo di assistenti, dovrei avere un vicerettore, due tre padri spirituali e un vicerettore e fare un corpo un po' dirigente, dove che si studia il metodo educativo, poi, un secondo gradino, gli assistenti, e terzo, tutti quanti. Allora non si potrebbe meravigliarsi se io sto insieme col vicerettore e con i tre superiori a discutere, perché stiamo discutendo le nostre cose. Secondo, non dovreste meravigliarvi che io radunassi gli assistenti... come che è in seminario, insomma, vicerettore e superiori si radunano fra loro, i professori si radunano fra loro, poi i prefetti che... tutti i ragazzi che stanno formandosi, no? Quella sarebbe una graduatoria naturale, naturalissima, e quella sarebbe la trama; e se domani il rettore invece avesse un ragazzo di quinta ginnasio o di liceo invece che il vicerettore, eccetera, sarebbe fuori di posto! Ma, nel caso nostro, nel caso nostro, qui ci abbiamo la direzione della Congregazione, e allora, come direzione della Congregazione quella dovrebbe essere una cosa a parte, non dovrebbe centrare niente con la Casa dell'Immacolata, perciò don Ottorino non dovrebbe essere qui, magari là nella staletta da mascio, importa niente, ma non dovrebbe essere nella casa di formazione.
MO159,4 [5-04-1967]
4 Voi prendete per esempio don Calabria: don Calabria non è mai stato, non è mai stato nella casa di formazione. Prendete don Bosco: è stato i primi giorni, i primi anni poi via, è stato via dalla casa di formazione, completamente via, e ha lasciato ad altri... Io invece me la sono presa io in mano, ma guardate che nessuno di quelli ultimi che hanno cominciato Famiglie religiose, né il Canonico Annibale di Francia, né don Guanella, né don Orione, nessuno si è presa in mano la formazione degli individui! Hanno dato in mano a un altro e loro davano le direttive a quegli altri e basta! Fuori e basta, e non si discuteva! Si son presi alcuni collaboratori, e con quei collaboratori hanno diretta la Congregazione.Io invece ho piantato il quartier generale in mezzo a voi, qua in mezzo, in casa, in famiglia, ci siamo piantati qua in mezzo. Ma capite chiaramente che questo porta sì, vero, porta sì che ci si mette qua in mezzo, ed è naturale che allora con quei due tre quattro cinque collaboratori con i quali si tratta, per forza, vero, per forza ci sia bisogno di trattare di più, anche di chiacchierare un pochino di più di certi problemi. Questa è una cosa umanissima.Se per esempio, guardate, il padre provinciale dei Gesuiti, lui ha piantato il suo quartiere generale in una villetta lassù a Verona, che non c'è Istituto né niente; sono in quattro cinque. Non so quanti siano, don Piero, quanti? Quattro cinque mi pare... Eh? Addirittura! Solo la curia, solo quelli addetti, solo quelli addetti alla direzione della baracca e basta! Loro sono là, cenano insieme, mangiano insieme, discutono insieme, sicché anche a cena di qua e di là, addirittura se hanno da trattare un problema lo trattano, eccetera. Nessuno si meraviglia perché sono lì: sono gli addetti a quei dati uffici, no?Ora, io ho dovuto, mi sono trovato nella condizione di sfavore in questo senso, perché quando che mi me preparava una torta me la portavano via... Ho cominciato a preparare don Marcello, è andato via; preparato un altro, è andato via... A mano a mano che preparavi gli elementi, vuoi assistenti vuoi sacerdoti, andavano via! Perché? Perché bisognava incominciare... Adesso ho cominciato con don Piero e quello va a finire al Chaco. Anime di Dio: 'Optime, optime!'. Perché, per quale motivo? Perché intanto prepariamo la missione, alla Congregazione abbiamo dato il carattere, vero, missionario, per le vocazioni, e il bene che si fa per le anime! È chiaro che questo mi ha un po' messo in condizione di dovermi servire per mansioni, scusate, senza offendere adesso i presenti, per mansioni un po' delicate, di giovani, chiaro? Qual'è la Congregazione, per esempio, che prende in mano la segreteria un po' generale con un giovanotto di vent'anni? Adesso tu, don Piero, che hai visto di qua e di là, insomma, di solito i ciama gente, insomma, di una certa età; anche perché ci sono delle cose un po' delicate, dei rapporti che ci possono essere, lettere e bagoli che possono esserci, no? Ecco, ciò, cosa vuoi qui... abbiamo detto, per salvare anime bisogna anticipare i tempi, abbiamo cominciato con un maestro dei novizi che non aveva ancora l'età canonica, e è stato dispensato dalle deficienze, vero, e siamo andati a base sempre di deficienze di qua e deficienze di là, dispensando a destra e dispensando a sinistra.
MO159,5 [5-04-1967]
5 Ora, avendo preso dei giovani per queste mansioni, è chiaro che il giovane presenta degli aspetti, sa, degli aspetti non sempre bianchi, perché il giovane è ancora giovane, e allora, insieme con le belle doti che ha, presenta anche i suoi difetti. Difetti che fanno soffrire prima me, avete capito? Quando che io prendo un giovane e gli do una mansione, sono io il primo che ne soffro ad avere uno che non ha esperienza, uno che è ancora giovane; sono io il primo a fare il sacrificio di aver un giovane invece di aver uno che ha un po' di esperienza! Rendetevi conto di questo! Sono il primo che dico: "Se io avessi uno che ha un po' di età, si arrangerebbe in quella roba là senza che ghe la ricordasse o... lu el me la ricordaria a mi, e el me daria una man a mi!". Ora, avendo scelto i giovani sapevo già in partenza io che dovevo sacrificare un pochino qualche cosa. Ma l'ho fatto perché, siccome che le missioni hanno bisogno, siccome che in altri posti hanno bisogno, ci vuol sacrificio: va ben, facciamolo con sacrificio!Ma questo può presentare agli altri, agli altri, due cose. Prima: un senso un po' di invidia, di invidia: "Ciò, varda, quello là l'è sempre là, eh, sempre quello, eccolo là, sempre là!". Anime di Dio, non posso mia cambiare uno che xe drìo scriverme lettere, no, o fare altri mestieri, no? Un senso di invidia, una, e invidia che porta poi a vedere i difetti di questi... giovani: "Ecco, varda là, almanco che i fusse i pì boni, almanco i fusse i mejo, e invesse, varda, i ga i so difetti...". Ma li vedo anch'io che hanno difetti! Lo sapevo già prima di prenderli che avevano dei difetti! Perché son giovani e qualche marachella la commettono, perché qualche spigasso lo fèmo anche noialtri veci, immaginarse i giovani.Invece se fossimo, se io invece avessi detto: "Beh, una missione di meno, una missione di meno: don Piero niente in missione, l'altro niente in missione, tre quattro cinque ci mettiamo, per esempio, nel reparto là dove sono le signorine e gli ospiti, ci mettiamo là, noi mangiamo là e trasportiamo gli uffici là e non si discute: voi ci vedrete una volta alla settimana! Don Guido si arrangia a fare la meditazione e don Luigi, vero, e gli altri, basta, io verrò una volta ogni tanto e basta, così...". Voi aveste visto don Calabria... Ben, quello l'è un santo e mi son una figura porca, quello i lo vedèa una volta ogni morte de Papa, vero, i lo vedeva!... Ecco, e allora basta, noi saremmo circondati dalla nostra aureola, vero, e allora saremmo stati là! Invece, stando in mezzo, è logico, è logico, figlioli, che se io sento il bisogno di... Supponi, vado via a trattare delle cose, in genere ve le dico tutte, no, le cose. Se vado a Castelvecio vegno a casa e ve lo digo a tutti quel che xe successo. Ho tenuto segreti qui in casa? No, ah! Quando che alla domenica sera mi domandate qualcosa, io sfido qualunque Famiglia religiosa da qualunque parte che vi dica tutto come diciamo noi. Perché, mi domandate qualunque cosa alla domenica sera qua e ve la dico, ve la apro, eccetera, così...
MO159,6 [5-04-1967]
6 Ma poi c'è il demonio, vero, il demonio, il quale può portare, e questo ve lo dico perché è successo ripetutamente, può portare a questo: che a un dato momento tu scegli due tre collaboratori, che poi non m'interessa niente chi siano quei due tre, perché voi dite: "No, forse è meglio quegli altri due tre!". M'interessa mica... cambio! Uno che è in testa ha bisogno di due tre collaboratori. Anche fisicamente per dire, per dire, uno che sia già al corrente delle cose: "Come è andata?". Perché a un dato momento... te salti se no, proprio fisicamente si salta, non si resiste! C'è bisogno di trattare insieme certi problemi, no? Per esempio, guardate, porto un esempio molto materiale, molto semplice, guardate tanto perché vi rendiate conto. Quando che sono andato... L'altro giorno sono andato a Castelvecio, gavì sentìo, no, son andà a Castelvecio perché i ga telefonà che andassimo su mi e Venco. Son nda su. Son vignù a casa e go trovà don Aldo: "E allora, come xela andà?". Ghe lo go contà. Beh, io ho contato... sono state più di dieci persone a cui ho dovuto dirle io dopo, e ripetere la stessa storia. Pensé mia che la pesa niente quella roba lì? Pensé mia che... essere stufi, strachi, e uno me domanda e ghe lo ripeto, e uno me domanda e ghe lo ripeto, e uno me domanda e ghe lo ripeto: sempre la stessa roba! E cercar de dirla... non so, forse, pol darsi che qualcuno gabbia dito: "Varda, el me lo dise in dò parole così... mancare de carità!". Ora, mi sono sforzato, ma ero stanco e mi sono sforzato di dirla. Ma tu capisci che senti il bisogno, giusto, no, senti il bisogno di... dirlo a uno e basta.
MO159,7 [5-04-1967]
7 Amici miei, amici miei, questo ve lo dico, perché? Vedete, in questi ultimi tempi mi sono accorto di questo, e potrei portare prove di quel che dico, eh, che è stato visto un po' con occhio un pochino nero, un pochino nero: "Insomma, sa, i xe sempre quei soliti, i xe sempre quei, sempre qua, sempre quei tre quattro, sempre quei, i preferiti, eccetera eccetera eccetera".Ora, se chiamate preferenza quella di lavorare, nel sistema e nella forma, vi dico, può darsi che io abbia sbagliato. Per carità, non intendo di essere perfetto. Ma ricordatevi che è impossibile, è impossibile a uno che è in testa non avere alcuni collaboratori! E io vorrei dirvi: guardate che avere alcuni collaboratori non vuol dire avere preferenze per alcuni. Perché se Toni Pernigotto va a lavorare in cucina e va là, non xe che mi gabbia preferenza per Toni Pernigotto parchè el va a lavorare, a tajar la carne, par modo di dire. Dovete capire che collaborazione vuol dire lavoro, vuol dire sacrificio, e allora è logico che fuori dal refettorio magari te vien in mente nda roba, e... e te ciàpi, no... te vien in mente tante... Supponi te vien in mente de andare dal vescovo de Monterotondo... El me ga dito ultimamente: "Mandème la lettera de richiesta per aprire canonicamente la Casa!". Ciàpo don Piero: “Don Piero, senti, varda che...”. Dopo me vien in mente quell'altra roba, eccetera, e se no ciàpo quella... È logico che vien un po' naturale sta roba qua, la vien naturale. E naturalmente, e naturalmente se, supponiamo, fuori dal refettorio don Piero scappa via invesse che vegnere da mi, par modo de dire, e mi me resta quel mestiero che dopo me lo porto fin doman mattina o posdoman mattina. Chi è in testa ha bisogno di due tre collaboratori, ma che non fuggano, ma che stiano vicino per trattare insieme le cose. Non so se rendo il pensiero. Perché, se no, no se lavora, no se rende perché sarà una testa sola che lavora; e dopo ci si dimentica e allora passano delle cose che non devono passare.Per esempio, guardate adesso un particolare: su ad Asiago... Scusate se faccio questo, ma è meditazione anche questa, no? Su ad Asiago, per esempio, Tiro a Segno, c'è la denuncia da fare del fabbricato, del fabbricato. È stata denunciata metà casa di quel fabbricato là, al Catasto, metà casa, e adesso c'è 'n'altra metà casa da denunciare al Catasto, e farla... e bisognerebbe entro due anni da quando è stato dato il permesso di inizio dei lavori, bisognerebbe far domanda per essere esenti dalle tasse, perché c'è venti anni, diciotto anni, vent'anni... esenti dalle tasse. Va ben? Non è stato fatto ancora niente della seconda metà. Adesso ho mandato su Filippi, ho mandato qua, ho mandato là... Capite chiaramente che io ho bisogno di... Su a Val Giardini, il pezzo di terra che ci ha regalato il Comune per far la casa a Val Giardini, quel pezzo di terra là, è ancora da essere di proprietà dell'Istituto, sicchè la casa che abbiamo costruito sopra è di proprietà del Comune, ancora. E adesso c'è il problema di come fare la donazione. Perché? Perché il Comune si trova che deve donare anche la Casa! E allora la delibera della Prefettura, eccetera. Ma xe inutile cari, il cervello di una Congregazione ga bisogno de collaboratori... E questo e mille altre cose di questo genere qua, no?
MO159,8 [5-04-1967]
8 Ora, se ci mettiamo proprio... Scusate, vi dico che ultimamente, gli ultimi mesi, mi era venuta la tentazione, ma tremenda, scusate se dico questo, tremenda, di cambiare tutta la riconduzione della Casa, vero? Di prendermi con tre quattro e via da qua e mettermi in un altro posto. Perché... contro a delle bambinate... quando che te vedi che no te sì bon a ndarghene fora con un mistiero con l'altro e con st'altro, e... bi bo ba, eccolo là, eccolo qua... Scusatemi tanto, datemi degli altri e vedremo... Io ho bisogno di collaboratori, non... Io ho bisogno di chi mi aiuti. Da soli non si può fare, la direzione della Congregazione non posso da solo tenerla su, neanche per sogno: son troppe le cose! Ho bisogno che vengano avanti uomini e che diano una mano.Ora, ecco, guardate qui San Paolo stesso: ha due tre, e questi due tre non è che lui li abbia... È logico che dopo si stabilisca anche un rapporto di amicizia! Scusate, ma questo sarà anche per voi. Io vedo per esempio quelli là che vanno al Chaco adesso, comincia già... un rapporto di amicizia. Vedete che ho stabilito persino che l'impegno di vita lo facciano ogni settimana insieme fra loro, è vero?, invece che farlo insieme; loro, fra loro fanno il loro impegno di vita, settimanalmente, insieme, perché loro... hanno un rapporto di intesa nel lavoro. C'è un denominatore comune che è lo spirito della Congregazione, che è lo spirito cristiano, ma dopo ci vuol certo una intesa di lavoro.E anche nell'assegnare, per esempio, domani le vocazioni... cioè gli uomini nelle varie Case, almeno mi pare di essermi sforzato sempre di mettere possibilmente degli uomini che vadano d'accordo tra loro. Dico... è una roba umana... ci sono certi caratteri... Pure essendo santo San Paolo e santo Barnaba, ma per la question de Marco no i ndasea d'accordo, no? E allora se cerca che Marco... lo mandemo con Barnaba, e Paolo lo mandemo con Sila e la storia xe finìa, no? No la xe così? Ora, anche nell'assegnazione domani dei posti e degli uffici, noi cercheremo più che è possibile di combinare i caratteri, di combinare un pochino gli amici se è possibile, ma sempre per la stessa causa! Amici, però per la stessa causa, no per la... o per zugar bottoni, no?Ecco, io proprio vi pregherei, proprio vi pregherei, guardate con un occhio un pochino più aperto, vi prego! Se domani, per esempio, supponiamo ipotesi, adesso c'è Bottegal che viene lì in ufficio, vedete che Bottegal fa el pajasso, da boni fratelli: "Senti, te par de farghe un piacere a don Ottorino de far così? Te par che sia giusto far questo?". Questa è carità, mi pare. Vi accorgete di qualcosa che non va: "Don Ottorino, el varda, el scusa, miga par gnente, ma go osservà che Bottegal vien lì e sa' el approfitta che l'è in ufficio e el porta via dei schei e dopo el va a compare le paste de qua e de là e el le paga a i so amici. Me pare che questo non sia una roba che va, eccetera. Me son accorto de ste robe qua, mi ghe lo digo parchè me pare un dovere". Ma certo, se le dise! Giusto? Vi accorgete che approfitta de quello per fare el pelandron, e va bene, e magari el ga da fare e quando che se tratta de andar zugare el va a zugare, e quando che ghe xe la pulizia: "No, a go da andare in ufficio!" o qualcosa del genere... Se ghe lo dise da boni fradei... senza tante storie! Non pretendo... Chi è che pretende che uno perché ha messo piede lì o ha messo piede là sia perfetto?
MO159,9 [5-04-1967]
9 Penso d'altra parte, adesso tanto par ciapare el caso de Bottegal, che non possiate mica rimproverarmi di non aver bastonato i miei collaboratori. Perché quei che me vegneva vissin i ga ciapà più botte de tutti, sempre... Al manco me par, non so, don Luigi, ti, sìto stà proprio el preferito? Te le ghe ciapà qualche volta, no? C'è qualcuno forse che può dire che è venuto vicino a me e non le ha prese? "Basta, el ga un debole... Quello nol le ciapa mai, nol le ciapa più!". Penso... almanco me par, non so... No, vorrei proprio, ecco, vedete qui, essere... Siate un po' più semplici, un pochino più semplici, perché guardate che noi che abbiamo come distintivo la carità, come programma la carità, poi ci lasciamo abbindolare dal demonio, e vedere la pagliuzza a destra e la pagliuzza a sinistra e non ci accorgiamo di quella benedetta trave di cui parla Nostro Signore Gesù, che purtroppo è davanti al nostro occhio. Ci accorgiamo, ci pare, ci pare, ci pare, ci pare, ci pare... di là, e non ci accorgiamo invece che purtroppo le cose son diverse.Ecco, direi, molta più semplicità e molta più collaborazione; stiamo lavorando per la stessa causa. Guardate, tutti quelli che siamo qui non abbiamo altri interessi sapete, né io né voi, nessun altro interesse se non l'interesse di Cristo, se non che Cristo abbia da trionfare, se non che portar via le anime al demonio e portarle a Nostro Signore, se non che a consumarci completamente per il Signore. Ora, cosa volete, anche se qualche volta ci si pesta i piedi in sbaglio, se qualche volta: "Sì, varda, sarìa sta' mejo... se podea fare...". Va ben, cosa volìo, no xe cattiveria... Stiamo lavorando, stiamo spegnendo un incendio, l'incendio del demonio: cosa volete che andiamo a guardare precedenze e non precedenze, bagoli e non bagoli; farse su le maneghe, cari, e lavorare, lavorare, lavorare perché el demonio non dorme: questa xe la realtà! Giusto no? Fin che nda casa se brusa, ecco, mettemose qua, adesso ghe xe el caporale, dopo ghe xe el caporalmaggiore, dopo ghe xe quell'altro, dopo qua e là... e intanto la casa se brusa! Là no ghe xe caporali nè caporali: nda secia de acqua par omo e “avanti Savoia”, el ga dito.Avete qualche obiezione da fare in proposito? Ditela... Don Piero? Zeno? Venco? Berto? No, digo, se gavì qualcosa da fare... za ca semo drìo, gavemo circa otto minuti... Nessuno ga ninte da dire? Gaetano, dài ti; Natalino, dai ti che vedo quel sorriso che te ghe... Anime de Dio, se gavì qualcosa da dire, da boni fradei se dise, no? Ninte? Don Luigi? Te sì a posto? Bertelli? Bertelli Luciano! Fe la proposta e cambiè la direzione della baracca. La portemo al Chaco, ciò, don Piero?Andèmo avanti allora!
MO159,10 [5-04-1967]
10 "Paolo sottolinea che il fratello Timoteo è 'ministro di Dio'. Pone cioè il suo collaboratore in intimo immediato rapporto con Dio. E l'apostolo afferma anche altrove: "Noi siamo collaboratori di Dio". Ecco, proprio in questa lettera egli sottolinea con forza quanto realmente il suo messaggio è messaggio di Dio; egli sa che la predicazione del vangelo gli è stata affidata da Dio e che solo davanti a Lui ne è responsabile; ebbene, chi come Paolo ha coscienza di essere assunto in tal modo al servizio di Dio, non può più considerare i propri collaboratori come persone a sé soggette"".Eh, figlioli, qua si tratta come dicevamo ieri mattina, di cambiare tono: da su, da su... la parte anche umana è concessa, ma è concessa se siamo su di tono, se consideriamo i collaboratori come collaboratori di Dio, e perciò li trattiamo come si tratta una particola. Diceva San Giovanni Bosco: quando si tratta con un giovane bisogna fare come si fa con le particole, ci si lava le mani prima, si prendono e ci si purifica dopo. Così anche il collaboratore, si sta insieme, eccetera, ma devi trattarli come collaboratori di Dio, non come servi tuoi! Come collaboratori di Dio!"Essi, come lavoratori nella stessa opera di Dio, vengono a trovarsi, senza pregiudizio di qualsiasi subordinazione giuridica, in un vicendevole rapporto di coordinazione".No se tratta de dire: "Mi go fatto quel che el me ga dito e son a posto; el me diga cosa che go da fare!". No, siamo tutti collaboratori di Dio, la subordinazione è Lui, con Lui; dopo ci sarà un po' di subordinazione umana, ma quella... Stiamo collaborando con Dio e questo lo capiscono tutti, i più vecchi e i più giovani, e i rapporti nostri sono sempre rapporti con Dio presente..."E perciò stesso, chi vede i suoi collaboratori come 'ministri di Dio', non può non considerarli 'fratelli'".Ecco allora che, un'altra cosa importantissima... Qua ghe vorìa 'naltra meditazione ancora! Voialtri ve al Chaco, vidito don Piero, don Graziano... Ah, l'è andà a dir Messa don Graziano, l'è andà a dir Messa! Vedìo, se xe vero quel che ghemo dito prima, xe altrettanto vero che... puoi considerarli fratelli, ma considerarli fratelli, realmente fratelli, perché se li consideri fratelli, anche se te ghe vedi qualche difetto, anche se te vedi qualche mancanza, eccetera, un fratello, un vero fratello prende l'oro... lascia stare la terra, ma prende l'oro. E perciò consigliarse insieme, e perciò, ecco il pericolo, ecco il grande pericolo figlioli, che a parole, sa: "Dobbiamo essere qua, dobbiamo essere là...", e dopo, in pratica, che ghe sia de quei tiranelli, qualche superiore che diventa un po' tirannello; el diventa tutto lu, tutto lu, tutto lu, e i altri i diventa servi.
MO159,11 [5-04-1967]
11 State attenti perché ancora dai miei anni del seminario mi ricordo che si diceva così: "Per far star fermo un toso che xe indisciplinato, farlo diventare prefetto!", e allora quello el deventava el più bon de tutti, perché el fasea scattare gli altri più de tutti. I pezo prefetti sotto quel punto lì i gèra proprio i pèzo prima, perché... "Lùri, lùri!". Te lo metti prefetto e allora... el faséa scattare... el gera più energico.Stè attenti che, qualche volta, proprio chi che ga le idee sociali più aperte e poco spirito religioso, i xe quei che dopo, vero, i fa i mosconi tiranni. Non digo qua nella fameja nostra, perché no ghèmo l'esperienza ancora in materia, ma questo ve digo vardando el passato e osservando, vardando i parroci che mi sentìa in seminario, quando che i gera seminaristi gridare contro i parroci e dire, compagni e me amici che dixea: "Oh, el parroco dovarìa essere un fradèlo col cappellan, el dovarìa essere qua e là!", e se ghe xe de quei che ga fatto proprio i tiranni dopo coi cappellani i xe proprio quei! Quei che dopo: "Il parroco sono io e fà così!". No i savea gnente... no i savea de qua, no i savea... tutto lùri e basta, tutto lùri e basta!State attenti, figlioli, che con le parole se fa presto a far democrazia, ma la democrazia vera presuppone una vita cristiana vissuta integralmente: parchè la costa una democrazia vera, costa tanto, savìo! Sarìa più facile anca par mi fare el piccolo duce, ve digo, sarìa molto più facile e molto... se starìa mejo: "Fe così, fe colà, fe così, fe...!", e ghe sarìa meno, meno ciacole, parchè quando ca sento uno criticare e fare... lo ciàmo e ghe digo: "Te ghe dito così e così drìo la schiena, xe vero?". "Sì!". "Va ben, scusa, vergognate; sta roba qua no se dise!". Dito una volta, do, te vedi che ghe passarìa la voja! E invesse bisogna far finta de no saverlo, che te tasi, che te lo offri al Signore, che in una meditazione te butti nda paroletta così, se no dopo magari te lo ciapi da una parte...La carità xe carità! No se pol mia sempre dare smartelà, parchè se a un vero storto te ghe dè nda martelà, el se spacca. Bisogna scaldarlo, eccetera eccetera. Capìo? La smartelà no se pol mia darla sempre! Tante volte ve go dà, qualche volta 'opportune' e qualche volta 'inopportune', quando che ve go dà 'opportune' ghe lo go chiesto al Signore, quando che lo go dà ‘inopportune’ ghe go domandà perdono al Signore... Meno ciacole, più amore di Dio, e più fatti!Ave Maria...