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LA VITA CONSACRATA È FONTE DI GIOIA.

MO290 [21-01-1970]

21 gennaio 1970

MO290,1 [21-01-1970]

1. Sia lodato Gesù Cristo!
Dopo le meditazioni che abbiamo fatto insieme le ultime volte, qualcuno, parlando un po' insieme, si è mostrato fortemente preoccupato. Si è visto qualcuno che è partito, che ha visto insomma che bisogna partire, che ha visto che non si può andare a compromessi, che non è il caso di andare a compromessi- e per questo ringraziamo il Signore. Qualcuno invece è ancora lì, è ancora lì; ci vuole ancora un po' di calore per farlo scoppiare... Per questo qualcuno bisognerebbe ancora insistere sull'Inferno, come le volte scorse, no? Qualche altro invece si è un po' agitato: “Insomma, insomma!". Un po' un senso di agitazione... Anime più belle come Ruggero così dice: "Ma come, allora?". Ecco, per queste ultime verrebbe proprio la tentazione di dire: "Guardate che ho fatto da scherzo, quello che ho detto, ho detto da scherzo; non state aver paura, no, Marco, non state aver paura. Tutte quelle robe brutte, eccetera, le ho dette da scherzo". Invece è meglio che per tutti io dica un'altra parola prima di incominciare la meditazione. Ed è questa. Abbiamo guardato un po' le conseguenze, brutte conseguenze, che susseguono a uno che non vive la vita di famiglia con Dio. Ma, avete mai considerato la bellezza, la gioia di uno che vive in famiglia con Dio? Noi consideriamo un uomo, un papà di famiglia che vive fuori, che non vive la vita di famiglia, che insomma manca al suo dovere. Ma un papà di famiglia trova anche gioia. È vero che è condizionato dalla famiglia nelle sue scelte, ma è altrettanto vero che lui dà alla famiglia, ma riceve dalla famiglia. È giusto, don Matteo? Un papà di famiglia che, insomma si è sposato seriamente, è vero che dà alla moglie, ma riceve anche dalla moglie. È vero che dà ai figlioli, ma riceve anche dai figlioli. Ora, la vita di famiglia è un peso, ma è anche un premio. Ora, per avere un po' l'idea di questo, basta che domandiate un po' al nostro caro diacono Vinicio: in questi giorni quando che è andato a fare la sua lunga gita, preconizzata già “ab antiquo”, vero, dai profeti dell'Antico Testamento, beh, vi ricordate bene, è tornato... "Euntes ibant et flebant?". Nooo! Anzi andavano gioiosi e ritornavano ancora più gioiosi. Perché la gioia di vivere insieme, la gioia... Sì è vero, è una donazione, ma è anche un qualche cosa, no? Quando si sentiva chiamare "papà Vinicio", vero, "papà Vinicio". È stato un po' colpito da qualcuno che gli ha detto "nonno Vinicio", ma... è stato un vento passeggero quello, soltanto! Ora, vedete. C'è un qualche cosa, c’è un qualche cosa quando che si dà, che si dà per amore di Dio, a una famiglia, che è più, vorrei dire, è più gioioso il dare che il ricevere. Adesso lasciamo stare un po' lo scherzo, ma penso che Vinicio quel giorno si è sacrificato andando, ma trovava più la gioia nel dare che nel ricevere, quasi. Perché dava ai giovani, ad un gruppo di giovani e sentiva la gioia nel dare. È vero, padre Vinicio? Mi pare che è giusto questo. Ora, in una famiglia, in una famiglia uno dà, dà, dà, alla moglie e dà ai figlioli, ma sente anche la gioia.

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2. Ed è, appunto, questa gioia che, anche se non ci fosse, non cambierebbe, non dovrebbe cambiare niente, nel nostro modo di agire. Ma guardate che questa gioia Dio non ce la fa mancare, una gioia che è gioia anche nel dolore. Una mamma trova gioia nell'assistere il suo figliolo. Soffre perché il figlio soffre, ma dice: "Lascia stare, sto qua io; lasciami, sono contenta di stare qua io vicino al letto di mio figlio", no? Anche al letto del figlio morente, la mamma trova la gioia di essere lei ad assisterlo. Prova dolore per il figlio ammalato, ma "lasciatemi questa soddisfazione" dice la mamma, no, "lasciatemela". Perciò, io direi, guardate che Dio ci ha chiamati, sì, sì, ci ha chiamati a rinunciare, ma penso che anche sul piano umano il Signore ci ha dato il centuplo su questa terra: la gioia di volerci bene.
Questi gruppetti, guardate, si va su a Bosco, si sta insieme, o si va a fare una gita, vero, come è successo con Vinicio, che può essere fatta una volta da don Girolamo con un altro gruppo, può essere fatta da don Zeno, può essere fatta da qualche altro, da don Guido... ma questa gioia di essere un gruppo insieme, un gruppo di amici che ci si vuol bene, animati dallo stesso ideale, dove ci si aiuta l'un l'altro per salire, per realizzare meglio la nostra vocazione, la vocazione della Congregazione e la nostra vocazione che è tutta una. Ora, questa, amici miei, è una gioia che non dobbiamo sottovalutare. Mi pare, che a un dato momento, mentre sentiamo il peso, per esempio, di dover stroncare certe piccole cose, di non perderci in stupidaggini umane, di non andare a fare quelle brutte cose di cui parlava don Matteo, là, postriboli, bagoli, mestieri, no, mentre sentiamo il peso, ma bisogna rinunciare a qualche cosa, bisogna che il cuore sia a posto, bisogna che non andiamo lì... abbiamo rinunciato e poi andiamo a ricercare, no? Che non facciamo come il servo di Eliseo: Eliseo rinuncia e poi il servo torna indrio per farse dare qualcosa, no? Qualche volta facciamo così: si rinuncia e poi si torna indietro, e minacciando di prenderci la lebbra, no? Ecco, quando noi abbiamo rinunciato generosamente per amore di Dio, senza compromessi, allora siamo in grado di gustare, di gustare... Se no siamo come uno che ha una indigestione. Quando uno ha un'indigestione non può gustare, non mangia volentieri. Invece uno, sa, che non ha indigestione e magari è stato tre giorni senza mangiare, e ha preso l'olio prima, anche per gustare meglio la cena, come hanno fatto i pellegrini che sono andati su, per gustare meglio il pranzo di mezzogiorno, vero, Vinicio? Siete stati tre giorni senza mangiare per gustare il pranzo del mezzogiorno, che non hanno fatto, per risparmiare, vero? Zeno comincia a dire: "Vinicio questa mattina è oggetto proprio di...". Io lo so, vero? Cos'è che hai detto? È un santo tiranno, dolce tiranno... È una dolce carneficina questa qua!

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3. Ora, ecco, proprio insisterei, prima di partire con la meditazione: guardiamo al lato positivo. Guardiamo la gioia di avere Dio per Padre, di avere i fratelli della Congregazione per fratelli, e tutti gli uomini per fratelli, di avere come missione la salvezza del mondo intero, la stessa missione di Cristo, di essere gli eredi della stessa missione di Cristo. Ora, mi pare questo: a sentire che tutto il mondo un po' è nostro, a sentire che dobbiamo essere preoccupati della salvezza di tutti gli uomini e perciò nei nostri discorsi possiamo liberamente parlare delle cose del mondo come fossero nostre, della conquista del mondo come di una cosa nostra, che è stata affidata a noi. Ecco.
Gustatela la famiglia! Si dice qualche volta a qualcuno che è sposato: "Cerchi di vivere di più in famiglia, di pensare di più alla famiglia, di gustare un po' la famiglia". Io vi direi: cercate di gustare la vita di famiglia con Dio e, in modo particolare, non dimenticate che siamo in una Congregazione religiosa nuova. E all'inizio delle Famiglie religiose Dio dà delle grazie straordinarie. Ve l'ho ripetuto tante volte: “Guardate che la gente che viene da fuori si accorge di questo”. L'avete sentito; è inutile che ve lo dica; l'avete sentito ripetere da tanti. Padre Bertinazzo me l'ha detto parecchie volte in questo tempo che è stato qui con noi: “Ringrazia Dio! Tu non hai idea di cosa il Signore abbia fatto qua dentro". Mons. Di Stefano me l'ha fatto scrivere, si può dire, da don Piero, perché l'ha detto ripetutamente a padre Pedro, l'ha detto e mi è stato scritto dall'America, che in Italia ha trovato mezzo disastro, ma la Casa dell'Immacolata molto bene. Che cosa è questo “molto bene”? Coloro che vengono qui si accorgono, si accorgono che Dio sta lavorando in mezzo a noi, che Dio ci vuol bene e che ci vuol fondere in uno. E allora, dico, state attenti che mentre gli altri se ne accorgono, che proprio noi non ci accorgiamo dei doni di Dio. Sarebbe una cosa grave. Gli altri entrano qui e vedono che Dio ci vuol bene e ci ama, e lodano Dio. Noi siamo qui, mangiamo il pane di Dio, e forse non ci accorgiamo che stiamo mangiando il pane di Dio. E allora io proprio, in nome della nostra buona mamma, la Madonna, ve lo ripeto ancora una volta: cercate di rendervi conto di quello che Dio ha messo in questa casa. Non per alzare la testa e dire: "Noi siamo", ma per abbassarla dinanzi a Dio e dire: "Noi siamo beneficati da Dio, noi siamo amati da Dio e bisogna amare il Signore”.