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LA VITA CRISTIANA È UNA LOTTA

MO81[18-06-1966]

MO81,1[18-06-1966]

1.Guardate, figlioli, è una lotta difficile per conservare la fede, e tanta gente fuori nel mondo la perde appunto per questo, perché non vuole lottare; e bisogna continuare ad essere severi con noi stessi. Guardate che dipende l’eternità, figlioli, dipende l’eternità per noi e per tanti altri! Non possiamo pretendere di fare la cosa facile, di rendere la vita cristiana una cosa facile. Non illudiamoci: il Cristianesimo non è una cosa facile, è un dovere, vissuto con Cristo crocifisso, perché chi abbraccia il Cristianesimo abbraccia qualche cosa che è un dovere, pesante, se volete: la croce portata con Cristo, ma è questo!
I comandamenti sono uguali per il Papa, per i Religiosi e per l’ultimo cristiano. L’umiltà è necessaria per il Papa, per il Religioso e per l’ultima donnetta di questo mondo, perché entra nel regno dei cieli solo chi è umile. La purezza è necessaria per il Papa, per il Religioso e per l’ultimo cristiano. Non ci sono due ascetiche, due comandamenti, due linee. Perciò, figlioli, bisogna affrontare questo lavoro, non c’è niente... bisogna affrontarlo perché, domani, anche se uno esce di qui, resta sempre nel suo paese c’è una chiesa e un tabernacolo, e quel Cristo che è qui è là, e se, e se domani non crede alla presenza reale del Cristo qui e non crede alla presenza là, deve render conto dinanzi al Signore! Se ha reso là, quel Cristo, là, a una reliquia della santa croce, disgraziato quello! Abbiamo ricevuto delle grazie da Dio e bisogna rispondere delle grazie al Signore. Anche se tu, Ruggero, decidi di tornare a casa a fare il maestro, va’ a casa, va’ a fare il maestro, va’ all’università, va’ all’università, però... Perché non ti tira via il Signore i comandamenti, il tabernacolo, la grazia, sei figlio di Dio, sei fratello di Gesù, e per vivere la fede occorre sacrificio. “L’intero corso della nostra vita, il raggiungimento della meta alla quale da tutta l’eternità siamo destinati, dipende dalla nostra quotidiana comprensione della realtà della presenza vera, reale, personale, viva, potrei quasi dire alitante di Cristo nell’Eucaristia”.

MO81,2[18-06-1966]

2.“Dio sa che noi preti dovremmo essere umili”.
Brutta cosa dire, brutta cosa dire: “Prete impuro”. Mi guardi, caro? Tra un impuro e un superbo, preferisco un impuro. Perché? Perché è più facile guarirlo! Maestro, dico bugie? È difficile guarire anche l’impuro, specialmente se ha una malattia inveterata; e se lui non ti aiuta, è impossibile; se lui ti aiuta ed è disposto a sacrificarsi, a mortificarsi, è disposto a reagire contro la sua carne, si può salvare, se no non si può salvare. Ma un superbo è difficile salvarlo! Siccome superbi ghe semo tutti, se no qua se disperemo... Voglio dire, un superbo accecato che non riconosce di essere superbo. “Dio, il Signore, sa che noi preti dovremmo essere umili. Nessuno meglio di noi...”. Attenti a questo qua adesso; almanco lassè che parla questo qua se no volì credere alla me esperienza qua, ma attenti cosa che el dise sotto le righe qua, parché bisogna lesere tra le righe e in mezzo alle righe “Nessuno meglio di noi conosce la perversità innata della natura umana decaduta. - Fioi, fioi... - Nessuno meglio di noi conosce la perversità innata della natura umana decaduta”. Quando vi incontrerete realmente col mondo e vedrete proprio cosa c’è nel mondo, voi abituati, ringraziando il Signore, insomma in un giardino, dove insomma discorsi proprio osceni penso che qua non ghin fassa mia Azzolin, vero?, proprio discorsacci infami che fa rabbrividire, azioni infami, eccetera eccetera eccetera. Ora, ringraziando il Signore insomma, qualche barufeta, qualche stupidaggine; siamo cresciuti insomma in un’oasi, in un’oasi. Ora, quando diventati più grandi, qualcuno, supponiamo inizia, ovvero qualche altro inizia il suo apostolato, quando vi incontrerete col mondo de ancò, col mondo sporco, e guardate che purtroppo... voi a un dato momento avrete una crisi, una crisi... Don Luigi, è capitato anche a te, forse, o no? una crisi di incontro con ‘sto mondo. Voi direte... A me è capitato in prima teologia quando sono andato in seminarietto. Mi sono incontrato... Sì, sì, anche prima, nei tre mesi di vacanze, di qua e di là, quando avevo tre mesi di vacanze nel mio paese, ero lì con mia mamma, col mio parroco, con qualche amico, amica, eccetera, amica de me mamma, la zia... Sì, sì, ma... Credevo di conoscere il mondo, ma conoscevo il mio paese: non conoscevo il vero volto, il volto esterno del mondo. Andando in seminarietto ho avuto l’occasione di trovarmi col mondo, col mondo, ohh!... Quando poi, da sacerdote, cappellano giovane, mi sono incontrato col mondo, misericordia! 1 agosto 1966