Meditazioni Originale > 1968 > L’APOSTOLO ASSUME LA RISPOSTA DI CRISTO AL PIANO DI SALVEZZA

L’APOSTOLO ASSUME LA RISPOSTA DI CRISTO AL PIANO DI SALVEZZA

MO217[03-01-1968]

MO217,1[03-01-1968]

1.Non meravigliatevi di quel coso che vedete lì. Il motivo è perché i nostri cari fratelli stanno mettendo giù qualche cosa per il Capitolo generale, e all'inizio stanno buttando giù alcuni pensieri sulla spiritualità della Congregazione. E cioè, vorrei dire: dare... cercano di dare un po' una definizione di quello che è la vita religiosa. Siccome mi importerebbe molto che venisse sottolineato un aspetto dal quale dovrebbero derivare poi tutti gli altri come quasi corollari, ho detto: “Questa mattina facciamo una meditazione qui su mons. Ancel, saltando via le altre”, e la registrano, però con la promessa che verrà poi buttata al macero, per poterla poi risentire e metter giù un pochino il pensiero.
Ora, qui mons. Ancel fa due meditazioni importantissime. La prima è: "Il Cristo si offre al Padre per la salvezza del mondo"; la seconda è: "L'obbedienza", che vorrebbe dire: noi ci offriamo con il Cristo al Padre per la salvezza del mondo. Perciò non vogliamo farle adesso in lungo e in largo queste meditazioni... le faremo poi quando arriverà il nostro momento. Le accenneremo però.

MO217,2[03-01-1968]

2."Mentre il Cristo scopre nel Padre la pienezza dell'essere e della bellezza, mentre si dona a lui in un atto di amore totale e definitivo, egli vede nello stesso tempo in Dio anche tutti gli uomini creati da Dio e ora perduti a causa del peccato. Abbiamo già parlato della situazione disastrosa del mondo. Esso, a causa del peccato, si è separato da Dio e, proprio per questo, è caduto nella immoralità e nella miseria: è veramente perduto".
Dunque, Gesù vede nel Padre la situazione misera di tutti gli uomini, vede proprio la miseria di queste creature, l'uomo caduto. E lui, lui, Gesù, accetta il piano del Padre, come vedremo qui appresso, che è piano di salvezza, non un piano di disastro, non un piano di castigo, di rovina. È piano di salvezza. E vede nel Padre il suo posto, e accetta il suo posto di salvatore. "Non dobbiamo credere che Cristo sia stato tentato, nemmeno per un poco, di giudicare e di condannare gli uomini. Più tardi dirà chiaramente: "Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvarlo". Non crediamo nemmeno che Cristo possa rimanere indifferente di fronte al mondo. Cristo non assomiglia per niente al levita o al sacerdote, che passarono accanto a quel povero uomo della strada di Gerico senza scomodarsi: il buon samaritano è lui. Se dunque vogliamo cercare di sapere quali furono i sentimenti di Gesù verso l'uomo quando entrò nel mondo, bisogna che cerchiamo di vedere quale sia l'atteggiamento del Padre verso questi uomini: il Padre e il Figlio, infatti, non sono che una cosa sola. Ora da S. Paolo veniamo a sapere che il Padre ha un amore infinito per i poveri peccatori che siamo noi. Nella prima lettera a Timoteo egli ci dice che Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e che arrivino alla conoscenza della verità... Dobbiamo guardare quindi il Cristo Gesù come trascinato in questa corrente d'amore, che parte dal Padre e che giunge fino a noi. Certamente, a causa del peccato, noi siamo diventati dei figli prodighi, ma il padre della parabola non ha mai dimenticato suo figlio: egli rappresenta per noi il Padre che non ha mai dimenticato i suoi figli. Si direbbe, anzi, leggendo certi passi della Bibbia, che Dio si meraviglia del suo stesso amore. Ecco come, per esempio, Dio parla del suo amore per Efraim: "Efraim è dunque per me un figlio così caro, un fanciullo così prediletto? Poiché ogni volta che parlo contro di lui, lo ricordo sempre più vivamente"... Ed ecco ora una affermazione solenne: "Gerusalemme diceva: Jahvè mi ha abbandonata, il Signore mi ha dimenticata. Una donna dimentica il figlio che essa nutre? Cessa dall'accarezzare il figlio delle sue viscere? Anche se se ne trovasse una capace di fare così, io non ti dimenticherò mai". È necessario fermarci qui un istante, perché scopriamo così nel Cristo un altro aspetto del nostro comportamento di sacerdoti. L'abbiamo già detto: un prete che non pone Dio al centro della sua vita, come l'alfa e l'omega di tutto, non vive la verità del suo sacerdozio. Ma bisogna aggiungere questo: un prete, che non ami appassionatamente tutti gli uomini in generale e soprattutto quelli ai quali il suo vescovo l'ha mandato, non ha un cuore da prete. Bisogna compiangere molto il prete che giudica i suoi parrocchiani, che li critica e li condanna. Un tale prete infatti non ha in sé lo spirito di Cristo. Domandiamo a Cristo di darci il suo amore. Domandiamo alla Vergine, rifugio dei peccatori, di farci penetrare nella misericordia infinita del Padre e del suo Figlio Gesù”.

MO217,3[03-01-1968]

3.È una cosa meravigliosa, no? Cioè vedere, vedere il mondo con gli occhi del Padre e con gli occhi del Cristo. Il Padre vede, vede la miseria del mondo, è l'offeso. Non vi par mica? Il Cristo vede la miseria del mondo, ma mai un istante, mai un istante è uscita una parola di condanna. È uscita la parola di misericordia, no? Il Padre vuole salvare gli uomini. Il Cristo accetta il piano del Padre. È qui che subentra: "Factus oboediens usque ad mortem". Non è tanto mettere in evidenza soltanto l'obbedienza fino alla morte, è quanto la donazione totale del Cristo al Padre.
Il piano del Padre è questo, la salvezza è voluta dal Padre. "E allora io accetto, - dice lui, Gesù- accetto in pieno tutto il piano del Padre, ma completamente il piano del Padre, e accetto di essere lo strumento nelle mani paterne per la salvezza degli uomini". È qui che ci innestiamo anche noi, proprio in questo posto che ci innestiamo anche noi. E allora il Cristo, il Cristo sarà preoccupato, quando che sarà sopra la terra, di fare che cosa? La volontà del Padre, di dire agli uomini le parole del Padre di salvezza, di dare agli uomini le cose del Padre, di condurre gli uomini dove li aspetta il Padre. Questa è la preoccupazione del Cristo, di dare agli uomini il suo sangue per salvare gli uomini. È questa la posizione nostra. Cioè, Gesù Cristo ha accettato un piano di salvezza, ha detto di sì. Io, uomo, appena mi accorgo un pochino, vedo il piano del Padre, vedo il Cristo, e mi dice Gesù: "Guarda che anche tu sei stato creato dal Padre per essere messo in questo piano di salvezza; anche tu, sai, anche tu. E hai il tuo posto". "Quale posto, Gesù?". "È il posto proprio di continuare l'opera mia". "Come cristiano?". "Di più! Come religioso sacerdote. Tu devi continuare l'opera mia, di Cristo salvatore, testimone, predicatore, datore agli uomini delle grazie del Padre, tu devi continuarla, devi continuarla". Cosa grandiosa, no, cosa grandiosa, meravigliosa! E allora io devo essere sempre nell'atteggiamento del Cristo. Quando, per esempio, noi diciamo che dobbiamo essere imitatori di Cristo... "Imitatores mei estote - dice S. Paolo - sicut et ego Christi", no, noi dobbiamo essere imitatori di Paolo per essere imitatori di Cristo, dobbiamo essere imitatori di Cristo, intendiamo questo. Non è che io debba fare tutte le azioni che ha fatto il Cristo, ma come il Cristo aveva solo una preoccupazione, di fare la volontà del Padre, la quale volontà del Padre era la salvezza degli uomini, anch'io devo essere... avere solo una preoccupazione: la volontà del Padre. Naturalmente ne viene di conseguenza la salvezza degli uomini, ne viene di conseguenza che io devo lavorare con la Chiesa, perché la volontà del Padre è che il Cristo fondi una Chiesa, una grande famiglia, e questa grande famiglia cammini insieme verso il Padre. Perciò io non posso lavorare fuori della Chiesa: è inconcepibile che io non lavori con la Chiesa; è inconcepibile che io faccia un piccolo tabernacolo per conto mio, una congregazione religiosa faccia una cosetta per conto suo... è inconcepibile, proprio inconcepibile. Perché, il Padre cosa vuole? Una grande famiglia di figli che camminino verso di lui; è là lui che li aspetta.

MO217,4[03-01-1968]

4.Cos'è questa grande famiglia? La Chiesa, no? E io cosa sono stato chiamato a fare? A lustrare le scarpe di quelli della Chiesa? No, sono chiamato proprio nel cuore della Chiesa. Nella Chiesa non sono un semplice agnello. I cristiani sono degli agnelli, no, che partecipano nella Chiesa. Ma noi, noi siamo chiamati a dare il latte agli agnelli, a nutrire i figli della Chiesa. Potete immaginarvi se possiamo star fuori della Chiesa!
Siamo... Quando si fa una gita, no, si fa una gita, cosa succede? Che ci sono i giovani che camminano, corrono, vanno tutti insieme, però insieme si fa una gita, in compagnia; ma ci sono alcuni che sono preoccupati dell'assistenza e del vettovagliamento e di cambiar rotta se è necessario, no? E sono quelli responsabili. Tutti facciamo un bel corpo insieme, un gruppo di gitanti, ma ci sono i responsabili. Messi da chi? Da chi ha organizzata la gita. La gita chi l'ha organizzata? L'Eterno Padre, cari. Ecco chi ha organizzato la gita. Chi ha messo in testa? Il Cristo! Il Cristo adesso è partito in aereo, è andato in Paradiso. E chi sono rimasti? Siamo rimasti noi, apostoli! Con quale incarico? Di condurre tutti i gitanti a casa, dove lui è là che ci aspetta, dove che è arrivato; per affari di stato è stato chiamato d'urgenza in Paradiso, no, affari di stato, è stato chiamato là, e lui ci aspetta: "Mi raccomando, eh...". Supponiamo che dovessimo andar via in gita in compagnia noialtri qui, una bella gita fino a Roma, Pompei, Crotone, eccetera. Quando che arriviamo a Roma, arriva una telefonata: io devo partire immediatamente in rapido e tornare a casa, perché a casa mi aspettano. Allora chiamo don Guido: "Don Guido, ti raccomando, sai. Adesso, guarda, pensaci tu, vero, disciplina qua e là... Tu, don Luigi, per la meditazione. Si divide i compiti. Mi raccomando, mi raccomando! Portate a casa tutti sani e che facciano i buoni, eccetera. Mi raccomando! Conservate il programma. Caso mai, se è proprio necessario, date una telefonata se c'è da modificare, date una telefonata". Ecco cosa dobbiamo fare noi: continuare l'opera pastorale di Cristo sopra la terra, che è opera di salvezza, nella Chiesa. Siamo ortodossi? Se volete... Qui purtroppo minacciamo di andare a distrazioni, invece che a leggere pagine. Pazienza, dopo leggeremo.

MO217,5[03-01-1968]

5.Ieri hanno fatto là a Città del Capo un'operazione meravigliosa: hanno fatto vivere un uomo col cuore di un altro. Cosa meravigliosa! Però, l'operazione è avvenuta... non compiuta soltanto da un professore, ma quanti medici c'erano? Più di trenta, no, più di trenta medici. Tutti lavoravano per cavare un cuore da un morto e cambiare il cuore a un vivo. Tutti in armonia meravigliosa. Ognuno però faceva il suo compito, perché c'era un cervello solo che guidava tutti. Ognuno aveva la sua personalità, la sua competenza, la sua libertà di azione, però tutti in collaborazione piena con quel cervello che aveva organizzato tutto.
Ecco quello che dobbiamo fare noi. Conservare la nostra personalità, conservare se volete, la nostra libertà, ma in armonia meravigliosa con quel signor medico che ha organizzato la salvezza dell'universo. La Chiesa, la Chiesa, figlioli, deve essere così. In quella sala operatoria ci sarà stato qualche altro chirurgo, ci sarà stato qualche infermiere, infermiera o infermiere... varie, varie mansioni, nella casa del Padre ci sono tante mansioni, però l'infermiere, l'anestesista, chirurgo, medico, che so io... tutti, tutti per far vivere un uomo. E noi, tutti, tutti, dal Papa al vescovo, il religioso, il cristiano, tutti per far vivere un uomo: il Cristo mistico. E perché questo uomo, questo corpo meraviglioso che è la Chiesa del Cristo possa raggiungere quel cuore che pulsa, bum, bum, bom, bom, vero, così, possa raggiungere il Padre e abbracciare il Padre... questo vero... Ma tutti in armonia! In quella sala operatoria nessuno ieri era autorizzato a fare la sua volontà. Era libero, ma di una libertà di armonia. Come è libero uno che canta in una schola cantorum: è libero sì, ma non può cantare "Bandiera rossa", mentre si canta "Noi vogliam Dio". C'è una libertà? Sì, sì! La libertà, ma è la libertà di cantare bene quello che vuole Dio, istante per istante. E allora, vedete, quando noi sopra la vita... sopra la terra, dico, durante la vita, quando noi compiamo una azione, ogni nostra azione viene vista sotto questa luce. Mi capita una malattia? Prima cosa: "Signore, è la tua volontà? E va bene! Se per la salvezza del mondo mi vuoi mettere a letto, e va bene, sto a letto! Cercherò di guarire, metterci la mia parte". Se mi capita un'umiliazione: "E va bene, Signore". Cercherò di vedere il motivo... ma primo istante, primo istante, farò un'offerta a Dio.

MO217,6[03-01-1968]

6.Per esempio, vien don Gaetano, mi fa un dispiacere. Prima cosa: "Signore, te lo offro questo dispiacere. Tu me lo hai mandato; per la salvezza... rientrerà nel piano...". Poi incomincerò a vedere: “Beh! Forse questo dispiacere me lo ha fatto perché io ho mancato di carità verso di lui”; e allora gli domanderò perdono. Ovvero, mi ha fatto questo dispiacere perché lui ha mancato di carità verso di me; allora la carità mi spingerà a prenderlo a braccetto e dirgli: "Don Gaetano, guarda, per carità, non pensare che io mi sia offeso, ma ricordati che il Signore no, non vuole così. Tu hai stonato un pochino".
Mi capita un trionfo? E ringraziamo il Signore: "Signore, è tuo, sai. La moltiplicazione dei pani: cosa meravigliosa! Però è un miracolo che hai fatto tu, che hai compiuto tu". Mi capita invece uno smacco: "Signore, bonum Domine quia humiliasti me. Io, io devo rendere conto solo se ho fatto quello che dovevo fare. Se nel piano tuo c'era questa mia umiliazione, ma, Signore, per carità, sia fatta la tua volontà". Guardate, dico un'eresia, ma lasciatemela dire, va là: se nel piano di Dio per la salvezza del mondo ci fosse che io continuassi a far peccati mortali, senza offendere Dio, però... e vengano! Guardate che è un'altra bestemmia che dico: se per la salvezza degli uomini, nel piano di Dio, ci fosse la mia dannazione eterna, perdonatemi, che venga! Son bestemmie che dico... lo so... registrate anche, ma d'altra parte, guardate, o entriamo in pieno, ma proprio totalmente, nel piano di Dio, come Cristo si è buttato in pieno nel piano del Padre, o non abbiamo capito niente, o è impossibile la vita religiosa, la vita apostolica. Vedete, Gesù, è vero che nell'Orto degli Olivi ha detto: "Padre, se è possibile passi questo calice", no, ma guardate che Gesù non ha voluto far passare il piano del Padre. "Se è possibile", ma però in quel "possibile" e "fiat voluntas tua" vuol dire: "Guarda che il tuo piano non deve essere toccato, il piano tuo, Padre. Ma se è possibile pagare con questa moneta o con l'altra, dico se è possibile... ma non voglio che venga cambiato il piano, per carità".

MO217,7[03-01-1968]

7.Sarebbe come dire in un grande... in un coro, che uno facesse... Domenico facesse: "Guarda, scusi, maestro Paolino, scusa, è possibile cantare una ottava più bassa la stessa parte?". Paolino: "Sì, puoi cantare, anzi riuscirà forse meglio. No, sai, se canti un'ottava più bassa, non va, non è più quella l'armonia". "E allora canto... Per carità, io domandavo se era possibile".
Questa è la nostra preghiera. Dinanzi alla croce, dinanzi alle sofferenze questo è il nostro atteggiamento: come un cantore che chiede al maestro di musica: "Non voglio, per carità, rovinare tutto per causa mia. Chiedo solo: è possibile suonare un'ottava più alta? O cantare un'ottava più bassa? Chiedo solo se è possibile... tu sei magister, tu sai cosa vien fuori". Se il maestro dice sì, e allora si canta. E se no si canta quello che è scritto; e il Signore provvederà, farà anche un miracolo. Siamo d'accordo laggiù? Adesso andiamo avanti. Ci son delle cose meravigliose però, a questo punto. Guardate, ci ripetiamo un pochino. Ben, ben, poi voi tirate fuori; interessa la sostanza. "La risposta di Cristo al piano di salvezza". "Qual’era dunque il piano di salvezza che Dio aveva per questo mondo perduto? Noi ne parliamo con molta difficoltà, perché questo piano supera le nostre facoltà di comprensione. D'altra parte quando Gesù parla di questo piano di salvezza, ne parla sempre come di un precetto, e questa espressione rischia di farci pensare che il Padre abbia imposto al Figlio suo di offrirsi in sacrificio per noi, mentre in Isaia è detto esplicitamente che il Cristo "si è offerto da sé alla morte". Per evitare questa confusione è meglio che diciamo non precetto, ma proposito divino. Dio ha proposto al Figlio prediletto il suo piano di salvezza e Gesù ama talmente il Padre, che ciò che il Padre gli propone diventa per lui un ordine, un comando". Ecco la vocazione!

MO217,8[03-01-1968]

8.Gesù ti ha comandato, Raffaele? No! Ti ha domandato, non ti ha comandato. Ma tu ami Dio, e amando Dio, amare vuol dire donare, tu non esiti un istante; quella domanda di Dio è diventata un precetto e hai detto: "Sì, Padre, vengo".
La vocazione alla vita religiosa non è un comando: "Si vis", se vuoi venire; ma è un comando fatto da uno che ha amato, e noi sappiamo cosa vuol dire amare, vuol dire donare; è fatto da uno che si è donato interamente a me. E allora: "Figlio mio, vorresti per piacere venire con me e continuare ad essere il Cristo crocifisso, preoccupato solo di fare la mia volontà? Il "factus oboediens usque ad mortem", cioè preoccupato di fare la volontà mia? Vorresti? Si vis...". Lui dice... guarda il Padre e vede la volontà, il desiderio del Padre; guarda il Figlio, il fratello suo e vede l'esempio e il desiderio del Figlio; guarda lo Spirito Santo, che è dentro di lui e che è amore e gli dice:"Senti, se il Padre ti ama così tanto e desidera questo; se Gesù, tuo fratello, ti ha dato l'esempio nel far questo e ti ama tanto e desidera questo, perché - dice l’ amore - perché anche tu non ti doni?". E diviene precetto per opera dello Spirito Santo. E la Madonna che è vicina, cosa fa? Tiene in mano questi due cuori, il cuore di Dio e il tuo, e ne fa uno. Non c'è niente da fare. “Il Padre propone dunque a suo Figlio di prendere su di sé i nostri peccati e di offrire se stesso come vittima per riparare questi peccati e per riconciliarci con lui. E il Cristo, nel suo amore per il Padre e per noi, si è offerto a Dio ed è diventato il nostro Salvatore. Possiamo ora leggere per disteso il testo della lettera agli Ebrei: "Per questo, entrando nel mondo il Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, ma tu mi hai preparato un corpo: non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora io ho detto: Ecco, che io vengo - di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare o Dio la tua volontà... E in questa volontà noi siamo stati santificati mediante l'offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre". Sentite tutta la forza di queste parole: "Voi mi avete preparato un corpo, eccomi, o mio Dio, per fare la vostra volontà"”.

MO217,9[03-01-1968]

9.Ecco la risposta nostra: “Tu, Padre, mi hai preparato un corpo, tu mi hai creato un'anima, tu mi hai dato una libertà, tu mi hai creato, e mi chiedi... Eccomi, o Dio, per fare la tua volontà". Va bene. Ecco la consacrazione; da qua, si può dire, ne deriva il voto di povertà, castità, obbedienza, la vita di comunità. Tutto deriva da qui. Sono tutto di Dio? È logico: i tre voti vengono di conseguenza, no? La vita di Comunità? Per me è impossibile non fare vita di comunità, perché dobbiamo andare insieme, dobbiamo camminare insieme, è volontà sua che camminiamo insieme. Qualsiasi cosa che voi troverete nelle Costituzioni, che troverete nei regolamenti, deve venire fuori da qui.
“D'altra parte la efficacia di questa offerta è sottolineata in modo esplicito da San Paolo: "È in questa volontà che noi siamo stati santificati dall'offerta del corpo di Cristo, una volta per sempre". Non vi pare che in questa occasione possiamo richiamare anche la doppia affermazione di Gesù: "Affinché il mondo sappia che io amo il Padre, andiamo!"; e l'altra: "Non c'è una prova maggiore di amore che dare la propria vita per quelli che si amano!"? E concluderemo con questa parola: "È per questo che il Padre mi ama, perché io do la mia vita". Tutto termina nell'amore. Conclusione. Guardiamo infine la Vergine. È in lei che il Verbo si è fatto carne, in lei è diventato il Sommo Sacerdote, è ancora in lei che si è offerto come vittima per salvarci. Già solo pensando a questo, possiamo scoprire la inaudita dignità della Vergine, e comprenderemo meglio quale posto ella deve avere nella nostra devozione sacerdotale. È a lei che dobbiamo rivolgerci per domandarle di realizzare in noi non soltanto l'atteggiamento di adorazione, di lode e di amore, non soltanto l'atteggiamento di salvatori davanti a tutti gli uomini, ma anche e soprattutto un atteggiamento di vittime, perché, ora lo comprendiamo bene, siamo chiamati dalla legge interna del nostro sacerdozio a conformarci a Cristo, come vi siamo stati invitati nel giorno della nostra ordinazione sacerdotale. Cerchiamo di comprendere questo appello di Dio. Prendiamo su di noi i peccati degli uomini, specialmente i peccati di quelli che ci sono stati affidati. E diciamo con Cristo: "Voi avete fatto di me un prete. Eccomi, o mio Dio, per fare la vostra volontà”. Vardè che le xe robe...

MO217,10[03-01-1968]

10.Se ci fosse tempo ancora, si potrebbe passare alla seconda meditazione; cioè: l'atteggiamento nostro. Questo era l'atteggiamento di Cristo; l'atteggiamento nostro. Leggiamo solo la conclusione, siccome la conclusione riassume un pochino...
“La conclusione di questa meditazione... - che sarebbe la seconda; voi caso mai la leggerete per conto vostro; ma poi la faremo. Adesso voglio soltanto dare un po' di materiale ai nostri teologi là, che erano là - La conclusione di questa meditazione si impone veramente. Abbiamo contemplato il Cristo Gesù che salva il mondo solo alla condizione di farsi obbediente e sino alla morte della Croce. Così per noi: non salveremo i nostri fratelli che rendendoci simili al Cristo nella sua obbedienza. Sino a qui però abbiamo parlato dell'obbedienza che ci mette direttamente di fronte a Dio. Ora, da quando la Chiesa è fondata bisogna sempre rivolgersi a lei per avere il segno autentico della volontà di Dio. Questo dice Gesù a Paolo al momento della sua conversione a Damasco: "Vai a trovare Anania". Non ha cioè risposto direttamente a Paolo, quando questi gli domandava: "Che vuoi che io faccia?", ma lo ha inviato ad Anania. Vedremo nella seguente istruzione come possiamo scoprire la volontà di Dio, quando essa si manifesta a noi attraverso gli avvenimenti o mediante la volontà dei nostri superiori, o anche attraverso il funzionamento normale della nostra intelligenza, a condizione che essa non cerchi che una cosa sola: scoprire la volontà di Dio per metterla in pratica. Intanto preghiamo la Vergine Maria, affinché ella renda docili la nostra intelligenza e il nostro cuore, così che entrino completamente nella via dell'obbedienza, e solo allora saremo sicuri di trovare la pace e la gioia del cuore”. Questa insomma è la sostanza: quando che si parla di obbedienza, si parla di realizzazione della volontà di Dio. Quando noi parliamo di obbedienza ai superiori, è una ricerca amorosa della volontà del Signore. Superiori o non superiori, tutti dobbiamo cercare la volontà di Dio. Quando voi venite da me per domandare qualche cosa, io devo cercare la volontà di Dio, se no sono un birbante, sono un imbroglione. Quando voi venite da me per domandare una cosa, voi dovete venire a cercare non la mia volontà, non la vostra volontà, ma la volontà di Dio; anche quando cercate una cosa che vi è comoda, anche quando cercate una ricreazione, un sollievo. Ma questo sollievo, questa ricreazione deve essere sempre inquadrata nella volontà di Dio. Guardate, se noi riuscissimo a dare alla nostra Congregazione questa impostazione di spiritualità, per cui tutti i membri della Congregazione, dal più vecchio al più giovane, dal più intelligente al più ignorante, ma tutti fossimo solo preoccupati di fare la volontà di Dio, consci che facciamo parte del piano universale e che non possiamo stonare, assolutamente; e che abbiamo una missione grandissima, che è quella di collaborare col Cristo per la salvezza dei fratelli, nella Chiesa, amici miei, noi avremmo scoperta l'America, ma quella di una volta, non quella di adesso. 5 gennaio 1968