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L’APOSTOLO È CHIAMATO AD ABBRACCIARE LIBERAMENTE LA CROCE

MI138 [28-01-1967]

28 Gennaio 1967

Don Lino Dal Moro sarebbe partito il 31 gennaio per il Brasile, insieme con don Luigi Mecenero e con l’assistente Giovanni Sgarbossa.

Modo di dire popolare veneto per indicare “uno che ha le qualità per svolgere bene un compito”, “uno che è adatto a...”.

Don Ottorino si riferisce a don Luigi Mecenero e all’assistente Giovanni Sgarbossa che insieme con don Lino Dal Moro aprirono la prima Comunità apostolica della Congregazione in Brasile.

Il riferimento è alla sera d’addio dei primi quattro Religiosi partiti per il Guatemala nel novembre dell’anno precedente.

tra Vicenza e Resende in Brasile ci sono circa quattro ore di differenza a causa dei fusi orari.

Don Pietro Martinello si stava preparando assieme ad altri quattro confratelli (don Graziano Celadon e gli assistenti Antonio Ferrari, Mirko Pasin e Antonio Zordan) a partire per il Chaco (Argentina).

MI138,1 [28-01-1967]

1 È l’ultima volta che abbiamo la gioia di avere con noi il nostro carissimo don Lino. Fra alcune settimane sarà lui che avrà una squadra di giovani ai quali farà la meditazione... Eh, di questa pasta si fanno gli gnocchi! Non è vero, don Lino? Fra alcuni anni avremo la nostra Casa dell’Immacolata anche in Brasile e allora il nostro reverendissimo padre provinciale chissà che cosa farà! Intanto ringrazia il Signore che là ci sono le anime che attendono e che hanno bisogno del tuo sacerdozio: Dio ti ha creato per quello e guai chi lo tocca!
E quello che diciamo a te lo diciamo ai tuoi confratelli che non sono presenti: sappi che sarete sempre presenti con noi. Ricorda quello che ti dicevo ieri, e che ora ripeto a tutti: ogni giorno nella visita al Santissimo faccio il giro delle nostre chiese di Estanzuela, Rio Hondo e adesso andremo a finire a Resende, quantunque io ci vada già da un pezzo a Resende per prepararvi un posto. Cerchiamo di restare uniti come diceva monsignor Fanton la sera famosa quando i primi sono partiti : “Leghiamo uno spago qui vicino al banco e uno in fondo di là, e attacchiamoci, tiriamoci”. Infatti quel Gesù che riceviamo ogni mattina è lo stesso, solo che c’è qualche ora di differenza, ma è lo stesso: io l’ho in mano, tu l’hai in mano; lo ricevo io, lo ricevi tu; perciò siamo “unum”, proprio “unum”. Se non lo siamo fisicamente, lo siamo spiritualmente, lo siamo nel lavoro e nell’unione degli spiriti. Perciò, figliolo, vai: saremo con te fino alla consumazione dei secoli. Amen! Manda presto una bella letterina per consolare don Pietro, perché altrimenti partirà avvilito, poverino, con tutta la sua compagnia. Procedamus: state attenti, procedamus!

CONGREGAZIONE storia

MISSIONI

COMUNITÀ

comunione

EUCARISTIA comunione

Per questa meditazione don Ottorino prende lo spunto dal libro di RENÈ VOILLAUME, Sulla traccia di Gesù, Edizioni Ancora Milano 1966. Le citazioni, che vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami, sono tratte dalle pagine 89-90.

È la traduzione dal francese di Marco 10, 45. La Bibbia della CEI riporta il seguente testo: “Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”.

Rivista della “Pro civitate cristiana” di Assisi.

Carlo Carretto fu presidente dell’Azione Cattolica italiana negli anni cinquanta. Entrato in crisi spirituale si recò nel deserto algerino entrando nella Famiglia religiosa dei “Piccoli Fratelli di Gesù” di Charles de Foucauld. Dopo alcuni anni ritornò in Italia e fondò a Spello (PG), vicino ad Assisi, una comunità di preghiera, un eremo adattato ad accogliere persone che desiderano fare esperienza di preghiera. Fu un conferenziere molto ricercato e scrisse libri di spiritualità dal successo strepitoso.

L’Algeria, colonia francese dal 1830, riconquistò la propria indipendenza con la lotta armata (1954-1962).

La guerra del Vietnam durò praticamente dal 1954 al 1975. Da guerriglia diventò vera guerra quando nel 1965 gli USA inviarono le loro truppe (si arrivò a impiegare circa 350.000 soldati americani delle vari armi) a sostegno del Vietnam del Sud aggredito dal Vietnam del Nord aiutato da URSS e Cina comunista.

MI138,2 [28-01-1967]

2 Ieri mattina ci siamo fermati a meditare su San Paolo. Questa mattina, invece di proseguire il nostro cammino sulla 1ª lettera ai Tessalonicesi e volendomi fermare ancora sul pensiero della prima meditazione, perché è un pensiero che va sottolineato, ho pensato di prendere in mano il Voillaume e di proseguire un pochino sul tema di quella meditazione.
Il Voillaume parte da una frase del Vangelo di San Marco: “Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la sua vita in riscatto d’una moltitudine”. Il pensiero che vorrei sottolineare è la necessità dell’unione con Dio, la necessità di vivere solo per il Signore, la necessità di essere donati veramente a questo amore. Dice il Voillaume: “Il tuo amore per Gesù è solo una parola o un sentimento superficiale se non ti porta a condividere la sua croce con Lui”. Ieri sera leggevo su Rocca un articolo scritto da Carretto , che vi inviterei a leggere e a leggere attentamente, dove lui dice: “Credevo di conoscere il Signore, ma ho conosciuto il Signore nel deserto; mi sono incontrato con lui nel deserto. Il primo passo per incontrami con lui? Ho tagliato le amicizie e ho stracciato tutti gli indirizzi dei miei amici: quarantamila! Ne avevo tanti, però nel deserto tornavano dinanzi a me - è rimasto là, nel deserto per tre anni -, tornavano nella preghiera, e allora me li rivedevo davanti con tutti i loro bisogni e pregavo per loro e sentivo il bisogno di darmi, di offrirmi”. E poi aggiunge: “È sopravvenuta la guerra di Algeria , ma credo che l’ho sofferta più io nel deserto che non gli altri in Algeria. La guerra del Vietnam si soffre più nel deserto che al fronte, perché, a un dato momento, tutto quello che è il dolore, la sofferenza, lo si assume insieme con il Cristo”.

DIO rapporto personale

CONSACRAZIONE distacco

È una espressione presente nei libri di René Voillaume.

Don Luigi Furlato era all’epoca il maestro dei novizi.

MI138,3 [28-01-1967]

3 Fratelli miei, bisogna che noi arriviamo a quello che abbiamo detto tante volte, cioè a un vero incontro con il Signore. Per cui, a un dato momento, non ci interessano più le cose del mondo, non ci interessa più il piacere del mondo, non ci interessa più tutto quello che accade, cioè le stupidaggini che possono succedere nel mondo. Il primo passo consiste nel realizzare una intima e totale comunione con Dio. Carretto aggiunge anche che dopo dieci anni loro ritornano ancora un anno nel deserto a ritemprarsi, un anno per incontrarsi di nuovo con il Signore e per vedere se sono veramente in unione con Dio, e poi tornano in mezzo agli uomini, perché bisogna portare Dio in mezzo agli uomini.
Noi abbiamo detto che bisogna essere “carmeli ambulanti”, mentre loro dicono “contemplativi sulla strada” ; però, attenti, bisogna, sì, essere “carmeli ambulanti”, sì, “contemplativi sulla strada”, ma contemplativi! Noi siamo d’accordo su questa parola, ma siamo già arrivati ad essere carmeli, ad essere contemplativi? Dove ci siamo incontrati con il Signore? Ecco, caro don Luigi , il noviziato! Il noviziato deve portare a questo, deve essere questo deserto dove ci incontriamo con il Signore. Nel deserto si abbandona tutto, si lascia tutto; il noviziato deve essere improntato a questo incontro con Dio. Qualcuno partirà dal deserto perché dirà: “Non è la mia strada!”, e parta pure, per carità, ma il noviziato dobbiamo improntarlo, pure con un senso di apertura, a raggiungere l’incontro con il Signore. Deve ripetere l’esperienza dell’uomo che abbandona il mondo, che taglia le sue quarantamila amicizie del mondo e che si incontra con il Signore, e solo con il Signore.

PREGHIERA unione personale con Dio

MONDO

SLOGANS carmeli ambulanti

PREGHIERA carmeli ambulanti

PREGHIERA deserto

FORMAZIONE noviziato

CONSACRAZIONE distacco

A Monteviale, piccolo paese a circa 6 Km da Vicenza, si era costruita una casetta prefabbricata, dove i novizi si ritiravano spesso per momenti di preghiera e di deserto.

Don Ottorino si riferisce ai Piccoli Fratelli di Gesù che hanno l’abitudine di vegliare in adorazione durante la notte.

Miscela lubrificante usata nelle officine meccaniche nel taglio delle barre metalliche che aveva l’aspetto del latte ma che era tossica per l’organismo. Era uno degli esempi preferiti da don Ottorino per indicare che solo l’unione con Dio garantisce l’annuncio del Vangelo (latte), altrimenti si è portatori di un messaggio che sembra cibo buono (come acqua e olio emulsionabile sembrano buon latte), ma che invece è un veleno per le anime che lo prendono.

MI138,4 [28-01-1967]

4 Leggete la lettera di Carretto, la sua intervista, e capirete che non è possibile, che ci si illude di incontrarsi con Dio conservando ancora tanti fili e spaghi con il mondo, cercando amicizie a destra e a sinistra; ci si illude, fratelli, ci si illude! Bisogna che prima avvenga questo incontro con Dio, questo vero incontro con il Signore.
Anche San Paolo si incontra sulla via di Damasco con il Signore, ma poi si ritira nel deserto per un periodo di tempo. Ora, per carità, non voglio mettere in testa a don Luigi che bisogna fare un noviziato nel deserto, altrimenti chissà dove va a finire a piantare il noviziato, perché ha già cambiato di posto al noviziato parecchie volte: a Monteviale , da una parte all’altra... non vorrei che adesso andassimo a finire di piantarlo anche nel deserto! Però, però, un certo qual deserto dobbiamo tutti frequentarlo; dobbiamo tutti trovare un posto, trovare un momento insomma: può essere la tua stanza dove tu ti incontri con il tuo Signore. Ci deve essere allora un periodo della vita in cui voi dovete leggere opere di questo genere, leggere libri che aiutino questo incontro. Per esempio, adesso ho tirato fuori l’intervista di Carretto, ma voi dovete trovare qualche altro libro dove potete andare in cerca di Dio. Questi uomini nel deserto si alzano di notte, pregano, e di giorno meditano per incontrarsi con il Signore. Se io devo costruire una casa prima mi preoccupo di scavare le fondamenta, poi di riempire le fondamenta e poi di elevare i muri: non si mette il coperto prima delle fondamenta. Perciò voi che state costruendo la vostra formazione, la vostra preparazione all’apostolato, la prima cosa, la primissima cosa che dovete chiedervi, leggendo, per esempio, l’intervista con Carretto è questa: “E io sono giunto a questo punto? Io sono arrivato? Io ho lavorato sufficientemente per questo incontro con il Cristo?”. E se non sono arrivato a questo, buttate via tutti gli altri libri che non siano scolastici, buttate via tutte le altre riviste che non siano necessarie, prendete in mano il crocifisso, prendete in mano il Vangelo, prendete in mano qualche opera, come questa del Voillaume o qualche altra simile, e lavorate, lavorate, per incontravi con il Cristo. Poi andate avanti, poi venite fuori dal deserto e preparatevi, ma il primo passo, figlioli, è questo, perché altrimenti andate a dispensare non latte ma acqua con olio emulsionabile . Ricordate che ne abbiamo parlato qualche volta? Assomiglia al latte, ma non è latte: sono parole, sono parole, ma non è Dio quello che portate in mezzo alle anime. Perciò, vedendo queste anime, e sono veramente tante, come Carretto che sembrava un dottore della Chiesa, un’anima bella, che scriveva bene manifestando idee bellissime, ma che forse avrà avuto il torto di essere venuto troppo presto perché tante sue idee adesso sono state convalidate dal Concilio, ricordiamo che lui stesso ammette: “Mi mancava qualcosa: l’incontro con Cristo! Adesso sento che sono un altro, ma perché è Lui che è in me, è Lui che lavora!”.

MONDO

CONSACRAZIONE distacco

DIO rapporto personale

PREGHIERA deserto

PREGHIERA unione personale con Dio

ESEMPI formazione

FORMAZIONE

ESEMPI predicazione

APOSTOLO predicazione

Raffaele Testolin all’epoca stava facendo l’anno di noviziato.

Forse l’allusione è a Giovanni Orfano, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso telogico.

Lorenzo Centomo frequentava all’epoca il 3° anno del corso liceale.

Ugo Gandelli era una vocazione adulta e, all’epoca, stava facendo l’anno di noviziato.

Don Ottorino, in tono scherzoso, interroga qualcuno dei presenti che aveva fatto il servizio militare, che risponde “La decade” alla prima domanda, e “Millecentoottantatré” alla seconda.

Don Erasmo De Poli faceva parte della Casa dell’Immacolata ed era il direttore della scuola F. Rodolfi per allievi semiconvittori.

MI138,5 [28-01-1967]

5 “Il tuo amore per Gesù è solo una parola o un sentimento superficiale se non ti porta a condividere la sua croce con Lui”.
Se tu non sai soffrire, il tuo amore è solo una chiacchiera: non dire che ami il Signore! “Gesù ha parlato della ‘tua’ croce”. Gesù non ha detto: “Chi vuol venire dietro a me prenda la croce di Raffaele ”, ma ha detto: “... prendi la tua croce”. Il Signore ‘ab aeterno’ ha pensato a te, caro Giovanni , ti ha creato nel tempo per realizzare un piano che aveva; ma ricordati che nel pensarti ‘ab aeterno’ ha pensato alla tua giacchetta e anche alla tua croce. Il Signore ha pensato al tuo bagaglio, e una delle cose indispensabili per il tuo cammino sopra la terra è la croce: lui, che lo sa, l’ha preparata fin dall’eternità. La tua croce può essere don Ottorino: pazienza! Per qualcuno che è sposato sarà la moglie, per qualche moglie sarà il marito: pazienza! “... ciò è compreso nell’appello che ti ha rivolto”. Quando il Signore ha detto a te, Lorenzo : “Vuoi venire con me? Vieni e seguimi! Vuoi farti cristiano?”, in ogni chiamata di Gesù è compresa la croce. Quando uno è chiamato sotto le armi, il rancio è compreso. Non è vero, Ugo ? A uno che va sotto le armi, s’intende che sia il governo a mantenerlo... “Chi mi darà da mangiare?” : il governo ti darà da mangiare. Sei chiamato da Gesù? Nella chiamata è compresa la croce; essa fa parte del cibo. Caporale, quanto è la paga settimanale... quanto prendevi? A quanto corrispondeva la decade? Forse il Signore è più generoso con noi e ci dà di più; è misericordia infinita, bontà infinita e per questo è molto più generoso con noi nel darci le croci. “Perciò, caro don Erasmo , occorre del coraggio per seguire Gesù che ti chiede di accettare liberamente di soffrire con Lui”. Per seguire Gesù ci vuole del coraggio perché, a chi accetta di seguirlo, Gesù domanda di accettare liberamente di soffrire con lui, ma lui rimane sempre accanto perché senza di lui è impossibile portare la croce.

DIO amore a Dio

CROCE

GESÙ

sequela

APOSTOLO vocazione

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

DOTI UMANE coraggio

Forse il riferimento è ad Antonio Pernigotto, vocazione adulta che stava facendo l’anno di noviziato.

Forse don Ottorino si riferisce a Gabriele Stella, che stava completando le scuole commerciali in famiglia e sarebbe entrato in noviziato con l’inizio del nuovo anno scolastico.

L’assistente Giuseppe Filippi era diplomato elettrotecnico e frequentava la facoltà di ingegneria dell’università di Padova.

Il riferimento è a Paolo Crivellaro, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso teologico e che aveva una intelligenza fuori del comune e una buona inclinazione per la musica.

Daniele Galvan frequentava all’epoca l’anno propedeutico al corso teologico; aveva notevoli qualità intellettuali e pratiche, anche se forse don Ottorino sottolinea scherzosamente il suo desiderio di approfondire gli studi di diritto canonico.

MI138,6 [28-01-1967]

6 “L’appello che Gesù ti ha rivolto importa perciò una richiesta assai precisa di condividere la sua sofferenza anzitutto per puro amore, semplicemente perché tu lo ami...”.
Ora si presenta Antonio per farsi Religioso, si presenta Gabriele per farsi Religioso: voi potreste dire di aver sentito dentro di voi la voce del Signore che vi chiama fortemente. A che cosa vi chiama nella Casa dell’Immacolata? Vi chiama a soffrire con lui per aiutarlo a salvare il mondo con la sofferenza. Questa è la vocazione. Ricordatevi che ogni vocazione, sia alla vita missionaria, sia all’assistenza degli ammalati, sia per altre finalità, porta come prima caratteristica la certezza che Gesù ti ama, e poiché ti ama, ti considera degno di soffrire qualche cosa per lui. Nel leggere la Sacra Scrittura sono rimasto impressionato nel constatare come Dio ha trattato gli uomini da Lui scelti. È una realtà impressionante! La vita dei dodici Apostoli, ad esempio, ad eccezione di San Giovanni, che si è salvato in una pentola di olio bollente dove ha preso senza dubbio qualche buona bruciatura, è stata un martirio continuo. E la vita dei missionari? E la vita dei nostri buoni sacerdoti? Cari miei, questo è Vangelo. Non è una semplice possibilità, come potrebbe essere una vincita al totocalcio, come potrebbe essere la poliomelite che colpisce uno fra tanti; è una qualità inerente alla nostra vocazione, e quindi è per tutti. Poi uno può diventare monsignore, può diventare anche vescovo, può diventare ingegnere; non è vero, Filippi ? Ma queste sono eccezioni, sono grazie particolari; ma c’è una grazia particolare che viene data a tutti ed è quella di soffrire. Altri doni speciali possono essere dati a Paolino , come quello della musica e poi la specializzazione in “utroque iure” e in tutte le diavolerie che il Signore vorrà; altri possono essere dati a Daniele che ha domandato ripetutamente di andare a Roma per studiare diritto; altri doni poi a qualche altro. Sono grazie particolari che il Signore può concedere, ma una è concessa a tutti: è l’appello di Gesù che comporta la richiesta assai precisa di seguirlo in tutto.

GESÙ

sequela

APOSTOLO vocazione

APOSTOLO salvezza delle anime

CROCE sofferenza

CONSACRAZIONE religioso

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

PAROLA DI DIO Vangelo

SACERDOZIO

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

GESÙ

imitazione

Don Ottorino adatta con molta libertà l’espressione paolina di Gal 1,8.

MI138,7 [28-01-1967]

7 L’invito di Gesù comporta la richiesta di condividere la sua sofferenza per puro amore. Una persona potrebbe soffrire per avviare una fabbrica, e ne ricaverebbe una soddisfazione. Invece Gesù domanda di lavorare, lavorare, lavorare per puro amore, per amore di Dio, anche senza avere la gioia di un trionfo del nostro sacrificio. “Mi vuoi bene? Soffri con me!”: la parola è dura, ma questo è cristianesimo. Io non posso indicarne uno diverso. Vorrei ripetervi la frase di San Paolo: “Anche se venisse un angelo a predicarvi un cristianesimo diverso, una vita religiosa diversa, sia scomunicato”. Non si può trasformare la vita religiosa in una compagnia di esaltati che vanno avanti a base di trionfi. No, no, no! È necessario l’ottimismo, ci vuole forse un po’ di santa suggestione, ma indirizzata ad accettare questa vita per puro amore, semplicemente per amore di Dio, e con la prospettiva di collaborare con lui alla salvezza degli uomini. “Io accetto di soffrire perché amo Gesù”. Mi vuole bene? Non importa, a me non interessa, purché me lo dica lui, me lo chieda Gesù.

APOSTOLO vocazione

CROCE sofferenza

GESÙ

sequela

DIO amore a Dio

CHIESA cristianesimo

CONSACRAZIONE vita religiosa

APOSTOLO salvezza delle anime

Il riferimento è a Giovanni Orfano, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso teologico e che dava molta importanza all’impegno dello studio.

MI138,8 [28-01-1967]

8 Supponiamo che all’una di notte don Aldo bussi alla porta della mia stanza e mi dica: “Don Ottorino, potresti alzarti per farmi un piacere perché ho bisogno di te?”. Non occorre che mi dica il motivo; se mi dice che ha bisogno mi alzo subito. “Senti, ci sarebbe questo problema: ho l’auto che non parte, ho questa difficoltà...”. Questo lo farei non solo se viene don Aldo a chiedermelo, ma anche se venisse uno di voi. Se io voglio bene a una persona e questa viene a domandarmi un piacere di notte, mi alzo subito. Questo lo fareste anche voi.
Gesù, che ti ama, che ti ha amato fino a donare la propria vita, ti chiede un piacere: soffrire con lui. Devi dargli almeno quello che lui ha dato a te: lui si è alzato di notte per te, è morto per te; almeno fa’ tanto quanto lui ha fatto per te. Che cosa diresti Giovanni , se io mi alzassi alle una di notte per fare un piacere a te, senza alcuna esitazione, e poi ti domandassi mentre stai studiando: “Giovanni, potresti per favore uscire un minuto?”, e tu mi rispondessi: “Adesso non ne ho voglia”. Io ti direi: “Questa notte sei venuto a chiamarmi alle una e io mi sono alzato subito, e ora tu ti rifiuti quando ti domando di uscire un minuto?”. Questo è l’atteggiamento che noi abbiamo con il Signore: lui è venuto dal cielo, si è fatto uomo, povero, è stato umiliato, trattato male, abbandonato, crocifisso per amor mio, e mi chiede: “Vuoi venire con me e seguirmi?”. “Sì”. “Accetti anche tu di soffrire un po’?”. “Sì”. Ma quando giunge il momento di soffrire ci ritiriamo e lo invitiamo a rivolgersi ad un altro con la scusa che noi intendevamo seguirlo nella moltiplicazione dei pani, o specialmente nelle nozze di Cana. In quei momenti, infatti, si è mostrato Dio, quando ha cambiato l’acqua in vino: in quelle circostanze saremmo stati disposti a seguirlo, non nella sofferenza dell’Orto degli Ulivi. Eppure il Signore invita... Caro Giovanni, questi atteggiamenti non li ho inventati io, ma sono scritti in questo libro.

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

DIO amore a Dio

CROCE sofferenza

GESÙ

incarnazione

GESÙ

crocifisso

GESÙ

sequela

APOSTOLO chiamata

MI138,9 [28-01-1967]

9 “La Passione di Gesù è stata come una ricapitolazione di tutte le forme di sofferenza umana: abiezione, umiliazioni, dolore fisico portato al massimo, agonia, tristezza, sofferenze morali di ogni genere”.
Carretto dice nella sua intervista: “I sacerdoti che non sanno trascorrere qualche ora davanti al Signore, che non sanno contemplarlo e trattare con lui certi problemi, non possono concludere niente di buono”. Leggete le sue parole e meditatele. E poi aggiunge: “Come pensavo in un modo diverso una volta: fare, fare, fare, fare, fare! Quanto di più si farebbe fermandosi!”. Figlioli, quanto di più si farebbe fermandosi e meditando queste parole: “... abiezione, umiliazione, dolore fisico portato al massimo, agonia, tristezza, sofferenze morali d’ogni genere”. Tutto questo ha sofferto Gesù per me, e io per lui? “La tua vocazione esige che tu prenda liberamente la tua parte della Passione di Gesù”. Quando ti fermi a considerare il Cristo, quando ti metti davanti al tabernacolo e lo contempli, e ti rendi conto che è Uomo-Dio e Dio-Uomo, e consideri che questo Dio è venuto in mezzo agli uomini per la nostra salvezza pur conoscendo le bestemmie che avrebbero detto contro di lui e come lo avrebbero deriso, e nonostante questo accetta di incarnarsi, allora capisci che cosa vuol dire incarnarsi, capisci il trattamento che gli uomini ti riserveranno. Eppure Gesù “incarnatus est et habitavit in nobis. Puer natus est nobis”, e si è fatto obbediente ed è stato condannato a morte. Figlioli miei, è possibile mettersi davanti al tabernacolo e pensare che dentro c’è Gesù, la seconda persona della Santissima Trinità, eterna come il Padre, generata ‘ab aeterno’, dalla quale insieme con il Padre procede lo Spirito Santo, e che è venuta in mezzo agli uomini e mi ha amato fino al punto di morire e di restare nel tabernacolo per me? E io sono invitato da lui a partecipare alla sua passione, e vorrei comportarmi come il bambino che quando la mamma gli dà l’olio di merluzzo fa tutte le smorfie per non berlo.

SACERDOZIO prete

PREGHIERA meditazione, contemplazione

GESÙ

uomo

GESÙ

incarnazione

EUCARISTIA tabernacolo

ESEMPI Eucaristia

DIO Trinità

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

GESÙ

Don Ottorino si riferisce all’uso dell’olio di merluzzo, di sapore poco gradevole, che nelle famiglie povere si usava spesso come rimedio e come ricostituente per i bambini; le mamme, per renderlo meno sgradevole, lo accompagnavano con qualche cosa di dolce.

Il riferimento è a don Lino Dal Moro.

MI138,10 [28-01-1967]

10 Sto parlando di me, non di altri. Quando la mamma mi dava l’olio di merluzzo e un pezzo di cioccolata, io volevo mangiare il cioccolato e non prendere l’olio di merluzzo. Ricordo che quando ero bambino la mamma custodiva il cioccolato nell’armadio e mi diceva che era stata la befana a portarlo, altrimenti io volevo mangiarlo tutto. Io ne prendevo un pezzo, e qualche volta ce n’erano due pezzi. Allora li prendevo e dicevo: “Mamma, la befana me ne ha portato due pezzi”. E la mamma: “Non mangiarlo, altrimenti domani non te ne porta più”. E io: “Mamma, sono due pezzi; permetti che intanto ne mangi uno”. Alla fine io volevo prendere prima il cioccolato e dopo bere l’olio di merluzzo. Mia mamma, però, che era più furba di me, diceva: “O bevi prima l’olio di merluzzo o non prendi il cioccolato”.
Con il Signore noi vorremmo agire allo stesso modo: vorremmo mangiare quel po’ di cioccolato che il Signore ci dona su questa terra, un po’ solamente perché ci ha promesso di donarci poi il Paradiso, e non vorremmo mai bere l’olio di merluzzo, cioè non vorremmo portare la croce, non vorremmo partecipare alla sua passione. Caro don Lino , devi dire queste cosa ai giovani che troverai in Brasile, e per questo porterai con te uno di questi libri di Voillaume. Prima devi metterti dinanzi al tabernacolo e dopo prendere un ragazzo e fargli capire queste verità; poi ne prenderai un altro e gliele farai capire, e fra dieci o quindici anni fa’ in modo che possiamo dire di te: “Il Brasile ci ha battuto: a Vicenza siamo appena in duecento mentre là sono già cinquecento Religiosi. Io avevo sempre detto che quello è un furbone... taceva sempre, ma guardate ora che sviluppo!”. Ricordati che se riuscirai ad avere tre o quattro giovani che abbiamo capito queste verità, che vivano queste cose, a un dato momento sarà una infezione. Se noi fossimo strapieni di queste convinzioni, quando andiamo nelle parrocchie e incontriamo un giovane lo dobbiamo incendiare. Immaginate se San Paolo passasse, per esempio, per Breganze e incontrasse sessanta o settanta giovani: a un dato momento scoccherebbe la scintilla e tutti diventerebbero come vuole il Signore!

AUTOBIOGRAFIA famiglia

CROCE sofferenza

NOVISSIMI paradiso

GESÙ

sequela

PASTORALE giovani

Gaetano Scortegagna frequentava all’epoca il 3° anno del corso teologico: era cugino primo di don Ottorino e godeva di una particolare attitudine per le relazioni a motivo del suo carattere e della facilità di parola.

MI138,11 [28-01-1967]

11 “La tua vocazione esige che tu prenda liberamente la tua parte della Passione di Gesù. Nella professione perpetua la Chiesa consacrerà questa offerta della tua vita a Gesù crocifisso in vista della salvezza dei tuoi fratelli”.
Infatti quando voi avete fatto la professione, quando vi siete consacrati in perpetuo, alcuni in forma temporanea ma perpetua nel cuore, vi siete consacrati a portare la vostra parte di passione per la salvezza del mondo. Avete detto: “Io accetto liberamente quella parte di passione che tu ha stabilito per me per salvare i fratelli”. “Le tentazioni della vita, la tendenza naturale del tuo egoismo, tutto contribuirà a farti dimenticare la dura e vivente realtà del riscatto dell’uomo per mezzo della sofferenza”. Caro Gaetano , è più facile andare in giro a chiacchierare da una parte e dall’altra che non restare a piangere davanti al Signore, perché il mondo di oggi porta a questo!| “Rimettiti spesso di fronte a questa legge della tua vita, specialmente partecipando al Santo Sacrificio: la sofferenza di Gesù, ciò che essa è stata per Lui e per te, e ciò che ora su questo punto Gesù aspetta da te. Due cose hai da fare: anzitutto accettare francamente ogni giorno ciò che ti fa soffrire, ciò che ti è duro fisicamente o moralmente...”. La prima cosa da fare, dunque, è accettare ogni giorno ciò che fa soffrire, ciò che contraria, ciò che è duro. Allora, figlioli, chi accetta questo non si mette a cantare la marcia funebre a destra e a sinistra, ma va dinanzi al Signore e dice: “Signore, tu mi hai dato questa croce; è tua; la bacio”.

APOSTOLO vocazione

APOSTOLO missione

APOSTOLO salvezza delle anime

CONSACRAZIONE voti

MONDO

CROCE sofferenza

Don Guido Massignan era all’epoca il direttore della Casa dell’Immacolata.

L’allusione è evidentemente all’imminente partenza, via mare, dei tre primi missionari destinati al Brasile.

Don Ottorino sviluppa tutto l’esempio riferendosi a don Lino che stava per partire per il Brasile insieme con don Luigi Mecenero e l’assistente Gianni Sgarbossa. Il conte Marzotto è il dott. Arnaldo Marzotto, che aveva offerto alla Congregazione il Patronato ‘Lar dos meninos’ di Resende e aveva pagato il viaggio dei tre missionari; Emilio Peruffo era l’amministratore dei suoi beni e l’incaricato di ogni attività materiale; John era forse il padre Juão Martins, un sacerdote di origine spagnola che era parroco a Resende. Subito dopo accenna al nunzio apostolico che era il vicentino S. E. mons. Sebastiano Baggio.

Nel testo registrato si ascoltano a questo punto commenti e risate.

MI138,12 [28-01-1967]

12 “... poi consacrare questa sofferenza offrendola a Gesù, affinché non sia più tu a sopportarla, ma Lui, Gesù Salvatore che continua in te la sua Passione”.
Quando sarà, o mio Dio, che io aprirò questi miei occhi e vedrò me stesso e i miei fratelli che dinanzi alla croce accettano ogni giorno francamente ciò che fa soffrire, ciò che li contraria, ciò che è duro fisicamente, e poi vanno davanti al Signore e gli offrono tutto, e fanno che questa croce divenga del Signore? Don Guido , quando sarà che io vedrò gente che sa soffrire, che sa patire, che sa vivere nella volontà di Dio? Questo non vuol dire che dobbiamo andare in cerca della croce. Se uno ha mal di testa deve saper prendere una cibalgina. Bisogna saper agire da uomini, ma mettendo in preventivo le difficoltà. Se il Signore vuole che, nonostante tutte le precauzioni, partendo lunedì io abbia poi il mal di mare, pazienza! Don Lino, porta via le pastiglie, fa’ di tutto per non averlo, ma se poi il Signore permette che durante il viaggio debba soffrire tanto da perdere quaranta chilogrammi, pazienza! Bisogna saper accettare dalle mani del Signore. Se poi, arrivato in Brasile, mentre aspetti la banda municipale di Rio, mentre aspetti il conte Marzotto, mentre aspetti il nunzio, vieni a sapere che il conte Marzotto è morto, che la signora è morta, che Emilio è morto, per cui non trovi nessuno ad attendervi ; vai in cerca del nunzio e questi è assente; pensi di andare a Resende, e invece devi fare il giro per San Paolo perché le strade sono interrotte; arrivi a Resende e credi di trovare John, ma è morto per un colpo al cuore; vai in cerca del vescovo e questi si trova in agonia all’ospedale... è naturale che dica: “Che cosa faccio io qui?”. Cerchi allora di andare alla Casa del fanciullo e ti dicono: “Andatevene! Ci siamo liberati di Marzotto, dell’uno e dell’altro! Andatevene!”, e vi accolgono a bastonate: perfetta letizia! E allora voi non fate altro che prendere la corriera che va a San Paolo e dire al cardinale: “Caro cardinale, noi dovevamo andare a Resende e ci è successo questo e questo. Sappiamo che Vostra Eminenza ha detto che andassimo prima a Resende e dopo a San Paolo. Per questo abbiamo pensato che siamo lontani dalla patria e che Vostra Eminenza rappresenti la Chiesa, per cui ci mettiamo a disposizione di Vostra Eminenza”. E se il cardinale di San Paolo vi trattasse da manigoldi, vi bastonasse e vi cacciasse, prenderete l’aereo e andrete nel Chaco a preparare il posto a don Pietro. Figlioli, così bisogna accettare la croce: senza perdersi di coraggio.

CROCE

VOLONTÀ

di DIO

DOTI UMANE criterio

CROCE difficoltà

VIRTÙ

pazienza

DOTI UMANE coraggio

Don Ottorino avrebbe raggiungo quest’età nell’agosto di quell’anno.

Nel testo registrato Don Ottorino cita l’espressione paolina di 1 Cor 9,27 in latino.

MI138,13 [28-01-1967]

13 “Non dimenticarti di ripetere ogni mattina questa offerta e di rinnovarla frequentemente nel tuo cuore, anche e soprattutto per le cose umili...”.
Bisogna abituarsi anche alle piccole sofferenze, cominciando da quando si soffre prurito alla lingua e tutto il resto. “... perché sono esse la materia principale della tua vita”. Ricordatevi che la sofferenza è la materia principale della nostra giornata, l’oro più puro che incontriamo durante il giorno, per cui è importante abituarsi anche alle piccole cose. Se, ad esempio, si va in refettorio e si trova il caffelatte che ha preso un po’ di fumo o che è poco zuccherato, o il pane che è duro, si deve dire: “Grazie, Signore!”. È importante ringraziare il Signore ogni volta che si trova qualche cosa che pesa, qualche cosa che fa male, qualche cosa che non va; dire sempre grazie al Signore. Vi auguro che almeno voi che siete giovani possiate imparare la lezione affinché, arrivati a cinquantadue anni , non dobbiate dire: “... non succeda che dopo aver predicato gli altri, venga io stesso squalificato” .

CROCE sofferenza

DIO riconoscenza a...