Don Ottorino inizia la meditazione in tono scherzoso, accennando a una sua visita a Villa San Giovanni, la casa appena restaurata per ospitare benefattori anziani e situata in via Quadri a Vicenza, insieme con don Zeno Daniele che era stato il responsabile di tutti i lavori e che chiama familiarmente “padre superiore”.
La signorina Clementina Valeri era la proprietaria della villa, casa di campagna della sua famiglia, che generosamente aveva donato alla Congregazione e nella quale chiese di essere ospitata.
All’epoca veniva chiamato “seminario minore” il gruppo di ragazzi della scuola media inferiore, e il responsabile era don Venanzio Gasparoni, mentre l’insegnante di filosofia era don Matteo Pinton.
MI330,1 [13-11-1970]
1 L'altra sera sono andato un momento a Villa San Giovanni con il padre superiore e mentre stavamo per ritornare don Zeno ha aperto la porta che guarda verso la via che conduce a Bertesina e ha detto: “Vado a vedere perché sono state già messe a dimora delle altre piante”. E mi ha fatto uscire e mi ha detto: “Una pianta era morta - non so se due, comunque una era morta - ed è stata sostituita; eccola qui”. Una pianta era morta ed è stata sostituita! Non mi ha detto dove hanno messo la pianta morta; quella non interessava più; interessava la pianta sostituita. Chi visita Villa San Giovanni non si domanda: “C'era una pianta prima? Che pianta era?”, ma vede quella pianta e dice: “Che bel giardino! Che belle piante! Che bella pianta c'è qui!”. La frase detta dal nostro caro don Zeno mi ha fatto pensare: “C'era una pianta, è morta ed è stata sostituita”. Nel giardino di Dio, nella casa di Dio, e anche nell'aiuola della Casa dell'Immacolata, cioè della nostra Congregazione, perché Casa dell'Immacolata vuol dire la nostra Congregazione, ci sono delle piante, delle piante non messe per caso. Credo che le piante che sono a Villa San Giovanni non sono state messe per caso. Anzi, la signorina Valeri le segue di giorno e di notte, e a volte chiede: “Dove avete messo quel rosaio? Dove avete messo quell'altra pianta? Mi dispiace che non ci sia più”. Penso che anche se si trattasse di una pianta di fagiolo o di radicchio direbbe: “Come mai è andato perduto?”. Le piante quindi non sono state messe là per caso, ma sono state scelte, predisposte, messe a dimora con un certo criterio. Anche nella nostra casa avviene così: non a caso è stato scelto il maestro dei novizi o il responsabile del seminario minore, non a caso è stato scelto chi deve seguire i giovani nel seminario minore o chi deve fare scuola di filosofia o che so io: ognuno ha il suo compito, ognuno fa parte di un disegno meraviglioso. Quando avete predisposto le piante del parco di Villa Valeri ricordo che avete fatto un disegno e avete chiamato dei competenti che hanno detto: “Qui possiamo mettere delle magnolie, qui possiamo mettere un'altra pianta, qui io vorrei così, vorrei colà”. Insomma c'è stato un disegno.ESEMPI apostolo
CONGREGAZIONE spiritualità
Il riferimento è a Giovanni Battista Battilana, entrato nella Casa dell’Immacolata attraverso don Marcello Toniolo, fratello di sua mamma, il quale frequentava la Casa dell’Immacolata con gruppi di giovani.
Don Ottorino ama ripetere di tanto in tanto questa espressione attribuita ad Alessandro Manzoni, il cui capolavoro I promessi sposi è tutto un inno alla provvidenza divina.
Il riferimento è alla vocazione di San Pietro, narrata in Lc 5,4-11.
Don Ottorino ricorda brevemente alcuni fatti legati fra di loro, che legge con l’occhio della fede come interventi della provvidenza: il pessimo trattamento riservato a un gruppo di giovani della Casa dell’Immacolata, fra i quali Giuseppe Giacobbo, agli esami statali presso il ginnasio liceo A. Pigafetta di Vicenza; la richiesta di essere accolti per gli stessi esami presso il collegio vescovile di Thiene (VI), dove mons. Vincenzo Sebben era rettore e don Giuseppe Rodighiero vicerettore; il servizio pastorale nei giorni festivi da parte di don Giuseppe Rodighiero a Villatora (PD), paese dove risiedeva don Zeno Daniele.
Don Ottorino usa nel testo un’espressione latina del preconio della vigilia pasquale: “mirabilius reformasti”.
MI330,2 [13-11-1970]
2. Dio non fa le cose alla buona. Non a caso, caro Gianni, tu hai trovato don Marcello, il quale non è venuto qui per caso: non si può parlare di caso. Sono “i casi che non sono casi”, direbbe il Manzoni ; qualche altro direbbe che sono “le circostanze meravigliose di Dio” attraverso le quali noi siamo guidati a compiere la sua volontà. Non per caso io sono venuto ad Araceli, non per caso mi sono incontrato con don Giovanni Calabria, con Francesco Giuliari... Questi sono i casi che cambiano una vita, anche se sembrano fortuiti, se volete, e a prima vista casuali. Quando Gesù si incontra con Simone pescatore e dice: “Vieni e seguimi, ti farò pescatore di uomini” , sono i casi stabiliti dall'eternità da Dio, prestabiliti da Dio, sono incontri di grazia. Considerate ora un esempio. Altre volte ho citato il caso del nostro caro don Zeno e del nostro caro don Giuseppe. Apparentemente c'è stata una mezza sconfitta quando un gruppetto di voi ha fatto gli esami in una scuola della città e nella cui classe c’era anche Giuseppe Giacobbo: ricorderai quanto abbiamo sofferto perché siete stati trattati male. Ma quello è stato un anello di una catena che ci ha portati dapprima a Thiene e che ha portato poi don Giuseppe Rodighiero qui insieme con mons. Sebben, e poi don Giuseppe è stato a Villatora, dove ha incontrato don Zeno: è tutta una catena. Noi dobbiamo saper leggere questi casi di Dio, queste circostanze che tante volte possono partire anche da una professoressa di matematica o di filosofia che non compie bene il suo dovere, che tratta male. A volte può benissimo entrarvi anche la cattiveria di una persona e il Signore provvede a correggere in un modo meraviglioso , trasforma la stonatura in armonia. Non dobbiamo dire subito: “Ecco, ecco... perché il Signore ha permesso questo?”. Avrà i suoi scopi, avrà i suoi fini e bisogna che ci lasciamo guidare un pochino da queste circostanze che possono provenire anche dalla cattiveria di una persona, e dobbiamo sentire che non a caso siamo stati piantati nel giardino di Dio.DIO stile di...
VOLONTÀ
di DIO
AUTOBIOGRAFIA Araceli
PROVVIDENZA
GRAZIA
Il riferimento è a Daniele Galvan, che all’epoca stava completando il corso teologico e che aveva una grande passione per raccogliere insetti e animali.
Don Ottorino si rivolge in tono scherzoso a don Matteo Pinton.
MI330,3 [13-11-1970]
3. Qui incomincia la meditazione. Io sento che Dio mi ha voluto in questo giardino, io sento che Dio ha preparato la fossa dove io dovevo mettere le radici, io sento che Dio alimenta la mia vita con la linfa che viene dal sottoterra e dall'aria. Cioè io sento che la mia vita è voluta da Dio in quel determinato posto ed è da lui alimentata. E allora devo domandarmi: “Sono una pianta viva o sono una pianta morta o sono una pianta morente?”. Siamo andati a Villa Valeri: morta una pianta, è stata messa un'altra. Don Zeno non mi ha detto dove avete messo la pianta morta, però penso che non l'abbiate messa in museo... a meno che Daniele non l’abbia messa insieme con le vipere, ma non lo penso; immagino che la pianta morta sia stata buttata da una parte. Ora, attenti, attenti, fratelli miei! Noi siamo stati presi da un vivaio che può essere la casa dove Dio ci ha preparato, con i nostri genitori, con un ambiente sano e buono, e ci ha preparati per la Casa dell’Immacolata perché il vivaio non è fine a sé stesso. Ci ha preparati per qui. E state attenti che preparati per qui, messi nel posto voluto da Dio, non diveniamo poi una pianta morente o una pianta morta. Sarebbe un disastro! Se, a un dato momento, al posto di don Ottorino il Signore mette un altro, coloro che passano dicono: “Ecco, c'era uno che ora è morto, ma Dio ne ha messo un altro”. Per me è finita... Dio vuole avere bisogno di me, ma è capace di mettere anche un'altra pianta; ha altre piante da mettere al nostro posto. Caro professore di filosofia, non credere di essere la filosofia. Il Signore insegnava filosofia, attraverso i suoi uomini, anche ai miei tempi, prima che venissi tu, e insegnerà anche dopo di te, perciò può mettere anche un'altra pianta. Quello che è essenziale è che questa pianta, che sono io, che siete voi, possa rispondere alle aspettative di Dio. E allora ecco la meditazione che io proporrei stamattina.CONGREGAZIONE fondatore
CONGREGAZIONE appartenenza
CONVERSIONE esame di coscienza
ESEMPI apostolo
CONSACRAZIONE
Il riferimento è al Villaggio San Gaetano di Bosco di Tretto (VI), luogo montano per gli incontri fraterni e per le vacanze, dove si cercava di salvare il patrimonio delle piante già esistenti e di arricchirlo con nuovi germogli.
Don Ottorino accenna ad appunti scritti preparati per questa meditazione, ai quali ricorre di tanto in tanto leggendo qualche riga e che vengono riportati in corsivo senza ulteriori richiami, anche se non è stato possibile incontrare il testo originale.
MI330,4 [13-11-1970]
4. Lasciamo stare se siamo piante morte. Fermiamoci solo a chiederci: “Per caso siamo piante che stiamo per morire?”, perché se una pianta sta per morire si fa di tutto per cercare di salvarla. Se invece una vive, ringraziamo il Signore, benediciamo il Signore. Se una poi è già morta, preghiamo il Signore che la porti via al più presto possibile e ne mandi un'altra. Se una è già morta, preghiamo il Signore che al più presto possibile la sostituisca perché una pianta morta è solo di disonore al giardino. Spero che nella nostra casa non ci siano piante morte, però potrebbero esserci delle piante ammalate o morenti, e allora quando c'è una pianta ammalata o morente bisogna circondarla di cure. Lassù a Bosco c'è una pianta grande e grossa in pericolo, e vedo che ogni tanto scavate, buttate dentro acqua e cercate di fare di tutto, vi affannate in tutti i modi e in tutte le forme per cercare di salvarla. Se c'è una pianta morente tutti dobbiamo cercare di salvarla, ma la prima preoccupazione deve essere della pianta stessa. Perciò io direi: “Proviamo a fare un po' di esame di coscienza per vedere se per caso siamo piante che stanno per morire”. Ho steso alcuni appunti che potrebbero servire per un esame di coscienza. «Quando una pianta è morente?». Dare un giudizio generico è difficile, ma possiamo avere dei segni esterni che indicano chiaramente se una pianta è viva o se è morente. La nostra pianta che cos'è? È la pianta di un apostolo, di un'anima consacrata interamente al Signore e che si dedica interamente alla gloria di Dio. Una pianta del giardino si rivela morente quando le foglie cominciano a cambiare colore, quando i rami cominciano a seccarsi: se si tocca con la mano un piccolo ramo si nota subito che è secco, e quello è un segno che la pianta è morta. Consideriamo ora i segni esterni o interni che indicano se la nostra pianta è morente.CONVERSIONE esame di coscienza
ESEMPI apostolo
CONSACRAZIONE offerta totale
Il riferimento è a Genoveffa Bolinelli, una vecchietta piena di fede e di spirito di preghiera, che in seguito venne accolta come ospite nella Casa San Giovanni.
MI330,5 [13-11-1970]
5. «La preghiera. Sento la gioia di essere un chiamato? Il mio cuore trabocca di riconoscenza? Quando io prego, quando io mi presento dinanzi al Signore, sento la gioia della mia consacrazione?». Non intendo riferirmi alla gioia di una gita, alla gioia di trovarmi con i compagni e di stare bene con loro per cui esclamo: “Sono veramente contento: che bello è stare insieme!”. No, questa potrebbe essere solo una cosa sensibile. Mi riferisco alla gioia di essere un chiamato, alla gioia che si sperimenta quando faccio la comunione, quando vado in chiesa, quando mi trovo da solo con il Signore, alla gioia di essere stato eletto da Dio per salvarmi l'anima, per salvare anime, per fare un po’ di bene, per amarlo con tutto il cuore. È una gioia che dovrebbe traboccare in un ringraziamento perenne: “Grazie, Signore! Grazie perché mi hai chiamato”. L'altra sera con don Zeno, dopo essere stati a Villa San Giovanni a vedere la pianta, siamo andati a visitare una pia donna, una povera vecchietta, che aveva qualche cosa di straordinario e che spero un giorno o l'altro abbiate la possibilità di conoscere. Ci ha detto: “Io, io? Non avrò neppure il coraggio di guardare il Signore quando andrò in Paradiso, non sono degna neppure di dare uno sguardo al Signore, non sono degna! Perché? Perché è stato troppo buono con me, mi ha riempito di troppe grazie, è stato abbondante di grazie con me”. È una domestica, e ha lavorato per tutta la vita come domestica. Ha anche un po’ di soldi. Noi volevamo offrirle una stanzetta, ma lei ha detto: “No, no, troppo ricca... Io sono sempre stata povera... No, no, per carità! È troppo, è per i ricchi, non per me; neanche per sogno”. “Non accetterebbe una stanzetta delle donne di servizio?”. “No, no... per carità!”. Darà più di dieci milioni all'Istituto perché ha una casetta propria e ci dà tutto, e vuole andare ad abitare nelle stanzette sotto il portico perché non si sente degna di andare neanche nelle stanze di servizio: “Oh, non sono degna, no! Il Signore mi ha voluto troppo bene, mi ha amato troppo. La mattina io sono qui sola e prego continuamente il Signore; ogni mattina recito subito il rosario per i sacerdoti, perché hanno bisogno di aiuto e io devo aiutarli”. Questa è un'anima che sente il bisogno di ringraziare. Mi ha commosso questo spirito di povertà, ma specialmente il fatto che sente il bisogno di ringraziare: è un'anima proprio piena di Dio. Un segno chiarissimo, per sapere se siamo morenti o se siamo vivi o se siamo sulla strada giusta, è la qualità della nostra preghiera di ringraziamento. Una mamma va davanti all'altare e prega: “Signore, ti ringrazio. Tu mi hai dato tante grazie. Non sono neppure degna del marito e dei figli che mi hai dato, Signore. Non sono degna, Signore, ti ringrazio”. Quante volte ho sentito le nostre buone mamme dire così: “Non so come fare a ringraziare il Signore, perché mi ha voluto troppo bene”.PREGHIERA
DOTI UMANE
CONSACRAZIONE
DIO riconoscenza a...
APOSTOLO salvezza delle anime
PROVVIDENZA benefattori
VIRTÙ
PREGHIERA ringraziamento
È chiaro il riferimento biblico alla risposta del piccolo Samuele alla chiamata di Dio, in 1° Sam 3,10.
MI330,6 [13-11-1970]
6. È possibile che uno chiamato ad essere tutto di Dio, uno che prende in mano il Signore ogni mattina, uno che è chiamato ad assolvere, a predicare il Vangelo, non senta la gioia di essere chiamato da Dio, di essere tutto di Dio, di essere interamente consacrato a Dio? Uno che ha fatto i voti religiosi o che è in noviziato e sta preparandosi ai voti religiosi, dovrebbe piangere di gioia, anche se poi sensibilmente non piange, per questa consacrazione, per questa chiamata. Amici miei, se non sentite veramente nella preghiera la gioia di essere consacrati, non una volta l'anno, ma ogni giorno, ogni giorno, e vi dico non solo ogni giorno, ma parecchie volte durante il giorno: S.O.S., c'è la spia dell'olio che segna pericolo nel vostro motore. Se non sentite di essere di Dio, e incontrandovi con Dio non vi sentite commossi per questo appartenenza, avete poca fede, figlioli: S.O.S., salvatevi! Vi siete umanizzati, la pianta sta per morire, le foglie sono secche, i rami sono secchi, figlioli. Non scherzate! Un'anima consacrata sente di essere di Dio, e se sente di essere di Dio sente anche il bisogno, appena entra in chiesa, di traboccare di gioia: “Signore, grazie! Aiutami a vivere la mia consacrazione. Aiutami a sentirmi tuo, completamente tuo, a vivere di te, Signore. Grazie, Signore! Mi sento in unione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, con i santi del Paradiso, ed eccomi qui, “ecce adsum, Domine”: son qui presente! Parla, il tuo servo ti ascolta; sono a tua disposizione, Signore”. Tutto è collegato insieme: dall'amore e dal ringraziamento nasce la capacità di comprendere, di voler essere, di voler vivere insieme, il desiderio di essere in attenti davanti al Signore, di essere i suoi soldati: “Signore, parla, eccomi qui, voglio fare quello che vuoi tu!”. «La preghiera per il Regno». Ci sono tanti punti da commentare, e spero di avere il tempo per finire; portate pazienza.CONSACRAZIONE voti
SACERDOZIO prete
FORMAZIONE noviziato
CONSACRAZIONE religioso
VIRTÙ
fede
CONSACRAZIONE mediocrità
DIO Trinità
PAROLA DI DIO
DIO
Don Guido Massignan era all’epoca il segretario generale della Congregazione e il direttore della Casa dell’Immacolata.
MI330,7 [13-11-1970]
7 «La preghiera. Sento la gioia di essere un chiamato? Il mio cuore trabocca di riconoscenza?». Non pensate che questa sia una cosa insignificante. Se non vivete questo aspetto, fratelli miei, io vi supplico in nome di Dio: fate il deserto una volta la settimana, fate a meno di mangiare, fate a meno di dormire, ma se non riuscite a mettere a fuoco questo, fermatevi perché siete come uomini che tremano con la mano e pretendono di fare un'operazione al cervello. Mi guardi, don Guido? È la realtà. Pensate a un chirurgo che avesse la mano che trema e volesse fare un'operazione al cuore e al cervello: sarebbe un criminale. Voi, se non siete così, siete dei criminali. Lo ripeto dopo aver appena ricevuto Gesù nella comunione: siete o siamo, perché mi metto dentro anch'io, dei criminali se noi pretendiamo di andare a predicare il Vangelo, se pretendiamo di andare a fare i preti, a fare il mestiere dei preti. Vi assicuro che ho meditato quanto sto dicendo, ho scritto questi appunti in chiesa ieri sera, sono usciti mentre contemplavo il tabernacolo, e per questo sono pronto ad asserire che è così. Non mi sento di dire diversamente, non posso dire diversamente; è una cosa grave. Facciamo un passo avanti.PREGHIERA
CONSACRAZIONE religioso
EUCARISTIA comunione
CONSACRAZIONE mediocrità
MI330,8[13-11-1970]
8 nella mia preghiera, con ardore, che venga il regno di Dio?». Ho scritto una frase che forse sembrerà un paradosso, ma noi ci tiriamo addosso la nostra condanna se non sarà così. «Chiedo con ardore che venga il regno di Dio almeno con lo stesso ardore con il quale una mamma che ha il bimbo morente ne chiede la guarigione?». Una mamma che ha un bimbo morente, per causa di un incidente sotto una macchina o per una malattia, e lo vede morire piano piano, lo vede consumarsi piano piano, che cosa fa quando va in chiesa? “Signore,aiutami”, e piange. “Che ha?”. “Eh! Mi domanda che cosa ho? Ho il figlio che sta morendo, e domanda che cosa ho?”. Una mamma manifesta la parte sensibile del suo affetto, mentre noi non avremo la manifestazione del pianto. Ma per un apostolo dovrebbe esserci nel cuore almeno tanta preoccupazione per il regno di Dio quanta ne ha una mamma per il figlio morente. Se io non ho la preoccupazione per regno di Dio e per la salvezza delle anime, se io non mi sono consacrato in pieno alla venuta del regno di Dio, se non sono impegnato interamente per l'avvento del regno di Dio, perché sono venuto qui, perché ho indossato questa veste? È una commedia, sto facendo una commedia. Il giorno che Dio mi ha fatto sentire la sua voce, che mi ha chiamato, per quale missione mi ha chiamato? Mi ha scelto per consacrare la mia vita perché venga il suo regno.PREGHIERA
ESEMPI preghiera
APOSTOLO F.A.
APOSTOLO salvezza delle anime
APOSTOLO chiamata
APOSTOLO missione
CONSACRAZIONE offerta totale
riferimento è al signor Stefano Pietribiasi, che don Ottorino aveva chiamato ad avviare l’attività degli audiovisivi catechistici e pastorali per la sua peculiare competenza in materia.
MI330,9[13-11-1970]
9 Se io ho chiamato Stefano pr lavorare nel cinema, quando lui viene qui deve lavorare nel cinema. Se viene qui e invece di lavorare nel cinema va soltanto in officina o in falegnameria a chiacchierare, non fa il suo dovere e noi lo licenziamo, perché è stato chiamato, e lui ha accettato, per venire ad avviare questa attività. Quando Dio mi ha chiamato dal mio paese io ero un piccolo ragazzo e mi ha detto: “Io sono venuto dal cielo, ho dato la mia vita, sono rimasto prigioniero nel tabernacolo, e voglio che tutti gli uomini si salvino. Per fare questo mi servo di uomini: vuoi venire anche tu?”. “Signore, eccomi!”. E allora sono partito e sono andato in seminario per questo, per rispondere alla sua chiamata. “Che cosa devo fare?”. “Va’ in seminario”. “In seminario? Dov'è il seminario?”. “A Vicenza. Là mangia la zuppa”. “Non mi piace, Signore, non l'ho mai mangiata”. “La mangerai”. “E va bene, mangerò la zuppa”. E per dodici anni ho mangiato la zuppa, ogni sera! E sono rimasto in seminario... Ma tutto l'anello che guidava era quella chiamata. Un anello, una chiamata, un arrivo.AUTOBIOGRAFIA seminario
AUTOBIOGRAFIA famiglia
GESÙ
incarnazione
ESEMPI Eucaristia
Don Ottorino è sempre molto personale nelle sue espressioni e poco interessato talvolta alla precisione teologica perché vuole trasmettere un messaggio e non una conoscenza.
MI330,10 [13-11-1970]
10 “Vieni perché devi andare là”. Il resto? Il resto è secondario. Le croci per la strada? Secondarie, stupidaggini. Una voce di Dio: “Vieni e seguimi”. “Perché?”. “Nel mondo intero a salvare, perché deve venire il regno di Dio”. “Dove?”. “Non importa: con i vecchi o con i giovani, in Italia o all'estero, umiliato o esaltato, non importa; a raccogliere o a seminare, non importa... Vieni e seguimi. Dobbiamo andare insieme a salvare anime, perciò vieni a mia disposizione. Per arrivare devi prepararti. A che cosa? Alla preghiera, all'umiltà, alla purezza, alla carità, allo spirito di sacrificio; devi prepararti perché lungo la strada dovremo poi soffrire insieme. Devi prepararti alle umiliazioni, devi prepararti all’annientamento della tua volontà, devi prepararti a tutto perché il cammino sarà duro. Come uno che va a correre si prepara e fa l'allenamento, come uno che va a giocare il calcio fa allenamento, anche tu devi fare allenamento di tutto quello che costa, del dormire o non dormire, e allora di notte alzati qualche volta, aiutati un pochino a stroncare te stesso”. E allora di notte ci si alzava a quindici, sedici, diciassette anni a pregare. Perché? Perché bisognava abituarsi, perché poi sarebbero venuti di notte a chiamare per gli ammalati, e allora bisognava abituarsi. Amici miei: “Vieni e seguimi”, per il regno di Dio e solo per il regno di Dio. E allora quando si viene in chiesa si deve dire: “Signore, venga il tuo regno”. Che cosa vi dice la parola del Padre nostro: “Venga il tuo regno”? Sentite il cuore che trema quando dite: “Venga il tuo regno”? Meditate dicendo: “Signore Gesù, venga il regno di Dio”? Quando sentite che il mondo va male, quando sentite certi disastri che succedono, siete pronti a dire: “Signore, venga il tuo regno”? Sentite che state perdendo una battaglia, che bisogna rinunciare a qualche cosa, che bisogna muoversi un po' perché è il regno di Dio, è il regno vostro, il regno che è stato affidato nelle mani dei preti che sta vacillando un po'? Fratelli miei, se non sentite nella preghiera il regno di Dio come vostro, siete una pianta che sta morendo. Quando Gesù è sceso in terra e si è incarnato ha sentito il regno del Padre come suo e la sua vita è stata consumata solo per questo, perché venisse il regno di Dio, il regno del Padre. Il resto? Non interessava. La croce? Pazienza! La natura umana di Gesù era reale, per cui lui senza dubbio si trovava meglio in casa di Lazzaro che non camminando verso il Calvario. Però la sua vita è stata una fiamma, una lampada che si è consumata per il regno di Dio. E noi sacerdoti, noi diaconi, noi religiosi, dobbiamo sentire che siamo, che viviamo solamente per il regno di Dio, non per il regno nostro, non per un regno umano, e neanche per la gloria della Congregazione. Non interessa niente la gloria della Congregazione. È necessario distruggerla per salvare un'anima? La distruggiamo. A noi non deve interessare nessun trionfalismo. Ripeto: chiedo con ardore che venga il regno di Dio, almeno tanto quanto una mamma chiede la guarigione del figlio? Se non lo faccio, se non lo sento, se non mi sforzo, sono una pianta morente. Se vado avanti così vuol dire andare avanti come certi giovani che preferiscono restare in famiglia senza accettare la responsabilità del matrimonio perché stanno meglio così.CONSACRAZIONE religioso
CROCE
APOSTOLO salvezza delle anime
VOLONTÀ
di DIO
FORMAZIONE
PENITENZA
CONSACRAZIONE immolazione
ESEMPI religioso
AUTOBIOGRAFIA seminario
APOSTOLO F.A.
GESÙ
servo
DIO Padre
ESEMPI esame di coscienza
Il riferimento è alla richiesta del re di Sodoma ad Abramo, in Gen 14,21, assunta però da don Bosco e dall’ascetica cristiana come un motto per indicare il fuoco apostolico.
Padre Riccardo Lombardi, gesuita, fu un eccezionale predicatore per il rinnovamento della chiesa prima del Concilio Vaticano II, e don Ottorino faceva spesso uso dei suoi testi e inviava i suoi religiosi ai corsi di spiritualità organizzati presso il Centro per un Mondo Migliore da lui fondato.
Rio Hondo era all’epoca una delle due parrocchie affidate alla Congregazione dal vescovo di Zacapa in Guatemala.
MI330,11 [13-11-1970]
11 «Nella preghiera offro il mio sangue chiedendo anime?». “Da mihi animas, cetera tolle”. Entrando in chiesa dinanzi a Gesù dovrei sentire la gioia della mia vocazione, traboccare di gioia per la mia vocazione, sentire la passione del regno come la passione centrale della mia vita, sentire il bisogno di dire: “Signore, pesta qui!”. Ricordate la frase di padre Lombardi: “Hai bisogno di una piccola vena? Signore, eccola qui, pungi, non importa, ma salva anime”. Santa Teresina del Bambino Gesù, quando venne a conoscenza di un condannato a morte impenitente, pregò: “Signore, pesta me, pesta la tua Teresina, ma salva quell'anima”. Avete mai detto al Signore: “Signore, mandami un tumore, mandami il male che vuoi, ma salva quell'anima, salva quell'anima. Ti supplico, salva quell'anima. Ma non dirlo fuori, Signore”? Avete mai detto al Signore: “Umiliami fin che vuoi, pestami fin che vuoi, ma salva quell'anima”? Quando andate a casa e vi accorgete che una persona da anni non si confessa o quando sentite dire che un giovane non risponde bene alla sua vocazione, sentite dire che è traballante nella sua vocazione, avete fatto l'immolazione della vostra vita al Signore, avete ripetuto l'immolazione della vostra vita? Quando sentite dire che il mondo ha bisogno di sangue, ha bisogno di grazia, vi siete offerti? Io penso che tutti i giorni della sua vita Gesù ha rinnovato la sua offerta al Signore, al Padre. Penso che la Madonna abbia rinnovato continuamente il suo “fiat”, la sua offerta. È possibile che un'anima religiosa non viva questa vita di immolazione, di donazione: “Padre, eccomi qua, Signore”? Quando sarete missionari, quando vedrete che tutto va storto, quando noterete che non siete capaci di attaccare, o a Rio Hondo o in qualche altra parte del mondo, passate alcune ore dinanzi a lui, dinanzi al tabernacolo, e dite: “Signore, aiutami. Vuoi una vittima? Vuoi che uno vada in manicomio? Vuoi uno che vada in carcere? Vuoi uno che sia umiliato? Vuoi uno ammalato per trent'anni? Vuoi uno paralizzato? Quello che vuoi Signore: eccomi qui, ma fammi una carità, Signore, salva queste anime. Tu sei morto per queste anime”. Dovremmo in chiesa, davanti all'altare, fare delle sante baruffe con il Signore per strappargli le anime e dire. “Signore, pestami pure, fa' di me quello che vuoi, ma fammi una carità: dammi quelle anime, dammi quelle anime!”. Ma se non avete questa coscienza della vostra vocazione, questo amore per il regno di Dio, questa totale immolazione per le anime, figlioli miei, che mestiere avete scelto? Mi dispiace, ma la parte più interessante veniva adesso, e allora continueremo mercoledì. Sia lodato Gesù Cristo!APOSTOLO salvezza delle anime
PREGHIERA
CONSACRAZIONE immolazione
CONSACRAZIONE offerta totale
GESÙ
servo
GESÙ
sequela
APOSTOLO missione
APOSTOLO F.A.