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L’APOSTOLO DEVE ESSERE A COMPLETA DISPOSIZIONE DI DIO

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29 aprile 1969 Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell’Immacolata. Don Ottorino, prendendo lo spunto da un invito del 1° capitolo generale all’incontro personale con Dio, insiste sulla necessità di essere a completa disposizione del Signore, e racconta con commovente vivacità alcuni episodi della Comunità dell’Isolotto a Firenze nelle prime settimane del suo servizio pastorale. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 28’.

Il riferimento è al fatto che il 1° maggio don Ottorino avrebbe iniziato il suo 4° viaggio in America Latina per visitare le Comunità del Brasile, dell’Argentina e del Guatemala. In questo viaggio, che sarebbe durato fino al 16 giugno, sarebbe stato accompagnato da don Girolamo Venco.

Don Gabriele Grolla lavorava nella Comunità dell’Isolotto (FI) insieme con don Pietro De Marchi e il diacono Giovanni Orfano, avviata proprio all’inizio di aprile di quell’anno 1969.

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1. 1. Introduzione
Sia lodato Gesù Cristo! Questa mattina - non so se sia l’ultima o la penultima mattina, tutto dipenderà dalla direzione della Pia Società - vorrei intrattenermi un po’ fraternamente per commentare quello che ho sentito ieri dal nostro carissimo fratello don Gabrieleche è tornato dal nostro Isolotto. Cercherò di sottolineare qualche particolare che lui ha detto, ma non voglio certo prendergli il pane dalla bocca, in quanto sarà lui che si incontrerà una sera con voi perché desidera proprio esporvi le sue impressioni, mentre io mi limiterò a sottolineare due o tre particolari questa mattina che poi lui vi ripeterà naturalmente molto meglio di me. 2. L’incontro personale con il Signore Prima, però, vorrei riprendere un po’ in mano le delibere del nostro Capitolo generale e ricordare una frase molto forte che è stata presentata e approvata da tutti, e cioè che ogni religioso deve incontrarsi personalmente con il Signore: se un novizio non si incontra personalmente con il Signore non deve essere ammesso ai voti, e se disgraziatamente è stato già ammesso ai voti non gli si deve affidare alcun incarico importante e, ormai che è nella barca, mettiamolo a pulire la barca, ma non diamogli in mano il timone della barca, né posti di una certa importanza come potrebbe essere, per esempio, la radio di bordo, perché finirebbe certamente per portarci fuori di rotta. Amici miei, questo l’abbiamo detto ripetutamente e vorrei che questo rimanesse come mio ricordo se il Signore, nel viaggio che farò, non mi pagasse il viaggio di ritorno, cioè mi stroncasse il viaggio; dobbiamo sempre essere pronti! Guardate, però, che la forza della Congregazione sta proprio qui: nell’incontro personale con Dio di tutti i suoi elementi e nel loro restare in questo continuo contatto con lui.

DIO rapporto personale

CONGREGAZIONE Capitolo

CONSACRAZIONE religioso

FORMAZIONE noviziato

ESEMPI apostolo

CONGREGAZIONE spiritualità

Cfr. Luca 7,36-50.

Cfr. Giovanni 9,1-41.

Cfr. Matteo 4,18-22; Mc 1,16-20 e Lc 5,1-11.

Cfr. Luca 9, 57.

L’espressione latina significa: “Tutto quello che è mio lo porto con me”.

Cfr. Tobia 6,4.

Cfr. Atti 5,1-11

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2.Ora vorrei sottolineare un particolare. Che cosa intendo quando dico che ogni membro della Pia Società deve incontrarsi personalmente con Dio? Forse che deve pregare sei o sette ore al giorno? Che deve fare la sua meditazione? Intendiamoci un pochino. Incontrarsi con Dio non vuol dire incontrarsi come hanno fatto i Giudei che si sono incontrati con Gesù, hanno parlato insieme con lui e poi sono ritornati quelli che erano prima. Nel santo Vangelo troviamo molti incontri con Gesù: alcuni lo salutano, forse mangiano anche insieme come Simone, e poi uno va da una parte e un altro dall’altra. Troviamo, per esempio, anche l’incontro di chi, guarito, come il cieco nato, va e si prostra dinanzi al Signoree lo riconosce come Dio, come Signore, ma abbiamo anche l’incontro di chi lascia la barca e si mette a disposizione del Signore: è di quest’ultimo incontro che io ho sempre inteso parlare. Cioè non basta incontrarsi così, per caso, con il Signore o anche incontrarsi per adorarlo; non è sufficiente soltanto venire in chiesa o in altri momenti della giornata: “Io mi incontro con lui al mattino appena alzato, lo saluto e dopo vado in chiesa, e mi incontro personalmente e coscientemente con lui”. Sì, questo è già qualcosa, ma se non viene completato con il “sequar te quocumque ieris...”, è come non ci fossimo incontrati: noi dobbiamo incontrarci con lui e metterci a sua completa disposizione. Io mi incontro con il Signore e metto me stesso - guardate che ‘me stesso’ vuol dire dall’unghia dei piedi al ciuffo dei capelli! - a totale e a completa disposizione di Dio.
Qui si potrebbe commettere un errore perché è facile mettersi a disposizione di Dio dicendo: “Adesso ci pensa lui; io non ci penso più!”. Eh, non si può dire: “Ci pensa lui e io non ci penso più!”, ma bisognerebbe dire: “Mi metto a disposizione di Dio “et omnia mea mecum porto”; tutto quello che ho lo metto a disposizione di Dio”. Cioè io devo preoccuparmi di mettere a disposizione di Dio i miei talenti e non di far trionfare la mia personalità. Perciò tutto quello che ho, lo porto con me perché può servire al Signore. Oh, se m’accorgo di avere delle doti per la musica, le svilupperò perché, forse, potranno servire al Signore; se ho delle doti per la meccanica o per l’elettricità, svilupperò queste doti perché potranno servire al Signore. E se a questo riguardo mi sorgono dei dubbi domando: “Signore, è forse necessario che porti con me anche questo? Può servirti?”. E allora il Signore risponderà come l’angelo Raffaele quando disse a Tobia: “Sì, prendi con te quel cuore perché potrà servire, mettilo nella borsa! Prendi con te quel fegato, mettilo nella borsa, perché potrà servire!”, però non gli disse: “Prendi con te la coda del pesce”. Devo, quindi, portare con me quelle doti che Dio mi ha dato e le devo sviluppare, ma a servizio di Dio, senza fare i miei piani sul come dovrò metterle in evidenza, come dovrò usarle. Se Dio me le ha date è per qualche motivo. E allora, per quanto mi è possibile, le porto via con me: se ci stanno nella borsa le porto via con me; se ci stanno nel tempo, nel tempo dell’anno scolastico, allora se posso metterci dentro un po’ di tempo per la musica se ho passione per la musica, o per le lingue o se ho passione per le lingue, lo devo fare. In altre parole, se ho delle doti... per queste cose, le metto dentro, ma non per me, perché altrimenti ripeterei la storia di Anania e Saffira: metterei qualcosa in disparte mentre ho detto che voglio essere completamente del Signore. E allora, se mi sono donato totalmente al Signore, non posso più nascondere qualcosa da una parte.

CONGREGAZIONE spiritualità

GESÙ

incontro personale

PAROLA DI DIO Vangelo

GESÙ

sequela

CONSACRAZIONE offerta totale

CONSACRAZIONE disponibilità

La traduzione della Bibbia dai testi originali non contiene quanto dice don Ottorino, mentre è presente nella Volgata che al cap. 10,4 aggiunge: “Il Signore accrebbe ancor di più il suo splendore perché tutto questo abbigliamento non era dettato da vanità, ma dal suo coraggio, per cui il Signore accrebbe la sua bellezza affinché agli occhi di tutti apparisse di un incomparabile splendore”.

In questo momento quasi di pausa don Ottorino nomina don Giuseppe Rodighiero, don Matteo Pinton, don Guido Massignan, Ruggero Pinton e Natalino Peserico.

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3.Perciò, quando dico: “Mi incontro con Dio”, io faccio una donazione totale, completa al Signore; metto me stesso completamente a disposizione del Signore. Questo non significa soffocare la propria personalità, ma mettere se stessi nella mani di Dio, il quale penserà poi ad aggiungere bellezza alla mia personalità, come ha fatto con Giuditta, per la missione che lui vorrà affidarmi. Certamente Giuditta, prima della sua impresa, quando si metteva dinanzi allo specchio o si preparava o indossava le vesti, non pensava all’impresa che il Signore le avrebbe affidato, ma pensava soltanto di fare cosa a lui gradita, era preoccupata di servire il Signore, di fare la sua volontà. A un dato momento il Signore ha preso tutta Giuditta, le ha aggiunto qualcosa e ha affidato a lei un’impresa che umanamente sarebbe pazzesco pensare.
Non so se sono ortodosso su questo punto. Voi, don Giuseppe, don Matteo, don Guido, Ruggero, avete qualcosa da dire su questo punto? E allora facciamo un passo avanti! Ma, no! Sentite, da buoni fratelli, se avete qualcosa da chiedere, fatelo; se non avete capito qualche particolare, lo chiariamo. Natalino, sei d’accordo? Non c’è nessuno che prenda la parola nella “Chiesa”? Nessun carisma speciale? Allora avanti! Fratelli miei, tenete presente questa cosa, tenetela presente! Guardate che se ci sono delle cadute, se qualche volta avvengono delle defezioni e dei disastri, è perché ci si stacca da questo, non si è preoccupati di piacere soltanto al Signore, si è, forse, troppo preoccupati di sviluppare la propria personalità pensando che così si raggiunge il Signore. E invece no! Dobbiamo essere preoccupati di metterci a disposizione del Signore con tutta la nostra personalità, portando con noi tutto e dicendo: “Signore, devo portarmi anche questo? Devo portarmi anche quest’altro?”, e si porta il bagaglio di tutti quei doni che Dio ci ha dato e che non vengono soffocati se ci mettiamo a disposizione di Dio. Amici, è appunto questo che il Signore vuole da noi!

CONSACRAZIONE offerta totale

CONSACRAZIONE disponibilità

PAROLA DI DIO Sacra Scrittura

DOTI UMANE personalità

Il riferimento è all’inizio della Comunità dell’Isolotto di Firenze, avvenuto proprio a principio di quel mese di aprile, quando la ribellione dei preti dell’Isolotto contro l’autorità dell’arcivescovo aveva assunto connotazioni veramente pesanti e reso l’ambiente oltremodo difficile.

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4. 3. La Comunità dell’Isolotto a Firenze
E allora noi stiamo osservando una cosa meravigliosa: alcuni nostri fratelli sono andati in un posto, a Firenze, dove nessuno che avesse ragionato umanamente avrebbe avuto il coraggio di andare, dove, pensandoci bene, sarebbe pazzesco andare umanamente parlando. Giustamente uno ha detto: “Quando i sacerdoti o altre persone verranno qui e diranno: ‘Ma siete matti?’, è meglio che esponiamo una scritta: ‘Lo sapevamo’”. È chiaro: sul piano umano è una cosa da matti, perché sul piano umano è proprio una cosa da matti! Gesù ha detto ai suoi: “Andiamo a Gerusalemme”. “Ma... se hanno cercato di ammazzarti, perché vuoi andare a Gerusalemme?”. “Andiamo!”. È chiaro? Qui si tratta solo di una cosa che si fa nel nome del Signore. E ora vorrei proprio sottolineare questo con due, tre particolari. Forse li avrete sentiti da qualcuno, comunque li dico lo stesso. Don Gabriele e gli altri confratelli che sono a Firenze hanno stabilito così: “Nell’andare a benedire le case, noi suoneremo a tutti i campanelli, senza alcuna distinzione, anche se sappiamo che si tratta della sorella di don Mazzi. Domanderemo se vogliono la benedizione di Dio. Diremo: “Noi siamo venuti nel nome del Signore, non in nome di don Mazzi, né in nome di chicchessia... Siamo venuti a portare la benedizione di Dio. La volete? Bene! Non la volete? Ce ne andiamo!”. Mi pare di sentire il profumo del Vangelo. Chi ha detto loro di fare così, se non quel Gesù con il quale si sono incontrati e a disposizione del quale si sono messi? Quando sono partiti, voi ricordate bene quello che hanno detto: “Andiamo perché sappiamo che Dio ci vuole, sappiamo che non c’è alcuna proporzione, sappiamo che andiamo in nome del Signore”. Ed ecco, allora, don Gabriele che suona alla porta di un caseggiato. Esce una donna: “No, padre, scusi, ma non voglio la benedizione. La benedizione io la riceverò soltanto se viene don Mazzi o il cardinale”.

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

PASTORALE

VOLONTÀ

di DIO

Cfr. Mc 14,61.

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5.“Signora, deve scusare. Io venivo in nome di Dio, davo solo la benedizione in nome del Signore. Comunque, per carità, se lei non vuole la benedizione...”.
“No, non è per lei, capisce? Non è per lei...”. “Ma, sì, signora, per carità!”. E allora don Gabriele: “Senta, signora: se non le dispiace, non la benedizione, ma diciamo insieme un’Ave Maria perché il Signore mandi la pace, perché, insomma, abbiano termine queste cose”. “Beh, un’Ave Maria sì, la diciamo insieme”. E hanno recitato un’Ave Maria in compagnia e poi si sono lasciati. “Perdoni, padre, sa, lei capisce...”. “Sì, signora, per carità”. Si sono dati la mano, e lui è salito e ha bussato a un’altra porta: “Oh, padre, venga, mi dia la benedizione”. “Pax huic domui et omnibus inhabitantibus in ea...”. A un’altra porta: “No, padre, niente benedizione!”. “Va bene, niente benedizione”. Dopo mezz’ora discende dalle scale, e quella donna era lì che faceva capolino dalla porta: “Padre, venga, per piacere. Mi scusi, lei capisce... capisce anche lei. Per piacere, dia la benedizione alla mia casa”. Questi, amici miei, sono fatti evangelici. Non vi pare? Questa donna che dice: “Sì... no...”, poi la grazia di Dio trionfa per mezzo di un nostro fratello che si è presentato a lei con semplicità. Ve lo raffigurate un nostro fratello che così rompe il ghiaccio dicendo: “Beh, diciamo un’Ave Maria insieme”, senza alcun rispetto umano e senza forzature? Scende le scale dopo essere stato respinto da tutti, mi pare abbia detto ‘tutti’, perché tutti hanno detto: “No, no, no, no, no!”, e si trova in fondo alla scala quattro o cinque donne e alcuni uomini che dicono: “Ma, sa... e don Mazzi... Ma qua, ma là, ma su...”, e lui tace. “Jesus autem tacebat”!Ascolta, sorride un pochino e alla fine dice: “Sentite, ma perché vogliamo queste divisioni? Almeno fra noi diamoci la mano!”. “Ma non ce l’abbiamo con lei”. “Suvvia, che volete? Perché dobbiamo odiarci? Dobbiamo volerci un pochino di bene!”. “Senta... Ma, sì, con lei sì, ecco, sì!”.

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

GRAZIA

MARIA

Il detto latino è incompleto, e significa: “Ogni divisione ternaria è birbona, a meno che non sia relativa a Dio”.

Il primo campo di apostolato di don Gabriele Grolla fu la parrocchia cittadina di San Michele, detta popolarmente dei Servi. In parrocchia c’era una situazione difficile a causa del carattere del parroco che frantumava un po’ la pazienza dei vari cappellani che il vescovo gli inviava. Don Ottorino, d’accordo con il vescovo, aveva mandato i suoi religiosi ad aiutare questo parroco per la pastorale parrocchiale.

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6.E allora tutti a darsi la mano e le donne a rappacificarsi.“Sentite, - dice don Gabriele - perché non recitiamo insieme un Padre nostro, un Padre nostro per pregare?”. E là, in fondo alle scale dove erano andati ad aspettarlo ed erano pronti per tirargli contro i sassi, hanno buttato giù i sassi, hanno dato la mano al nostro fratello e hanno pregato: “Padre nostro che sei nei cieli...”.
Amici, siamo o non siamo nel Vangelo? Terzo particolare e poi basta.‘Omne trinum... praeter divinum’.Il resto ve lo dirà lui. Ma ci sarebbero anche gli avvenimenti del nostro caro diacono Giovanni e di don Pietro: ve li racconterà lui. Io volevo solo presentare qualche particolare per avere lo spunto per la meditazione. Don Gabriele entra in un'altra casa. Il papà e la mamma non sono entrati nell’ingranaggio di don Mazzi, il figlio medico e le altre figlie invece sono pienamente con don Mazzi; il figlio anzi ha collaborato anche per fare il famoso catechismo ed è capo degli esploratori. Ve lo raffigurate don Gabriele sette ed otto anni fa? Ve lo ricordate? Si diceva: “Poveretto, come farà ad affrontare certe situazioni?”. ‘Nolite timere’. Anche voi non abbiate paura. Al momento giusto il Signore vi darà la parola, vi darà la forza. Se voi vi sarete incontrati con Dio, vi sarete messi a sua disposizione e cercherete la sua volontà, farete cose certamente inconcepibili. Sarà lui che ve le suggerirà, purché voi vi sviluppiate per il Signore perché Dio non vuole che siate degli indolenti. Le doti che avete, sviluppatele, anche durante l’estate; studiate, esercitatevi, imparate a scrivere a macchina, a suonare, imparate le lingue, studiate la Sacra Scrittura o qualcos’altro; qui avete chi vi può consigliare. Però, amici miei, fatelo con l’umiltà di un uomo che sa che, dopo aver fatto tutto, deve dichiarare: “Sono un servo inutile, non sono capace di niente, e solo nel nome del Signore riuscirò a fare qualche cosa”. Vi dico la verità: l’atteggiamento di don Gabriele mi ha commosso. Egli dapprima è andato a sanare i Servi, ove con la sua semplicità ha messo la pace, senza forzare nulla. È stato ortodosso al cento per cento, tanto è vero che in tutta la città si sente dire di lui: “Oh, quel prete! Si vede subito che è di San Gaetano!

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

APOSTOLO ambasciatore di Dio

DIO rapporto personale

DOTI UMANE vacanze

VIRTÙ

umiltà

La signorina Clementina Valeri era una generosa benefattrice della Congregazione.

Monsignor Ernesto Alba era uno dei sacerdoti che il cardinale arcivescovo aveva mandato a celebrare all’Isolotto dopo la sospensione di don Mazzi come parroco.

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7.
Oh, quel prete!”, cominciando dalla donna di servizio della signorina Valeri, la quale commentava: “L’Amalia va sempre ai Servi perché c’è don Gabriele. Uh, guai toccarle don Gabriele.”. Se vai da un’altra parte della città: “Io vado sempre a confessarmi da quel prete di San Gaetano, perché - mi diceva una signora - ha qualcosa, ha qualcosa...”. Che cos’ha? Dio! Ebbene eccolo don Gabriele che entra in quella casa. I particolari della scena forse mi sfuggiranno... la verità è che a un dato momento quel papà e quella mamma si sono messi a piangere e a scagliarsi contro il figlio, e a dire: “In questa casa è cominciata la maledizione di Dio, in questa casa è entrata la discordia da quella sera in cui don Mazzi è venuto qui a cena. È inutile che diciate tante parole. Dio non vi può benedire. Voi avete una maledizione di Dio che vi segue. Dio non vi può benedire dopo quello che avete fatto in chiesa mentre monsignor Albastava celebrando, l’ultima volta, la Santa Messa. Voi, nel mezzo della Messa, all’elevazione, tutti d’accordo avete voltato la schiena all’altare e vi siete girati verso la porta della chiesa contro l’altare. E certe azioni, certe frasi che avete detto. Non è possibile che Dio ve le perdoni se non vi pentite”. Insomma, pianti di qua e pianti di là, e don Gabriele, poveretto... “Jesus autem tacebat”. Mi pare che le cose siano andate così. Non è vero, don Zeno? Comunque fatevi raccontare la scena da don Gabriele perché è interessantissimo lo svolgersi di tutti i quadri di questa scena. A un dato momento il papà ha detto: “Sentite, sapete che cosa vorrei fare? Padre, benedica questa casa, ma prima di benedirla diciamo il ‘Confesso a Dio Onnipotente...’”. Tutti insieme si sono messi a dire: “Confesso a Dio onnipotente, alla beata Vergine... Me culpa, mea culpa...”, e poi il nostro caro don Gabriele: “La benedizione di Dio onnipotente...”.

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

Cfr. 2ª Timoteo 3,12.

Cfr. 2ª Timoteo 2,8-9.

Cfr. 2ª Timoteo 2,9-10.

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8. 4. La totale disponibilità nelle mani del Signore
Amici miei, questo fanno i fratelli che sono cresciuti qui, in mezzo a noi, ma che si sono resi disponibili nelle mani di Dio. È proprio questo il ricordo che vorrei lasciare a voi: mettetevi nelle mani di Dio. Nel vostro incontro personale con il Signore desiderate proprio, si può dire, di essere assorbiti in Dio, di essere trasformati in modo che scompaia quasi la vostra fisionomia, che scompaia la vostra personalità in Dio, il quale la potenzierà. Non mi pare che così ci sia la distruzione della personalità; oggi si è tanto preoccupati di salvare la personalità. Entrando in Dio si potenzia la personalità e nessuno si è mai pentito di essere entrato in Dio. Però io vorrei direi anche un altro particolare: non dobbiamo dimenticare quello che ha detto, mi pare, il nostro caro Paolo di Tarso nell’epistola di questa mattina. L’avete letta anche voi, e ve la ricordate bene. Scrivendo a Timoteo conclude la sua lettera in questa forma: “... e tutti coloro che vogliono vivere come figli di Dio nel Cristo Gesù dovranno soffrire persecuzioni”. Nel mettervi a disposizione totale di Dio, fratelli, non dovete dimenticarvi una cosa: mettersi a disposizione di Dio vuol dire rinnovare il Cristo. In altre parole: io mi metto a disposizione di Dio e accetto di essere il Cristo che continua, cioè accetto di fare quello che il Padre vuole che io faccia. Però nella volontà del Padre c’è una parte di sofferenza, perché io devo collaborare con il Cristo nel salvare il mondo, nel pagare per i fratelli... Come la Madonna a Fatima ha ricordato ai fanciulli: “Tante anime vanno all’Inferno perché non c’è qualcuno che si sacrifichi per loro!”, così fratelli miei, guardate che la prima cosa che il Signore ci domanda nel nostro apostolato è proprio un po’ di sangue. Si fa presto a leggere questo nella frase di San Paolo che dice: “Ricordati che il Signore Gesù, figlio di Davide, risuscitò dai morti secondo il mio Vangelo... a causa del quale ora sono maltrattato sino ad essere incatenato come un malfattore”. Io devo credere nella risurrezione di Cristo, devo vivere alla luce della risurrezione del Cristo e della mia risurrezione, ma non dimenticare che c’è stata prima la passione del Cristo. La mia passione è necessaria se voglio la risurrezione. “La parola di Dio non si può incatenare. Perciò tutto sopporto per quelli che Dio si elesse, affinché essi pure ottengano questa salvezza che si trova nel Cristo Gesù con la gloria eterna”.

APOSTOLO uomo di Dio

CONSACRAZIONE disponibilità

GESÙ

sequela

GESÙ

imitazione

DIO Padre

APOSTOLO salvezza delle anime

MARIA Fatima

CROCE sangue

PAROLA DI DIO

GESÙ

mistero pasquale

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9.Fratelli, oggi è facile essere un po’ impazienti, cioè non saper sopportare la croce, non saper patire. Un apostolo che non sa patire non salva anime. Patire non vuol dire perdere se stessi: “Io patisco, perciò divengo uno povero stupido!”. No, no! Patire con Cristo e per Cristo vuol dire salvare gli uomini, salvare i fratelli.
Ora io direi proprio così: io m’incontro con Cristo, voglio mettermi a disposizione del Cristo, ma so già che in questa volontà di Dio c’è una parte di sofferenza, una parte di passione. Io devo essere corredentore del genere umano con la mia passione, devo mettere quello che manca nel calice, come dice San Paolo, quello che manca alla passione devo mettercelo io. Perciò bisogna che un sacerdote o un diacono o un apostolo metta già in preventivo che deve soffrire. Quello che mi ha detto don Calabria è stata la mia salvezza: “Metti in preventivo tante croci”. E queste non come mandate dalla cattiveria degli uomini, anche se possono venire dalla cattiveria degli uomini, anche dall’ignoranza degli uomini, ma come permesse da Dio perché fanno parte essenziale della vita apostolica. Io potrò parlare in nome di Dio, io potrò essere il verbo di Dio, io sarò strumento nelle mani di Dio, ma, figlioli miei, devo comprendere assolutamente questo: devo soffrire con Cristo per la salvezza dei fratelli. Perciò sottolineo ancora una volta quello che ho detto in precedenza: i nostri cari fratelli sono all’Isolotto, strumenti nelle mani di Dio perché si sono messi nelle sue mani, hanno accettato tutto quello che Dio manderà. Ieri don Gabriele mi ha commosso anche per questo: non si è lamentato di quello che ha sentito, del dispiacere che ha provato quando gli hanno chiuso le porte in faccia. Ha detto: “Con semplicità sono andato su e sono venuto giù...”. Ma, amici miei, andar su fa male alle gambe! Andare a bussare a una porta: “No! No! No!”. Capite anche voi che a un dato momento uno potrebbe dire: “E chi me lo fa fare? Perché devo fare il pagliaccio così?”. Ma, per amore di Cristo, dopo aver bussato a questa e a quella porta, in fondo alle scale ha trovato un gruppo di anime che lo attendevano, che aspettavano la parola di Dio. E, forse, con quel Padre nostro recitato insieme qualcuna di quelle anime è rientrata in carreggiata.

CROCE

APOSTOLO salvezza delle anime

GESÙ

sequela

VOLONTÀ

di DIO

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

SACERDOZIO prete

DIACONATO diacono

CROCE sofferenze morali

VIRTÙ

pazienza

PREGHIERA

MI277,10 [29-04-69]

10.Non si può disgiungere il miracolo della sofferenza dal miracolo della grazia, perché è un altro miracolo anche quello. Abbiamo visto adesso quello che il Signore sta facendo all’Isolotto con i nostri fratelli, ma alla base c’è un’offerta e un’accettazione della croce. Che poi il Signore mandi tanta o poca croce, questo non importa, ma ci deve essere una disposizione di fondo ad accettarla. Quando il nostro caro Giovanni e don Pietro sono partiti di qui, quello che hanno detto - proprio nel nostro cortile, qui davanti, bisognerebbe mettere una lapide sul luogo da dove è partita la Fiat 600 quella mattina! - è stato: “Si ricordi: il cardinale ci chiama, lei ci manda, noi siamo convinti che è la volontà di Dio, perciò non torneremo a meno che il cardinale non ci mandi di ritorno o lei ci richiami a casa”. Non hanno detto: “Se per caso ci bastoneranno torneremo indietro; se per caso ci risponderanno male torneremo indietro”, ma: “Non torneremo indietro! Moriremo, ma accetteremo tutto!”.
Ecco la disposizione che dobbiamo avere tutti quando ci presentiamo dinanzi al Signore: “Signore, eccomi qua! Non ti domando trionfi nel mio campo apostolico, a me non interessa niente! A me interessa solo questo: mettermi a tua completa e totale disposizione. Fa’ di me quello che vuoi, oggi, domani, dopodomani”. 5. Conclusione Questo, fratelli, sia lo spirito che ci anima nella nostra preparazione apostolica. Ringraziamo il Signore, ringraziamo i nostri fratelli che ci stanno donando questo esempio, e fra qualche giorno, quando vi incontrerete con don Gabriele che vi parlerà dell’Isolotto, ricordatevi di sottolineare specialmente questi punti, perché queste siano le grazie che il Signore vi dia attraverso il suo racconto.

CROCE

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

VOLONTÀ

di DIO

CONSACRAZIONE disponibilità