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L’APOSTOLO DEVE ESSERE SINCERO, CARITATEVOLE, PAZIENTE

MI33 [04-11-1965]

4 novembre 1965

MI33,1 [04-11-1965]

1.In mezzo al nostro popolo c'è un detto: "Chi è bugiardo è ladro", e generalmente quando uno ha detto una bugia non è più creduto. Quando uno, anche per una sola volta non è stato trovato sincero, generalmente è squalificato nel campo umano. Ci si domanda sempre: "Che dica la verità? Che sia proprio da fidarsi? Che non abbia dei secondi fini?".
L'apostolo è il depositario della verità, è colui che in nome della Chiesa si presenta in mezzo al popolo per portare la verità. Capite chiaramente, figlioli, che il popolo deve essere sicuro che l'apostolo non inganna, che l'apostolo non mentisce; il popolo deve poter giurare sulla parola dell'apostolo. Il bambino dice della mamma: "L'ha detto mia mamma, perciò non si discute assolutamente; l'ha detto mia mamma!". Il bambino ha una stima assoluta della mamma; quando l'ha detto la mamma per lui è vangelo, per lui è tutto. Per avere la stima del popolo, per poter portare il messaggio che la Chiesa e Cristo hanno messo nelle nostre mani, bisogna che noi ci presentiamo sinceri anche in tutti gli aspetti della vita.

APOSTOLO trasparenza

CHIESA

DOTI UMANE stima

La frase completa di Mt 5,37 è la seguente: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”.

MI33,2 [04-11-1965]

2.Dicevamo prima che dobbiamo mostrarci dinanzi al popolo uomini di Dio, uomini che anche esternamente dimostrano di essere in contatto con il Signore, perciò che mostrano l'umiltà, la purezza, la santità, la povertà: cioè dobbiamo mostrarci integerrimi. Se questo è il lato spirituale che traspare esternamente, c'è poi anche un lato che vorrei chiamare umano, che è quello che anche il Signore richiama quando dice: "Est, est; non, non" , cioè quel lato umano per cui gli uomini si fidano di noi.
E allora non mi fermo tanto in questo punto perché vorrei passare poi al seguente, ma cercate oggi e poi domani di essere sempre sinceri: sinceri nelle parole, sinceri nelle azioni, sinceri nelle promesse, che è lo stesso delle parole, ma ho voluto metterlo a parte per sottolinearlo. a) Sinceri nelle parole . Ci sono delle cose, fratelli, che l'apostolo non può dire, o per segreto sacramentale o per segreto naturale, o perché gli è stato affidato un segreto. Ci sono delle cose che non può dire, ma allora deve comportarsi da signore e non mostrare di dire la bugia. Dica ad esempio: "Senta, lei capisce che come sacerdote non posso parlare", ma non dica la bugia, non nasconda quelle cose che non può dire con altre cose. A volte è facile ingarbugliarsi; invece bisogna parlare con semplicità: "Mi dispiace... Scusi, io non so niente...". "Ma mi hanno detto che...". "Lei capisce che se, per esempio, viene una persona a confessarsi e mi dice che ha ammazzato una persona, non posso parlare.

APOSTOLO uomo di Dio

VIRTÙ

APOSTOLO vita interiore

APOSTOLO uomo

GRAZIA Confessione

DOTI UMANE signorilità

SACERDOZIO

MI33,3 [04-11-1965]

3.Un sacerdote può avere anche delle conoscenze che non può dire. D'altra parte, senta, io non so o non posso parlare; lei capisce, non venga a domandare a me certe cose".
In questo modo acquistiamo la stima anche della persona, perché questa dirà: "Se domani vado a dirgli una cosa, vado da uno che so che un domani non parla!". Perciò è importante non essere imprecisi nelle risposte. È facile sbagliare. Per esempio vi chiedono: "Quando prende lei, reverendo, di stipendio per la religione?". E si risponde: "Oh, prendo appena dieci dodici mila lire". No, non è vero. Ecco come tante volte si nasconde la verità con una bugia. Si dice piuttosto: "Scusi, non posso dirglielo; è una cosa un po' riservata di famiglia". Allora manco di carità. No, non manchi di carità; fai capire all'altro che ha mancato lui di convenienza e di criterio nel domandarti quella cosa, ma voi non girate mai, mai, mai attorno con le parole. Figlioli: "Est, est; non, non". Avete una macchina, per esempio, e perché vi vergognate di far vedere che l'avete comperata voi? "Eh, mi è stata regalata". Perché dire una bugia? Se vi è stata regalata, vi è stata regalata; se l'avete comprata voi dite: "L'ho comperata io". Direte: "Mi sono stati regalati i soldi per comprarla e l'ho comprata io"; o direte: "Sì, forse ho comperato una macchina troppo bella, ma l'ho comperata io". La gente vi compatisce e sa perdonare. La frase del nostro buon popolo: "La bugia ha le gambe corte" vale anche per noi. “La bugia parte con il rapido - mi diceva una persona una volta - e torna con la carriola, ma torna sempre". Mi pare che non sia neanche il caso di invitarvi a non dire bugie: ma ci sono qualche volta quelle frasi, quel dire e non dire... La gente, insomma, ha piacere di vedere l'uomo di Dio sincero, l’uomo di Dio che dice: "No, non posso dire; basta, è finito!". b) Sinceri con le azioni .

ESEMPI trasparenza

ESEMPI menzogna

DOTI UMANE stima

APOSTOLO uomo di Dio

MI33,4 [04-11-1965]

4.Qualche volta è facile nelle case di formazione, per esempio, mettersi a studiare quando c'è l'assistente. Si stava leggendo un libro ed entra un superiore, e allora per prudenza lo si mette via. Niente di proibito, ma forse in quel momento si doveva studiare e si stava leggicchiando. No, non fatelo, non fatelo! Se state leggendo anche un romanzo proibito e viene dentro il superiore, continuate a leggerlo, continuate a leggerlo: siate sinceri! Non seguite l’impulso di voler apparire! Se state giocando una partita a carte e capita dentro il vescovo, non dovete dire: "Nascondi perché il vescovo non veda". Perché? Se state giocando una partita a carte e avete un fiasco davanti dovreste dire: "Venga qui, e prenda un bicchiere anche a lei", ed è finita. Dobbiamo agire con tanta semplicità.
Figlioli miei, non perdiamo la stima per certe cose, ma la perdiamo invece per altre che neppure immaginiamo. Non è per una piccola debolezza umana che la gente ci toglie la stima, ma quando vede che non agiamo da uomini, che non agiamo rettamente. Un altro esempio: un vostro compagno vi domanda a prestito una matita e voi dite: "No, non ce l'ho", mentre l'avete in tasca e non volete dargliela. Voi direte: è possibile che il prete dica una bugia, che un apostolo dica una bugia? Sì, purtroppo è possibile, è possibilissimo. Sono possibili tutti i peccati, ed è possibile anche questo: la mancanza di parola. c) Sinceri con le promesse .

FORMAZIONE case di formazione

DOTI UMANE studio

CONGREGAZIONE assistente

ESEMPI trasparenza

VIRTÙ

trasparenza, sincerità

VIRTÙ

semplicità

VIRTÙ

retta intenzione

Don Guido Massignan era all’epoca segretario generale della Congregazione e responsabile della scuola Ferdinando Rodolfi.

MI33,5 [04-11-1965]

5."Domenica verrò a fare la predica... Domani verrò a confessare; sì, senz'altro verrò a confessare... Verrò ad aiutare...", e non si arriva.
Alla gente non possiamo dire: "Verrò a trovare l'ammalato, domani o posdomani". Passano cinque o sei o sette giorni, e il povero ammalato aspetta invano. "Oh, non è venuto; mi ha detto che sarebbe venuto domani o posdomani". Passano i giorni: "Il parroco, poverino, non avrà potuto, chissà quanto ha da fare!". "Eh, ma se l'ho visto in città, se l'ho visto...". Magari va in giro e poi si inventa una scusa: "Sa, non ho ancora potuto andare a trovare la persona all'ospedale, perché non ho mai potuto andare in città questa settimana", e invece è stato tre volte in città quella settimana, e forse per vedere un cinema. La bugia è sempre possibile. Per esempio, viene una persona e dice: "Senta, don Guido , lei va spesso in città; mi vorrebbe fare una cortesia? La prima volta che va in città può portarmi a casa quel libro? Avrei piacere di avere un libro di meditazione; mi potrebbe fare la cortesia di portarmelo a casa?". Lui va in città e si dimentica, e quell'anima buona gli chiede: "Scusi, don Guido, si è ricordato, ha potuto procurarmi il libro?". Don Guido deve rispondere: "Sono andato in città, ma mi sono dimenticato, glielo confesso. Lo prenderò la settimana ventura". Durante la settimana è andato in città due volte. La settimana dopo: "Don Guido, me l'ha portato a casa?". Allora è atto eroico dire: "Mi sono dimenticato!", o: "Non sono mai andato in città!", mentre qualche volta si cede a un momento di debolezza e si preferisce dire: "Guardi, non ho mai potuto andare in città questa settimana". Questa ragazza se ne va, e poi sente un’amica che le dice: "Ho visto l'altro giorno don Guido in città, l'ho visto in città l'altro giorno...". Quando va a confessarsi don Guido ha il coraggio di esortarla: "Figliola, ti raccomando, ti raccomando di evitare le bugie; devi sempre dire la verità".

SACERDOZIO

DOTI UMANE coerenza

PASTORALE parroco

ESEMPI apostolo

APOSTOLO trasparenza

PECCATO passioni

ESEMPI menzogna

ESEMPI trasparenza

GRAZIA Confessione

Evidentemente don Ottorino esagera l’esempio con don Guido e lo conclude in forma scherzosa.

MI33,6 [04-11-1965]

6.Guardate che di queste cose se ne vedono continuamente, se ne vedono, se ne vedono. E se non ci si abitua qui, a questo senso di sincerità, non si faranno cambiamenti in seguito. Anche come superiore uno che dice: "Mi sono dimenticato; che vuoi farci?", e di nuovo: "Mi sono dimenticato; che vuoi farci?" non sbaglia. Tutt'al più tirerai fuori due o tre caramelle e le mangerai in compagnia, ma per carità non abituatevi ad agire con strade storte, con modi di fare poco sinceri, con modi di agire falsi, perché questo non piace, non piace. Sono peccati veniali, sono offese al Signore, è un diminuire la grazia. Oltre a questo poi che per noi è vita, c'è una parte umana che vi verrà tolta, la stima, la buona fama.
Portiamo ancora un caso particolare. Se uno dovesse fare un peccato grave contro la purezza, il popolo non lo sa; si confessa, riacquista la sua grazia, e dinanzi alla gente è sempre grande uguale. Rimesso a posto il canale della grazia, fatta la penitenza, la stima rimane intatta. Ma se uno dice una bugia, che è un peccato veniale, anche dopo un anno, due anni, tre anni, in osteria gli uomini fanno il commento sulla bugia di don Guido, e le donne cattoliche, finché don Guido si prepara la predica, parlano della bugia di don Guido, e dopo lui va sul pulpito e parla sulla sincerità. Su questo argomento ci sarebbero tanti particolari da esaminare, ma non è il caso. Ognuno si sforzi di essere sincero oggi, vorrei anzi dire di essere eccessivamente sincero: nelle parole, nelle azioni, nel comportamento, nelle promesse. Bisogna anche saper scusarsi con sincerità dicendo: "Ho sbagliato, mi sono dimenticato"; con semplicità, figlioli, e un domani sarete sinceri. La gente è buona e sa perdonare: "Poveretto, don Guido ha poca memoria. Si è dimenticato una settimana e poi si è dimenticato anche la settimana seguente: bisogna che andiamo dal medico a chiedere un po' di medicine". E don Guido si vedrà arrivare a casa una cassetta di medicine, una cassetta di uova e una cassetta di polli perché: "Poveretto, lavora tanto, suda tanto, si consuma tanto per noi e ha bisogno di rimettersi fisicamente. È così tanto buono, poveretto, ma ha poca memoria; si vede proprio che si è consumato per noi".

COMUNITÀ

superiore

GRAZIA

DOTI UMANE stima

CONSACRAZIONE castità

PECCATO

GRAZIA Confessione

ESEMPI menzogna

VIRTÙ

umiltà

MI33,7 [04-11-1965]

7.Per avere la buona fama non soltanto ci vuole la sincerità, ma ci vuole anche la carità. Anzitutto quindi c’è l’aspetto della sincerità davanti agli uomini; poi c’è anche il contatto con gli uomini, il contatto con le creature. In una ceramica, in una certa Casa, mi pare sia scritto: "Sopporta, comprendi, aiuta e per tutti abbi un sorriso". Quando sono entrato in quella Casa mi ha fatto impressione quella scritta, me la sono segnata, l'ho fatta oggetto di meditazione e la trovo sempre più vera.
a) Necessità della pazienza.

CARITÀ

L’espressione è chiaramente scherzosa per sottolineare che non sempre la testa obbedisce alle rette intenzioni.

MI33,8 [04-11-1965]

8.Prima di tutto, se volete essere sacerdoti e assistenti, se volete esplicare il vostro apostolato nell'Istituto San Gaetano o ad Asiago o a Crotone, dove il Signore vi manderà, in qualunque parte, con i bambini, con i vecchi, ricordatevi che è assolutamente necessaria la pazienza, tanta pazienza.
Figlioli miei, senza pazienza non si fa niente. Pensate, per esempio, quanta pazienza deve avere un cappellano di ospedale in mezzo agli ammalati, in mezzo ai cronici, in mezzo ai vecchi, in mezzo alle vecchie! Pensate quanta pazienza deve avere un sacerdote al confessionale con certe anime! Pensate quanta pazienza deve avere un giovane prete in oratorio, nell'Istituto con ragazzi di tredici, quattordici o quindici anni; quanta pazienza ci vuole, figlioli; quanto bisogna saper mandar giù, sopportare! Mi diceva ieri mons. Luna, per esempio, che non si può andare in un posto e improvvisamente pensare di strafare. No, no, no; bisogna adattarsi un pochino. Se voi andate in mezzo agli uomini che parlano spagnolo dovete adattarvi a parlare anche voi lo spagnolo, non dovete pretendere che loro parlino l'italiano; non potete un domani andare, supponiamo, in Brasile, e dire: "Noi vogliamo che tutti i parrocchiani parlino l'italiano perché io parlo l'italiano. Io sono la persona più importante, sono il parroco; io sono l'assistente, sono il diacono, devono loro parlare italiano, non io imparare la loro lingua!". Non potete pretendere questo. Dovete essere voi che vi adattate, dovete essere voi che andate incontro alla pecorella smarrita, e non mettervi sulla porta dell'ovile e pretendere che la pecorella torni da sola all'ovile. Gesù è andato, l'ha cercata e se l'è messa sulle spalle; così ha descritto il buon pastore e così dobbiamo essere noi. Ora, se non avete la pazienza cercate di acquistarla, e occasioni per esercitare questa virtù ne abbiamo tutti. Cominciamo a sopportare noi stessi: pazienza con la testa che qualche volta studia e qualche volta non vuol saperne, qualche volta fa la rivoluzione francese dentro; pazienza con lo stomaco; pazienza con le gambe che qualche volta prendono le cantonate; pazienza con la nostra testa che qualche volta non vuol saperne; pazienza con il nostro cuore... Pazienza, pazienza, figlioli; vorrei dire pazienza anche con le tentazioni, che si devono combattere, ma con pazienza.

VIRTÙ

pazienza

SACERDOZIO

CONGREGAZIONE assistente

PASTORALE

SACERDOZIO prete

MISSIONI vita missionaria

PASTORALE parroco

PAROLA DI DIO Vangelo

PASTORALE peccatori

CROCE

MI33.9 [04-11-1965]

9.Pazienza con il prossimo: ci sono a volte delle circostanze in cui ci si trova con qualche persona un po' pesante, e allora io vi ricordo, che l'oro non si trova puro in natura, ma sempre misto a terra, misto a qualcos'altro. Perciò dovete adattarvi anche voi nel campo apostolico a prendere la gente com'è.
Ognuno ha i suoi difetti e le sue virtù. Non dovete partire con l'idea di trovare l'uomo perfetto perché c'era un solo uomo perfetto e l'hanno crocifisso. Dovete partire con l'idea che non troverete la perfezione, ma uomini che hanno delle perfezioni in mezzo a tanti difetti. Perciò voi non troverete mai la Madonna e non troverete mai Gesù; troverete persone che cercano di assomigliare alla Madonna e che cercano di assomigliare a Gesù; troverete uomini buoni e pii, ma con il difetto di non finire mai di chiacchierare. Ci sarà un altro che invece parla poco; ci sarà poi uno che quando comincia a parlare parla sempre delle sue mucche e allora bisogna portare pazienza e aspettare che le mucche vadano fuori di stalla per poter parlare di Nostro Signore. Ci sarà qualcuno, invece, che quando comincia non la finisce più di parlare di ingegneria, di calcoli tecnici; qualche altro di sport. Figlioli miei, ci vuole allora l'arte, la psicologia, la carità per poter prendere un filo e tirarlo, e sul più bello che stai tirando si rompe, e allora ci vuole pazienza per sopportare per un altro quarto d’ora. Se tu non hai niente da fare è una cosa facile; ma se hai il tempo misurato, il breviario da recitare, altre cose da compiere e giunge una persona che comincia a parlare senza sosta o la vedi arrivare dalla portineria, è naturale esclamare: "Dominus meus et Deus meus!"; quando questa sta per andare via ne arriva un'altra, e dopo un'altra ancora. Figlioli miei, d'altra parte non siamo nostri, non siamo nostri! Quando uno apre un'osteria deve rassegnarsi ad accogliere chi entra; quando uno apre un negozio di stoffe deve rassegnarsi alle signore che vengono, e vogliono vedere questo, vogliono vedere quello, vogliono vedere quest'altro, e poi, forse, alla fine comprano un fazzoletto dopo averti fatto aprire sette o otto pezze di tela.

CARITÀ

amore al prossimo

VIRTÙ

GESÙ

crocifisso

GESÙ

uomo

ESEMPI apostolo

CONSACRAZIONE perfezione

MARIA

PASTORALE

CARITÀ

L’episodio della guarigione dello storpio è narrato in Atti 3,1-10.

MI33,10 [04-11-1965]

10.Figlioli, anche se noi uomini di Dio qualche volta sentiamo un ribollimento interiore, dobbiamo rassegnarci un pochino; rassegnarci non da stupidi, ma usando la nostra furbizia per cavarcela dalla situazione, per guadagnare tempo, per trovare anche qualche pretesto per uscirne, ma senza mostrare di essere stanchi di ascoltare, di essere impazienti, perché gli uomini pretendono da noi tutte le virtù in grado perfetto. "Se non ha pazienza lui, - dice l'uomo - come devo fare io a sopportare mia moglie?". "E se non ha pazienza lui, - dice la moglie - come devo fare io a sopportare mio marito? Vorrei che avesse sette o otto figli come ho io... Può predicare lui!".
Figlioli, qualche volta è forse l'unico incontro che queste creature hanno con il sacerdote. Bisogna saper mostrare buon viso anche quando, per esempio, vengono le povere mamme a domandare per collocare all’Istituto qualche ragazzo. Don Aldo ne sa qualcosa quando in agosto e settembre non ci sono più posti disponibili. E queste povere mamme vogliono raccontarti la loro storia per cercare di creare un po' di compassione e anche per sfogarsi un pochino. Non si può dire a questa povera donna che viene forse da venti o trenta chilometri di distanza, che ha pensato a quel viaggio forse da qualche settimana, e che è partita al mattino presto per arrivare, non si può dire in maniera brusca: "Non ci sono posti!". Di solito noi, don Aldo ed io, ci sforziamo di mettere un po' di olio nella risposta, una parolina adeguata; in fondo si tratta di una mamma. Non possiamo rispondere affermativamente perché non c'è posto, ma siamo sacerdoti, possiamo e dobbiamo dire una parola buona. San Pietro e San Giovanni, quando il povero storpio ha domandato la carità, hanno detto: "Non abbiamo né oro né argento, ma quello che abbiamo... In nomine Domini: alzati e cammina!". Noi non possiamo fare questi miracoli, ma possiamo sempre dire una parola da sacerdoti, dire una parola da apostoli. A volte è sufficiente anche solo interessarsi un pochino, far sentire una parola, e non dire solamente: "No, sì, sì, no!". Mettiamo un po’ di carità nei nostri incontri, figlioli; impariamo a sopportare con pazienza. b) Necessità della comprensione .

APOSTOLO uomo di Dio

FAMIGLIA

SACERDOZIO prete

PASTORALE poveri

PAROLA DI DIO Sacra Scrittura

Don Ottorino porta un esempio che aveva vissuto e viveva spesso personalmente.

Nella Casa dell’Immacolata le visite dei familiari e degli amici erano permesse la prima e la terza domenica del mese.

MI33,11 [04-11-1965]

11.Bisogna comprendere, saper comprendere. Qualche volta, figlioli miei, è difficile comprendere, mettersi nelle situazioni personali di una creatura; eppure bisogna saper comprendere.
Adesso, in questo momento, noi siamo in questa stanza dove, ringraziando il Signore, si sta bene. Se io cominciassi a parlare a voi di freddo, di un ambiente pieno di freddo, che ci sono delle creature che muoiono dal freddo... è difficile mettersi in quelle situazioni. Ringraziando il Signore oggi noi abbiamo mangiato, stasera mangeremo un'altra volta; se sentiamo parlare di gente che patisce la fame, che non ha niente da mangiare, stiamo attenti ed ascoltiamo, ma forse non ci mettiamo nei loro panni. L'apostolo deve saper mettersi nella situazione degli altri e non accontentarsi di dire: "Ah, poveretta, patisce la fame; ah, poveretta, non sa come pagare i debiti". Bisogna aver provato ad avere debiti per sapere cosa pesano i debiti, bisogna aver provato a portare in tasca le cambiali per sapere come pesano le cambiali. L'uomo di Dio deve provare un po’ a soffrire con chi soffre, piangere con chi piange, e perciò deve cercare di immedesimarsi nel dolore delle creature che si avvicinano a lui. Il Divino Maestro, quando si avvicinavano i poveri, quando si avvicinavano gli ammalati, assumeva il loro dolore. Quando si è avvicinato alla casa di Betania e alle sorelle di Lazzaro ed ha risuscitato Lazzaro, prima ha pianto, si è immedesimato nel dolore di queste povere sorelle pur sapendo che di lì a poco avrebbe compiuto il miracolo. Non occorre che noi ci mettiamo a piangere, ma che ci immedesimiamo un pochino. Per esempio, se viene una mamma e comincia a raccontare i suoi dispiaceri, a narrare che è morto un figliolo, a comunicare che il figlio sta male, non possiamo noi accettare passivamente, ascoltare in una forma quasi indifferente. No! Quella povera mamma è venuta da un uomo di Dio ed è lì per ascoltare una parola buona, e vuol vedere quest'uomo di Dio piangere con lei. Questa buona donna, questo buon uomo, se ne accorgono se noi condividiamo veramente la loro sofferenza, se soffriamo con loro. Questo lo possiamo fare anche nella Casa di formazione, manifestando pazienza con i nostri confratelli, cercando di comprendere, mettendoci nella situazione del confratello, sforzandoci di capire. Se, ad esempio, il giorno di visite vedi che uno è un po' triste, puoi avvicinarlo, entrare in conversazione con lui, captare il motivo per cui è triste, senza voler andare a sentire i suoi segreti se lui non vuol dirteli, stare un po' insieme, soffrire con lui: questo è il profumo della carità. c) La carità deve essere operosa.

APOSTOLO

ESEMPI apostolo

PASTORALE poveri

APOSTOLO uomo di Dio

GESÙ

maestro

PAROLA DI DIO Vangelo

ESEMPI famiglia

CROCE sofferenza

FORMAZIONE case di formazione

COMUNITÀ

condivisione

COMUNITÀ

unità

nella carità

Papa Pio X (1835 – 1914) nacque in una umile famiglia di Riese (TV) e venne eletto Papa nel 1903 mentre era patriarca di Venezia. La sua vita fu sempre improntata alla semplicità e alla carità. La morte lo colse allo scoppio della prima grande guerra mondiale.

Il cardinale Elia Dalla Costa, di origine vicentina, fu arcivescovo di Firenze per molti anni, e ivi diede una eccezionale testimonianza di carità verso tutti, ma specialmente verso i più bisognosi. Durante il suo episcopato fu sindaco della città Giorgio La Pira, con il quale si adoperò per la ripresa spirituale e civile di Firenze dopo la seconda guerra mondiale.

MI33,12 [04-11-1965]

12.Noi l'abbiamo detto già tante volte: nella vita apostolica riusciremo a salvare le anime attraverso la carità. La carità ci aprirà le porte e poi semineremo dentro Dio, ma il primo incontro è un incontro umano. La carità non soltanto sopporta e comprende, ma anche aiuta: la vera carità aiuta. Non basta dal pulpito predicare sulla fame del mondo, non basta dal pulpito mandare anatemi contro coloro che non fanno carità ai poveri; bisogna che siamo noi i primi a fare qualche cosa.
Quando eravamo ragazzi, sentivamo spesso parlare di esempi come quello di Pio X , come quello del card. Dalla Costa , di tanti nostri buoni parroci che facevano carità senza tante storie, così, di nascosto. Anche oggi, grazie a Dio, ci sono santi e buoni sacerdoti che fanno carità, e ci sono anche buoni cristiani che fanno carità, che aiutano il prossimo. Per esempio, ci sono delle creature, anche qui a Vicenza, alle quali tu ti rivolgi per chiedere un piacere, che si fanno in quattro per accontentarti. Se un povero le avvicina per chiedere lavoro, immediatamente si immergono nel suo problema: "Poveretto, poveretto, che situazione! Non hanno da mangiare, bisogna provvedere in qualche modo". Ci sono delle anime che sono sensibili al bisogno del prossimo e cercano di fare qualche cosa concretamente proprio per il bene del prossimo. Le prime persone che devono sentire profondamente le necessità del prossimo e devono fare qualche cosa concretamente dobbiamo essere noi. È vero che noi non dobbiamo essere dei procacciatori di posti di lavoro, non dobbiamo essere l'ufficio sociale, che so io, ma, ma... Ho sentito raccontare una volta che un povero, dopo aver chiesto la carità ad un sacerdote ed aver ricevuto un rifiuto, gli disse: "Fa presto lei perché ha la pancia piena...". Forse questa è una esagerazione, perché la maggioranza dei poveri, i veri poveri, non fanno certamente queste cose e non stendono la mano, però una mamma è l'ultima a mangiare in casa, una mamma è l'ultima che si compera un vestito. La mamma provvede anzitutto per i suoi figlioli, vuole che tutto sia a posto in casa: per lei è sufficiente la coperta vecchia, per lei basta l'ultimo pezzo di pollo o l'ultimo pezzo di pane; prima vengono i figlioli.

APOSTOLO salvezza delle anime

CARITÀ

APOSTOLO uomo

PASTORALE

APOSTOLO predicazione

CHIESA Papa

AUTOBIOGRAFIA

PASTORALE parroco

SACERDOZIO prete

CARITÀ

amore al prossimo

PASTORALE poveri

ESEMPI carità

MI33,13 [04-11-1965]

13.Ricordatevi che l'apostolo in una parrocchia deve essere papà e mamma per i suoi parrocchiani; così pure l'assistente in un Istituto, il diacono e il sacerdote in una parrocchia. Questo non significa che domani dobbiate patire la fame; no, perché non siete vostri, siete di Dio e dovete avere il necessario, dovete lavorare per il Signore.
Però, ricordatevi bene che non dovete dimenticare i bisogni del prossimo; dovete sentire che Dio vi ha dato dei figlioli, e questi figlioli sono le anime che sono affidate a voi. Siete ad Asiago e avete nell’Istituto cento ragazzi? Sono vostri figli; Dio ve li ha affidati e voi dovete procurare tutto per questi figlioli: se uno non dorme, voi non dovete dormire; se uno piange, voi dovete piangere con lui; se uno è agitato, voi dovete essere agitati con lui. Siete in una parrocchia e sapete che nella parrocchia ci sono delle anime che soffrono: dovete soffrire con loro, e per quanto è possibile dare loro una mano. Così faceva Gesù: consolava, istruiva, soccorreva, faceva miracoli. Voi direte: "Noi non possiamo fare miracoli". La carità fa miracoli! Chi ha vero spirito di carità sa cavare milioni da una parte per farli girare dall'altra, e dove forse nessuno potrebbe entrare, uno che è veramente uomo di Dio entra e i ricchi danno volentieri perché dicono: "Fa tanta carità; sappiamo dove vanno quei soldi". Questo a proposito della carità materiale, ma bisogna agire specialmente in fatto di carità spirituale, che è dire una buona parola, che è consolare. Se, per esempio, in una casa c'è un ammalato cronico o da dieci o dodici anni si trova all'ospedale, non si può non andare qualche volta in quella casa, dire un parola e insegnare a quella famiglia come si deve accettare anche quella prova dalle mani di Dio. L'uomo di Dio deve essere partecipe di quel dolore, e attraverso questa partecipazione al dolore egli entra in quella casa come persona amica, per cui piano piano entrerà anche come l'ambasciatore di Dio e porterà Dio in quella famiglia. Dovete divenire sensibili, figlioli miei, a questa miseria che c'è nel mondo: c'è tanta infelicità nel mondo, c'è tanto senso di malcontento nel mondo, e voi siete i portatori della pace, i portatori della gioia, e dovete sentirla questa vostra missione!

PASTORALE parrocchia

DIACONATO

SACERDOZIO prete

CONGREGAZIONE assistente

SACERDOZIO paternità

spirituale

APOSTOLO uomo di Dio

APOSTOLO missione

APOSTOLO ambasciatore di Dio

MONDO

A questo punto don Ottorino legge il 4° punto della cheda preparata per questa meditazione, ma lo fa con molta libertà aggiungendo a suo piacimento.

Adolfo Soprana, che era stato allievo del seminarietto della cattedrale quando don Ottorino era chierico, gestiva una gioielleria e un negozio di ottica in Piazza dei Signori, e conservava una profonda amicizia con don Ottorino e la Congregazione.

MI33,14 [04-11-1965]

14."Per tutti abbi un sorriso".
Qui ho scritto due, tre righe, e ve le leggo : "La pedagogia del sorriso. Primo: cerchiamo di mostrare al mondo di essere contenti di stare con Dio. Secondo: mostriamo di essere contenti di lavorare per Iddio. Terzo: mostriamo di essere contenti di servire Dio nelle persone che si presentano a noi". La nostra carità, come dicevamo prima, la manifesteremo sopportando, comprendendo, aiutando, ma sul vostro volto deve esserci sempre un sorriso, la gioia. Il mondo deve vedere che noi stiamo bene in casa del Signore. Quando le mamme dei nostri piccoli vengono qui, vanno via contente se vedono che il ragazzo è contento.Poi commentano: "È così contento di stare là", e vanno a casa e lo raccontano alle loro amiche: "Venite, facciamo festa insieme perché sono andata e ho trovato il mio Marietto così contento, così contento". I familiari dei ragazzi venuti da Crotone diranno che si manifestano contenti anche esternamente perché si vede la contentezza che li gonfia un pochino. "Com'è cresciuto! Si vede che è contento. Ma che cosa ha? È così contento!". Ebbene il mondo deve vedere che noi siamo contenti di avere abbracciato la via del Signore e domandarsi: "Che cosa hanno?". Devo far vedere alla gente che in casa del Signore sto bene, che sono contento di essere nella sua casa: io ho rinunciato a una famiglia in terra per donarmi a Dio. Se io invece mi mostro serio, calcolatore, a un dato momento la gente potrebbe dire: "Ma quello ha sbagliato strada!". Come mi ha fatto dispiacere quel giorno che un nostro amico di casa, il signor Soprana , mi diceva: "Vedo spesso sacerdoti entrare in negozio e più di uno, lo si vede in volto, se potesse tornerebbe indietro certamente. Più di uno sembra dire con il suo contegno: se mi fosse possibile tornerei indietro e non mi farei prete". Non bisogna che noi diamo al mondo la possibilità di pensare così, anche se seguendo Gesù, qualche volta, ci sarà la croce da portare, ci saranno momenti di difficoltà: lo sapevamo!

CARITÀ

amore al prossimo

CONSACRAZIONE

APOSTOLO testimonianza

SACERDOZIO prete

GESÙ

sequela

CROCE difficoltà

In questo caso per indicare la generosità nella risposta don Ottorino cita una marcetta militare dal ritmo allegro e vivace, tipica del corpo dei Bersaglieri.

MI33,15 [04-11-1965]

15.Una mamma, quando ha accettato di essere mamma, sapeva già che avrebbe dovuto portare il peso della maternità, e dell'educazione dei figlioli; lo sapeva già e anzi lo ha desiderato, e quella croce non è più croce quando lo fa con amore.
Anche noi, donandoci al Signore, sapevamo già di incontrare la croce, sapevamo già che dovevamo incontrare una paternità e che questa paternità porta con sé un sacrificio, un peso; ma abbiamo accettato generosamente con il Signore: "Tu mi hai chiamato? Ebbene, vengo, vengo a dare la mia vita, a dare il mio sangue, ma lo do con gioia". Dobbiamo imitare i primi martiri che andavano cantando verso il martirio. Certamente la natura sente il peso perché il sangue è sangue; momenti di stanchezza e di tristezza ci saranno nella vita apostolica, ma diamo questa stanchezza, questo sangue al Signore con il sorriso perché per noi vuol dire salvezza di anime. Dobbiamo non soltanto mostrare di essere contenti, di essere tutti del Signore, ma anche di essere contenti di lavorare per il Signore. Quando qualche volta si ordina una cosa a un giovane e si chiede per piacere se te la fa, non qui nella Casa dell'Immacolata, grazie a Dio, ma altrove può capitare, qualche volta poteva capitare: "Vieni per piacere a fare questo?", ti risponde: "Sì, sì...", ma lo vedi, si direbbe, con il naso sopra la bocca, lo vedi che ti segue suonando la marcia: "Va pensiero sulle ali dorate", lo vedi venire avanti piano piano. Figlioli miei, ti verrebbe da dire: "Ma fa’ un piacere, va’ a giocare, va’ a giocare il pallone. O vieni generosamente o fai a meno di venire". Ora noi stiamo lavorando per il Signore e la gente deve vedere che lo facciamo volentieri. Per questo dobbiamo lavorare al ritmo di un'altra marcia: "Quando passano per via...", che corre un po' di più con il tempo; dobbiamo sentire che lavoriamo al suono di quella marcia.

FAMIGLIA

CROCE

SACERDOZIO paternità

spirituale

PENITENZA sacrificio

CONSACRAZIONE generosità

APOSTOLO chiamata

CROCE sangue

CROCE martirio

APOSTOLO salvezza delle anime

MI33,16 [04-11-1965]

16.In modo particolare poi la gente, i fedeli, le anime devono vedere che noi lavoriamo volentieri:
"Per piacere, disturbo in questo momento?". "Ma non scherzerà mica?". "Mi può, per piacere, concedere cinque minuti? Ma lei ha tante cose da fare...". "Ma scherza? Come tante cose da fare? Io sono un sacerdote e lei è venuto a confessarsi e vuole anche che mi disturbi qualche momento se si confessa?". Dobbiamo mostrare che siamo contenti di servire il Signore servendo in quel momento quella persona. Possiamo dire: "Senta, mi scusi, non posso fermarmi tanto quest'oggi perché ho un impegno. Porti pazienza! Guardi, venga un altro giorno; quest'oggi mi fermo soltanto tre minuti". Ma quella persona va via contenta perché vede che l'hai accolta con il cuore aperto. Domani mattina concluderemo trattando della prudenza che è necessaria per l'uomo di Dio. Durante questo mese cerchiamo di mettere a fuoco in modo particolare la parte umana. La santità è fatta di piccole cose. Avete fatto il grande passo di donarvi al Signore, di essere tutti del Signore. Siamo qui a disposizione del Signore, pronti ad andare dove vuole il Signore: cerchiamo allora, già che abbiamo dato la parte maggiore, di dare tutto di noi stessi, e datelo al Signore in questo ritiro. È importante curare anche la parte esterna, curarla non per motivi umani, ma per motivi apostolici. Lo possiamo fare specialmente nella correzione fraterna, come dicevamo prima, nell'impegno di vita, aiutandoci da buoni fratelli, in modo che un domani quando ci presenteremo dove Dio ci attende nessuno di noi debba dire: "Con il mio contegno ho diminuito l'azione apostolica, cioè ho allontanato un pochino le anime", mentre invece le anime possano dire: "Questo è un uomo che porta veramente Dio e di cui ci si può fidare".

APOSTOLO salvezza delle anime

ESEMPI apostolo

SACERDOZIO prete

GRAZIA Confessione

CONSACRAZIONE santità

CONSACRAZIONE disponibilità

APOSTOLO uomo

COMUNITÀ

correzione fraterna

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