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L’APOSTOLO DEVE PORTARE IL MESSAGGIO CON UN VASSOIO DIGNITOSO

MI126[27-12-1966]

Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell’Immacolata durante le vacanze invernali ad Asiago (VI). Don Ottorino, dopo aver presentato alcune esperienze personali, sottolinea la necessità per il Religioso della Congregazione di curare gli aspetti umani della propria personalità e l’importanza della correzione fraterna per tale ascesi spirituale. Il testo originale è registrato e la durata è di 41’. 1. Introduzione

Espressione latina che significa: “E così di seguito

Altro antico adagio latino che significa: “Fa’ bene quello che fai!”.

Don Guido Massignan era all’epoca segretario generale della Congregazione e direttore della Casa dell’Immacolata.

Il riferimento è all’assistente Giorgio Pieropan, morto il 12.11.66 mentre ritornava da Roma, dopo aver accompagnato il primo gruppo di Religiosi in partenza per il Guatemala.

Si tratta del famoso “Libretto bianco”, che ricevette l’imprimatur della diocesi di Vicenza il 25.1.66, steso durante le vacanze natalizie dell’anno precedente e contenente in forma molto sintetica alcune linee della spiritualità della Congregazione.

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1.Il proposito da mettere in pratica in questi giorni è quello di fare con impegno quello che abbiamo da fare in ogni momento: adesso facciamo seriamente la meditazione, poi farete seriamente le capriole, poi farete seriamente il vostro pranzo... “et ita porro” Vi dico “age quod agis per questo motivo: perché il demonio è sempre il demonio. Voi sapete che nelle nostre stanze c’è il Signore che ci illumina, e nello stesso tempo c’è il demonio che cerca di oscurare quello che fa il Signore; il Signore ci chiama e il demonio cerca di farci perdere la strada.
Ora, come diceva bene don Guido ieri sera, è una grazia del Signore che ci troviamo quassù: è un passaggio del Signore! Parecchi anni fa ci trovavamo in pochi e si sentiva il calore dello Spirito Santo. Adesso, anche se siamo più numerosi, non deve mancare questo calore, perché, fino a prova contraria, lo Spirito Santo nella sua centrale ha tanti watts di potenza che penso non venga esaurita da un centinaio di giovani, o da ottanta o novanta giovani. Quello che interessa è questo: che non vi accontentiate di venire qui per dilettarvi per una barzelletta o una battuta o che so io. Ciò che viene trattato è una semente che il Signore butta giù, fosse in mezzo a tanta zizzania, magari in mezzo a frasi in dialetto o che so io, ma è una semente che prima il Signore getta nel mio cuore, poi nel vostro, e che insieme bisogna cercare di far fruttificare. Per qualcuno di voi potrebbe essere l’ultima volta che avviene questo incontro quassù. Qualcuno va pensando: “Sì, perché l’anno venturo sarò in America”. Può darsi che qualcuno, prima dell’anno venturo e prima del viaggio, sia in Paradiso. Giorgio , quando è partito per Roma, non pensava certo di essere il primo ad andarsene. Ora, prima di sera, può darsi che qualcuno di voi, o qualcuno di noi, sia nella camera ardente, perché la vita presente e la vita futura sono una realtà. E allora, alla luce dell’eternità e della missione che Dio ha affidato a tutti e a ciascuno di noi, dobbiamo esaminarci in questi giorni; esaminare insieme la Congregazione, contemplarla insieme. Don Guido diceva che ognuno deve avere lo Spirito Santo, sentire lo Spirito Santo. Perciò nella meditazione presentiamo un tema, e poiché continueremo sempre con lo stesso tema anche alla sera, quando saremo qui riuniti insieme, dopo che durante il giorno ne parlate fra voi o riflettete personalmente, si possono fare le proposte, discutere, trattare insieme, perché qui cerchiamo di camminare insieme da buoni fratelli. Che cosa tratteremo in questo periodo, quassù? Tratteremo un romanzetto bianco “La Pia Società San Gaetano”. Per adesso saltiamo la prima parte che tratta del “Fine” della Pia Società, e partiamo addirittura da come deve essere “Il Religioso della Pia Società”. 2. Aneddoti sulla necessità di essere decorosi, semplici ed equilibrati

FORMAZIONE

CROCE Demonio

DIO passaggio di...

DIO Spirito Santo

DIO stile di...

MISSIONI

NOVISSIMI morte

NOVISSIMI paradiso

CONVERSIONE esame di coscienza

COMUNITÀ

dialogo

COMUNITÀ

fraternità

CONGREGAZIONE carisma

I crostoli sono dolci di pasta fritta, tipici del carnevale.

Deformazione popolare dell’esclamazione latina “Jesus tene me”.

Nel testo registrato si ascoltano a questo punto fragorose risate.

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2.Una volta sono stato chiamato in casa di un ex-allievo dell’Istituto San Gaetano a mangiare i cosiddetti “crostoli” . Si chiamava Fausto, e viveva da solo con la mamma vedova. Mi invitava da tre anni e per forza ho dovuto dire di sì; ma, vi dico la verità, è stata una cosa indescrivibile. Qualcuno di voi era presente con me? No. So che è venuto uno con me; non mi ricordo se è stato don Aldo o chi sia stato, so che è venuto uno; ma è stata una cosa indescrivibile!
Dunque, immaginate: una tavola sporca; i crostoli erano ancora su un piatto sporco sopra il focolare che era più sporco ancora; non c’erano bicchieri e non c’era vino sopra la tavola: niente. E la donna: “Oh, don Ottorino, venga”, e comincia con le mani a fare certi movimenti... “Gestenemei!” , e con le mani di tanto in tanto “purificate” dal naso buttava giù. Poi ha tirato fuori due piatti, che io penso non dovrebbero dare neanche alle galline, ha messo i piatti sopra il tavolo e con quelle mani ha preso i crostoli e li ha messo sopra i piatti... e poi: “Mangi, mangi”. Io cercavo di resistere: “Ma, sa...”, ma lei insisteva dicendo: “Mangi, mangi: noi ne abbiamo già fatto una scorpacciata mentre li stavamo facendo”. E così ho cominciato a mangiare i crostoli. Ho ricordato in quel momento una rivista missionaria che narrava l’esperienza di un missionario in Cina che si è visto presentare sette uova da bere, messe prima a covare per un po’ di tempo, e quando cominciava a venir fuori qualcosa di rosso allora erano proprio da consumare... come qualcosa di speciale: si aprono sopra, si mescola per bene e quello si mangia. Potete immaginare il missionario che deve mangiare quella roba. Ho pensato ad un mio amico in seminario che voleva andare missionario, padre Besco, che mangiava le lumache per abituare lo stomaco alle cose nauseanti...

MISSIONI

Pio Rumor, zio dell’onorevole Mariano Rumor, proprietario dell’omonima tipografia e giornalista cattolico, stampava in proprio il foglio “L’operaio cattolico”. È una delle grandi figure laicali della Chiesa Vicentina della prima metà del XX secolo.

Nel testo registrato si ascoltano risate e commenti dopo la battuta di don Ottorino in relazione al papà.

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3.E, allora, ho detto: “Signore, per amore tuo!”, e giù un altro... Loro insistevano perché ne mangiassi. Potete immaginare: il crostolo andava su e giù... Allora lei ha detto: “Ehi, ehi, loro due devono bere, no!”. E lui ha risposto: “Se ce n’è ancora!”. E lei: “Se ce n’è ancora? Lo hai bevuto tu?”. E lui: “Eh, no, eri tu che mentre stavi facendo i crostoli continuavi a prendere in mano il fiasco e a berne”. E lei: “Sa, don Ottorino, continuava a tracannare col fiasco, così...”. E io dovevo bere quel vino... Alla fine tirò giù la bottiglia rimproverando il figlio: “E allora, e tu che avevi sempre il fiasco in mano, anche tu...”. Insomma, dalla conversazione e dalla lotta familiare ho capito che hanno continuato il giorno prima e tutta la mattina a bere, così, con il fiasco... e io dovevo bere!
Io che quando avevo appena tre anni ho fatto quella scena famosa - vi ricordate? - a Montebelluna, non a Montebelluna, ma quando sono andato verso Verona, a Valpolicella. Ricordate l’episodio? Siamo andati a trovare il mio povero papà che faceva la convalescenza. Sono del 1915, la guerra è finita nel 1918: fate conto quanti anni avevo; non ne avevo certo diciassette o diciotto... ero ancora sotto i tre anni di sicuro. A Vicenza una volta c’era la sartoria Zanella, una grande sartoria dove vendevano i vestiti fatti, e in quel viaggio c’erano il signor Zanella , mia mamma e la mamma di Zanella: andavano a trovare il figlio e il marito. Mio papà anzi era sergente di questo Zanella, come lo è stato anche di Pio Rumor ; il commendatore Pio Rumor era soldato sotto mio padre! A tavola, a un dato momento, mi rivolgo a mia mamma perché avevo visto la signora che beveva acqua - pensate che allora bisognava pagare anche l’acqua, bisognava comprare anche quella! - e dico a mia mamma: “Mamma, anch’io voglio un po’ d’acqua”. “Taci, taci, - ha detto mia mamma - taci!”. E la signora: “Che cosa vuole il bambino? Che cosa vuoi, caro?”. “Ah, niente, niente...”, rispose mia madre. “Mi dica!”, insistette la signora. E allora mia mamma: “Ah, ha chiesto un po’ d’acqua, per favore...”. “Ma sì, caro! Sì, caro”. La signora prese un po’ d’acqua, la mise nel bicchiere, nel suo bicchiere, e me lo offrì: e io non lo volli! E la signora disse: “Bevi, caro”. E io: “No!”. “Non bevi ? Perché non bevi?”. E io ho detto: “Perché ci ha bevuto lei!”. E mia madre cominciò a dire: “Scusi, signora, scusi, ma questo bambino è fatto così: non beve neppure dove ho bevuto io, neppure dove ho bevuto io!”. Quando sono stato più grande mi sono consolato leggendo che San Filippo Neri faceva fatica a celebrare Messa con il calice degli altri: dunque è tutto dire! Dopo, diventando più vecchi, certi vizi si perdono. Però, andare a mangiare in un ambiente così, dover prendere in mano quel vino, che aveva tanti sputacchi dentro... Insomma, ho mangiato un paio di crostoli e ho bevuto un pochino di quel vino.

PENITENZA

AUTOBIOGRAFIA famiglia

Don Ottorino si riferisce all’uso di decorare i bordi dei piatti di porcellana con uno smalto dorato o argentato prima della cottura invalso nelle manifatture di porcellana europee dal XVIII secolo in poi, come ad esempio le manifatture di Sèvres in Francia, Capodimonte a Napoli, Doccia a Firenze e Meissen in Germania.

Nel testo registrato si ascoltano allegre risate a questa battuta di don Ottorino.

Polenta e uccelli: pietanza tipica del Veneto consistente in spiedini di uccellini, alternati a pezzi di maiale e a erbe aromatiche, cotti lentamente allo spiedo o in umido e serviti sopra un letto di polenta molto morbida su cui viene fatto colare il sughino di cottura degli uccellini.

Forma dialettale per dire: ambiente ricercato, snob.

L’assistente Vinicio Picco, all’epoca consigliere generale, aveva la famiglia nella cittadina di Valdagno (VI).

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4.Secondo tema. Sono stato a pranzo in vari posti dove servivano con guanti bianchi... Ne descrivo uno: posateria d’argento; piatti, con pezzi d’argento attorno ai bordi, ma proprio pezzi d’argento, non dorati come sono adesso, piatti rivestiti d’argento; e dopo anche certi piatti d’argento, quelli da portata; cinque, sei bicchieri... in scala, qualcuno come le ampolline rivestite di dorature, quell’altro rivestito d’argento, quell’altro... e i camerieri a servirti. Bevevi un goccio di vino, e subito veniva rimpiazzato. Bisognava sempre conservarsi in equilibrio perché mai ti lasciavano andare fino in fondo: arrivavi fino a quel punto e poi veniva ristabilito l’equilibrio. E poi, se per disgrazia giravi la forchetta, ti portavano via tutto! Mi è capitato una volta e non mi capiterà più: insomma, un servizio e portate e cose da non dirsi... e alla fine sono tornato a casa e ho dovuto mangiare un’altra volta; vi assicuro che ho mangiato pane e caffelatte perché ho patito la fame! E l’ho patita perché era tutto così ricercato che mi veniva la stizza.
Questo si potrebbe descriverlo più a lungo del primo, ma mi risparmio la fatica; in una forma più ridicola del primo, ma non vorrei che capiste dove sono andato a finire, anche perché non voglio mettere in ridicolo nessuno. Terzo atto. Un’altra casa dove, con santa semplicità, su una bella tovaglia pulita, hanno servito una minestrina leggera, due o tre fiaschi di vino buono, del buon pane, e dopo sono venuti con un bel vassoio, semplice, e dentro “polenta e osei” e qualche pezzo di faraona in mezzo... alla fine un po’ di marroni, un bel dolce, quattro bottiglie... con semplicità! Ditemi voi... Se si trattasse di scegliere fra i tre posti, Celestino, quale sceglieresti? Hai capito niente di quello che ho detto? Pazienza! E allora tu, Venco, quale sceglieresti? L’ultimo... Ci deve essere un equilibrio: ci sono posti dove mangiare certi cibi ti senti rovesciare lo stomaco per come sono preparati, mentre in altri c’è da patire la fame solo perché sono troppo “gneo-gneo” ; nelle nostre case invece si mangia così volentieri! Ultimamente siamo stati a casa di Vinicio , a casa di sua mamma: con tanta semplicità, suo fratello ci invitava a sentirci come a casa nostra. Nelle nostre famiglie ci si comporta così, insomma. Come a casa vostra, dove non c’è sporcizia e dove non c’è ricercatezza, dove c’è decoro, c’è convenienza, c’è il necessario, c’è il cibo cotto bene; dove si va volentieri, dove si mangia volentieri e dove ti senti a casa tua, ti senti a tuo agio. Sei in casa di amici dove non hai soggezione di altri che stanno a guardarti per dire dopo che hai bevuto mezzo bicchiere di vino, o che hai... Niente, ti senti a casa tua! Ecco ho portato questo paragone per applicarlo al nostro tema. Noi nella vita apostolica dobbiamo essere come la terza famiglia, non come quella sporca o come quella troppo ricercata. 3. Il Religioso della Pia Società è un uomo che porta il messaggio su un vassoio dignitoso

VIRTÙ

semplicità

DOTI UMANE equilibrio

APOSTOLO chi è

l’

Il riferimento è ad alcune esortazioni fatte dal cardinal Giovanni Battista Montini ai suoi sacerdoti mentre era arcivescovo di Milano, esortazioni raccolte in un volume che don Ottorino aveva usato come punto di partenza per alcune meditazioni.

Il riferimento è a San Giovanni Calabria, prete veronese, fondatore dei Poveri Servi della Divina Provvidenza e delle Povere Serve della Divina Provvidenza

Si tratta di una famiglia che abitava in Stradella Mora: lui, il signor Domenico era cieco e per campare suonava la fisarmonica in giro per Vicenza accompagnato dalla moglie che lo guidava, e che don Ottorino chiama “orba” anche se non era cieca. Abitavano in una casa sporca e malsana e vivevano di elemosine e di espedienti: ad esempio, d’estate improvvisavano una rivendita di angurie davanti alla loro casa...

“Violin de note”: nel gergo popolare sta per pitale, per vaso da notte.

L’assistente Vinicio Picco era il responsabile dell’infermeria della Casa dell’Immacolata. Una volta gli venne chiesto di fare delle iniezioni al signor Domenico, l’ “orbo”, e come ricompensa fu costretto ad accettare alcune monete dall’ “orbo” e “un caffè speciale” dall’ “orba”.

Il professore Renato Cevese è un noto critico d’arte vicentino.

È il più grande parco alberato della città di Vicenza nei pressi della stazione ferroviaria.

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5.Nel nostro “Libretto bianco” abbiamo scritto che la prima cosa necessaria è l’uomo: dobbiamo avere uomini, perché se non abbiamo uomini facciamo fiasco in partenza. Noi, come diceva il cardinale Montini , dobbiamo portare un messaggio nel mondo e questo messaggio non è nostro, è un messaggio di Dio, per cui non lo possiamo portare così, alla buona.
Un esempio: chi ha fatto l’anguria? Il papà di don Calabria chiedeva al figlio: “Hai fatto tu il picciuolo della ciliegia? Chi è stato, chi è stato?”. Non adesso, perché qui avete freddo, ma se fosse un’altra stagione mangereste volentieri un’anguria, perché è una cosa naturale, fatta dal Signore. Ma se si trattasse di mangiare un’anguria in casa dell’ “orba” non lo fareste altrettanto volentieri. Ricordate quando al mattino usciva con in mano il suo “violino” che andava a svuotare; una pulizia meravigliosa! Dopo collocava accanto un tavolo e cominciava con le angurie, e aspettava che qualcuno andasse a mangiarle. Si poteva farlo come atto di virtù! Amici, quella stessa anguria messa in un altro posto l’avresti mangiata molto volentieri; ma ti passava la voglia di mangiarla vedendo il vassoio dove era posta. Ora, io mi domando questo: l’orba - chiamiamola l’orba, adesso, dato che non è qui, perché era la moglie dell’orbo - quando vedeva che nessuno andava a comperare l’anguria, a mangiare l’anguria in quel posto - ricordate che un giorno l’aveva tagliata e si è messa a mangiarla per far vedere che era veramente anguria? - era convinta che la gente non andasse perché non c’era l’ambiente, perché non aveva creato l’ambiente? Ecco il punto dove volevo arrivare. Noi, figlioli, ridiamo per la questione dell’orba o per la questione di Fausto e dei crostoli o perché dall’altra parte sono troppo ricercati, ma, ditemi un po’: siete convinti che noi, proprio noi, siamo i primi a non sapere se siamo come l’orba o come quell’altro? Siete convinti che noi singoli non possiamo assolutamente essere i giudici sulla convenienza o no della nostra cucina? L’orba è abituata da sempre così, e se Vinicio va a fare le iniezioni a suo marito gli offre il caffè nella sua casa, nel suo ambiente. Io, per esempio, sono andato un giorno dal professor Cevese , il famoso professor Cevese, e mi ha offerto il tè, ma per offrirmi il tè ha messo in mobilitazione tutto il Campo Marzio di Vicenza: arriva un carrello e con il carrello portano la tovaglia e la tovaglia viene stesa da una cameriera con i guanti bianchi; dopo la cameriera va via con il carrello e ritorna con il carrello portando le chicchere e le depone; dopo va via con il carrello mentre io dico tra me: “Che cosa sta succedendo?”, e ritorna con il tè, il tè con quattro o cinque biscotti. Voi non avete idea di quanti giri ha fatto! Ho detto fra me: “Se questa signora dovesse preparare un pranzo!”. Se tu domandassi al prof. Cevese: “Mi dica un po’, secondo lei...”, risponderebbe: “Che c’entra? L’ho istruita io così!”. Noi ci ridiamo sopra, ma per lui va bene così! Per l’ “orba” va bene così, ma noi ci ridiamo sopra!

CONGREGAZIONE appartenenza

APOSTOLO profeta

CREATO

VIRTÙ

Già nella precedente meditazione del 26 dicembre 1966 don Ottorino aveva riferito del suo incontro con il sig. Meraldo Lanaro.

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6.Ora, io vorrei domandarvi: “Voi siete convinti che noi dobbiamo portare un messaggio, che dobbiamo portare un dono di Dio agli uomini?”. Il Signore ci ha radunati per portare questo messaggio agli uomini: la Congregazione è stata voluta da Dio in questo momento per portare un messaggio. Ma questo messaggio lo dobbiamo portare - ecco il primo passo - con un vassoio che non può essere progettato dai singoli e copiato in giro per il mondo. Non possiamo copiare e non possiamo essere noi a dare un giudizio di questo vassoio. Perché non possiamo copiare? Perché, allora, non sarebbe stata necessaria una Congregazione nuova. Copiare un altro vassoio?
Allora il Signore avrebbe potuto continuare con i vassoi precedenti. Il Signore voleva un vassoio nuovo per portare il messaggio vecchio. Ma questo vassoio non può essere messo a confronto con gli altri. Ecco perché qualche volta gridando vi dico: “Meno libri!”; certi libri non fanno altro che confusione! Qui si tratta di creare, non di copiare; qui non si tratta di prendere in mano mille vassoi e dire: “Guarda che bello! Mettiamo nel nostro vassoio anche questa linea: guarda che bello! Mettiamo anche questa incisione...”. No, gli artisti creano! Scusate se insisto, se batto duro su questo punto perché, vi ripeto, il vassoio è di disegno divino, e non pretendo di averlo io il disegno : va fatto insieme, insieme! Collaboriamo, preghiamo; ma l’uomo di oggi, l’apostolo di oggi, non può essere l’apostolo di ieri, neanche per sogno, e non è criticando gli altri, non è mormorando a destra e sinistra, erigendoci a giudici, che creiamo l’uomo nuovo. Assolutamente! Come mai, per esempio, viene Gianantonio, domenica sera, con suo papà - e chi era presente ha sentito - e condannano i sacerdoti sia Gianantonio che il papà : “Eh, e dopo dicono che in giro per il mondo ci sono anime che soffrono, che patiscono e che domandano... e qui hanno tempo da perdere...”? Viene Lanaro dall’America e si sfoga: “Eh, dicono che... ma...”, e condanna, condanna, condanna. Figlioli miei, certi libri che avete nelle mani finiscono per condannare e dire che cosa si potrebbe fare. A me non interessa sapere che cosa fanno gli altri; mi interessa dire che cosa il Signore vuole che facciamo noi a questo proposito. Perciò non possiamo copiare il vassoio dagli altri, neanche per sogno, e neppure, figlioli, possiamo noi da soli renderci artefici di questo vassoio, perché deve avere una base comune.

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

COMUNITÀ

fraternità

SACERDOZIO prete

VOLONTÀ

di DIO

Il riferimento è all’assistente Livio Adessa, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso teologico.

I Baci Perugina, cioccolatini finissimi prodotti dalla Perugina del gruppo Colussi di Perugia, oltre alla bontà intrinseca del prodotto, sono molto apprezzati per le molteplici confezioni originali in cui sono proposti al consumatore. Ad esempio, ogni cioccolatino contiene una piccola pergamena con un detto sapienziale, una frase augurale, un proverbio.

L’Amaro San Giuseppe è un infuso alcolico di erbe aromatiche, di gusto non troppo gradevole, con proprietà purgative e depurative. Viene prodotto dai Gesuiti di Bassano del Grappa (VI).

S E. mons. Sebastiano Baggio era allora nunzio apostolico in Brasile, mentre mons. Ciffo, parroco di Rosà (VI), da dove proveniva anche mons. Baggio, era un sacerdote vicentino dotato di un cuore d’oro e di grande zelo pastorale, anche se con un carattere burbero e schietto.

MI126,7[27-12-1966]

7.È chiaro? Ogni vassoio deve avere una base comune perché il Signore ci ha chiamati qui per questo.
Perciò uno non può dire: “Oggi ci vogliono preti così, e perciò io voglio essere così!”. Signore mio, allora tu esci di qui, ti fai una Congregazione per conto tuo e fai i preti così. Un altro dice: “Per me gli assistenti devono essere così, e perciò bisogna essere così”. Io ti dico: “Va’!”. Qualcuno potrebbe dire: “Allora qui non si può parlare...!”. Signori miei, alzate la mano e dite: “Per conto mio sarebbe meglio...”, e io risponderei: “Sì, hai ragione. Ti ringrazio, Livio ; hai dato un’idea che è proprio giusta. Amici, che cosa ve ne pare? Vediamo, preghiamo, facciamo un’ora di adorazione; anche questa gemma va benissimo e bisogna metterla per gli assistenti!”. Ma la proposta viene fuori in comunità, viene fuori dalla ricerca fatta insieme; viene fuori un marchio di fabbrica voluto da Dio e domandato a Dio. Ricordatevi che in queste case di Asiago noi abbiamo spesso abbassato la testa dinanzi al Signore, ci siamo inginocchiati spesso dinanzi al Santissimo per domandare a lui: “Signore, che cosa vuoi da noi? Parla Signore! Che cosa vuoi da noi?”. La parte umana sembrerebbe una cosa da poco, eppure anche nel campo del commercio è importante la presentazione, la confezione. Un articolo presentato bene vale, una torta bene ornata attrae... Le ditte che producono dolciumi sono preoccupate di presentare bene la confezione dei loro prodotti: guardate i “Baci Perugina” come te li presentano! Magari dentro contengono l’ “Amaro San Giuseppe” , ma te li presentano bene... Non importa niente se sono purgativi, purché siano presentati bene! Solo le opere di Dio dobbiamo presentarle un po’ alla buona? Sentivo dire... qui non c’è nessuno dall’America? In nunziatura apostolica mons. Baggio parlava di monsignor Ciffo: “Poverino, è tanto buono, ma è tanto villano!”. Anche noi sappiamo che santo prete sia mons. Ciffo, e quanto buono sia. Però, amici miei, la gente esterna che cosa dice? Noi non possiamo far fare brutta figura a nostro Signore; non siamo autorizzati ad apparire villani, apparire maleducati, apparire gente che non ha pazienza, che non ha bontà, che non ha carità. Non possiamo apparire sdolcinati, altrimenti viene fuori il pranzo con l’argenteria, ma non possiamo apparire neanche dei villani, altrimenti viene fuori il pranzo dell’orba. In mezzo c’è la cena con gli uccelli, polenta unta e uccelli arrosti: mi sembra che sia già qualcosa. Noi dobbiamo trovare il giusto mezzo. 4. L’importanza della correzione fraterna per costruire l’uomo secondo il piano di Dio

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

COMUNITÀ

dialogo

EUCARISTIA adorazione

VOLONTÀ

di DIO

PREGHIERA

VIRTÙ

pazienza

DOTI UMANE equilibrio

Padre Giuseppe Mellinato, gesuita, insegnava filosofia e pedagogia ai giovani della Casa dell’Immacolata.

Il prof. Riccardo Vicari insegnava lettere agli studenti della Casa dell’Immacolata.

MI126,8[27-12-1966]

8.Ecco, allora, prima di partire - perché bisogna che dopo partiamo - direi questo: mettiamoci in testa questi due principi:
- Primo: il vassoio, cioè il disegno, non è mio e non è vostro: è del Signore, il quale non ha voluto copiare, ma fare qualche cosa di nuovo. - Secondo: ognuno ha bisogno del fratello, ha bisogno della correzione fraterna, ha bisogno di sentire che cosa gli altri pensano di lui; non deve essere tanto superbo da credere di essere lui il prototipo. Questo potrebbe essere l’inganno più tremendo del demonio, cioè far capire a uno che è il prototipo del Religioso perché si metta a giudicare: “Per conto mio... per conto mio... per conto mio...!”. Quando uno è così superbo, è difficile trarne qualcosa di buono. Da questo difetto è difficile salvarsi perché, più o meno, l’abbiamo tutti. Tutti crediamo di essere sulla strada buona, tutti ci mettiamo a dire : “Sì, mi pare... per conto mio... per conto mio... per conto mio!". Figlioli, testa bassa e umiltà dinanzi al Signore. Abbiate il coraggio di domandarvi: “Che cosa pensano gli altri di me?”. Guardate che se qualcuno avesse questo coraggio di farsi dire da tutti che cosa pensano di lui, ho paura che non dormirebbe la notte seguente. Pensate, per esempio, a qualcuno che viene nella nostra Casa. Prendiamo padre Mellinato o qualche altro, chiunque sia; prendete chi volete, il prof. Vicari , chi volete, e chiedessero un bel giorno: “Sentite, fatemi un piacere: ditemi quello che pensate di me; mettetelo per iscritto, tutto, con sincerità!”.

COMUNITÀ

correzione fraterna

VIZI superbia

CONSACRAZIONE religioso

VIRTÙ

umiltà

La signorina Lassati Matilde fu per molti anni la responsabile delle donne che lavoravano nella cucina e nel guardaroba della Casa dell’Immacolata. Era stata infermiera nell’ospedale di Vicenza e dopo, in pensione, era venuta a vivere nella Casa dell’Immacolata per prendersi cura dei giovani di don Ottorino.

Il prefetto era l’incaricato della disciplina di un gruppo in seminario, e abitualmente veniva scelto fra i giovani chierici del corso teologico per accompagnare i giovani delle classi inferiori.

Bruno Pino, allievo della Casa dell’Immacolata dove aveva iniziato anche il noviziato, lavorava nella tipografia dell’Istituto San Gaetano.

Nel testo registrato si ascoltano a questo punto fragorosi risate perché erano note a tutte le scarse qualità canore di don Luigi Furlato.

È il teatro lirico più importante d’Italia e uno dei più prestigiosi del mondo.

A questo punto don Ottorino porta alcuni esempi abbastanza personali.

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9.Ecco ottanta giovani che chiedono a chi volete voi, per esempio alla Tilde : “Che cosa pensa di me?”. Che cosa verrebbe fuori su ottanta persone? E non so se dormirà di notte quella povera creatura che si sente ben spennata e scorticata! Voi credete di essere immuni? E tu, don Ottorino, credi di essere immune? Credi forse, don Ottorino, che se su ottanta persone, quaranta dicessero male di te, questi siano i quaranta che non ti capiscono? O forse non sono proprio quei quaranta che ti capiscono!
Finché si è piccoli, si va dal prefetto e si chiede: “Prefetto, ha qualcosa da dirmi?”; lo si fa per vedere che cosa pensa il prefetto per poter assicurarsi qualche volta un dieci in condotta. Ma, a una certa età ci vuole della virtù per domandarlo, ci vuole una virtù forte per domandarlo! E quando Pino in un’occasione ha sentito che cosa pensavano di lui, ha preferito “tagliare la corda”. Più di una volta, per fare andare via qualcuno dalla Casa dell’Immacolata, ho detto: “Senti: tiriamo fuori che cosa pensano...”, e quando hanno visto così, se ne sono andati dicendo: “Ecco, tutti ce l’hanno con me!”. Siccome dobbiamo fare una comunità di fratelli, abbiate tanta umiltà da avere almeno un compagno che vi corregga, abbiate tanta umiltà da dire a qualche compagno: “Senti, fa’ un piacere, dimmi un po’: secondo te, c’è qualcosa in me che non va?”. Infatti quando don Luigi Furlato canta, lui ha l’impressione di non stonare e, forse forse, si illude anche di poter essere scritturato per la Scala di Milano. Io mi permetto di dire questo perché ci sono delle sfumature, delle sfumature che si commettono nella vita, così, scioccamente, senza neanche pensarci. Voi sapete che qui parliamo con chiarezza, da buoni fratelli. Di queste stupidaggini, fatte innocentemente, ne commettete tutti. Potrei tirar fuori: “E tu, tu, tu...”, ma non voglio umiliare nessuno; so che siete buoni. Ma si tratta di quelle parti umane che non si possono dimenticare neanche per sogno! È sbagliato?

COMUNITÀ

correzione fraterna

VIRTÙ

umiltà

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

COMUNITÀ

Forse don Ottorino nomina il novizio Antonio Pernigotto o il religioso Antonio Zordan.

Monsignor Vincenzo Sebben era rettore del Collegio vescovile di Thiene, seminario minore della diocesi di Padova e grande amico di don Ottorino e della Casa dell’Immacolata.

I Comboniani sono una Congregazione missionaria per l’Africa fondata a Verona da monsignor Daniele Comboni nel 1867, e i Saveriani una Congregazione per le missioni estere fondata a Parma da monsignor Guido Maria Conforti nel 1895.

MI126,10[27-12-1966]

10.Capite: lo faccio perché vi voglio bene, lo faccio perché so che sono azioni che vengono fatte con semplicità, anime di Dio. Ma queste cose, figlioli, non si possono fare perché oggi le fate con don Aldo, e restano lì, ma se una cosa di questo genere la fate un domani con il sindaco, la fate con una persona o con un’altra, perdete la stima. Non dite: “Oh, per quelle cose, per quelle cose...!”. Fuori, nel mondo, se uno va a fare una visita, l’altro gli restituisce la visita; se il prefetto va a fare visita al vescovo, dopo il vescovo va a restituire la visita al prefetto. Ora non dobbiamo andare a finire con la posateria d’argento, ma neppure possiamo andare a finire nella casa dell’orba! C’è un “quid” medio: la convenienza! Mangiare sul letamaio? No! Ci deve essere almeno una tovaglia pulita di bucato sopra la tavola. Questo è il minimo che di solito c’è in una casa di cristiani. Dico male?
Ho pensato tre giorni su queste cose prima di tirarle fuori, ma volevo tirare fuori qualcosa di concreto; potrei tirarne fuori molte altre, ma mi accontento di queste per farvi capire che alle volte si agisce con semplicità, senza pensarci, senza accorgersene. Ecco allora la necessità di dire a qualcuno: “Senta, mi dica, per piacere, c’è qualcosa...?”. Supponiamo che venga da me don Guido e mi dica: “Don Ottorino, mi dica se c’è qualcosa...”. Se per il momento non ho niente da rilevare, non vado a dire una piccola cosa e farlo stare male per niente. Ma, se dopo due giorni mi accorgo di una cosa, gli dico: “Ehi, don Guido, a proposito...!”. Se vedo uno che ogni tanto viene a domandarmi se c’è qualcosa e noto una di queste piccole cose, io gliela dico, perché deve servire per lui per dove vivrà domani e non tanto per me; devo dirglielo, da papà, perché vi voglio bene. In caso contrario la cosa potrebbe diventare pesante... ma dovete essere voi preoccupati di non andare con le mutande di fuori! Figlioli, il primo incontro con gli uomini è un incontro umano! La prima simpatia è una simpatia umana! Antonio , è vero o no? Dobbiamo vigilare perché non diventi troppo umana, altrimenti andiamo fuori di strada, per carità; ma il primo incontro è umano! Monsignor Sebben ha detto: “Quel giovane di quinta ginnasio... Gli ho chiesto l’altro giorno: ‘Ma perché vuoi andare là? Per andare missionario? Non ci sono i Comboniani, i Saveriani...? Perché proprio là!’. Mi ha risposto: ‘Perché mi piace come sono fatti!’ ”. I primi cristiani convertivano perché ai pagani piaceva come erano fatti. Voi convertirete quando vi mostrerete come siete fatti! Capito, signori: come siete fatti!

DOTI UMANE

FORMAZIONE

COMUNITÀ

correzione fraterna

ESEMPI correzione fraterna

VIRTÙ

prudenza

COMUNITÀ

Tratto molto disturbato: don Ottorino, presentando una casistica personale, insiste sulla necessità di rispondere agli auguri natalizi che si ricevono.

Don Lino Dal Moro, don Luigi Mecenero, Pietro Simonetto e Gianni Sgarbossa stavano per partire per il Brasile.

MI126,11[27-12-1966]

11.Ci sono convenienze umane delle quali a un dato momento, specialmente da uomini che vivono l’unione con nostro Signore, verrebbe voglia di dire: “Ma, insomma, quelle stupidaggini, quelle cose... Insomma, quelle cose sono stupidaggini; ci perdiamo dietro a stupidaggini!”.
Per esempio, prendiamo la questione degli auguri. È un dovere! Voi dite che è un’abitudine, e va bene: se l’abitudine c’è, bisogna tenerla se la tengono gli altri. Tu devi parlare con la lingua che parlano gli altri. Se in un luogo mangiano tre volte al giorno, devi mangiare anche tu, devi abituarti anche tu a vivere come vivono loro. Se gli altri vanno vestiti con i pantaloni, tu vai vestito con la sottana? Bisogna che ci adattiamo all’ambiente dove viviamo: perciò... Ora, anche voi non potete trascurare la parte umana e dire: “Ma questo non mi interessa”. Un domani, per esempio, andate in una parrocchia: arrivati bisogna fare una visita alle autorità. Viene il sindaco a salutare e dopo bisogna che andiate a restituirgli la visita... dopo dovete andare a salutare la signora... Ci sono delle cose umane, figlioli, che non si possono fare alla buona; c’è un modo di vivere umano, e per forza dobbiamo adattarci a questo vivere umano, a questa cortesia umana. Se viene da voi una persona, per esempio, il sindaco, voi non potete salutarlo sulla porta di casa e basta, tutto è finito: dovete farlo entrare e offrirgli un bicchierino con la convenienza che serve oggi. Offrirgli tre torte e tre bottiglie? Sarebbe fuori luogo, ma in mezzo c’è un bicchierino o un’aranciata che ci sta bene, mi pare. È fatica fare una lista e dire: “Questo è il vivere umano”. Ma si impara a forza di cantonate... Caro don Lino e compagni , voi che andate fra poco a Resende, dovete arrangiarvi. Ora ricordatevi che ogni bella figura che fate, fate fare bella figura a Cristo, e ogni brutta figura che fate, gliela fate fare a Cristo, non alla Congregazione; anche alla Congregazione, ma a Cristo prima di tutto. A me sembrerebbe che dovremmo essere preoccupati di non far fare una brutta figura a Cristo. E perché? Perché, se lui, il Signore, mi ha voluto tanto bene, penso che non valga la pena di fargli fare brutta figura! Ecco allora, la preoccupazione di trovare l’equilibrio giusto che piace al Signore tenendo sempre come principio quello che ha ricordato ieri sera don Guido: “Piacere a Dio e non dispiacere agli uomini”. E così sia! 29 dicembre 1966

DOTI UMANE

APOSTOLO

PASTORALE parrocchia

DOTI UMANE equilibrio

MISSIONI

APOSTOLO ambasciatore di Dio

CONGREGAZIONE appartenenza