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L’APOSTOLO DEVE PORTARE IL MESSAGGIO CON UN VASSOIO DIGNITOSO

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1.... mettiamo in pratica specialmente... facciamo sul serio quello che abbiamo da fare in ogni momento: adesso facciamo sul serio la meditazione, poi fate sul serio le capriole, poi farete sul serio il vostro pranzo, "et ita porro", no? Vi dico "age quod agis" per questo motivo: perché il demonio è sempre il demonio, e voi lo sapete che... nelle nostre stanze c'è il Signore che ci illumina, e c'è il demonio che cerca di oscurare quello che fa il Signore. Il Signore ci chiama e il demonio cerca di farci perdere la strada.
Ora, come diceva bene don Guido ieri sera, è una grazia del Signore se ci troviamo quassù: è un passaggio del Signore. Parecchi anni fa ci trovavamo in pochi, e si sentiva il calore dello Spirito Santo. Adesso, perché siamo in di più, non deve mancare questo calore, perché, fino a prova contraria, la potenza dello Spirito Santo ha tanti watts, vero, nella centrale, che penso che non venga esaurita per un centinaio di giovani, ottanta-novanta giovani. Quello che interessa è questo: che non vi accontentiate di venire qui per dilettarvi per una barzelletta o una battuta o che so io. Ma guardate che è una semente che il Signore butta giù, magari in mezzo a tanto, so io, tanta zizzania o tanto... magari in mezzo a frasi in dialetto o che so io, ma è una semente che prima la getta nel mio cuore, poi nel vostro, e che insieme bisogna che cerchiamo di farla fruttare. Guardate che per qualcuno di voi potrebbe essere l'ultima volta che vi incontrate quassù. Qualcuno va pensando: "Sì, perché l'anno venturo sarò in America.". Può darsi che qualcuno, prima dell'anno venturo e prima del viaggio, sia in Paradiso. Perché Giorgio, quella volta che è partito per Roma, non pensava certo di essere il primo a partire. Ora, prima di sera, può darsi che qualcuno di voi, o qualcuno di noi, sia nella camera ardente. Parliamoci chiaro, perché è una realtà la vita presente e la vita futura. E allora, alla luce dell'eternità e della missione che Dio ha affidato a tutti e a ciascuno di noi, noi dobbiamo esaminarci, in questi giorni, esaminare insieme la Congregazione, vederla insieme. Diceva don Guido che ognuno deve avere lo Spirito Santo, sentire lo Spirito Santo, e perciò nella meditazione diamo un tema così, poi, siccome continueremo sempre con lo stesso tema, alla sera, quando saremo qui insieme, ognuno, magari durante il giorno ne parlate fra voi o le pensate, e insieme si può far le proposte, discutere, trattare insieme. Perché qui cerchiamo di camminare da buoni fratelli insieme. Che cosa tratteremo in questo periodo quassù? Tratteremo un romanzetto bianco qua, questo qua: "La Pia Società San Gaetano", e senza trattare del fine della Società, saltiamo via quello per adesso, partiamo addirittura da "Come deve essere il Religioso della Pia Società".

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2.E comincio addirittura col raccontarvi una storia.
Una volta, sono stato chiamato in casa di un ex-allievo dell'Istituto San Gaetano a mangiare i cosidetti grustoli. Poveretto, era lui e la mamma, vedova: Fausto, di felice memoria, no, Fausto. Erano tre anni che mi invitava, e dopo tre anni, per forza, ho dovuto dire di sì. Ma vi dico la verità, è una cosa indescrivibile: c'era qualcuno di voi con me presente? No? So che è venuto uno con me, non mi ricordo se è stato don Aldo o chi sia stato; so che è venuto uno, ma è una cosa indescrivibile. Dunque pensate: una tavola sporca, cominciamo con una tavola sporca, i grustoli ancora sopra un piatto sporco sopra al fogolaro, più sporco ancora; la donna, non vedevi bicchieri e non vedevi vino sopra la tavola: niente! "Oh, don Ottorino, el vegna!". E comincia con le mani così, a far certi movimenti. Gèstini mei! E con le mani così purificate dal naso, eh, ogni tanto... zo, e butta zo! Poi... poi tira fuori due piatti là che, insomma, penso che neanche alle galline dovrebbero dare, mette i piatti là in cima, e con quelle mani... così, prende i grustoli e li mette sopra i piatti. E poi: "El magna, el magna.". "Ma... sa...". "El magna, el magna, el varda che noialtri ghe nemo magnà 'na spansà finché jerimo drìo farli...". Sicché go comincià a magnare i grustoli. Ho pensato in quel momento a una rivista missionaria, quando che un missionario si è trovato in Cina e gli hanno presentato da bere sette uova, che mettevano prima a covare un po' di tempo, e quando comincia a venir fuori qualcosa là di rosso, allora son proprio da "preferito": si aprono sopra, si mescola per bene e quello si... Puoi immaginare il missionario che deve mangiare quella roba lì! Ho pensato a un certo mio amico in seminario, che voleva andare missionario: padre Besco, Besco, che mangiava le lumache per abituarsi lo stomaco, sa, alle cose...

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3.E ho detto: "Signore, per amor tuo!", e un altro... "Ma, el ghin magna!". Podì immaginare! Ndava in zo, 'ndava in su... “Ciò, ciò, - dixe ela - ciò, ciò, - dixe - luri dù ga da bevare, no?", la ga dito. "Se ghi n'è ancora!", el ga dito lu. "Se ghi n'è ancora? - la ga dito - Parché?". "Eh, ti! - la ga dito - Se ghi n'è ancora: parché lo gheto bevù ti?". "E no! Te geri ti fin che te fasevi i grustoli, te sitavi a ciapar in man el fiasco e bevarne - la ga dito - col fiasco! Sàlo, don Ottorino, el sitàva a tirar su col fiasco così”, la ga dito, no?. E io dovevo bere quel vino là! Insomma, la lo ga tirà zo. "E allora, e ti, che te ghivi sempre el fiasco in man anca ti!".
Insomma, dalla conversazione e dalla lotta familiare, ho capito che continuavano, hanno continuato tutta la mattina e il giorno prima, col fiasco, a bere così: e io dovevo bere. Io, che nella giovane età di prima dei tre anni ho fatto quella scena famosa che, vi ricordate, che ho fatto a Montebelluna, quando sono andato... non a Montebelluna... verso Verona, là... Valpolicella. Sapete mica? Siamo andati a trovare il mio povero papà, che era... faceva la convalescenza. Sono del quindici, la guerra è finita nel diciotto: fate conto quanti anni che avevo. Non ne avevo mica diciotto o diciasette, no? Ero in mezzo lì, sotto i tre anni sicuro. E lì c'era anche... a Vicenza una volta c'era una certa sartoria Zanella, grande sartoria di Vicenza, vendevano i vestiti fatti, e c'era anche questo signor Zanella, e mia mamma e la mamma di Zanella, sono andati a trovare i figli e mariti, anche perché mio papà era sergente di 'sto Zanella, no? E sergente, per via dei sergenti, e sergente anche di Pio Rumor, era. Il commendator Pio Rumor era soldato sotto mio padre! Beh, lì a tavola, a un dato momento mi rivolgo a mia mamma, e ho visto la signora che beveva acqua; pensate che allora bisognava pagare anche l'acqua, comprare anche quella! E dico a mia mamma: "Mamma, ghin vui anca mi acqua". "E, tasi, tasi, - ha detto mia mamma - tasi.". E la signora: “Cosa vorlo? Cosa vuto caro?". "Ah, gninte gninte...". "La me diga!". "Ah, el ga domandà un pocheta de acqua, per favore!", la ga dito. "Ma sì, caro. Sì, caro". Prende un po' d'acqua, me la mette sul bicchiere, la signora, suo della signora, no?, e me lo offre e io non lo voglio. E la dise: "Bevi, caro!". "No!". "No te bevi mia? Parcosa che non te bevi?". "La ga bevù ela!", go dito. E me mama scominzia a dire: "Signora, la scusa sala, ma l'è fatto così quel toso; nol beve gnanca - la ga dito - dove che go bevù mi, - la ga dito - gnanca dove ca go bevù mi!”, la ga dito. Mi son consolato dopo, quando sono stato più grande, leggendo San Filippo Neri: faceva fatica a dir Messa col calice degli altri... dunque è tutto dire. Dopo, diventando più vecchi, un pochino certi vizi si perdono, vero? Però, andar mangiare in ambienti così, dover prendere in mano quel vino, che chissà quanti sputacchi ghe gera 'nda dentro, vero? Mescolati "miscellamini, miscellamini"! Insomma, ho mangiato un paio di grostoli e ho bevuto un pochino di quel vino.

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4.Secondo tema: Sono stato in vari posti a pranzo, dove che ti servivano coi guanti bianchi e... chic, no? Ne descrivo uno: posateria d'argento, piatti tutti con tocchi d'argento torno, là, ma proprio pezzi d'argento, no dorati come sono adesso, sapete, piatti rivestiti d'argento, rivestiti d'argento, e dopo anche certi piatti d'argento, ma quei delle portate, rivestiti d'argento. Cinque o sei bicchieri là, ecco, in scala; qualcuno come le ampolline rivestite dorate, quell'altro d'argento, quell'altro... Posaterie, non avete idea... e i servi, là, a servirti. Bevevi un goccio di vino così, e subito a rimpiazzarlo: bisognava sempre stare, conservarsi in equilibrio, vero? Mai che ti lasciassero andare in fondo... fino a quel dato punto, poi ristabilire l'equilibrio. E poi, se par disgrazia te voltavi el piròn, i te portava via tutto... Me xe capità 'na volta, e no la me capita pì. Insomma, un affare de servizio, un affare de portate, de cose, che alla fine son 'dà casa e me ga tocà magnare 'naltra volta. Ve assicuro, go mangià pan e caffelatte, parché go patìo la fame. E go patìo parché, xe tutto così, no, xe tutto così... Insomma, me vignea el bao, el bao!
Terzo atto: questo se podarìa descriverlo più lungo del primo, ma me risparmio la fatica; il secondo podarìa descriverlo in una forma più ridicola del primo ma non vorrei che capiste dove sono andato a finire, anche perché non voglio mettere in ridicolo nessuno. Terzo atto: Casa, 'naltra casa, dove che con santa semplicità una bella tovaglia pulita, ti portano una minestrina leggera, due-tre fiaschi di vino buono davanti, del pane buono, e dopo vengono con un bel vassoio, semplice, e dentro polenta e osèi, polenta e osèi e qualche toco de faraona in mezzo anca, de faraona in mezzo; in fondo, un pochi de maroni, un bel dolce, quattro bottiglie, con semplicità. Ditemi voi: si trattasse di scegliere fra i tre posti, quale sceglieresti, Celestino? Hai capito niente di quel che ho detto? Un poco de pazienza. E allora, Venco, quale sceglieresti? Quello ultimo, ah? Anche perché... È un fatto però, c'è un equilibrio, c'è un quid, ci sono dei posti dove che mangiare quella roba là, insomma, ti senti rovesciare lo stomaco per come è preparata; in certi altri posti, c'è un posto... per noialtri patire la fame solo perché troppo gneo-gneo: per carità. Nella nostre case, nelle nostre case. Si mangia così volentieri. Siamo stati a casa sua di Vinicio, ultimamente, no, a casa de so mamma, con tanta semplicità, so fradelo: "Dài, che... ". Si porta così, come nelle nostre famiglie, insomma, come a casa vostra, no? Dove non c'è sporcheria e dove non c'è ricercatezza; c'è decoro, c'è convenienza, c'è il necessario, c'è la roba cotta bene, dove si va, vai volentieri, te mangi volentieri: te te senti in casa tua, te te senti a tuo agio, perché senti di essere in casa tua, quasi: sei in casa di amici, dove non hai suggessione di altri che sta a vardarte par dopo dire che te ghe bevù mezzo biciere de vin, o che te ghe... Niente, ti senti in casa tua. Ecco, ho portato questo paragone, per adesso cambiarlo un pochino. Vedete, noi nella vita apostolica, dobbiamo essere come la terza famiglia, non come quella sporca o quella ricercata, come quella in mezzo.

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5.Abbiamo messo, nel nostro libretto bianco, che la prima cosa necessaria è l'uomo, è l'uomo: dobbiamo avere uomini. Perché, se non abbiamo uomini facciamo fiasco in partenza. Noi, vedete, diceva il cardinal Montini, dobbiamo portare un messaggio nel mondo, e questo messaggio dobbiamo portarlo, non è nostro, è messaggio di Dio; ma non lo possiamo portare così, buttato là, buttato là.
Sentite: un'anguria, chi xe che la ga fatta? Diceva a don Calabria so papà: "Lo gheto fatto ti el manego della siresa?, el diceva, no? Lo gheto fatto ti? Ci elo che ga fatto el manego della siresa? Ci elo ci? Ci elo ci?". Bene, l'anguria, l'anguria, adesso no parché qua ghi freddo, vero? Fusse 'naltra stajon la magnarissi volentieri, un'anguria, perché... cosa naturale, fatta dal Signore. Ma un'anguria in casa dell'"Orba"... Ve ricordèo? Alla mattina, alla mattina, usciva sempre col suo violino in mano, che andava... Una pulizia meravigliosa... e dopo vicino ti mette un tavolo, e comincia anche con le angurie, e là che la 'spetta a magnarle. Digo, sì, 'n atto de virtù, ma... Amici, invece, quella stessa anguria, quella stessa anguria messa in un altro posto, l'avresti mangiata molto volentieri. Ti passava la voglia di mangiare l'anguria vedendo, vero, il vassoio dove che era posata l'anguria. Ora, io mi domando questo: l'"Orba", ciamèmola l'Orba adesso, dato che non la ghe xe qua, parché la jera la moglie dell'Orbo; l'Orba, quando vedeva che nessuno andava a comperare l'anguria lì, a mangiare l'anguria lì, e l'aveva tagliata e si è messa a mangiarla lì, un giorno - Vi ricordate? - per far vedere che era veramente anguria. Ditemi un po’? Era convinta, convinta lei, che la gente non andava perché... insomma non c'era l'ambiente, non era creato l'ambiente? Ecco il punto dove volevo arrivare. Noi, figlioli, ridiamo per la questione dell'Orba o per la questione di Fausto e dei grustoli, o perché dall'altra parte sono troppo ricercati; ma, ditemi un po', ditemi un po': siete convinti voi che proprio noi, noi, siamo i primi a non sapere se siamo come l'Orba o come quell'altro? Siete convinti voi, che noi singoli, singoli, non possiamo assolutamente essere i giudici sulla convenienza o no della nostra "cucina"? Perché vedete, vedete, l'Orba era abituata sempre così, sempre così. Lei, va Vinicio a fare l'iniezione a suo marito, e gli offre il caffè, nella sua casa, nella sua casa, nel suo ambiente. Io vado, per esempio, un giorno dall'ingegner Cevese, cioè, dal professor Cevese là, famoso, e là mi offre il thè, ma per offrirmi il thè mi digo che el ga messo in mobilitazion tutto el Campo Marzo de Vicenza, vero? Riva un carrello, e con 'sto carrello i porta la tovaglia e mettono giù la tovaglia. e la donna con tanto de guanti bianchi. Dopo va via col carrello, e arriva col carrello e porta le chicchere e mette là le chicchere; dopo va via col carrello e arriva col carrello, e digo: "Ma cosa succede?", par rivar là col thè! Il thè e quattro-cinque biscotti messi in cima là. Voi non avete idea di quanti giri! Ho detto: "Se la gavesse da pareciare un pranzo, 'sta siora qua!", go dito! Capito? Beh, se tu domandi al professor Cevese: "Mi dica un po', secondo lei?". Come entra... “L'ho istruita io!". Per lui va bene così. Noi ci ridiamo sopra. Per l'Orba va bene così, ma noi ci ridiamo sopra.

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6.Ora, io vorrei domandarvi: "Voi siete convinti che noi dobbiamo portare un messaggio, che dobbiamo portare un dono di Dio agli uomini?". Il Signore ci ha radunati qui per portare questo messaggio agli uomini. La Congregazione è stata voluta da Dio per questo, in questo momento, per portare un messaggio. Ma questo messaggio lo dobbiamo portare, ecco il primo passo, in un vassoio, il quale vassoio non può essere progettato dai singoli, e copiato in giro per il mondo. Non possiamo noi copiare, e non possiamo noi dare un giudizio di questo vassoio. Non possiamo copiare. Perché? Perché, scusate, allora non sarebbe stata necessaria una Congregazione nuova, no? Copiare un altro vassoio: allora tanto valeva che avessimo continuato a... con quello .... che il Signore avesse continuato con quei vassoi là.
Il Signore voleva un vassoio nuovo per portare il messaggio vecchio. Voleva un vassoio nuovo. Ma questo vassoio non può essere paragonato. Ecco perché vi dico qualche volta gridando: "Meno libri! Certi libri fanno altro che confusione!". Qui si tratta di creare e non di copiare. Qui si tratta non di prendere in mano mille vassoi e dire: "Guarda che bello! Mettiamo in questo vassoio anche questa linea; guarda che bello! Mettiamo anche questa incisione!". No, signori! Gli artisti creano! Scusate se insisto, se batto duro, se batto duro su questo punto qui. Perché, vi ripeto, il vassoio è di disegno divino! E non pretendo di averlo io il disegno: insieme, insieme. Collaboriamo, preghiamo; ma l'uomo di oggi, l'apostolo di oggi, non può essere l'apostolo di ieri, neanche per sogno! E non è criticando gli altri, e non è mormorando a destra e sinistra erigendosi a giudici, che creiamo l'uomo nuovo. Assolutamente! Come mai, per esempio, mi viene, per esempio, Gianantonio, domenica sera con suo papà, e chi era presente ha sentito, condanna dei sacerdoti da parte di Gianantonio e da parte del papà? "Eh! - el ga dito - Che i diga dopo che in giro pel mondo che xe anime che soffre e che patisce e che domanda, e qua i ga tempo da... e qua i ga tempo qua, e qua i ga tempo!": condanna! È vero? Viene Lanaro, vien dall'America: "Eh! - el dise - I dise, sì, ma...", e condanna, condanna, condanna! Ora, figlioli miei, certi libri che avete nelle mani finiscono per condannare e dire che cosa si potrebbe fare. A me non interessa sapere cosa fanno gli altri, eccetera; mi interessa dire cosa il Signore vuole che facciamo noi su questo campo qui. È chiaro? Perciò non lo possiamo copiare dagli altri, neanche per sogno, questo vassoio, questo vassoio; e neppure, figlioli, possiamo noi da soli, ognuno, rendersi artefice di questo vassoio, perché questo vassoio deve avere una base comune.

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7.È chiaro? Ogni vassoio deve avere una base comune, perché il Signore ci ha chiamati qui per questo.
E perciò uno non può dire: "Ma oggi ci vogliono i preti così, perciò io voglio essere così!". Signore mio, allora tu esci di qui, ti fai una Congregazione per conto tuo, e fai i preti così. Un altro dice: "Io, sa, gli assistenti devono essere così, perciò... così!". Va’! Qualcuno: "Allora qui non si può parlare!". Signori miei, alza la mano: "Sì, per conto mio, guarda, sarebbe meglio...". "Sì, hai ragione. Ti ringrazio, Livio, hai dato un'idea che proprio era giusta! Amici, cosa ve ne pare? Vediamo, preghiamo, facciamo un'ora di adorazione; va benissimo, anche questa gemma bisogna metter su per gli assistenti!". Ma viene fuori in comunità, viene fuori un qualche cosa di insieme; viene fuori una "marca di fabbrica", voluta da Dio, voluta da Dio e domandata a Dio. Ricordatevi che in queste case di Asiago noi abbiamo abbassato spesso la testa dinanzi al Signore, ci siamo inginocchiati spesso dinanzi al Santissimo per domandare a Lui: "Signore, cosa vuoi da noi? Parla, Signore! Cosa vuoi da noi?". Ora, vedete, la parte umana sembrerebbe una cosa da poco, eppure, sul campo anche industriale, la presentazione sapete che cosa vale, no, la confezione, la presentazione delle cose sapete quanto vale: un articolo presentato bene, una torta... Guardate come le case, di solito, i dolciumi, eccetera, sono preoccupate di presentare bene la confezione. Guardate i baci Perugina come te li presentano, no?, guardate come te li presentano, magari con l'amaro San Giuseppe dentro, ma te li presentano bene! Importa niente, purché siano... Ora, sentite, solo le opere di Dio, noi dobbiamo presentarle un po' alla buona? Sentivo dire, sentivo dire... beh, qui non c'È nessuno dall'America, no? In nunziatura apostolica, da mons. Baggio, si parlava di mons. Ciffo, poaréto, el dixea: "Poareto, lé tanto bon, el ga dito, ma l'È tanto vilan!", el ga dito. Ecco, fin che si tratta... lo diciamo perché è di... comune, e sappiamo quanto santo prete che l'è, no, e quanto bon che l'è, poareto; però, amici miei, mons. Baggio ti dice così, ma la gente esterna? Non possiamo mica noi far fare brutta figura a nostro Signore. Siamo mica autorizzati noi a apparire villani, apparire maleducati, apparire gente che non ha pazienza, che non ha bontà, che non ha carità. Non possiamo apparire sdolcinati, se no vien fuori il pranzo là, con l'argenteria, ma non possiamo apparire neanche villani, se no vien fuori il pranzo dell'Orba, vero? In mezzo, ghe xe i oséi, la polenta onta e i oséi a rosto. Me pare che sia xa qualcosa, no? E questo "mezzo, mezzo" dobbiamo noi trovare.

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8.Allora ecco, prima di partire, perché bisogna che partiamo dopo, no, prima di partire direi questo: mettiamoci in testa questi due principi.
Il piatto, cioè il disegno, non è mio, non È vostro, è del Signore, il quale ha voluto non copiare, non copiare, ma fare qualche cosa di nuovo. Secondo, mettetevi in testa il secondo principio: ognuno ha bisogno del fratello, ha bisogno della correzione fraterna, ha bisogno di sentire che cosa gli altri pensano di lui. Non essere tanto superbo da credere d'esser lui il prototipo, il prototipo. Guardate, questa... potrebbe essere questo l'inganno più tremendo del demonio: cioè, far capire a uno... e metterse là a giudicare: "Par conto mio, par conto mio, par conto mio!". Guardate che quando che uno è talmente superbo così, è difficile trarne qualcosa di buono. E guardate che questo qui, da questo difetto è difficile salvarsi, perché più o meno l'abbiamo tutti. Tutti crediamo di essere sulla strada buona; tutti ci mettiamo: "Sì, me pare, per conto mio, per conto mio, per conto mio!". Figlioli, abasso la testa e umiltà dinanzi al Signore; e abbiate il coraggio, il coraggio di domandarvi: "Che cosa pensano gli altri di me?". Guardate che se qualcuno avesse questo coraggio di farsi dire da tutti che cosa pensano, ho paura che non dormirebbe la notte seguente! Pensate adesso, per esempio, qualcheduno che viene nella nostra casa: prendiamo per esempio padre Mellinato o qualche altro, chiunque sia, prendete chi volete, il prof. Vicàri, chi che volete, e che un bel giorno dicessero: "Sentite, fatemi un piacere, ditemi quello che pensate di me. Mettetemelo per iscritto, ma tutto con sincerità!".

MO126,9[27-12-1966]

9.Ecco che ottanta giovani che dicono, chi che volete voi, mettete della Tilde, toh, ecco, cosa pensa di me. Ditemi, su ottanta persone, cosa verrebbe fuori, cosa verrebbe fuori! E quella povera creatura che si sente ben spennata e scorticata, quella sera, se dorme volentieri sì o no? E cosa credete, voialtri, di essere immuni? E tu, don Ottorino, credi di essere immune? Credi forse che se su ottanta, quaranta dicono male di te, don Ottorino, siano quaranta che non ti capiscono, o forse non siano proprio quei quaranta che ti capiscono?
Vedete, fin che si è piccoli in fondo si va: "Prefetto, galo qualcossa da dirme?". E se fa per vedere cosa pensa el prefetto par poder ciapare, assicurarse diese in condotta, vero, qualche volta. Ma a una certa età, a una certa età, ci vuole della virtù per domandarlo, ci vuole della virtù forte per domandarlo. E quando Pino quella volta famosa ha visto cosa pensavano di lui, ha preferito tagliare la corda. Ve ricordè? Più di una volta, per far andar via qualcuno dalla Casa dell'Immacolata, ho detto: "Sentite, tiriamo fuori cosa pensano". E quando hanno visto così: "Ecco, tutti la ga con mi!"; via, taja la corda, no? Vi direi, per piacere, vi direi per piacere, siccome dobbiamo fare una comunità di fratelli, abbiate tanta umiltà da avere almeno un compagno che vi corregga; tanta umiltà da dire a qualche compagno: "Senti, fa' un piacere, dimmi un po' secondo te: c'è qualche cosa in me che non va?". Perché te capissi chiaro che quando don Luigi Furlato canta, lui ha l'impressione di non stonare, e forse, e forse si illude anche di essere scritturato dalla Scala de Milan! Ma vedete, io mi permetto di dire questo, guardate perché ci sono delle sfumature, delle sfumature, che... guardate, qui sapete che parliamo con chiarezza da buoni fratelli, no?, che si commettono nella vita, così... scioccamente, ma senza neanche pensarci, senza neanche pensarci. Guardate... di queste stupidaggini, fatte così, innocentemente, innocentemente, guardate che ne commettete tutti, perché potrei tirar fuori uno, tu, tu, tu... Non voglio umiliare nessuno; so che siete buoni... ma sono quelle parti umane che non si possono dimenticare, neanche per sogno! È sbagliato?

MO126,10[27-12-1966]

10.Capite che lo faccio perché vi voglio bene, lo faccio perché so che... viene fatto così, con semplicità, anime di Dio! Ma queste cose, figlioli, non si possono fare, perché oggi le fate lì con don Aldo, e le resta lì... Ma rendetevi conto adesso, se una cosa di questo genere la fate domani col sindaco, la fate con questo, la fate con quello: "Oh, per quelle robe lì, quelle robe lì!". Guarda che fuori nel mondo, uno va a far la visita e l'altro va a restituire la visita: il vescovo... il prefetto va a far visita al vescovo, dopo il vescovo va a restituire la visita al prefetto. Ora adesso, andare a finire con le posaterie d'argento, no! Ma gnanca andare a finire nella casa dell'Orba! Ghe xe un quid medio che è convenienza. Mangiare sul letamaio, no! Ma 'na tovaja almanco pulita de bucato sopra la tola, questo xe el minimo che in casa dei cristiani de solito ghe xe, no? Dico male?
Ora vedete, queste cose ho voluto... Ci ho pensato sopra tre giorni prima di tirarla fuori 'sta roba qua, ma volevo tirar fuori qualcosa di concreto. Potrei tirarne fuori molte altre, ma mi accontento di questo, per farvi capire che si fanno così, con semplicità, con semplicità, senza pensarci, e si fanno senza accorgersi. Ecco allora la necessità di dire a qualcuno: "Senta, el me diga par piassere: ghe xe qualcossa?". Tu capisci che, supponi viene da me, mettiamo don Guido, e mi dice: "Don Ottorino, el me diga se ghe xe qualcosa....". Per il momento non ho niente, magari, ma dopo due giorni mi accorgo di una cosa: "Ciò, don Guido, a proposito...", ma se no, non vado a dire una robetta così per farlo star male per niente. Ma se vedo uno che viene ogni tanto a domandarmi se c'è qualche cosa, se vedo una di queste piccole cose che devono servire a lui, non tanto per me, ma tanto per dove vivrà domani, io gliele dico, no, devo dirgliele: da papà perché vi voglio bene! Perché se no diventa pesante... "Attento qua... ma insomma, benedetto dal Signore!". Dovete essere voi preoccupati di non andare con le mudande fora! State attenti, figlioli, che il primo incontro con gli uomini è un incontro u-ma-no! Prima simpatia è una simpatia umana! Toni, xe vero o no? Che dopo no la diventa massa umana, per carità, se no 'ndemo fora de strada; ma il primo incontro è umano. Monsignor Sebben, e concludo, ha detto: "Quel giovane di quinta ginnasio - el ga dito - ghe go domandà l'altro giorno: ma parché te vui andar là? Par andar missionario! Ma missionario, ma, no ghe xe i Comboniani, i Saveriani... Parché proprio là? Perché me piase come che i xe fatti!". I cristiani primi, convertivano perché ai pagani piacevano come che i gera fatti. Voi convertirete quando vi mostrerete come siete fatti. Capito signori? Come siete fatti!

MO126,11[27-12-1966]

11.Ora lo so, vedete, che ci sono delle cose umane che a un dato momento..."Ma insomma, quelle stupidaggini lì, quelle robe lì, quelle robe lì!". Va ben, sì, qualche volta verrebbe voglia, specialmente uomini che vivono un po' l'unione con nostro Signore... insomma, 'ndemo drio... le xe stupidaggini quelle lì!
Per esempio, prendiamo quelle degli auguri, per esempio, no? È un dovere! Disì che xe abitudine: e va ben, se l'abitudine ghe xe bisogna tenerla! Se i la tien gli altri! Ti bisogna che te parli la lingua che i parla in altra parte, no? Se in altre parti i magna tre volte al giorno, bisogna che magni anca ti, bisogna che te te abitui anca ti a vivere come che i vive lori, no? Se i altri i va vestii in braghe, veto vestio in còtole ti? Bisogna che se adattemo all'ambiente dove vivemo, no? Perciò... Ora, anche voialtri no podì mia trascurare la parte umana, dire: "Ma, questo non me interessa!". Per esempio, ve domani, ve in una parrocchia, arrivè là, no. Bisogna fare una visita alle autorità: vien el sindaco a saludarve, dopo bisogna che ve a restituirghe la visita; dopo ve a saludare la signora... Ghe xe delle cose umane che non se pole, fioi, fare alla bona; ghe xe un vivere umano che bisogna per forza che se adattemo, a questo vivere umano, questa cortesia. Magari vien dentro una persona da voialtri, vien dentro, per esempio el sindaco, e... saludarlo su par la porta e basta, xe finìo: no podì no farlo entrare e offrirghe un bicerin, oggi, con la convenienza che ghe xe! Offrirghe tre torte e tre bottiglie, no! Sì fora de posto! Ma in mezzo ghe xe un bicerin, che el ghe sta ben... o un'aranciata, no? Mi me pare... Xe fadiga dire, fare una lista e dire: “Questo xe el vivere umano”, ma el se fa a forza de cantonate, eccetera. E ciò, doman passando, caro don Lino e compagni, voialtri ve là a Resende, e bisogna ca ve rangiè, ve rangiè. Ora, ricordève che ogni bela figura ca fe, ghe fe far bela figura a Cristo, e ogni brutta figura ghe la fe fare a Cristo, non alla Congregazione: anca alla Congregazione, ma a Cristo prima de tutto. Ora, mi me pararìa che dovarissimo essere preoccupà de non farghe fare brutta figura a Cristo, no? E perché? Perché, se el ne ga vossudo tanto ben el Signore, penso che no valga mia la pena farghe far brutta figura! E allora, ecco la preoccupazione di trovare l'equilibrio giusto che piace al Signore, tenendo sempre come principio quello che ha ricordato ieri sera don Guido: "Piacere a Dio e non dispiacere agli uomini". E così sia! 29 dicembre 1966