Incontro mensile di aggiornamento per il clero diocesano, al quale don Ottorino partecipava fedelmente.
Il riferimento è a monsignor Giuseppe Carraro, canonico della cattedrale di Vicenza.
Si tratta di Antonio Zordan, di Antonio Ferrari e di don Graziano Celadon destinati, insieme con don Pietro Martinello e Mirko Pasin alla missione del Chaco (Argentina).
MI158,1 [4-04-1967]
1 Ieri sono successe due cose. Mentre mi trovavo alla congrega , monsignor Carraro mi ha passato una lettera, una lettera dal Chaco, non diretta a me, ma a lui. Era di un sacerdote suo amico che, neanche a farlo apposta, è proprio in una grossa parrocchia della diocesi di monsignor Di Stefano nel Chaco. Descriveva un po’ la situazione e specialmente la Pasqua. Diceva: “È doloroso trovarsi in un centro di diecimila anime e fare le funzioni della Settimana Santa senza che nessuno partecipi. Fuori vi sono centinaia e migliaia di persone che stanno cantando, ballando e saltando, e in chiesa neppure una persona; ho dovuto fare tutto da solo”. Da solo? Forse avrà avuto la perpetua! “E a questo si aggiunga la situazione del calore, di un caldo insopportabile: ormai non ce la faccio più. Ad ogni modo, ormai, si tratta ancora di pochi mesi e poi ho finito e vengo a casa”. Insomma diceva che sognava la sua Italia, sognava un po’ il calore delle nostre parrocchie, sognava “... dove si fanno le cose, dove si cresce...”, in altre parole posti dove si raccoglie. “Fisicamente mi trovo così, così. Mi sono fatto visitare anche ultimamente, ma non riesco a mangiare... non riesco qua, non riesco là. Ad ogni modo, ritorno presto. So che devono venire qui dei sacerdoti, dei Religiosi della Pia Società San Gaetano di Vicenza. Saranno loro che prenderanno il posto, che potranno fare...”. Caro Antonio, caro Antonietto, caro don Graziano... Ho detto ieri sera a don Pietro Martinello : “Va’ da monsignor Carraro e fatti mostrare la lettera”. Figlioli, bisogna guardare alle missioni non con poesia, ma con la poesia della croce, la vera poesia. Quando San Pietro stava per scappare da Roma incontrò, secondo una leggenda, Nostro Signore che stava andando verso Roma e gli ha chiesto: “Quo vadis, Domine? Dove vai?”, e Gesù: “Vado a morire un’altra volta!”. Lasciamo stare la leggenda, ma la realtà è questa. Se l’andata di un apostolo verso un luogo di missione è considerata come: “Io vado per essere immolato!”, allora è realtà, altrimenti è poesia. Per esempio, la mia venuta verso questa terra di Saviabona è stata una venuta all’immolazione. Anche l’andata dei nostri fratelli a Crotone, a Monterotondo o al Guatemala o a Resende, deve essere considerata come un cammino verso l’immolazione. Non c’è niente da fare!MISSIONI
PASTORALE
VIZI scoraggiamento
CROCE
APOSTOLO missione
CONSACRAZIONE immolazione
Monsignor Giovanni Veronesi era stato rettore del seminario vescovile fino al 1923, anno della sua morte, lasciando il ricordo di una straordinaria pietà e di una profonda vita interiore.
Don Luigi Secco era insegnante di diritto canonico e vicerettore nel seminario vesovile.
MI158,2 [4-04-1967]
2 Quando il Signore mi ha chiamato ancora bambino al sacerdozio, mi ha chiamato all’immolazione. Io ho capito così il sacerdozio. Poco importa, scrivevo in liceo e in teologia nelle mie noti particolari, essere messo in alto o in basso, gli onori o i disonori, essere in prigione o bastonato, purché questa candela si consumi per Dio. Mi ha fatto tanto impressione una frase di monsignor Veronesi. Quando sono entrato in seminario nel 1927 circolava tra i seminaristi un opuscolo piccolo piccolo, un librettino con una candela sulla copertina, cioè c’era una candela e sotto l’immagine della candela era posta questa frase: “Poco importa quando, dove, come... purché questa candela si consumi completamente per il Signore”. Non importa niente dove, come, purché si consumi interamente per il Signore. Non importa se la vita dell’apostolo si consuma nel Chaco o in Italia, non importa se al caldo o al freddo, se in ottant’anni o in dieci o quindici anni, purché questa candela si consumi interamente per il Signore. Messo in chiaro questo punto, si può fare il resto, e allora si possono aggiungere tutte le attitudini umane. Ci diceva giustamente molto bene ieri, alla congrega, don Luigi Secco che bisogna studiare anche dal lato umano come si debba fare per penetrare in un luogo di missione, cioè come fare per inserirsi in mezzo alla gente. Noi abbiamo scelto le missioni in America Latina, praticamente in mezzo a popoli di cultura latina, per cui è abbastanza facile inserirsi fra loro perché sono un po’ come noi. Il luogo non è stato scelto a caso, perché se si fosse trattato di andare in Africa sarebbe stato tutta un’altra problematica da affrontare, e se fosse stata l’India sarebbe stato ancora peggio perché sarebbe stato necessario cominciare con tutta un’altra mentalità per inserirsi nel loro mondo. Quando voi vi porterete nell’America Latina, dopo un po’ di tempo, vi sembrerà di essere a casa vostra. Quando siete andati in Italia meridionale è stato lo stesso; a Roma lo stesso... perché le differenze non sono tali come potrebbero essere da qui alla Cina, per esempio. Differenze ce ne sono anche se io vado da qui a Verona, da qui a Venezia; c’è un po’ di differenza, ma la sostanza, più o meno, è sempre quella. Ora abbiamo cominciato le missioni in un luogo dove è abbastanza facile inserirsi nell’ambiente: ci vorrà un lavoro di inserimento, e va bene! In un secondo momento, quando i nostri fratelli torneranno dalle missioni o ci scriveranno, verrà fatto anche qualche lavoretto di missionologia, in modo da illustrare la realtà. Questo verrà fatto, bisognerà farlo assolutamente con l’andar del tempo in modo che i nostri missionari che partiranno in avvenire siano più preparati di quelli che sono andati adesso, ma preparati da un’esperienza fatta dai nostri, non da una esperienza fatta da altri. Supponiamo che un domani altri nostri missionari vadano a Zacapa; devono essere i nostri fratelli di Zacapa che ci dicono: “State attenti a questo e a questo...”, che ci preparano a questo inserimento. Questa è una cosa che faremo, e che si farà.SACERDOZIO
APOSTOLO chiamata
CONSACRAZIONE immolazione
AUTOBIOGRAFIA seminario
APOSTOLO missione
DOTI UMANE studio
MISSIONI vita missionaria
Girolamo Venco frequentava all’epoca il 3° anno del corso teologico.
Il professor Antonio Tisato era insegnante di filosofia e di scienze psicologiche e pedagogiche nel seminario di Vicenza.
Nel testo registrato si ascolta una voce, forse dello stesso don Erasmo De Poli che aveva partecipato evidentemente alla congrega del clero, che dice: “Il cristianesimo non è completamento di un valore, ma è rottura con i valori umani”.
MI158,3 [4-04-1967]
3 Però, figlioli, ricordatevelo: c’è una cosa che non può essere insegnata a scuola, che non può essere fatta dagli altri, ed è appunto la preparazione dell’individuo ad essere immolato. Prima di farvi la meditazione questa mattina ho pensato al tema perché, forse, qualcuno potrebbe scoraggiarsi e dire: “Allora torno da mia mamma perché è tanto difficile: essere immolato è una cosa un po’ difficile!”. E allora aggiungo un altro fatto capitatomi ieri. Ieri sono stato ad Altissimo, in casa dello zio di Venco. Quanti figli hanno in casa? Due? In casa c’è un ragazzo di sedici anni e una ragazza di vent’anni, handicappata, come se fosse paralizzata, seduta sulla sedia o legata. Quando sono entrato era seduta, faceva paura, masticava e mugolava come fanno quando sono paralizzati in quel modo. Era seduta su una poltrona, su una sedia bassa e mugolava. Non capiva niente, continuava a fare gesti, ed è così da vent’anni. Eravamo passati di lì e ci hanno offerto il caffè, e si sentivano rumori che sembravano muggiti. Pensate a un papà e a una mamma che devono tenersi in casa una ragazza così, che devono curarla in tutto e per tutto: è la loro figlia, e perciò devono farle tutto e devono sopportare giorno e notte sempre questa musica. È una creatura che ha vent’anni! Pensate alla situazione di uno che si sposa e ha una creatura così! E guardate che non c’è ne mica una sola di queste creature! Per esempio, Bottrè da quarant’anni che ha una figlia così. Ce ne sono tante creature così in giro! Quando sono entrato nella casa della zia di Girolamo, lei mi ha detto: “Questo è il nostro angelo, questo è il nostro angelo!”. Ecco la fede! Quella donna potrebbe andare al Chaco e fare la suora missionaria; quella donna potrebbe andare a Monterotondo, o fare la suora in qualunque parte. Perché? Perché la sua vocazione è stata di essere madre di famiglia, però ha capito tutto: “Questo è il nostro angelo!”; è una creatura che crede, che ha capito: “Il Signore ci ha mandato una figlia così, e va bene così! Il Signore vuole così... È il nostro angelo!”. Se un domani uno va al Chaco con uno spirito simile, anche se c’è caldo e non ce la fa più come ha scritto nella lettera il sacerdote che vi ho detto sopra: “Siamo in una situazione tale di calore... che non si ha voglia di fare niente, completamente niente. Tutto fa nausea; si ha proprio un senso di nausea di tutto...”, non cede. Se la mamma di quella povera creatura non avesse tanta fede, minaccerebbe di dire: “Ho voglia di mollare tutto! Sono stufa, sono stufa”, e invece dice: “È il nostro angelo, è il nostro angelo!”. È appunto su questo che volevo fermare la nostra attenzione stamattina. Il professor Tisato diceva bene ieri alla congrega, tanto che bisognerebbe fare un trattato, sottolineando che le cose di Dio non possono essere considerate alla stregua della filosofia. Lui parlava da filosofo, ma la sostanza era questa: le cose di Dio non possono considerarsi alla stregua della filosofia. Don Erasmo, non era un po’ questo il pensiero? Il cristianesimo è tutta un’altra cosa, è tutta un’altra cosa! Non si può partire dalla psicologia e completarla con il cristianesimo, perché questo è tutta un’altra cosa, è proprio rottura. Bisogna tener presente quello, bisogna sapere quello, ma guardate che il cristianesimo è rottura, è rottura completa. Il cristianesimo non è una logica umana, è tutta un’altra logica. Perciò il cristianesimo bisogna abbracciarlo com’è, e poi portarlo con quella prudenza umana che è necessaria, e perciò bisogna conoscere tutti i valori umani che volete, ma il cristianesimo bisogna conoscerlo com’è!CONSACRAZIONE immolazione
VIZI scoraggiamento
FAMIGLIA
VIRTÙ
fede
CROCE difficoltà
MISSIONI vita missionaria
Mario Pellizzaro, Giancarlo Farina e Albino Tomasi si erano ritirati mentre frequentavano l’anno di noviziato, al quale erano stati ammessi alla conclusione del corso ginnasiale.
Negli anni ‘60 cominciò a svilupparsi anche sull’altopiano di Asiago l’allevamento dei polli in batteria e questi allevamenti artificiali, data la grande quantità di escrementi, producevano odori poco piacevoli per il vicinato.
Don Ottorino vuol dire che tutta la sua giornata era ripiena dei problemi relativi alla Casa dell’Immacolata e all’Istituto San Gaetano, che necessariamente doveva affrontare.
Apocalisse 3,15-16.
MI158,4 [4-04-1967]
4 Figlioli cari, prendiamo come esempio, la situazione pratica. In questi giorni se n’è andato Mario Pellizzaro, poco tempo fa Farina, prima ancora Tomasi. Questi ragazzini sono stati curati, fatti crescere da piccoli; per loro ti sei sacrificato, ti sei occupato di loro ore e ore per tirarli fuori dalle crisi, per tenerli su... e ora vanno via! Inizi i contatti per vendere la colonia di Asiago e cominciano a dire che vuoi venderla perché c’è puzza per lo sterco dei polli , che hai cercato di imbrogliare il seminario dando ad intendere... Si tratterebbe, insomma, di un imbroglio che don Ottorino ha fatto perché voleva liberarsi della colonia di Asiago perché ci sono gli odori, perché c’è poca acqua, perché c’è questo, perché c’è quello, e non per altri motivi... Davanti a tutto questo a un dato momento ti viene voglia di dire: “Chi me la fa fare questa cosa? Vado a fare il cappellano a Durlo o mi metto a vendere fichi secchi, e così è finita!”. Se non fosse per il Signore, figlioli cari, se non fosse per il Signore! E dopo cominci con i fratelli, e con una storia e con l’altra... A un dato momento ci sono tanti di quei problemi che hai nella testa che sembra proprio che ci sia una morsa che ti stringe... Vengo di qua e ci sono i pannelli, vengo di qua e trovo la questione delle vocazioni, mi sposto di qua e trovo la casa di Asiago, mi sposto di qua e trovo quello di là, mi sposto di qua e vedo i problemi dell’Istituto... insomma, a un dato momento, dove devo spostarmi? Devo mettermi sotto il letto? Come si fa a vincere questa situazione, che più o meno è la vostra situazione anche se di altro colore e di altra forma, è la situazione del papà di famiglia, è la situazione di quella povera mamma e di quel povero papà della ragazza disgraziata? Come si fa a vincere? Questo si vince solo con la fede, perché certe realtà non si possono sopportare in modo umano, non si possono spiegare in forma umana. Con la fede è tutta un’altra cosa! In fatto di fede io penso che possiamo trovarci in tre condizioni: - la prima condizione può essere questa: la tiepidezza, essere tiepidi in fatto di fede; - la seconda: la poca fede, potrebbe essere un ostacolo; ho fede, ma non vivo di fede. - la terza: uno che ha fede, uno che vive di fede. Se uno vive di fede vince qualunque situazione. Se è un papà di famiglia accetta volentieri dalle mani di Dio anche un figlio disgraziato e dice: “Questo è il mio angelo, questa è la benedizione di Dio!”. Se uno ha fede, ma non vive di fede, è in pericolo di morte. Se uno si trova in stato di tiepidezza è già morto, è già morto! E la paura tremenda, oggi, è questa: che tanti e tanti vivano, specialmente fuori nel mondo, anche gli apostoli, in stato di tiepidezza.AUTOBIOGRAFIA
CONGREGAZIONE storia
CROCE difficoltà
VIRTÙ
fede
Menisco: si tratta di una lente concava da una parte e convessa dall’altra.
MI158,5 [4-04-1967]
5 Che cosa vuol dire stato di tiepidezza? La tiepidezza è uno stato assimilabile a quello fisico della tisi. Un tisico tu lo vedi pallido, tu lo vedi che non ha voglia di nulla, che non è capace di stare in piedi, di camminare, che non ha appetito. “No, questo no... questo sì...”. Lui vorrebbe mangiare e va cercando sempre cose nuove: “Oggi mangerei una minestrina con le tagliatelle”; gli preparano la minestrina e lui ne mangia appena due cucchiaiate. “Non avevi detto che la volevi?”. “Non importa... Mangerei degli gnocchi”. Gli preparano un po’ di gnocchi, ne mangia uno e poi li lascia là: inappetenza, indifferenza: “No, niente...”. Ecco la tiepidezza! Fratelli miei, con il mondo di oggi è facilissimo cadere nella tiepidezza: guardate che è facilissimo, cadere nella tiepidezza! Perché? Perché il mondo ci porta tanta polvere, il mondo ci porta tante cose, il mondo ci presenta delle cose che interessano. Io ricordo, per esempio, che quando ero liceale, in ginnasio-liceo, ho fatto una lotta tremenda con me stesso per non lasciarmi prendere dalla scienza e dalla fisica; ero appassionato della fisica, ma in modo tremendo! Quando mi buttavo dentro sia nell’ottica come nella termica erano cose da matti. Ma, cari miei, cari miei... Il padre spirituale mi ha costretto a continuare con quelle cose. Io gli dicevo: “Padre, per carità, mi distraggono troppo; non ce la faccio, perdo la fede...”. E lui: “No, tu le devi fare e salvare allo stesso tempo le altre cose”. Quello mi ha salvato. Adesso non sarei capace di fare un cosa e l’altra, se allora il padre spirituale non mi avesse preso per lo stomaco e non mi avesse costretto a tale ginnastica. Ero appassionato, per esempio, delle esperienze con l’ottica: piani convessi e menisco, menisco di qua e menisco di là , prova e riprova; una lente qua e una lente là, e un raggio che va di qua e un raggio che va di là. Come quando eravate piccoli e cominciavate a fare le esperienze, io ho rivissuto tutti i pezzi di lente che avevo, le decine di lenti che possedevo, le esperienze che facevo in liceo per conto mio: ero appassionato, avevo proprio la passione. E allora mi dicevo: “Faccio esperimenti fino alle cinque e alle cinque vado a fare la Via Crucis”. Questi strappi, questa ginnastica...! Cari, è un attimo lasciarsi prendere, perché, scusate, è inutile dire che queste non sono cose belle. Uno potrebbe dire: “Per me l’ottica non è affatto bella...”. Non sarà bella l’ottica, ma ti piacerà il calcio, e se non ti piace il calcio, ti piaceranno altre cose, ti piacerà uno sport di altro genere; insomma, ci sono nel mondo delle cose che, senza essere peccato, sono indifferenti, piacciono alla natura umana.ESEMPI tiepidezza
VIZI accidia
MONDO
AUTOBIOGRAFIA seminario
FORMAZIONE direzione spirituale
VIRTÙ
dominio di sé
L’allusione è al nome che aveva assunto don Luigi Furlato durante la sua breve esperienza vissuta con i Frati Francescani.
MI158,6 [4-04-1967]
6 Figlioli, se non vogliamo cadere nella tiepidezza bisogna assolutamente romperla con le cose umane. Durante la Quaresima parlavamo dei famosi idoletti, ma guardate che i nostri fratelli dei primi tempi della Chiesa andavano nel deserto, facevano uno strappo completo con il mondo, si separavano interamente dal mondo, lasciavano tutto, lasciavano proprio tutto! Noi, qualche volta, ridiamo sul passato, ma quando queste benedette suore, questi benedetti religiosi, si separavano dal mondo e cambiavano persino il nome facevano una cosa grande: noi ridiamo sul frate, ridiamo su fra Teodosio , però, guardate che sotto queste cose c’è qualcosa di grande. Uno lasciava il mondo, lasciava tutte le cose del mondo, persino il nome: era morto per il mondo! Cambiare il nome ha un significato: “Io sono morto per il mondo. Da questo momento cambio persino il nome. A un dato momento io mi sono sotterrato, buttato in un deserto...”. E può essere il deserto di un convento, può essere il deserto di una clausura, può essere il deserto anche di una vita contemplativa-attiva, ma io per il mondo non esisto più e le cose del mondo, per me, non esistono più. Quando io ho il necessario per vivere, quando io ho un giaciglio dove buttarmi, io sono interamente del Signore. Fratelli miei, la fede si conserva così. Anche il cambiare il nome, l’avere questo atteggiamento esterno è una cosa molto secondaria; quello che interessa è che spiritualmente siamo così e che dobbiamo essere così: “Io ho abbandonato tutto!”. Guardiamo il caso nostro: io ho abbandonato tutto e ho scelto Dio; ho scelto Dio e solo Dio, esclusivamente Dio. Ma se io piano, piano, comincio ad accendere una candeletta allo sport - non è per lo sport in se stesso, capite -, comincio ad accendere una candeletta alla televisione - “Sa, sarebbe utile che io vedessi quella cosa perché...”-, una candeletta a quel libro, una candelletta a quella rivista... sono tutte stupidaggini, ma sono quei fili che fanno una corda. Per poter usare di quelle cose dovrei poter essere capace di leggerle e ascoltarle meditandole. È fatica sapete! “Ma, allora, io?”. No, no, figlioli! Non vi dico di tagliare completamente perché dovete vivere in mezzo al mondo, ma vi dico che se non alimentate dentro di voi la vera fede è un disastro, è un attimo cadere nella tiepidezza. Sapeste quanti apostoli tiepidi ci sono nel mondo, e quanti genitori tiepidi! Qualcuno potrebbe dire: “Mah, io divengo papà di famiglia!”. Se hai questa vocazione, la tua strada è questa, ma ci possono essere anche genitori tiepidi. Quante famiglie, purtroppo, non vivono più la vita cristiana per causa dei genitori; quanto pochi sono quei genitori che - noi ne conosciamo qualcuno - alla sera, stando in piedi, recitano insieme la loro corona, sono un po’ i sacerdoti della casa!CONVERSIONE Quaresima
CONSACRAZIONE distacco
CONSACRAZIONE radicalità
MONDO
DIO idoli
VIRTÙ
fede
DIO centralità
di...
DOTI UMANE televisione
DOTI UMANE sport
PECCATO passioni
VIZI accidia
Rivista per ragazzi della casa editrice L.D.C. dei Salesiani di Torino.
Cfr. Esodo 4,10-17.
Cfr. Esodo, 4,16. La traduzione è quella fatta da don Ottorino nella sua contemplazione del versetto. La traduzione della CEI mette: “... e tu farai per lui le veci di Dio”.
MI158,7 [4-04-1967]
7 Oggi il mondo ha fatto molti progressi, ma spiritualmente arrischia di andare indietro. Ci sono ancora delle anime buone, sapete, ce ne sono ancora grazie a Dio, ma dobbiamo essere noi queste anime buone! Perciò, cerchiamo di avere paura della tiepidezza. Io ho una paura tremenda della tiepidezza, perché è un attimo cascarvi dentro, è un attimo precipitare nella tiepidezza, è un attimo. Alla sera vai in camera e invece di metterti a leggere la Sacra Bibbia, ti viene voglia di leggere ‘Meridiano 12’ , e pensi: “Non ne ho voglia! Sono stufo, sono stanco; tanto per distrarmi un pochino prendo ‘Meridiano 12’. Che male c’è?”. Niente, per carità! E se volessi prendere in mano un altro giornale, un’altra rivista, così, per distrarmi un pochino? E dai oggi, e dai domani... Domani questo e dopodomani quell’altro, a un dato momento cominci a gustare più quelle cose che non la Bibbia, che non i libri nostri che sono il pane sostanziale, e piano, piano, piano... Non si deve dire: “Leggo ‘Meridiano 12’ alla sera e allora casco nella tiepidezza!”: ma no, non è questo! Se non vogliamo cadere nella tiepidezza bisogna mangiare, figlioli; per non cascare nella tisi bisogna mangiare, mangiare; bisogna prendere in mano i libri santi, non soltanto per dire: “Beh, tanto, dai... facciamo lettura spirituale”, ma per meditarli, pensarci e mettersi in contatto con Dio. È da un paio di giorni che sono stato colpito da una frase della Sacra Scrittura. Ecco gli scherzi del Signore! Stavo leggendo la storia di Mosè - la storia come storia l’avete letta tante volte - quando il Signore gli ha detto: “Tu adesso vai dal faraone...”. Mosè ha risposto: “Signore, sono cose da farsi? Io, tu lo sai, sono anche balbuziente...”. Ma il Signore ha insistito: “Aronne sta venendoti incontro per quando andrai verso l’Egitto... C’è già Aronne che sta venendoti incontro!”. Il Signore sapeva questo perché aveva dato ordine ad Aronne di andargli incontro, e allora ha detto a Mosè: “Non avere paura!”. E Mosè: “Non potresti mandare un altro? Proprio me, proprio me?”. “Proprio te. - ha detto Dio - Non avere paura. Io sarò sulla tua bocca e ti guiderò”. A pensarci sopra sono parole che fanno tremare: “Io sarò sulla tua bocca e sulla bocca di Aronne. Dunque, non avere paura: io sarò sulla tua bocca e sulla bocca di Aronne, e Aronne sarà la tua bocca e tu gli sarai Dio”. Vi rendete conto? Non poteva il Signore prendere Aronne che non era balbuziente? No, il Signore vuole che sia Mosè l’uomo della liberazione, nonostante sia balbuziente, e che Aronne sia la bocca di Mosè, il Signore promette che sarà sulla bocca di Mosè e sulla bocca di Aronne, e dice: “Sta’ attento, perché Aronne sarà la tua bocca e tu sarai per lui come Dio, quale Dio!”, cioè il rappresentante di Dio, la voce di Dio!MONDO progresso
VIZI accidia
PAROLA DI DIO Sacra Scrittura
Don Pietro Martinello era stato operato da poco all’orecchio destro, e allora don Ottorino sottolinea questa sua deficenza fisica.
Don Ottorino nomina dapprima mons. Eugenio Dal Grande, professore di Sacra Scrittura nel corso teologico del seminario vescovile, e poi mons. Carlo Fanton, vicario generale della diocesi di Vicenza.
MI158,8 [4-04-1967]
8 Figlioli, vi rendete conto degli scherzi del Signore? Per esempio, un domani, c’è Antonio Zordan nel Chaco. Il Signore potrebbe servirsi di don Pietro, ma supponiamo che sia balbuziente, balbuziente da un orecchio... Il Signore, per quell’anima, vuol servirsi di un assistente: vuol salvare quell’anima, però vuole servirsi di un assistente. Allora che cosa capita? Il Signore sarà sulla bocca di don Pietro e sulla bocca di Antonio; però Antonio sarà la bocca di don Pietro e don Pietro sarà quale Dio. Queste cose si capiscono soltanto se si capisce la volontà del Signore. Supponi che un domani don Pietro sia superiore e io sia insieme con lui: lui deve essere quale Dio e io devo essere la sua bocca, e lui e io siamo nelle mani di Dio. Tutto questo è un mistero di fede, figlioli, che non si spiega in forma umana; è mistero di fede! Non possiamo umanizzare il nostro lavoro: abbiamo un tale compito nel mondo che con un lavoro umano non facciamo niente; se invece agiamo sul piano soprannaturale sconvolgiamo il mondo! Ma se andiamo con armi solo umane, non facciamo niente! Ieri c’è stata la congrega, e tu, don Erasmo, ricordi che monsignor Dal Grande parlava davanti al microfono. A un dato momento si è spostato, e allora non si sentiva quasi niente. All’inizio era davanti al microfono, ma poi si è spostato verso monsignor Fanton, parlava e improvvisamente è cascata la voce. Il nostro lavoro apostolico è proprio così: finché siamo davanti a Dio e parliamo in contatto con Dio la nostra voce riempie e sconvolge il mondo; quel giorno che ci umanizziamo con tutti i nostri bei ragionamenti, ma non siamo legati con il soprannaturale la nostra voce cade. È come uno che parlasse in cattedrale di Vicenza, il vescovo che parlasse, e improvvisamente manca la corrente: tu vedi il vescovo che gesticola, ma non senti la voce. Forse qualcosina di quello che dice il vescovo nella cattedrale di Vicenza si sente, ma se invece di essere la cattedrale di Vicenza fosse la basilica di San Pietro e tu sei nel fondo, vedi solamente uno che gesticola. Figlioli miei, bisogna proprio che stiamo attenti: non dobbiamo lasciarci prendere dalla tiepidezza! Possiamo essere tiepidi, ed è facile, è facile, è facile! Salviamoci dalla tiepidezza!VOLONTÀ
di DIO
VIRTÙ
fede
APOSTOLO predicazione
APOSTOLO missione
DIO rapporto personale
ESEMPI predicazione
VIZI accidia
MI158,9 [4-04-1967]
9 Seconda condizione della fede... ma il tempo è passato. Possiamo essere uomini non tiepidi, ma uomini di fede, con una fede ordinaria, cioè buona gente, che crede... Non è sufficiente! Se vogliamo vincere le difficoltà che incontreremo sul nostro cammino occorre una fede vera. Portiamo un esempio pratico e portiamoci all’interno di una famiglia, di una nostra famiglia. Se in essa c’è la tiepidezza, non c’è niente da fare. Vorrei dire che una famiglia nella quale c’è la tiepidezza spirituale o è albergo o è trincea. Voi sapete che vi sono tre tipi di famiglia: albergo, trincea e santuario. La famiglia in cui c’è la tiepidezza o è un albergo o è una trincea. Dove c’è fede, la fede vera, ci può essere abbastanza un santuario, se non ci sono prove straordinarie. Ma se ti capita una figlia disgraziata, ci vuole una fede eccezionale perché resti santuario. Cioè se capita una prova un po’ forte in famiglia, ci vuole molta più fede, bisogna che a un dato momento la gente viva di fede per poter sopportare quella prova; non è più sufficiente una fede comune per sopportare quella prova. Non so se ho reso il pensiero, ma mi pare abbastanza chiaro. E allora la zia di Venco dirà: “Questo è il nostro angelo!”, se vive di fede. Ma se non vive di fede: “Pensi che sono vent’anni... Comunque, facciamo la volontà del Signore! Ma, se sapesse, qualche momento...”: ecco una fede comune! E invece chi vive di fede dice: “Questo è il nostro angelo! Ecco, questo è il nostro angelo!”. Figlioli, voi siete chiamati ad andare in una famiglia dove c’è più di un disgraziato in casa, e perciò una fede comune non vi basta, non è sufficiente. Voi siete sposati con una signora che ha tanti figlioli disgraziati che non avete neanche idea. Una fede comune vi metterà nella condizione di dire: “Ooohhh, quella volta! Ooohhh, se fosse adesso non mi sposerei neanche per sogno; basta, non andrei prete! Ma... insomma, uffa!”. Ecco, una fede comune mette in queste condizioni. Se invece vivete di fede direte: “Questo è il nostro angelo! Questo è il nostro angelo!”. Troverete un comunista che vi fa patire e tribolare: “Questo è il nostro angelo!”; troverete gente che dopo aver fatto loro del bene vi calunnia: “Questo è il nostro angelo! Questa è la mia provvidenza!”. Figlioli miei, in nome della Madonna e delle anime, cerchiamo di vivere di fede, rendendoci conto che la pazzia della croce si capisce soltanto se crediamo che in cima alla croce c’è uno che è disceso dal cielo, è morto per noi, vive nel tabernacolo, è risorto e ci attende.VIRTÙ
fede
CROCE difficoltà
VIZI accidia
COMUNITÀ
FAMIGLIA
SACERDOZIO prete
APOSTOLO missione
CROCE