1 Ieri, don Marcello Toniolo, che verrà qua questa sera con quasi una trentina di giovanotti a fare un po' di ritiro qua, un po' di ritiro, santa Messa, poi un po' d'incontro con noialtri, è stato ad Assisi a fare un corso di esercizi spirituali con don Rossi; è andato con Graziano, quello che è morto, di cui celebreremo presto i funerali, vero... Lì c'è Carretto, il famoso Carretto; e lì vivono in una piccola casetta, hanno la piccola cappella: mezza giornata vanno a lavorare, mezza giornata, tre ore e mezza, mi pare siano tre ore o tre ore e mezza di adorazione. Don Marcello è andato lì insieme con Graziano, e Carretto ha detto: "Finora abbiamo sbagliato la forma dell'adorazione. L'adorazione non è mettersi dinanzi a un re lontano, a un sovrano, eccetera; è mettersi coscientemente dinanzi a uno che è nostro amico". E siamo abbastanza in casa nostra, no? Ha detto proprio queste parole qua: "... coscientemente dinanzi a uno che è nostro amico e parlare con lui".Quando tu hai un amico... Cossa vuto, due amici non i la finisce più de ciacolare, no? Cosa ghin dito, Marco? I se cata che xe un piasere. Come Lussia e Veronica, no? Le se catava che gera un piassere. Bene, quando ci incontriamo con lui, dobbiamo incontrarci con un amico: sforziamoci di farlo sempre, ma specialmente all'inizio della meditazione. Proviamo adesso.
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2 Siamo ancora alla prima meditazione della prima sera degli esercizi spirituali, la quale è divisa in tre punti, no?Gli Apostoli, durante il loro ritiro, avevano veramente coscienza della loro responsabilità apostolica; secondo, avevano il senso della loro deficienza e della loro incapacità; terzo, erano ripieni di fiducia. Mi pare che questi erano i tre punti.E siamo arrivati al terzo punto, se non sbaglio, no? Dobbiamo fare la terza meditazione, cioè fermarci un pochino su questo. Però, prima di fermarci sulla confidenza assoluta che devono avere gli apostoli in Cristo, voglio sottolineare ancora il primo punto. Perdonate, lo sottolineo soltanto; dopo cerchiamo di scappar via. Cioè, coscienza della responsabilità apostolica.Noi, quando abbiamo fatto questa meditazione, ci siamo soffermati in questo e abbiamo detto: noi siamo responsabili del mondo intero. Ricordate, no? Abbiamo detto: non dobbiamo chiuderci e dire: "Beh, mi fasso el cappellan, là; mi fasso el parroco, là; mi fasso l'assistente qua o là”. Noi siamo responsabili del mondo intero. Come in una famiglia: uno lavora in stalla, uno lavora i campi... però lavorano tutti per la stessa fameja, no, per cui, se ghe xe un temporale, quello della stalla corre in mezzo i campi. Si lavora insieme, no? Non i sta in quattro in stalla e uno in mezzo i campi. Se è necessario andare tutti nel campo, tutti nel campo. Siamo tutti una famiglia e siamo responsabili di tutta la campagna. E la campagna, nel caso nostro, è il mondo intero.Ora attenti, entriamo adesso in un particolare per non restare un po' sulle nuvole. Quando diciamo "siamo responsabili del mondo intero", abbiamo il dovere di vedere se noi siamo come dobbiamo essere per poter salvare il mondo. Ecco, i punti che sottoporrei alla meditazione sono questi.
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3 Primo: io devo collaborare con Dio e con i miei superiori per la formazione di me stesso.Vedete, non siamo un pezzo di marmo che viene preso, portato dallo scultore e lo scultore forma la statua, non siamo un pezzo di marmo. Siamo uomini, ed essendo uomini noi dobbiamo collaborare per la formazione di noi stessi. Dobbiamo metterci perciò in uno stato di collaborazione. Perciò, non entriamo nella Casa dell'Immacolata e si va avanti così, un tanto al cento, perché già "verremo fuori preti o verremo fuori assistenti". No, no! Dobbiamo cercare con coscienza cosa vuole il Signore da ciascuno di noi. Dobbiamo sforzarci, e sforzarci realmente, di vedere... e questo lo capite chiaramente che non lo potete fare a tavolino da soli.Per esempio. Uno che va sacerdote non può dire: "Beh, io vado avanti perché voglio essere sacerdote". No! Devo vedere quale sacerdote voglio divenire io. Perché non può avere lui lo stampo del sacerdote della Pia Società San Gaetano. Uno che va assistente non può dire: "Io vado avanti così, intanto, facendo poi una derivante un po' delle qualità che devo avere". No! lui deve pensare un pochino a quale deve essere l'assistente, il diacono della Pia Società San Gaetano. E perciò deve andare lui a cercare un pochino, e deve aprire non soltanto la facciata esterna, ma anche l'interna ai suoi superiori. E dire: "Guardate, io la penso così, io lavoro così. È così che deve essere l'assistente? È così che deve essere un prete?". Cioè ci deve essere proprio un lavoro personale, umile, docile da parte dell'individuo per divenire, con l'aiuto di Dio, con l'aiuto dei superiori, con il lavoro proprio, eccetera, quello che Dio vuole.
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4 Non so se ho reso il pensiero. Don Piero, sonti ortodosso o no? Femo proprio una conversasion de fameja. Stè attenti, un assistente, ciapemo un assistente. Nella Chiesa di Dio adesso sta venendo fuori una figura nuova: diacono, assistente, eccetera. Ora nessuno può avere dinanzi... Perché, supponiamo, uno va in seminario, vede don Piero vicerettore e dise: "Ben, mi me piase diventare...", ha già i modelli davanti di quelli che sono i sacerdoti diocesani. È chiaro, no? Il padre spirituale, i superiori, eccetera eccetera. Io quando sono entrato in seminario, avevo davanti a me mons. Volpato, mons. Scalco, i miei superiori, il padre spirituale e cercavo di forgiare la mia vita un pochino su quelli, no?Ora, venendo qui, una Congregazione giovane, nuova: questa benedetta Congregazione giovane e nuova non può avere i modelli in testa, stiamo facendoli, no? Questo benedetto modello del prete della Pia Società, questo modello del diacono della Pia Società, deve venir fuori dallo Spirito santo, figlioli. E allora nessuno... Sarebbe pazzo quel tale che dicesse: "Go capìo. Adesso me fasso mi, penso mi a farme... Dai, se mettemo in tre quattro e se femo...". No, figlioli, non potete voi dire: "Ci mettiamo in tre quattro e ci facciamo". Non è la derivante di una società di amici che si mettono a fare una statua. È la derivante di continue ispirazioni che il Signore dà a uno o alla collettività, ma ispirazioni che vengono da Dio.E voi sapete che fin dall'inizio ci radunavamo insieme a pregare, a pregare, a pregare, e a domandare a Dio: "Che cosa vuoi, Signore? Cosa devo fare, Signore?", non fare quello che vogliamo noi. È chiaro? Ora vedete, è una cosa un po' difficilina.Per esempio: supponiamo, adesso, quest'oggi qua, io vedo che mancano tanti alla meditazione. Qualcuno può dire: "Ma io la faccio per conto mio la meditazione, perché, sa, mi trovo meglio". Ma non può uno rendersi responsabile della propria formazione in una Congregazione religiosa! Sbaglio? Non può! "Sa, io mi formo io, mi formo io". Perché ad un dato momento questo io, questo tizio, questi tizi possono farsi una idea del Religioso e tutti gli altri non vanno bene se non sono come loro. Ora, per me è una cosa gravissima questa: uno che si prende una responsabilità di questo genere qua.
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5 Per esempio, c'è la meditazione in comune. Uno deve essere dispensato, deve venir a domandare: "Perché non posso... Guardi che questa mattina mi è impossibile; posso essere dispensato, posso qua e là?". È giusto, no? Ma dopo deve fare un esame di se stesso, ed analizzare se stesso, e non dire: "Io sono a posto perché faccio così!". No! Ed è questo che vorrei dire proprio; vedete, bisogna che siate tanto umili, tanto umili da andare a domandare qualche volta a chi è in testa nella Congregazione: "El me diga un po': ghe pare che sia secondo il modello che vuole il Signore? Sembra a lei che sia proprio come vuole il Signore?".Ecco guardate che se c'è un caso in cui bisogna dire che nessuno è giudice in causa propria, è proprio questo qua, no? Nessuno è giudice in causa propria. Non potete essere voi che dirigete la mano a chi ha il dovere di formarvi. Ecco! Non avete voi il prototipo del sacerdote e dell'assistente, perché è una cosa, tra l'altro, che il Signore rivela passo passo. Ti fa vedere un po', no, ma dopo ti lavora passo passo. Sono tutte pennellate che dà il Signore per istrada, che non diamo noi.Ecco, questa è la prima cosa. Io sono responsabile del mondo intero. La mia responsabilità, prima cosa, mi fa lavorare me stesso. E se io non lavoro me stesso secondo il piano di Dio, e non secondo il piano mio, io mi rendo responsabile del bene che non farò, per causa mia.Non so se... ti, maestro dei novizi, semo d'accordo su ste robe qua? C'è qualcuno che non è d'accordo? Venco, sito d'accordo? Che dopo non disì che digo bestialità. Toni? Cioè, è inutile... Parlemo così, in fameja, mica tante storie... Se c'è qualcuno che vuole spiegazioni su questa roba qua, alza la mano, o senza alzare la mano, alza la voce. Zeno, semo d'accordo? No, proprio, da boni amici.
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6 Cioè, guardate che è importantissima questa roba qua, è importantissima. E il demonio è tremendo su questo punto qua. Cioè ci metterà, ad un dato momento, per esempio, Lorenzo, ecco là: "Sì ma... per conto mio se sbaglia qua... qua, per conto mio... Sì qua... sì là... sì sotto... sora...". Ma no, figlioli, no! Va’ a vedere se tu sei come sei. Guardati un pochino nello specchio: c'è il padre spirituale. Ma non basta il padre spirituale. Il padre spirituale non vede esternamente, a meno che non sia uno proprio di casa, che vive insieme con te. Hai bisogno, vero, Lorenzo, di andare da chi è vicino a te. E può essere don luigi, può essere don Ottorino, può essere don Guido, può essere un amico, può essere un domani anche don Piero: "Don Piero, cosa te pare? Che sia...". Scusa, se te te volti torno un pochettin... "Varda, ti sì sporco la schena", e allora el te grata un pochettin, el te pulisce un pochettin e el te mette a posto.Figliuoli, questa umiltà ci vuole, di non essere noi gli artefici di noi stessi, perché se no guardate che facciamo fiaschi. Sarebbe come che Vittorino si mettesse là a imparare una canzone e dire: "Questa è sinfonia di Beethoven". Ecco là. E va spifferando, e magari la xe quela de Fric-Froc, vero? Gnente da fare.Secondo: Siamo responsabili della formazione dei nostri fratelli. Io sono responsabile della mia formazione e non devo fidarmi di me stesso. Devo chiedere, devo chiedere! Fa compassione qualcuno: "Ma, ma... bisognaria! Ma, mi qua...". Meno sentenze, più umiltà e guardarsi nello specchio dei superiori, che possono essere pieni di miserie, ma sono coloro che Dio ha scelto, pur essendo pieni di miserie, per dire se l'è bianco o l'è nero. E dopo si discuterà insieme, eccetera, ma... finché volete, ma da boni amici.E nello specchio dei propri compagni: correzione fraterna. Andate da qualche amico; vedi un compagno buono, domanda: "Cossa ghin dito de mi? Dimelo!".
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7 Ma siamo responsabili anche della formazione dei nostri fratelli.Io salgo in macchina, in quella di don Piero. Don Piero dixe: "Andemo via con la mia". Montemo in macchina e dovemo andare fino a Roma. Partendo, io mi accorgo che c'è una ruota, la ruota davanti, che ha un gnocheto così. “Non tocca mia a mi! Mi ca vaga a dirghe a don Piero!”. Mi fermo al distributore di benzina e quello del distributore vede e dixe: "Varda un gnocheto là", el dixe. “E ben, non me toca mia a mi!”. Saria da insulso, ma scusa! Partire con don Piero, nell'autostrada del sole, savendo che ghe xe un gnocheto davanti: non me toca mia a mi! Ma montare insima anca! Almanco lo gavesse lassà andare da solo! Ma montare insima e andare in compagnia!Ora, scusate, c'è un confratello che tu vedi che ha un difetto, che non è secondo la carità, tu vedi che non suona come dovrebbe suonare un Religioso della Pia Società San Gaetano, e tu, e tu, no, rimani insieme con lui e dici: "Non tocca mica a me!", e domani andrai in macchina con lui; magari domani andrete in tre, proprio tu, lui e un altro, a lavorare magari in America, dove che bisogna correre a cento all'ora, con una ruota che ha un gnochetto davanti. E voi sapete che un gnochetto davanti di solito suona marcia funebre, perché quando si tratta di qualcosa davanti, è un disastro, no?Ora, fratelli miei, abbiamo il dovere perché quello è un fratello nostro, ma perché è membro della Congregazione, ma perché quello può addirittura farci saltare tutti. Perciò proprio in virtù della responsabilità che abbiamo del mondo intero, non soltanto sono responsabile della mia formazione, ma devo aiutare il fratello ad essere come Dio lo vuole. Perciò quando tu ti accorgi che il tuo fratello ha qualche cosina che non suona, non chiudete gli occhi; fate a meno di fare la comunione che è meglio, andate là, date una mano al vostro fratello."Ma mi costa... ma mi risponde male...".Lo so che costa, figlioli. Lo so che tante notti non si dorme quando si è data una bastonata a uno, per esperienza; ma dobbiamo darla, perché se no non si può andare a dir Messa, se no non si può fare la comunione. Perché fare solo quello che fa piacere è facile, essere ambasciatori di caramelle è facile, ma essere ambasciatori di amarezze, costa. Ma è un dovere, ricordatevi, è un dovere!Dico male? Ulisse, dimme la verità, almanco parla ti, che te vien là da "chillo paese". Sito d'accordo con quello che digo? No xe vero che bisogna fare così? Eh, se no andemo in "chillo paese" là, quello basso.
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8 Terzo: Siamo responsabili delle vocazioni, tutti. Perciò, non si può dire: "Beh, insomma, andemo avanti, toca Venco, toca uno, toca l'altro...". Siamo responsabili tutti delle vocazioni.Perché guardate, sul passaggio di Toni Pernigotto qua, Dio ha messo, supponiamo, un giovane che ha fuori un filo piccolo così, dove che lui poteva andare a prenderlo e pian pian, pian pian, poi tirarlo a Dio. lui non è stato attento. Così sa, parlava de vin, parlava de campi e parlava de vacche, e nol xe sta attento a quel filo. Si è dimenticato di essere conquistatore del mondo e non ha visto questo piccolo filo che c'era. Magari un ragazzo, magari un giovane... non l'ha visto. Non si è pulito gli occhi con la preghiera, con la mortificazione per le vocazioni e perciò non sentiva questo problema. Perché non ha pregato, perché non aveva messo il mondo davanti. E allora non ha visto questo piccolo filo. E passa vicino. Supponiamo che quel piccolo filo fosse il filo di uno, per esempio, Zeno. Scusatemi tanto, tutto quel che volete, ma che ci sia o non ci sia Zeno non è mica la stessa cosa in Congregazione e nella Chiesa di Dio. Va bene che può darsi che nel mondo avesse fatto dieci volte meglio, che fosse padre di ventiquattro figli: dodici suore e dodici frati. Tutto quel che volete. Però, amici miei, guardate che un prete o un diacono può fare cose grandiose nel giro di trenta quarant’anni, e che ci sia o non ci sia non è mica la stessa cosa.Per esempio, un card. Rossi che ci sia o non ci sia, non è mica la stessa cosa. Un prete disgraziato è meglio che non ci sia, ma un prete santo, guardate che non è la stessa cosa che ci sia o non ci sia.Ora, ognuno di noi potrebbe essere responsabile di non aver toccato quel filo, di non aver tirato quel filo. Perciò, per conto mio, uno che non sente il problema delle vocazioni, non sente il problema della conquista. E se non sente il problema della conquista, povero uomo! Povero uomo, perché non è un missionario.
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9 Un vero missionario sente il bisogno di essere come Dio lo vuole, non come lui, che si è creato un piccolo mondo, vuol essere. Sente il bisogno di aiutare i fratelli ad essere come Dio li vuole, e sente il bisogno, ma proprio forte, forte, di trovare altri fratelli, scelti da Dio, perché siano i conquistatori del mondo. E allora nella preghiera: "Signore, dimmi... Manda, manda vocazioni per il diaconato, manda vocazioni per il sacerdozio". E allora se è possibile fare un piccolo sacrificio: "Signore, per le vocazioni". E allora: "Speta che go visto un toso, speta che ghi n'ho visto un altro". Prende un sacerdote: "Me raccomando, galo qualche giovanotto che...". Insomma è un cercatore di vocazioni. Perché fa parte dello stesso programma, non ghe xe gnente da fare. "Ma... tocca a questo...". Ma non è mica vero che non tocchi, figliolo, perché fa parte della conquista.Signor consigliere? El me varda e el me compatise. I ga da dire: stamattina don Ottorino se ga sveià con la luna par traverso. Avete qualcosa da obiettare? Michele? Guardate che è una responsabilità tremenda, don Piero caro.Mi me fa paura, savio, ste robe qua. Pensate che un solo prete ci sia di meno nella Congregazione per causa mia, ovvero uno un po' freddo perché io non sono come Dio mi vuole, io non sono all'altezza perché non ho, - lasciamo stare i talenti perché uno può essere... - ma io non ho corrisposto sufficientemente alla grazia di Dio, e non ho il colore che Dio vuole da me, sono responsabile della tonalità di tutti! Oh! Mica scherzi! “Eh, allora scapo via!”. No! Perché se te scapi via, allora capita come Giona che va per aria la nave, el Signore te corre drio.Qua bisogna prendere da uomini, siamo uomini di responsabilità. Il quieto vivere non è possibile in tempo di rivoluzione. Siamo in tempo di rivoluzione. Guai se la nostra non continua ad essere una rivoluzione. È la rivoluzione più grande che ci sia nella storia la conquista del mondo a Cristo, figlioli. Se la diventa una roba stazionaria, una roba... Guai, guai, guai, è un disastro! E il rivoluzionario ha in mente una cosa sola: la sua rivoluzione! E la nostra rivoluzione è quella del Cristo.Ecco, adesso si innesta bene la meditazione che dobbiamo cominciare adesso.
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10 "Malgrado la sproporzione che esiste tra la responsabilità degli Apostoli e le loro deficienze, siamo costretti a rilevare che essi avevano una immensa fiducia".Ah, certo! Come fasso mi ad essere come vuole Dio? Come fasso a convertire i miei compagni? Come fasso? Caro mio, col Signore. Da solo no. Tu prendilo per mano, strenzilo, no? Non te molo miga, se dixe. Tu che lo ricevi nel cuore ogni mattina, stringilo al tuo cuore, no?"Avete notato ciò che è detto alla fine del Vangelo di San Luca, sulla gioia degli Apostoli dopo l'Ascensione? Ci saremmo aspettati che fossero molto tristi perché il maestro li aveva lasciati e perché si trovavano soli. In realtà è detto molto chiaramente: 'Ritornarono a Gerusalemme pieni di gioia'. Perché tale gioia? Mi sembra si possano dare due spiegazioni. In primo luogo essi gioiscono perché Gesù, loro maestro carissimo, è entrato nella gloria del Padre. Gesù infatti aveva detto loro: 'Se mi amaste, godreste che vado al Padre'. Egualmente Gesù aveva detto loro: "Vi conviene che io vada, perché se non vado, non verrà a voi il Consolatore, se invece io vado, ve lo manderò". Inoltre Gesù aveva spiegato loro quale sarebbe stata la missione dello Spirito santo. Aveva detto anzitutto che lo Spirito santo avrebbe fatto comprendere loro l'insegnamento che Egli aveva impartito: " Ma il Consolatore, lo Spirito santo, che il Padre invierà in mio nome, vi insegnerà ogni cosa, e vi rammenterà tutto ciò che io vi ho detto".Mi fermo perché voglio lasciarvi un paio di minuti per meditare.Lo Spirito santo, figlioli, farà il resto. Dobbiamo credere alla presenza dello Spirito santo dentro di noialtri. Diceva il prof. Peretti domenica: "È una cosa spaventosa, per un sacerdote, sedersi in confessionale, dover giudicare, dover dirigere le anime". Sedersi da solo è cosa spaventosa, concedo; con lo Spirito santo, nego. Perché se tu sei veramente unito allo Spirito santo, e hai studiato e ti sei preparato, “noli timere”! Lo Spirito santo interverrà lui, se hai studiato, se ti sei preparato.Ora, vedete, è vero che siamo niente, è vero che siamo pieni di miserie, ma guardate che abbiamo Dio con noi. Dobbiamo credere a questa promessa del Signore: "Io sarò con voi fino alla fine dei secoli". E siccome gli Apostoli i xe andà in Paradiso, adesso continuiamo noi ad avere lui, no, continuiamo noi la missione apostolica.Perciò sentire che là in Guatemala c'è Dio, che hanno il tabernacolo, che quando vanno in gita di qua, di là, c'è Dio in macchina con loro, sentire che non vanno da soli, sentire la presenza del Signore. Tu vai con la tua jeep là in mezzo, a una scuola, per parlare: non entri solo, entri con Dio. E anche se gli altri non lo vedono, tu lo devi vedere, tu lo devi sentire. E quando parli devi sentire che le parole non sono tue, devi preoccuparti di dire le parole di Dio. Tu sei il profeta di Dio.Vedete, quando sentite Dio, allora non avete più paura di niente. Anche le imprese più difficili diventeranno facili. Non avrete paura che vi manchi il cibo, perché sapete che Dio ha promesso il cibo. Non avrete paura che vi manchi la parola, perché Dio vi ha promesso la parola. Non avrete paura di chi vi uccide, perché Dio ha detto che non vi uccideranno l'anima, uccideranno solo il corpo. Non avrete paura delle calunnie, anche se vi capiterà qualche fiasco, se vi capiterà qualche croce, qualche delusione, anche se dopo aver lavorato vi bastoneranno; lo sapevate. Dio vi dirà: "Lo sapevi che doveva capitare così". Ecco, questa fiducia nella presenza del Signore. Questo è possibile soltanto se noi qui, nella casa di formazione, siamo abituati a parlare con lui, siamo abituati a fidarci di lui, a non sostituirci a lui.Ecco, diciamolo adesso concludendo la nostra meditazione: "Signore, tu sei con me e io voglio restare con te". State attenti: lu el ga dito che el sarà fino alla fine del mondo; noi gli promettiamo di restare con lui almeno fino al giorno della morte.