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L’APOSTOLO È RESPONSABILE E FERMO NEL SUO AGIRE

MO342 [17-01-1971]

17 gennaio 1968

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1 Don Giuseppe, se non lo sai... Intanto presentiamo gli auguri a Giuseppe, a tutti i Giuseppe che son qua. Ghe xe don Giuseppe, e dopo basta? Vinicio, vero, che xe el nono de casa... el Giuseppe de casa... Siccome è l'ultimo giorno che ci troviamo per la meditazione prima della festa di San Giuseppe, caro Giuseppe, i più veci xe don Giuseppe Giacobbo, don Giuseppe Rodighiero, e facciamo gli auguri anche al nostro caro don Giuseppe per il suo ingresso trionfale nella città di Gerusalemme del Laghetto. È la Congregazione che prende possesso attraverso lui, no? Perché è un impegno, me pare, anche di tutta la Famiglia religiosa. Perché se sa che i benefici dopo i va divisi tutti quanti insieme, e ghe ghemo messo apposta don Angelo per controllarlo. Vero, don Angelo? Carabiniere...
Fratelli miei, l'ultima volta abbiamo letto il numero 2 delle delibere e ci siamo incappati in qualche parola e ci siamo un po' fermati. Le rileggiamo, almeno un paio di righe; vediamo se c'è qualche altra parola e poi corriamo via. "Per favorire la crescita umana coltivino in particolare la sincerità d'animo, il senso di responsabilità, la fermezza, eccetera, eccetera". Ci sono tante belle pargolette; fermiamoci un momentino sul “senso di responsabilità”.

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2 Il nostro caro don Giuseppe Rodighiero può dire: "Beh, insomma, queste sono cose che spettano ai filosofi, ai teologi, eccetera, quelli che sono filosofi... Ma in chiesa, qua, in campo di meditazione parlare di queste cose qui!". Ecco io direi che proprio qui bisogna parlarne, perché il senso di responsabilità per conto mio è importantissimo, è necessario, non soltanto per una parte umana come potrebbe essere quella della buona creanza, no, buona creanza, è logico, se tu vai... se tu ti presenti male... ti presenti un po' disordinato nel vestito, ti presenti in una forma un po' con certi gesti un pochino da bifolco, è chiaro che non sei bene accetto, il messaggio che porti. Non è vero? Ma qui invece incidiamo nel vero e proprio messaggio.
Nel senso di responsabilità, per esempio. Prendete un medico che non ha il senso di responsabilità e continua a giocare una partita di carte invece di andare a fare un'operazione urgente, un'appendicite perforata o una peritonite: capite che quello può far morire una persona, no? Ovvero va ubriaco a far un'operazione: deve far un'operazione al cervello e prima sta là e beve, beve e beve e poi va là, ha la mano che trema, e invece che andar a cercare il cervello qua va a cercarlo qua o viceversa, no, o al cuore... impianta dentro e cava fuori il cuore, e dice: "Eh, lo metemo a posto in cima al tavolo che andemo meio, vero". Capite? Ora, quel senso di responsabilità che deve avere un professionista fuori, penso che noi dobbiamo averlo in modo particolarissimo, no? Cioè, scusate, se un macellaio deve aver il senso della responsabilità quando el taia una bestia morta per vender carne, per non far fiasco, chiaro? Bisogna saverla taiare per poterla vendere, perché altrimenti si trova che vende la carne e in fondo non prende neanche i soldi che ha spesi per comprar la bestia, no? E bisogna che sappia dire: "Questa xe...", el diria Valentino la "fessa", la fessa, no, saper vedere: questa vale tanto, questa vale tanto... sapere un po' scegliere i pezzi nella vendita. Buttar su el tochetelo de osso: "Spetta, par fare el brodo...". “Là, reverendo, là, reverendo, par far la polenta per don Matteo, poveretto, che el vive de polenta”. Savì, no? Son sta là e assistevo mentre stava vendendo la carne. "Ah, - el dise - sta carne... per fare el brodo ghe vole un tochetelo de osso, de quelo... Vao mi torlo, quelo che va ben!". Intanto un toco de osso... el te ga tacà su un terzo o due terzi de osso... "Un brodo...". Intanto el ghe ga fato pagare per carne, logico, no? Bisogna saver fare.

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3 Ora, state attenti: se il senso di responsabilità è necessario nella vita, nella famiglia, per poter tirare avanti la barca, nella professione, voi capite chiaramente, vero, che è in modo particolarissimo necessario per noi. Bisogna che ci rendiamo conto che la nostra, diciamolo, professione, che è una eresia per conto mio, professione, diciamola missione, ma se vogliamo metterla nel rango delle professioni è la più difficile, è la più difficile: la formazione delle anime.
Poi, guardate, per esempio, don Antonio e Sergio che ha tutti i mestieretti, no, attacca fili, tacca qua, tacca là, e tac, imbrocca e el sente, el fa... Sa, uno che ha in mano tutta la parte elettronica, tu vedi che sa maneggiare... Beh, cosa difficile! Ma la nostra è ancora più difficile: l'“ars artium regimem animarum”, è ancora, vero, vero, voi che ve ne intendete di latino? Altro che vero! È difficilissima. Domani prendere un'anima, cari miei, e portarla su, portarla su. Si presenta a voi un povero Pietro, un rozzo Pietro pescatore di Galilea e farlo diventare un Papa, amici miei, non è mica la storia di 2.000 anni fa... è la storia di sempre, perché invece di un rozzo Pietro può presentarsi a voi un piccolo Domenico Savio, un monelluccio di campagna e dovete farlo diventare un San Domenico Savio. Può presentarsi a voi un piccolo monelluccio che può diventare un San Pio X, può diventare un Papa Giovanni. Non sapete... Quando voi avete in mano, avete in mano un pezzo di sasso, non sapete Dio perché abbia creato quel sasso. Quando voi vi incontrate con un fanciullo, voi non sapete che disegni abbia Dio in quel fanciullo.

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4 Voi vi incontrate in direzione spirituale, per esempio, con quei ragazzetti, adesso voi, don Giuseppe, don Matteo, vi incontrate con quei ragazzetti là, sti piccoli bambini delle medie, vero, che abbiamo di qua, faccio apposta, vero, questi bambini, ma voi non sapete che uno di quelli potrebbe essere un Papa domani, che potrebbe essere stato scelto da Dio per essere un... per essere... per una missione straordinaria, immensa nella Chiesa di Dio. In ogni modo, se anche non è per una missione straordinaria esternamente, può essere sempre una missione straordinaria nel, anche nel piccolo, nel rango di una parrocchia, di una famiglia... ehm... lì!
Ora, amici, non abbiamo mica da scherzare. È qualche cosa di più dirigere un'anima che non fare delle operazioni al cervello, operazioni al cuore, è qualche cosa di più grande. È soltanto che là ti accorgi che uno è morto, e qua non ti acccorgi che va via più ammalato di prima, magari, no? Quante volte il sacerdote avvicina un'anima e quell'anima va via più ammalata di prima, quante volte anche i medici chiudono e hanno ammazzato una persona invece che farla guarire, no? E allora, guardate, questo senso di responsabilità, sapere che noi siamo chiamati a compiere delle operazioni di altissima chirurgia, siamo chiamati a compiere delle azioni di altissima elettromeccanica o, che so io, elettronica, no? Dobbiamo mettere in contatto le anime con Dio, mica scherzi, eh! Dobbiamo aiutare le anime a camminare sulla strada di Dio... Ora, questo senso di responsabilità: "Io adesso sto facendo un'operazione". Non è mica lo stesso quando che il professore gioca una partita a ping pong o fa una operazione al cervello; è una cosa ben diversa, no? E io devo sapere che adesso sto facendo una cosa che anche se sbaglio non importa niente; là non devo sbagliare. Ora, vedete, questo senso di responsabilità non nasce improvvisamente in noi. Senso di responsabilità che vuol dire: io sto per fare una cosa, e devo farla bene perché ho il dovere di farla bene, devo rispondere a Dio di questa mia azione, no?

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5 Ora questo senso di responsabilità, guardate, non nasce improvvisamente. Vedi se tu non hai il senso di responsabilità, scusate, con la carta che è in gabinetto, con la bicicletta che usi, con la scopa che adoperi, con i libri che hai, con la cucitrice in laboratorio, o con un'altra macchina che ti è affidata, non sta credere, non l'avrai domani nelle operazioni di alta chirurgia o di alta spiritualità. Ora, un uomo non fa salti, la natura non fa salti. Se tu sei abituato ad essere preciso, sarai preciso nelle piccole cose e anche nelle grandi cose. Non puoi dire: "Domani sarò preciso", non puoi dire: "Domani, quando sarò prete o sarò diacono, allora, allora le cose le faccio sul serio". No... con la leggerezza che oggi tu spazzi la tua stanza, con la leggerezza con la quale tu raccogli un libro o tagli un pezzo di carta o raccogli la cartaccia per terra, con la stessa leggerezza tu andrai a confessare, andrai a predicare, andrai ad avvicinare un'anima: così alla buona, così alla buona. Ora, le cose non si possono fare alla buona!
Ci sono certi mestieri dove, se anche le cose vanno fatte un po' alla buona, non casca niente. Per esempio, andar a fare el boaro, anche se quando che te tiri su la roba con la cariola ghin resta un pocheta de qua e de là... el paron, se l'è un pochetin duro, el te dixe su, ma insomma... i clienti che xe dentro in quella stanza non i protesta miga, vero, i clienti che xe dentro nella stalla non i protesta miga perché te ghin lassi un poca de roba. Il paron podarà protestare... Ghe xe anche qualche altro mestiere, vero, dove che, se insomma te lassi fora qualcossa... Per esempio, quei che xe là in cimitero, che i seppellise i morti, che i tira su sti ossi, anche se i lassa qualche osso storto, i mette xo male qualche morto, nol protesta mia. Ma ghe xe certe cose, cari amici miei, dove non ci sono processi... Non ho mai visto io citato in tribunale un prete perché non ha diretto bene un'anima in confessionale... Ma dove tutti i nodi vengono al pettine quando che è in fondo... Non ho mai visto citato un prete in tribunale perché non ha predicato sufficientemente il Vangelo, perché non è stato sufficientemente umile, caritatevole... Sì, è stato citato perché ha fatto delle porcherie con qualche ragazzo, è stato citato perché ha bastonato qualcuno, sì, di queste cose qui, ma non per il resto che è molto, molto più grave. Ora, io credo che non si possono improvvisare gli apostoli...

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6 Ecco, allora, siamo ancora sulle virtù umane, caro Dario, dato che tu ridevi prima: se noi non le coltiviamo da giovani come sei tu, quando sarai vecchio come Piergiorgio non ci sarà più niente da fare. Cioè, in altre parole, questa virtù umana dell'equilibrio, cioè del senso della responsabilità: "Io devo... mi hanno dato in mano di fare una cosa, e va bene, devo farla bene". Non devo dire: "Questa è una piccola cosa o una grande cosa: mi hanno dato da compiere quell'azione, io devo portarla fino in fondo". "Mi hanno dato da far le particole - dice Vittorino - e io allora devo riuscire a farle bene. È chiaro! Andrò in cerca degli esperti, troverò don Guido che è esperto in materia...”. Ieri sera ha detto, modestia a parte, che aveva otto anni quando ha incominciato a far particole e a mangiarle, vero, naturalmente, e allora subito si è fatto avanti Vinicio e ha detto: "E mi le magnavo col latte e fasendo andare de male el latte"; qualcuno ha detto, e Marco: “Mi le magnavo col vin perché le gera più bone". Comunque andiamo in cerca degli esperti, ma devo riuscire a farle bene. Vi vien affidato una cosa: non riuscite? Andate in cerca, domandate, ma si deve far bene: ecco il senso della responsabilità!
E se no, onestamente, si dice: "No, non ce la faccio, non riesco, non sono capace, ci vuole qualcuno che mi dia una mano". Ma non... "Perché hai lasciato là quella cosa?". "Ma... non ghe la fasevo". No! Il senso di responsabilità ti dice: "Non ci riesco", vai da chi te l’ha data e dici: “Non ci riesco...”, e ritornala in mano a lui... non lasciarla piantata là. Voi capite che su questo campo si potrebbero trovar tante cose: per far vedere le robe fuori posto, per far vedere le cose fatte a metà, per far vedere le cose che vanno in malora perché non si continua... ci sarebbero tante cose da dire... Basta un po' di esame di coscienza. Ma io vorrei... volevo questa mattina sottolinearvi: guardate che queste cose si ripercuoteranno nel vostro apostolato, e queste cose che forse oggi sembrano delle inezie, delle inezie perché... domani non saranno più delle inezie. Ti viene affidato un vaso di fiori? E va bene... dopo tre mesi... "Quel vaso?". "Ma, sa... go visto che non vegneva su...". No! Tu dovevi restituirlo a quello che te lo aveva affidato e dire: "Guardi, io non ci do più da bere a quel vaso di fiori, io non lo prendo più in consegna; l'ho preso in consegna... adesso prendetevelo voi, perché io non ce la faccio più". Ma quel senso... cominciando proprio vorrei dire da un fiorellino così a un'anima. E onestamente domani si dice: "No! Io non faccio più il prete perché, perché è inutile che io vi illuda e dire che sono una mamma che dà da mangiare a un figlio e lo faccio morire di fame". Vi sono due modi per ammazzare un bambino, eh: uno prendere un coltello e ammazzarlo, e uno fare a meno di dargli da mangiare, no? Una mamma fa a meno di dar da mangiare al suo bambino e muore di fame, e non la mandano mica in tribunale, se sa far bene, no? Quanti bambini e quante anime che muoiono di fame nel campo nostro per la mancanza di questo senso di responsabilità! Non illudiamoci, fratelli miei: si può andare all'Inferno senza avere compiuto peccati mortali direttamente, o comunque compiuti lo stesso. Non è vero, Giuseppe? Se in questo campo lor signori hanno qualche cosa da aggiungere, se no indichiamo un'altra parola ancora... Vi sembra abbastanza sviluppato il pensiero?

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7 È messo ancora qui un'altra parola: fermezza e responsabilità, la fermezza e la fedeltà nell'agire.
Nel passato si è detto che dovete essere testardi. Voi capite chiaro che quelle famose macchine che si fermano quando vedono la salita, cosa ne facciamo? Quando voi avete una macchina che va solo in discesa o appena, appena in pianura, voi non potete affrontare un viaggio verso Roma perché per forza troverete gli Appennini, no, buona parte in salita. Voi dovete per forza fermarvi ad un certo punto. Ora, non è testardaggine la fermezza. Una certa fermezza nell'agire, una certa forza, vorrei dire anche nell'agire, che non è da confondersi con la superbia, non è da confondersi con la testardaggine... Fermezza vuol dire... va bene, scusate. Mi hanno detto di impiantare un palo per terra, trovo un sassetto e mi fermo... No! Viene uno e el dixe: "Ma no, saria meglio impiantarlo de qua, impiantarlo de là...", eccetera, eccetera. Va ben! Ti farà un'osservazione, andrai a domandare, parlerai, ma poi il palo deve andar giù, non c'è niente da fare, il palo deve andar giù. Domani, caro Giorgio, ti diranno: "Vai ad Ars, manca l'amore di Dio". E va bene, e tu andrai e ti sforzerai di impiantare l'amore di Dio. Ma come? Non saprai come fare, e allora ti metterai in chiesa davanti al Signore e dai e dai e fin che l'amore di Dio va giù. La fermezza la troviamo tante volte nei ragazzi giovani quando hanno una cosa da fare e la vogliono fare a qualunque costo, no? I se impunta, i vole farla, e allora mettono a disposizione tutte le riserve auree che hanno in casa per poder portar in fondo quella cosa lì. Ecco, bisogna che nella nostra vita le azioni che decidiamo di fare, decidiamo di fare, bisogna che le portiamo avanti con quella fermezza. Qualche volta io ho notato questo: che, per esempio, dico a don Giuseppe: "Don Giuseppe, mi fai un piacere? Fai questa data cosa". E allora lui la fa con una certa fermezza perché gliela ho ordinata io, perché se no sto male. "Don Ottorino me lo ga dito e...", cioè misuriamo l'ordine e lo mettiamo in rapporto con la fermezza. Viene dall'alto, e allora più fermezza. È giusto, c'è anche una legge di natura, no? Il quadrato della distanza, velocità, eccetera, eccetera, sti anni, no? È logico. Invece no. Io direi, io direi così: ossia teniamo ferma pure quella legge lì, il quadrato della distanza. Non è quadrato della distanza, mi pare, no? La velocità non va con il quadrato della distanza? Una volta non la andava cussì? Xe cambià? Beh! So che gera la legge fisica che andava cussì press'a poco, no? State attenti, state attenti... viene, mi permetto di dire... state attenti! La legge resta ancora ferma press'a poco; no la xe cussì press'a poco?

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8 Resta questo: viene un ordine a don Giuseppe da don Ottorino e dice: "Senti, don Giuseppe, - non gli domando "fammi un favore" - fa’, ho una cosa urgente: fammi questa cosa". E lui lascia impiantà tutto e fa questa cosa; ci mette tutta la fermezza nel farla, anche se trova delle difficoltà... Bisogna farla, insomma, bisogna che ghe rivemo. E se non è capace da solo, va a domandare a don Guido, domanderà qua... deve portarla in fondo, vuole portarla in fondo, no? Se c'è l'impossibilità allora si ferma, ma fin che c'è possibilità di trovare consiglio, di trovare aiuto, la vuole portare in fondo. Se invece che avergliela detta io questa cosa, gliela avesse detta il Papa, è chiaro che ci metterebbe ancora più fermezza, no, perché peso ancora più grande, vien giù dall'alto. Ora, se invece la cosa l'ha decisa lui, è facile: "Ben, ben, va là! La farò un altro giorno; non ghi no voja", cioè... a un dato momento, dinanzi alla difficoltà, lui può fermarsi e dire: "No! Me fermo, me fermo perché vedo massa difficile, eccetera". Ho reso il pensiero?
Guardate che ho notato tantissime volte delle persone che iniziano una cosa e non vanno avanti fino in fondo perché, perché insomma l'han decisa loro, hanno trovato delle difficoltà e hanno detto: "No, non ghe xe niente da fare". Mentre se fosse venuta da un'altra parte più alta, forse avrebbero, avrebbero pressato di più. Ora, ecco, a me pare, non so se sbaglio, che se noi a un dato momento quando stiamo per fare un'azione, per esempio, piantar cavoli nell'orto... andiamo in chiesa o ci consigliamo o ci sforziamo che l'ordine anche se è suggerito da noi non sia più nostro, è chiaro, e cioè sottoponiamo a Dio, e lo sottoponiamo proprio con sincerità questo ordine in modo che l'ordine di piantare i cavoli non sia mio, non sia una passione mia, anche se è venuto fuori da un gusto mio, ma io devo spogliarmi di questo, sottoporlo al Signore, proprio dire: "Signore, varda, se tu vuoi io li impianto, ma sarei dispostissimo a non impiantarli per carità... ma", a un dato momento allora quell'ordine non è più tuo, lo hai presentato a lui e diventa ordine di lui e allora tu lo porti in fondo con testardaggine fino in fondo come se fosse ordinato direttamente da Dio.

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9 Scusate, io penso che se tante volte non mi sono perso di coraggio, cominciando dal sottopalco, quando più di una volta si trovava da dire: "Mando in malora tutto", va bene, penso che la forza l'ho trovata in questo. Perché, guardate che ci sono tante cose che ti vengono ordinate e le fai. Mons. Rodolfi ti ordina di fare una cosa... Ma lo fai per forza; morire, ma la fai, no? Ma se tu parti in una cosa e trovi una certa difficoltà, la natura umana, amici miei, tira indietro, niente da fare. E allora trova tutte le scuse: "Ben, ben, ben, massa difficile, xe impossibile, per carità". Trovi uno che te dixe: "Te si matto", quell'altro che dise che te si insulso, quell'altro qua; trovi che effettivamente nascevan difficoltà; trovi che non ci sono soldi, trovi una storia... e dici, a un dato momento dici: "Ma, per carità, ma non ce la faccio, molo tutto, lascio tutto, no?" Invece no!
Tu devi pensare: se io l'ho pesata dinanzi a Dio, - ed è qui... bisogna fermarci, pesarla dinanzi a Dio, che non sia cosa mia - l'ho pesata con il mio padre spirituale, l'ho pesata con i miei superiori, adesso non è più mia questa cosa qua, è un ordine che io ho ricevuto. Come le Costituzioni: noi le abbiamo fatte, le abbiamo presentate alla Chiesa... adesso non son più nostre, è un ordine che abbiamo ricevuto. Non so se ho reso il pensiero. Allora io nell'eseguire non posso più dire: faccio quello che voglio. Quando io ho pesata una cosa dinanzi a Dio non posso più dire... Faccio una promessa al Signore? Pensaci prima di fare una promessa, ma se l'hai fatta adesso non sei più tu, è come se il Signore te l'avesse comandata. Faccio voto di andare a piedi a Monte Berico: pensaci prima di fare il voto, consigliati e va piano... ma quel giorno che hai fatto il voto, tu devi andarci... “Ma... ma...”. Non c'è niente da fare, è come se Dio ti avesse detto: "Io voglio che tu vada a Monte Berico". "Ma l'ho scelto io...". Sì, ma dovevi fare a meno di sceglierlo.

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10 Allora, vedete, nel modo di agire nostro, se stiamo ai principi che ci siamo posti, e cioè quello di fare non la nostra volontà, ma quella di Dio, di sottoporre tutte le nostre azioni al Signore, allora a un dato momento diventiamo testardi di quella testardaggine santa dei santi, che non si sono fermati dinanzi alle difficoltà. E allora troviamo sul nostro passo il rifornimento anche materiale, oltre che spirituale.
Quel famoso caso che vi citavo una volta: che se fossimo sulla autostrada e ci trovassimo improvvisamente senza benzina e non ci fosse distributore e verrebbe fuori, no, verrebbe fuori la famosa canna dalla terra, se siamo andati in nome del Signore però, se siamo stati mandati da Dio; ma se siamo andati noi così distrattamente, eh, allora no. Ora, ecco la preoccupazione in tutto il nostro agire: fermarci un momentino, sottoporre al Signore, in modo che le nostre azioni siano le azioni di Dio e non le nostre azioni. Può darsi che ci siano sbagli in radice, in partenza, ma almeno dobbiamo sforzarci... allora c'è il Signore che fa il "mirabilius reformasti", no, che a un dato momento la fa sua, a un dato momento la stonatura sua, scusate, la stonatura nostra diviene sua in quanto che la fa diventare una musica moderna, che è piena di stonature, hanno detto, no? O meglio una dissonanza, vero, così... Perché lui cambia l'armonia, perché noi abbiamo buttato una nota sbagliata, siccome non lo volevamo fare, lui cambia l'armonia, e nessuno se ne accorge, e crede che sia stata creata così, la musica. Invece il Signore l'aveva pensata diversamente, e per venire incontro a noi ha modificato tutta una armonia. Guardate che il Signore farà questi miracoli. Vedete, se noi sul nostro cammino continuiamo a vedere la provvidenza che ci segue, che ci... che ci perseguita quasi un pochino, guardate che lo vediamo per questo.

MO342,11 [17-01-1971]

11 Guardate anche là nel cinema, per esempio: ci siamo sforzati di metterlo dinanzi al Signore. Se questa mattina io mi accorgessi che non è la volontà di Dio, va tutto giù per l'Astichello. Ma neanche, neanche rimpiangerei, come buttassi via un granello di sabbia che ho sotto le scarpe, ma vi assicuro... butteremmo via tutto. Ma che cosa interessa a me cinema o non cinema... Interessa il salvare le anime, e mi par che quello rientri. Può darsi che abbia sbagliato in partenza, per carità, ma se mi accorgessi oggi che non è la volontà di Dio che non... che non rientra in questo, butteremmo via tutto, no?
Ma siccome che lo sforzo è questo, allora ci vuole la testardaggine: c'è da fare una cosa e la si fa. Bisogna stampare? Si devono stampare. Si sbaglia la prima volta, si sbaglia la seconda volta? Non importa! Sbagliassimo anche cento volte, finché non mi accorgo che non è la volontà di Dio... Quel giorno che me ne accorgessi butto via anche se vien fuori bene. Venissero fuori stampate benissimo le pellicole, mi accorgessi che non è la volontà di Dio... ma, si butta via e non si discute. Vengono fuori male anche per un anno, due anni, tre anni? Va bene, riusciremo, piano, piano riusciremo a farle andar bene. Andremo in cerca di competenti, andremo in cerca di chi ci aiuta. Non ci si perde di coraggio perché non vengono fuori bene... Se è volontà di Dio bisogna farlo venir fuori bene. È chiaro? E allora il Signore è presente. E allora domenica sera, vi ricordate che vi dicevo, e ho finito, vi dicevo che adesso ci occorreranno soldi per la fine del mese? Vi ricordate, no? Ed è arrivata la telefonata, e ho trovato i soldi e se li volete ve li do, se volì comprare le caramelle quest'oggi. Eccoli qui, due milioni, arrivati proprio per il cinema, proprio per il cinema, per pagare i soldi che occorrevano a fine mese, per la stampatrice e robe del genere... Non solo...