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L’APOSTOLO SENTE L’AMORE DI AMICIZIA DI GESÙ

MO208 [17-11-1967]

17 Novembre 1967

MO208,1 [17-11-1967]

1 Diamo il benvenuto al nostro caro fratello Graziano. Speriamo che, nonostante le lacrime effuse, vero, sia riuscito ugualmente a dormire. Chissà che sogni ch'el garà fatto stanotte, chissà che sighi ch'el garà mandà, chissà come ch'el garà domandà: "Signore, portame via, portame casa!". Bepi, dove sito? Gheto sentìo sigare stanotte? Gnente?
Bene fratelli, quando c'è brutto tempo così, te ciapi l'aereo... un po' su, co te si sora le nuvole te, vedi el sole. Anca voialtri un pochettin adesso: via, sora le nuvole, incontriamoci col Signore un momentino. Silenzio. Vi ricordate che ho detto che il nostro caro mons. Ancel praticamente ha predicato un corso di esercizi spirituali, corso che noi faremo durante tutto l'anno. Le meditazioni che abbiamo fatto finora, non erano altro che i punti della meditazione che lui ha dettato la sera prima, per iniziare il corso. E ha detto ai sacerdoti: "Guardate che noi siamo come gli Apostoli, abbiamo dinanzi il mondo, siamo povere creature, però nel nome del Signore possiamo fare tante cose". Adesso incomincia il corso di esercizi spirituali, e nel corso di esercizi spirituali c'è la parte purgativa e la parte illuminativa: cioè prima ci purifichiamo un pochino, ci incontriamo col Signore negli esercizi, e poi il Signore che ci aiuti a camminare. E non è mica male se facciamo questo cammino durante l'anno, no? Però, ci mette prima una meditazione, che io non so se sia una o più di una che faremo noi, dove dice: questo cammino che noi facciamo, facciamolo insieme col Signore. Perché non dobbiamo farlo da soli, no? Questo cammino per purificarci, questo cammino per essere illuminati, facciamolo insieme con Gesù. Perciò dice questo. "Per fare questo itinerario, e per meglio incontrare Cristo, c'è una condizione preliminare. Ma essa non è semplicemente una tappa: è una condizione per la riuscita del vostro ritiro. - Io direi per la riuscita della nostra vita; il ritiro continua per tutta la vita, no? - È necessario che ci sentiamo in qualche modo circondati dall'amore di Gesù. Sappiamo quanto egli ci ama. Ricordate le parole che rivolgeva al Padre parlandogli dei suoi Apostoli: "Erano tuoi e li hai dati a me". Egli ci guarda dunque nell'amore del Padre. Ricordate anche le parole che Gesù ha detto ai suoi Apostoli: "Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi". Se egli ci ha scelto, è dunque perché ci ha amato e ci ha amato di un amore di predilezione. È nella coscienza di essere così amati che noi andremo verso di lui". Perciò, ecco la meditazione di questa mattina: rendere presente a noi l'amore che Gesù ci porta. Guardate che è interessante, sapete, sapere di essere amati. Sul piano umano, Graziano, no? Te senti che na toseta te vol ben, te vien a savere che la te vol ben, che xe mesi e anni che la pensa a ti, ahhh, te ve a casa quella sera! Ben, savere che fin dall'eternità il Signore ci ama, che non c'è amore sopra la terra più grande dell'amore che il Signore porta a te, Raffaele. Non c'è mamma, non c'è papà, non c'è don Piero, che te ga menà ieri sera a vedere i burattini... cioè speta, per carità, se no offendo, vedere chi che canta, eccetera! Figlioli, non c'è nessuno! L'amore del Signore, l'amore che lui ti porta. "Se vogliamo ben comprendere l'amore di Gesù per noi, dobbiamo rifarci all'amore umano. Infatti, l'amore con il quale Gesù ci ama è certamente un amore divino, ma è un amore che si è incarnato nella natura umana di Cristo. Egli ci ha amato con tutto il cuore".

MO208,2 [17-11-1967]

2 Gesù ha amato la Madonna, no? Voleva tanto bene alla mamma sua, la Madonna. Qual'è il bambino che non ama la mamma? Non è vero là, John, anche tu ami la mamma, no? Per questo sei preoccupato di non diventare bianco, per non far piangere la mamma quando vai a casa, no? È così! Anche Gesù amava la mamma, voleva bene alla sua mamma. Gesù amava i suoi amici, no? Ebbene con quello stesso cuore, con quello stesso amore ama anche me, vuol bene anche a me.
"D'altra parte, si può aggiungere che, nella Bibbia, più volte l'amore di Dio per il suo popolo è presentato sotto forma dell'amore di uno sposo per la sua sposa, l'amore di un padre per il figlio, o l'amore di una madre. Gesù ci ama di un amore di amicizia. Ora l'amicizia domanda che si sia presenti a colui che si ama e sta qui il primo effetto dell'amore di Gesù per noi". Lo so che l'avete fatta anche ieri sera questa meditazione, ma noi dobbiamo - portate pazienza - rifarla. Vogliamo mettere la base un po' alla nostra meditazione. "Egli, che è in cielo presso il Padre, eternamente vivo presso di lui in una felicità perfetta, ha voluto, perché ci ama, venire ad abitare in mezzo a noi: 'Il Verbo si è fatto carne ed ha dimorato tra noi'". Quando siamo in chiesa, lì da soli, un momentino, passando vicino alla chiesa: "Ma, perché sei venuto qua, Signore?". Se venisse adesso, un momentino, caro don Piero, venisse qua don Piero Lanzarin, qua: "Ghe xe don Piero De Marchi?". "Sì. Volivito qualcosa?". Ciò, a sta ora qua don Piero Lanzarin che vien in cerca de don Piero De Marchi! "Cossa vuto? Te occoreva qualcosa?". "Scusa se son qua. No, son vegnù per saludarte". Co el va via: "Orco, el me vol ben don Piero Lanzarin!", no?

MO208,3 [17-11-1967]

3 Perché Signore Gesù sei venuto qua? Perché sei nel tabernacolo? "Perché ti voglio bene. Perché voglio essere insieme con ti". Varda che è bello, no? "Voglio restare insieme con te. Te vojio ben. Me piase stare insieme con ti!". Non solo, ma: "Voglio aiutarte! So che te ghe bisogno e son vegnù aiutarte. Voglio darti una mano, perché tu hai da andare in Paradiso e hai una lunga strada da fare; hai da salvare anime, da solo non ce la fai, caro don Gaetano". "Ma io so parlare". Non importa niente, non ce la fai. "Ma - dice Giorgio - io sono licenziato in filosofia". "Ma, mi dispiace, Giorgio caro, non ce la fai da solo. Sì, lo so, so che sei licenziato in filosofia... Ti ricordi quella volta che te stavi per prendere quattro e te ghe ciapà dieci perché te go suggerio mi, te go fatto el saggio mi? Non ce la fai da solo, non ce la fai".
Che bello guardare il tabernacolo e sentire un amico che è venuto qui proprio perché voleva restare insieme con me. Adesso Vinicio, poareto, va a casa perché ha il fratello che non sta tanto bene. Ho celebrato la Messa per lui stamattina. Tu arriverai a casa e tuo fratello dirà: "Vinicio, te si qua, come mai?". "Eh, son passà e son vegnù a saludarte". Il fratello è contento. Perché? "Ciò, el me vol ben Vinicio, no? L'è vegnù a saludarme, el me vol ben". Ebbene, col Signore deve essere la stessa cosa, figlioli. Bisogna sentire che c'è uno lì dentro, bisogna stabilire questo rapporto con uno, proprio pensare: guardate che ci vuol bene, ma ci ama più di quello che Vinicio ama suo fratello, più di quello che la mamma di Vinicio ama Vinicio e viceversa, senza offendere il cuore di Vinicio, che è grande come quello de un bò. "Il mistero dell'Incarnazione è dunque un mistero di amore. Inoltre dice la lettera agli Ebrei: 'Non abbiamo un sommo sacerdote che non possa compatire le nostre debolezze, ma uno che è stato provato in tutto a somiglianza di noi, salvo che nel peccato'".

MO208,4 [17-11-1967]

4 "Eh, el dise lu, ma nol ga provà!". Sa, quando tu vai a consolare, per esempio, uno al quale è morta la mamma: "Eh, don Ottorino, lu el capisse, perché xe morta anca a lu so mamma". Tante volte se sente dire: "Sì, lu me capisse perché anca lu el ga provà essere senza mamma, e penso che quella volta anche a lu, poareto, che xe morta so mamma". Bisogna aver provato, no, bisogna aver provà.
Tu vai a trovare una persona e magari ti sei rotto una gamba tu, sei stato a letto qualche giorno con una gamba rotta, vai a trovare uno che ha la gamba rotta: "Lu me capisse, vero, perché el ga provà anca lu. Gli altri i dixe, ma non i ga miga provà". Invece Gesù, fuorchè il peccato, ha provato. Ha provato, per esempio, la sofferenza. Quando noi ci lamentiamo perché non siamo capaci di portare la croce. Ma rendetevi conto cosa vuol dire per Gesù: "Padre, se è possibile passi da me questo calice, ma sia fatta la tua volontà". E vedere davanti la flagellazione, l'incoronazione, schiaffeggiato, crocifisso. Ma vi rendete conto cosa vuol dire? Provate voialtri. E poi si può andare avanti, vero? Gli scherni e poi, eccetera. Eppure lui ci ama e accetta per amore. E ha provato lui. Non c'è dolore, non c'è sofferenza, non c'è abbattimento che colpisca noi... E guardiamo..."Beh, te disi ti, Signore, ma ti non te ghe mia provà!". "No, figliolo, ho provato, ho provato: l'abbandono, l'ingratitudine, l'ho provata! Venite qua voi tutti che siete affaticati e stanchi, venite qua e io vi ristorerò". Ricordo a Grumolo quando che mia mamma era ammalata, c'era don Giuseppe Messi, poveretto, che era stato ammalato tanto tempo all'ospedale, e comprendeva mia mamma. E mia mamma mi diceva: "Ah, don Giuseppe, che anima santa, che santo prete don Giuseppe. El capisce, el me capisce, el xe sta malà lu e el me capisce". Non è mica vero?

MO208,5 [17-11-1967]

5 Ora, ecco qua. Gesù ci capisce, ricordatevi, ci capisce il Signore. Io vi dico questo, voi invece non capivate, pensavate che io buttassi là un momentino le parole, "è l'unico che ci capisce completamente".
Tua mamma, Raffaele, ti capisce? Sì. Tuo papà ti capisce? Un pochetin manco, no? Don Ottorino? Manco ancora. Poi giù, giù, giù, fa' una scala. Ma quello che ti capisce più di tutti, che ti capisce più che quello che Raffaele capisce Raffaele, è lui. Non occorre, guarda... Tu fai una marachella, e devi andare: "Sì, la go fatta, ma però el sa, la xe capità". Non sta preoccuparte, lu el sa già, vero, tutto quello che è a favore tuo e quello che è a sfavore tuo. "Come mai sei arrivato in ritardo?". lui sa perché sei arrivato in ritardo e capisce, anche... capisce che sei arrivato in ritardo perché hai ceduto a quel po' di pigrizia. Uno sguardo, lui capisce. È bello, sapete, sapersi compresi! Caro don Piero, ti te si passà par la vita, te si sta compreso da tutti. Ma siamo sinceri, quante volte nella vita i capisce al roverso de quel che se fa, no? I capisse a roverso... Te fe un'opera bona... i la capisse; te fe un'opera magari un pochettin de superbia, e i te fa far che la sia diventà un'opera buona. Quante volte che i te la roversa! Nella vita è così. Fai una cosa magari indifferente... Uhh, ti portano alle stelle. Te cerchi, te te sacrifichi per preparare... Come una mamma, no, che la ga fretta... Scusé, in America... Zeno... quella sera che l'Aparecida ha preparato una minestra buona: finalmente magnemo nda minestra buona! E il giorno dopo vien a scusarse, sa, che non la gaveva gnente, che la ga parecià nda minestra poco bona! L'unica volta che non la gaveva gnente, la ga parecià una minestra bona; le altre volte la ne soffegava, la metteva dentro de tutto, mi digo anca le penne de polastro! Ecco, credi di avercela messa tutta, e non fai bene, e ti bastonano. Quella volta, per caso, credi di non aver fatto e... Il mondo è fatto così! Ma quello che ci capisce fino in fondo, che ci comprende, che comprende anche le nostre debolezze, che sa compatire anche le debolezze è uno solo, sapete. Guardate, è facile dimenticarlo questo uno!

MO208,6 [17-11-1967]

6 Mi ricordo in prigione quando, dopo guerra, c'erano questi fascisti... prima c'erano gli altri: colpisce una disgrazia! Ho sentito quelli delle caserme, questi uomini che venivano fuori dalla stalla, aprivano il catenaccio e venivano fuori uno a uno e li confessavo lì. "Ah, bisogna che ringrazia il Signore, - diceva qualcuno - perché lo go abandonà per venti trenta anni! Qua lo go trovà, qua lo go trovà. Mi lo go abandonà, ma l'unico che non me ga abandonà in questo momento è solo che lui!". Bello sapete, queste anime che venivano: "Proprio in questo momento in cui sono stato tradito da tutti quelli cui avevo fatto del bene, si sono scagliati contro di me”. Qualche fascista diceva così, magari... si capisce, vista dalla parte loro: “L'unico che io ho tradito e che non mi ha abbandonato è stato lui". E guardate che ne ho sentite decine e decine di persone a dire questo, eh: "L'unico che io ho tradito e abbandonato, non mi ha abbandonato".
Ah, figlioli, guardate che è consolante sapere che abbiamo un amico così! Quando passavamo in aereo da una nazione all'altra... finalmente un tabernacolo. Ma, scusate: lui era sempre il primo ad arrivare. In aereo, lui chissà che aereo, non so che apparecchio avesse lui; fatto si è che lui arrivava sempre prima di noi. Arrivavamo là a Roque Sáenz Peña, nella cappella: "Ciao, Gesù. Te si xa qua? Come gheto fato arrivare?". Fate conto se noi dovessimo partire, partisse don Guido e don Piero per fare una visita alle missioni. Arrivà a Rio, a Resende, i trova don Ottorino là: "Da dove xelo vegnù? Semo vignù in DC8... Gavevelo el DC15 lu, no, eh?". I parte... in Argentina: don Ottorino l'è xa là! I va in Guatemala: xa là! Beh, con Gesù è così! La prima volta che farete viaggi, farà impressione questa roba qua.

MO208,7 [17-11-1967]

7 Mi ricordo, la prima volta che sono andato a Roma, arrivo a Roma, entro in una chiesa e sento parlare là in un modo diverso, un pochino con l'accento diverso. Me sembrava de essere andà in America la prima volta che sono andato a Roma. E vedere un tabernacolo: lo stesso Signore, proprio Gesù che è già qui. Ma qua semo in casa!
Fate conto, andate a Roma, in giro per le strade di Roma e trovate un amico: "Ciao, Piero!". "Varda chi se vede qua!". Invece magari che a Roma trovarlo per le vie di New York. In mezzo alle vie di New York trovate un amico. Sentite parlare in dialetto di fianco, no? Vedete uno che parla in dialetto e vi saluta: "Graziano! Varda chi se vede qua!". Ebbene, voi a New York, vedete una chiesa, entrate dentro: "Guarda chi si vede! Il mio amico!". Ma xe bello, no? Una cattedrale, una cappella, una baracca, non importa niente. Ma c'è lui, il nostro amico. Ricordatevi: quello vi precede sempre, arriva sempre prima di voi ed è sempre lì. Stanchi, giornata pesante, caldo, dissenteria, tutto quel che volete... metteteci una roba e l'altra, no? lui è lì, in mezzo a voi, là in mezzo ai bianchi, là in mezzo ai lebbrosi, là in mezzo ai santi, là in mezzo ai peccatori, voi là scapperete via e lui là che vi aspetta e ve corre drio. È una cosa meravigliosa, sapete! È una realtà! Se no la facciamo diventare un mestiero la nostra vita sacerdotale. Se invece è così, capite che è una vita a due, insomma, una vita a due. Anche se tutti se lontana, lui non si allontana. Anche se a un dato momento nella Congregazione restassi, don Guido, solo tu, beh, pazienza! lui non va mica via, restate in due, cominciate di nuovo. Andate in una missione, magari lavorate anni, anni e anni; improvvisamente i vostri fratelli che son lì... ecco là, supponiamo che a prendere la missione va Giorgio e Vinicio e Rizzi, toh! Ad un dato momento, caro Giorgio, capita questo: che Rizzi prende una Catarinella e va via. E tu: "Beh, restemo in due". A un dato momento Vinicio, anche lui, ha i nuovi amori. Va anche lui... pazienza! Via! Resta Giorgio solo... Mai paura! Restate in due, no? Restate in due. E che due! Quando capisci chi è quell'altro, no? E si comincia di nuovo, e si comincia coi bambini e si comincia a far su vocazioni. E dal sangue dei martiri chissà quanti cristiani vegnerà fora dopo, no?

MO208,8 [17-11-1967]

8 Figlioli, bisogna capirla così la vita. E allora anche la croce... La croce la accetti; le difficoltà, le delusioni, non sono più delusioni. E allora le delusioni si chiamano sangue versato per il Signore, no? Allora anche se le cose vanno alla rovescia... Anche se le delusioni sono causate dalla nostra miseria. Anche se, per esempio, io per due o tre anni fasso un mezzo lazzaroncello, non do al Signore... "Eh, allora mi scoraggio!". No! Ha detto il Signore a Piero: "Pasce agnos, pasce oves, no? Non sta gnanca badarle quelle robe là!". "Ma, Signore...". "Non stemo gnanca badarle... Avanti, avanti, avanti!". Il Signore fa così, no? Fa così. È con le braccia aperte: "Pronti, avanti!". Per un'anima che vive in un'unione con il Signore non ci sono delusioni. Vi dico, neanche se queste sono causate dalla nostra miseria.
Sono a posto con la teologia, padre maestro? Sì o no? Perché, vedete, è questa la storia. Tante volte il demonio si serve magari di un periodo di miseria anche, no, per farci fermare. Ma no! Non è motivo per fermarci questo. Non commettere miserie, stare insieme col Signore, sforzarci, ma sempre con lui. Sentitela questa amicizia con lui. Voi direte: "Ma come si fa a stabilire questa amicizia con lui?". Guardate, ognuno può trovare una strada, ma direi che una delle strade è quella di mettersi là vicino al Signore qualche momentino. Al mattino, per esempio, prima della meditazione; alla sera un momentino. Insomma, mettersi lì, fermi: "Mi lo vardo e lu me varda", come diceva ieri sera don Marcello, no? "Mi lo vardo e lu me varda".

MO208,9 [17-11-1967]

9 Bisogna stabilirla questa... Vedete, questo dovrebbero farlo anche i buoni cristiani, se vogliono vivere da cristiani. Non è possibile vivere la vita da cristiani, avendo il Signore in mezzo a noi e dimenticando la sua presenza, non è possibile. Guardate in certi paesi: voi vedete in certi paesi, per esempio là, sta chiesa deserta tutto il giorno, questo Cristo che è in mezzo ai suoi e i suoi non lo ricevono. Guardate che la maggioranza delle volte, fratelli, la colpa è di noi sacerdoti, sapete, perché non ci crediamo.
Permettete che faccia un'osservazione. Avete osservato il nostro caro don Marcello che cosa sta facendo in mezzo ai giovani? Guardate un prete! Mica è un prete laureato, mica è un prete che abbia fatto carriera diplomatica, né niente. È un prete, uno dei nostri buoni e santi sacerdoti della diocesi, no? Vuole bene al Signore, e che nella sua forma così un po' alla buona prende i giovani per lo stomaco: "Eh, gente cara! Bisogna vivere in grazia di Dio e voler bene al Signore". Guardate, avete visto l'altra sera, più di trenta giovani che vengono qua per pregare, che vengono qua a cercare il Signore, che vogliono vivere vicino al Signore. Ah, figlioli! Quando c'è un prete che ci crede al Signore, che vuol bene al Signore, che vive in unione col Signore, quello compie miracoli di bene. Questi sono i preti che occorrono, figlioli, preti che credono in Dio, che vivono in amicizia col Signore! Ah, questi, nel nome del Signore, trasformano il mondo, sconvolgono il mondo! Poi questi preparati per le varie missioni, si intende! Domani, se abbiamo in programma San Paolo, là ci vuole per forza della gente laureata, della gente preparata, tutto quel che volete; ma alla base questo, alla base un sacerdote che crede in Dio, che vive in amicizia con Gesù. Sei d'accordo, John, con queste robe qui? Ma anche un fratello, sai, non il sacerdote solo, anche se è nero: la stessa roba! Perché Gesù è lo stesso: fratello tuo e mio e anche dei nostri bambini qua, tipo Luciano.

MO208,10 [17-11-1967]

10 Andiamo avanti. Scandalizzemo don Piero: el credeva de far robe serie e invesse femo robe così... Non semo boni de far robe serie, perché mi go un po' de soggezion a parlare...
"Osserviamo il Cristo che vive a Nazaret, in mezzo ai giovani del suo tempo: condivide veramente la loro vita; è divenuto uno di essi, è l'Emmanuele, Dio con noi". Ma vi rendete conto: Gesù in mezzo ai suoi amici! Ricordo mons. Volpato, insisteva su questo; quando eravamo ragazzi, dodici tredici anni, diceva: "Pensate a Gesù della vostra età, quello che faceva Gesù. Pensate un momentino a lui che gioca, che va...”. Infatti si meravigliano: "Ma, toh, non l'è el fiolo del fabbro, el fiolo del falegname?". In mezzo come gli altri, in mezzo agli altri. Ebbene, noi dobbiamo sentirlo così anche adesso. "Per trent'anni non farà altro, Gesù. Anche quando ha dovuto lasciare questa terra per ritornare presso il Padre, non ha voluto abbandonarci e queste sono le ultime parole che ha detto ai suoi Apostoli: 'Io sono con voi per sempre fino alla fine del mondo'...". Dunque Gesù è con noi, per sempre. Anche se noi corriamo in macchina per scappargli via, lui sarà sempre vicino a noi, lo troveremo vicino. Ci abbandonerà solo nel momento in cui noi lo vogliamo abbandonare col peccato, nel giorno della morte: bam! Allora siamo noi che ci buttiamo dentro nel fosso del fuoco. Ma lui sarà con noi. E noi dobbiamo dirlo alle anime, figlioli. Dobbiamo dirlo, state attenti.

MO208,11 [17-11-1967]

11 Come quando al card. Federigo arriva l'Innominato: "Dio, Dio". E lui ha detto: "Dio te lo ghe qua dentro! Non te senti che l'è dentro lì?". Andava cercando Dio lontano lui, no, e l'aveva dentro lì, proprio dentro. E il cardinale ha detto: "L'è dentro". Perché il cardinale ha detto così all'Innominato? Perché il cardinale era abituato a vedere Dio e l'ha visto subito, il Signore. Lo conosceva Dio.
Anche noi sacerdoti, noi diaconi dobbiamo avere una familiarità tale con Dio da vederlo immediatamente. Quando si presenta un peccatore, attenti, e il peccatore dice: "Io sono ateo, io son qua, io son là", noi dobbiamo avere talmente la sensazione di Dio da subito scoprire una lettera di Dio che c'è in casa di lui. Cioè dire: "Ma scusa ti... Pian, pian, pian! Tu che neghi Dio, non vedi che questa qua è proprio una lettera di Dio. Qui c'è il sigillo di Dio, la firma di Dio". "Ma come?". "Sì, proprio, chi è che ti ha messo quei pensieri? Chi è che ti ha fatto?". "Guarda, non ci avevo mai pensato". Cioè scoprire dietro le carte sporche di un peccatore la lettera di Dio, il sigillo di Dio. E questo lo scopre soltanto chi ha familiarità con Dio. Guardate che la conversione è proprio uno scoprire la presenza di Dio e farla viva, farla scoppiare nel cuore dell'Innominato. E allora le braccia dell'Innominato si buttano là, e le lacrime dell'uno fondono sopra la porpora dell'altro. Non è così? Ma soltanto se tu, uomo di Dio, che vivi in contatto con Dio, hai l'occhio clinico per cui vedi Dio... di colpo, immediatamente. Infatti, se tu vedi subito... Uno che se ne intende di perle preziose, se vede un anello: "Che bell'anello!", no? Uno scarparo, de scarpe. Eh, per forza, no, è materia sua! "El scusa, sa, mi son un scarparo. Vardavo quelle scarpe là: dove le galo tolte?". Quante volte mi è capitato di sentire ste robe qua. Magari uno che ve varda le scarpe, el salta fora con l'argomento delle scarpe: "El scusa, salo, nol se maraveja, son un scarparo". Eh, scusa! E noi dobbiamo vedere Dio! Saremo più degli scarpari almanco, no? Trattando continuamente con le scarpe, el scarparo vede scarpe dappertutto, no? Noi trattando con Dio, dobbiamo sentire la presenza di Dio, se non altro, una presenza tale... cioè Dio attorno a un'anima che cerca: "Te vedi che xe un toco che son qua ca speto?". Ah, non ve xe mai capità a voialtri robe de sto genere qua? Trovare uno fuori da una porta: "Oh, ciao, come vala? Cosa feto?". "Eh, spetavo de andar dentro". "Beh, vien avanti che te accompagno mi". Mai capitate ste robe qua? "Andemo avanti che te accompagno mi". "Sa, non so, non conosso, eccetera".

MO208,12 [17-11-1967]

12 Bene, alla porta delle anime noi dobbiamo vedere Dio: "Come mai che ti si qua?". "Oh, xe tanto tempo che speto per andar dentro in quell'anima là". "Eh, te accompagno mi! Lo conosso mi questo qua... Andavimo una volta in osteria in compagnia". "Oh!". "Toni, dai qua...". "Cosa ghe xe?". "Dai, ghe xe un Signor fora dalla porta che speta". "Sum ad ostium et pulso", no?
Anche vicino ai più grandi peccatori noi dovremmo vedere subito la presenza di Dio che è alla porta che sta battendo. Ma la se vede solo se conosciamo Dio. Perché se non lo conosciamo, noi crediamo che sia uno qualunque e andiamo avanti e lo lasciamo là. Noi andiamo magari dentro con quell'uomo a magnare i osei in compagnia, e lo lasciamo là. Noi avviamo rapporti di amicizia umana con quelle creature, e non ci accorgiamo che fuori della porta c'era uno che aspettava di entrare prima di noi in quella casa. Magari noi facciamo amicizia con una famiglia, andiamo a cenare là, prendiamo rapporti di amicizia, e non ci accorgiamo che da anni Dio è fuori dalla porta di quella casa. E sta battendo e, entrando, noi non lo abbiamo visto. E noi abbiamo detto: "Signore, penso mi! Conosso sta casa, te fasso entrare mi!". Ecco la nostra missione. Bestemmio? Voglio dire che tante volte vedi dei sacerdoti che stabiliscono rapporti umani di amicizia e, sa, hanno paura di fare entrare lui; magari a pranzo parlano di tutto fuorché di lui. Hanno paura: "Eh, sa, piano, bisogna andare piano". Macchè piano! lui è là che aspetta da anni. E aspettava: "Chissà che venga un amico mio e che mi faccia entrare! Un amico mio!". Arriva l'amico suo e finge di non vederlo. Quante volte sopra la terra capita questo: "Sa, col ghea bisogno el me saludava, co go bisogno mi, el fa finta de non vedarme". Ecco, tante volte noi, uomini di Dio, fingiamo di non vedere Dio! Comunque, tenete come conclusione di questa meditazione questo: guardate che l'unico che ci comprende, ma che ci comprende bene, è lui. E guardate che lui vuole lavorare con noi. D'accordo? E se noi lavoriamo senza di lui, facciamo fiasco. Se lavoriamo con lui, state sicuri che riusciamo a fare qualche cosa. Adesso con la nostra buona mamma, la Madonna, facciamo...