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L’APOSTOLO È UNO SPECIALISTA DELLE ANIME

MI312 [22-07-1970]

22 luglio 1970

MI312,1 [22-07-1970]

1. Mater divinae gratiae, ora pro nobis!
«Il padrone della città orrida è Satana. La città orrida, l'Inferno. I suoi pescatori il mondo, la carne, le passioni malvagie incarnate nei servi di Satana, sia spirituali, ossia i demoni, sia umani, ossia uomini che sono corruttori dei loro simili. I pesci cattivi, l'umanità non degna del Regno dei Cieli: i dannati. Fra i pescatori delle anime per la città di Dio ci saranno quelli che emuleranno la capacità paziente del pescatore che sa perseverare nella ricerca, proprio negli strati dell'umanità, dove altri suoi compagni, più impazienti, hanno levato solo le bontà che appaiono tali solo a prima vista. E vi saranno purtroppo anche pescatori che, per essere troppo svagati e ciarlieri, mentre il lavoro di cernita esige attenzione e silenzio per udire le voci delle anime e le indicazioni soprannaturali, non vedranno i pesci buoni e li perderanno. E vi saranno quelli che per troppa intransigenza respingono anime che non sono perfette nell'aspetto esteriore, ma ottime per tutto il resto. Che v’importa se uno dei pesci che catturate per Me mostra i segni di lotte passate, presenta mutilazioni prodotte da tante cause, se poi queste non ledono il suo spirito? Che v’importa se uno di questi, per liberarsi dal Nemico, si è ferito e si presenta con queste ferite, se il suo interno mostra la sua chiara volontà di voler essere di Dio? Anime provate, anime sicure. Più di quelle che sono come infanti salvaguardati dalle fasce, dalla cuna e dalla mamma, e che dormono sazi e buoni, o sorridono tranquilli, ma che però possono in seguito, con la ragione e l'età, e le vicende della vita che avanzano, dare dolorose sorprese di deviazioni morali». E adesso comincia la meditazione. Il brano precedente è stato solamente un preambolo, mentre ora iniziamo veramente la meditazione. Ho scelto questo tema stamattina, perché mi pare che sia un incitamento a essere un po' attivi, a lavorare un pochino. Non possiamo pretendere di fare come quell'uomo che aveva le chiavi di casa in mano, che vedeva tutto girargli intorno e diceva: “Vedo che tutto gira: un momento o l’altro arriverà qui anche la porta di casa”. Poverino, era ubriaco, come Dario. Noi non possiamo aspettare che le anime arrivino nella rete, metterci in attesa e dire: “Beh, insomma, io mi metto qui e aspetto che arrivino”. Quando aprono la pesca , si vedono i pescatori con le automobili di buon’ora al mattino. E c'è il pescatore che rimane mezza giornata e non prende niente, e c'è il pescatore che sa attendere con pazienza e prende pesci perché sa pescare. Ricordate Serafin, maestro della nostra tipografia? Quando lui va a pescare, di sicuro porta a casa pesce: può partire la mattina per pescare e invitare sette o otto amici a mangiare pesce a mezzogiorno; se lo fa qualche altro, deve passare prima in pescheria, se vuole invitare qualcuno a mangiare pesce. Serafin ne prende centinaia: prende pesciolini piccoli, le ‘salgarele” o pesci simili; giorni fa mi ha detto che ne ha preso 168. Ad ogni modo, quando va a pescare, sempre ritorna con pesci piccoli o grandi. D’altra parte se noi andassimo e prendessimo anche soltanto piccoli pesciolini, anime semplici - come Marco - che dicevamo prima, sarebbe già un successo. E qui cominciamo la meditazione.

MI312,2 [22-07-1970]

2. Ricordi, Franco , la parabola del figlio prodigo?
«Vi ricordo la parabola del figliuol prodigo. Altre ne udrete perché sempre Io mi studierò a infondervi un retto discernimento nel modo di vagliare le coscienze e di scegliere il modo con cui guidare le coscienze, che sono singole, ed ognuna perciò ha il suo speciale modo di sentire e di reagire alle tentazioni e agli insegnamenti. Non crediate facile l'essere cernitore di anime». State attenti alle categorie: qui si fa così! Come si fa ad attrarre i ragazzi dai dodici ai quindici anni? Si fa così. Le anime sono singole, ogni anima è un mistero a sé, è un mondo a sé. Leggiamo quanto è scritto in questo libro. «Ci vuole occhio spirituale tutto luminoso di luce divina, ci vuole intelletto infuso di divina Sapienza, ci vuole possesso delle virtù in forma eroica, prima fra tutte la carità». Caro don Zeno, tu che sei appena stato ordinato prete, che hai avuto con gioia il permesso di Sua Eccellenza monsignor Zinato di confessare, sappi che per dirigere le anime ci vuole ‘occhio spirituale tutto luminoso di luce divina’. Don Antonio Bottegal di felice memoria è qui? Domenica scorsa è andato a prendere il sole; la sera gli ho messo una mano sulla spalla non sapendo che si era scottato: “Faccia piano”, ha detto. Perché? Tutti sanno il perché, non è vero? Se si prende il sole, se si prende la tintarella, si sente anche il dolore della scottatura del sole. Bisogna che noi prendiamo la tintarella divina. Se vogliamo dirigere le anime, se vogliamo portare le anime a Dio, dobbiamo prendere la tintarella di Dio. Quando si vede una persona abbronzata si dice: “Oh, che bel bambino! Sei stato al mare”. “Perché? Come fai a saperlo?”. Un giorno don Bruno ha detto: “Come fai a sapere che è stato al mare?”. “Eh, perché è abbronzato!”. “Ah, così! - ha detto - bestiola!”. Non è così, don Bruno? Come dall’abbronzatura si riconosce che una persona è stato al mare e ha preso il sole, così un uomo è di Dio se ha il colore di Dio. Se non abbiamo la tintarella divina, cambiamo mestiere, perché le anime non si salvano con i sillogismi, con tutto il rispetto dell'amico filosofo che rappresenta la filosofia in mancanza di don Matteo: ci vogliono anche i sillogismi, ma, per andare al mare, i sillogismi non sono proprio necessari. Ci vuole dunque “occhio spirituale tutto luminoso di luce divina”, ci vuole “intelletto infuso di divina Sapienza”, proprio di sapienza divina che aiuti ad intuire.

MI312,3 [22-07-1970]

3. Quando si presenta un ammalato che soffre di male ad un dente, il medico gli chiede: “Che cosa hai?”. Alla risposta: “Ho un dente che mi fa male”, il medico lo opera all'appendicite. Sarebbe curioso che tu, don Bruno, andassi dal dottore perché ti fa male un dente - no, è don Girolamo quello che soffre di male ai denti - e ti mettessero sul tavolo operatorio e ti levassero l'appendicite e, magari, sbagliassero ad operarti facendoti un taglio dall'altra parte, e dopo si accorgono dell’errore e gli fanno un altro taglio, e alla fine si accorgono che, invece, soffri di male ai denti!
Guardate che nel campo spirituale, tante volte, capita questo. Se a Vicenza o in Italia capitasse che un medico sbagliasse a fare un'operazione di appendicite, che facesse l’incisione da una parte invece che dall'altra, credo che tutti i giornali d'Italia, se vengono a saperlo, prenderebbero in giro quel chirurgo e lo metterebbero alla berlina. Guardate che gli uomini di Dio che fanno queste operazioni sulle anime sono all'ordine del giorno. Solo che quando si tratta del corpo, che è un corpo eterno, tutti sono schierati per difenderlo; quando c'è un'anima, che non è eterna, allora nessuno difende la situazione: questa è la storia! Per difendere un corpo tutti saltano in piedi, per difendere un'anima non si muove nessuno: anche se va in malora l’anima, non importa niente! Se non avete l'occhio luminoso e non avete la sapienza di Dio, cambiate mestiere! L'assistente Luciano non può entrare in sala operatoria e fare un'operazione al cervello; potrà fare l’operazione in un’altra sala operatoria, nel collegio maschile. Con tutto il rispetto che ho per Luciano, poverino, penso che non può operare al cuore. E un uomo che non ha la sapienza di Dio può entrare nell'anima di una persona e agire e lavorare? Che cosa va a fare? Dove mette le mani? Qui si tratta di capire che è più difficile fare un'operazione spirituale che non un’operazione al cuore o al cervello. I nostri vecchi, filosofi e teologi insieme, dicevano: “La conduzione della anime è l’arte per eccellenza” , l’arte delle arti è l’educazione. Potete immaginare se questo non vale ancora di più nel campo spirituale, figlioli. Qui si tratta di una valutazione sbagliata della vostra futura professione di santificatori.

MI312,4 [22-07-1970]

4. Non bisogna scherzare. La vostra professione - scusatemi, missione, ma per un momento chiamiamola professione - è quella di santificare, di innalzare e di educare le anime, di portarle e di innestarle a Cristo, di farle risorgere e di vivificarle. Ognuno di voi è un primario di una ‘casa di salute. Qui a Vicenza c'è la casa di salute Eretenia, a Padova la Casa Santissima Trinità, e in ogni clinica c’è un primario. Ognuno di voi è una casa di salute, proprio una clinica.
“Da chi vai a curarti?”. “Io vado da don Bruno”. “E com'è?”. “È un santo prete!”, che significa un santo primario di una casa di salute spirituale. Diaconi e preti dovete essere primari e non infermieri; nell'ospedale voi siete chiamati a fare operazioni e non a vuotare orinatoi o cose del genere. Figlioli, dovete prendere in mano il bisturi. Quando un'anima si presenta a voi, dovete farla volare. Pensate a quale delusione si va incontro quando si vede un'anima che per un anno, due, tre avvicina un prete e dopo un anno, due e tre che avvicina quel prete si ammala: prima camminava e dopo comincia a zoppicare... come Valerio che cammina con le stampelle e che oggi, poverino, non è neppure presente. È veramente umiliante questa situazione: andare all'ospedale per guarire e uscire fuori morti, andare all’ospedale camminando e venir fuori morti a causa del primario che ti ha ucciso. Tante volte questo succede per colpa del sacerdote. “Ma io non ho fatto niente”. È già un male non far niente, e se non sei capace di curare quel malato, lascialo andare in un'altra casa di cura, lascialo in mano ad un altro che lo rimetta in piedi. Dovete preoccuparvi di questo, guardate che è un problema molto grave, molto grave! E allora, che cosa si deve fare? Anime di Nostro Signore: pregare, meditare, osservare.

MI312,5 [22-07-1970]

5. Adesso, se il tempo lo permette, cercheremo di sviluppare quello che dice il nostro testo.
«Ci vuole possesso delle virtù in forma eroica, prima fra tutte la carità». Sapienza, unione con Dio, possesso delle virtù e capacità di maneggiare un po' le mani: il primario chirurgo deve sapere dove si deve operare ed essere capace di maneggiare le mani. Insomma ci vogliono le virtù: la fede, la speranza, la carità, la virtù della mortificazione, lo spirito di sacrificio, la capacità di dire di no a se stessi. Dovete esercitarvi nelle virtù come vi esercitate a suonare il piano o a suonare il tamburello. Dovete esercitarvi nelle virtù perché non potete dire alle anime: “Armiamoci e partite”; non potete dire alle anime: “Va’ su per la stanga” , ma bisogna insegnare loro con l'esempio, bisogna mostrare l’esercizio. Se domandate un fioretto ad un'anima, voi dovete farne tre; se voi spingete un'anima al primo cielo, voi dovete essere al terzo. Non potete domandare alle anime più di quello che date voi. Se voi domandate ad un'anima un sacrificio e non l'avete fatto il giorno prima, fatelo quel giorno, altrimenti quel sacrificio non vale. Ci vuole virtù eroica perché siamo chiamati ad insegnare alle anime ad essere eroiche. Caro Pietro, è inutile che mi guardi. «Ci vuole capacità di concentrarsi nella meditazione perché ogni anima è un testo oscuro che va letto e meditato». Pensate ad un professore di una clinica che ha un caso particolare, un po' difficile: ci pensa sopra, fa fare esami e controesami, richiede consulti, e solo alla fine prende in mano il bisturi. I casi che vengono presentati a noi o con i quali c’incontriamo devono essere meditati davanti a Dio. Per esempio, entra nella Casa dell’Immacolata don Zeno : gli incontri che io faccio con lui sembrano tutti casuali, - mi riferisco al periodo in cui è entrato in Congregazione - ma non sono casuali perché io devo passare delle ore a riflettere dinanzi al tabernacolo o in camera per vedere che cosa posso fare, come posso ingranarmi nella sua situazione, e le parole che poi dico devono essere meditate magari da quattro o cinque giorni. Tutto ciò suppone meditazione e riflessione. Non posso incoscientemente dire: “Facciamo, facciamo...”. Qui alla mia sinistra c'è Raffaele : lui non ha idea quanto io pensi agli incontri che faccio con lui; non sono fatti a caso, ma pensati e meditati. Lo stesso avviene con Antonio. Quanto tempo io penso a quello che ti devo dire, caro Antonio, per smuoverti perché so dove Dio ti vuole e perché tu sia come Dio ti vuole: un santo, un assistente, un diacono come Dio ti vuole. E devo pensarci, devo pensarci dinanzi a Dio, devo meditare dinanzi a Dio per captare la sua voce di Dio e portartela, senza che tu te ne accorga tanto da dire: “Ho avuto un incontro con don Ottorino, due parole, così, alla buona”. Eh, si è trattato di un incontro sì, ma non devo dirti tutto quello che ho fatto per prepararlo.

MI312,6 [22-07-1970]

6. La salvezza delle anime non deve essere presa alla leggera: è una missione grandiosa, immensa, che non va presa come una chiacchierata, una passeggiata, una gita. Dovete esaminare una per una le anime a voi affidate e chiedervi: “Come posso fare?”, e metterci sopra un po' di sangue per ognuna: altrimenti cambiate mestiere, figlioli, perché le persone del mondo, per le loro cose, fanno così.
«Ci vuole capacità di concentrarsi nella meditazione perché ogni anima è un testo oscuro che va letto e meditato. Ci vuole l'unione continua con Dio, dimenticando tutti gli interessi egoistici». Il testo dice: “... dimenticando tutti gli interessi egoistici”. È facile essere egoisti e, con la scusa dell'apostolato, andare insieme con quelli che ci piacciono. È facile scusarsi: “Sa, sa, sa...”. È facile cercare noi stessi e rovinare tutto perdendo il colore della luce divina, perdendo la sapienza divina, e proprio mentre stiamo per salvare perdiamo la virtù eroica, non siamo più virtuosi. Per l'uomo di Dio ci vuole dunque «l'unione continua con Dio dimenticando tutti gli interessi egoisti. Vivere per le anime e per Dio»; per le anime, non per i corpi: voler bene anche al corpo, ma vivere per le anime. L'anima di un nero è uguale a quella di un bianco, l'anima di un crotonese è uguale a quella di un italiano del nord. È chiaro che l'anima di un peccatore è uguale a quella di un bambino, non nello stato in cui si trova attualmente, ma nella creazione. Tante volte le anime più bisognose sono esternamente schifose. L'ammalato di solito puzza e più è ammalato e più puzza, ma il medico coscienzioso non abbandona l'ammalato perché puzza: infatti sono gli ammalati che hanno bisogno del medico. «Superare prevenzioni, risentimenti, antipatie. Essere dolci come padri e ferrei come guerrieri. Dolci per consigliare e rincuorare. Ferrei per dire: “Ciò non è lecito e non lo farai”. Oppure: “Ciò è bene che si faccia e tu lo farai”». “Dolci come padri...”, vorrei dire come madri, ma “ferrei come guerrieri”: dobbiamo stare attenti alla parte sentimentale, a non lasciarci ingannare da essa, a non lasciarla primeggiare. «Perché, pensatelo bene, molte anime saranno gettate negli stagni infernali. Ma non saranno solo anime di peccatori. Anche anime di pescatori evangelici vi saranno: quelle di coloro che avranno mancato al loro ministero, contribuendo alla perdita di molti spiriti». Se entrassimo in un ospedale e dicessimo: “Tu, professore di chirurgia, quanti pazienti hai ucciso? O quanti ne hai fatto morire perché sei arrivato in ritardo, perché sei rimasto a chiacchierare?”. Io vorrei che ci mettessimo in testa una cosa: andare preti o diaconi non è andare a giocare a palline, ma è una missione immensamente impegnativa, più grande di quello di un professore d’alta chirurgia. Gli impegni vanno presi da uomini, e alla vostra età dovete cominciare ad essere preoccupati, ma preoccupati fortemente, perché gli anni passano velocemente. Ieri sono andato all'ospedale, e non so chi mi abbia detto - il nostro caro Giuseppe può parlare - che ci sono i dottorini giovani che vanno a fare le endovenose per imparare e i poveri ammalati sono vittime di questi medici principianti che provano e riprovano. Questi dottori continuano a fare punture per prova, e non sono ancora dottori, ma solamente studenti, e vogliono imparare. Anche voi dovete essere preoccupati di imparare ad essere gli artisti di Dio.

MI312,7 [22-07-1970]

7. Alla fine del capitolo è posta una affermazione che adesso io cerco di riassumere brevemente.
«“Ma mi avete capito? Comprendete ciò che Io dico con paragoni trovati nelle cose d’ogni giorno, illuminate però da una luce soprannaturale che ne fa spiegazione a cose eterne?”. “Sì, Maestro!”. “Ricordatevi allora il metodo per istruire le turbe”». Scusate se ho fatto un piccolo salto. Il Signore insegnava agli Apostoli attraverso paragoni, cioè partiva da un sasso, partiva da qualsiasi cosa e istruiva la gente, insegnava alla gente, cioè evangelizzava partendo da una circostanza. Se, ad esempio, arrivava una moto, arrivava Luciano: da lì partiva per evangelizzare, trovava tutti i pretesti per evangelizzare. Il nostro dovere di evangelizzatori, dopo esserci preoccupati di avere la luce, la sapienza di Dio e le virtù, deve essere quello di dare, di evangelizzare. Dobbiamo preoccuparci di essere in unione con Dio e di evangelizzare. Io penso che l'esempio di Gesù, che prendeva lo spunto per l’evangelizzazione dalle cose della giornata, dagli avvenimenti quotidiani, è meraviglioso. E allora io avrei pensato una cosa: perché non potremmo cominciare quello che vi ho accennato - mi sembra di avere accennato una volta a questo - e cioè di fare la meditazione in una forma un po' più partecipata durante le ferie estive? La settimana prossima andrete al campeggio. Non è vero, don Girolamo? Hai accennato qualcosa tu? Si potrebbe fare una esperienza di questo genere: si stabilisce un tema e ognuno dice un pensiero di riflessione. Ipotesi: salite sabato; domenica o lunedì fate meditazione, per esempio, sullo spirito di mortificazione o sulla necessità della croce. Abbiamo fatto una esperienza ieri scendendo da Bosco in auto. Non è stato ieri mattina, Antonio ? Abbiamo fatto questa esperienza: prima abbiamo sottolineato che lo spirito di mortificazione e lo spirito di penitenza sono necessari, poi ognuno ha riflettuto personalmente per alcuni minuti, e dopo uno ha detto un pensiero e un altro ne ha detto un altro; sono stati quaranta minuti meravigliosi. Si potrebbe iniziare, per esempio, dicendo: domenica faremo la meditazione in sei e il tema, potrebbe essere: la necessità della croce. Ognuno deve portare un paragone, qualcosa. Allora Marco potrebbe dire: “Io a casa mia ho osservato una cosa così”; un altro dirà: “Ieri, andando a passeggio nel bosco, ho osservato questa cosa così, così, così...”; un altro farà un’altra osservazione. Cioè ci si abitua a proporre esempi della vita ordinaria e a partire dalla realtà quotidiana nei discorsi di catechesi. Lunedì si potrebbe proporre il tema della fede, martedì un altro tema diverso. Si potrebbe fare la prova per due o tre giorni della settimana prossima. Che cosa ne dici, don Girolamo? E voialtri? Tu, don Zeno, che cosa ne dici? Che risultato ne sortirebbe? Si raggiungerebbe il risultato di abituarci ad osservare le cose e di partire dalle cose per parlare di Dio. In secondo luogo ci si abituerebbe a parlare di Dio anche senza volerlo, e passeggiando da una parte o dall’altra verrebbe facile dire: “Ehi, guarda! Guarda, per esempio...”. Comincerebbe cioè a divenire facile trasformarci in quello che dobbiamo essere, anche fra amici. Allora, se salta fuori un esempio, potremmo dire: “Guarda, guarda, questo esempio sarebbe bello per...”; succede che dopo, senza accorgervene, acquisite un linguaggio per cu, parlando con l’anziano e con la vecchietta o con altre persone, quel paragone vi esce spontaneamente. Se vi sentite di fare questa esperienza, essa potrebbe aiutarvi molto a portarvi all’unione fraterna, e nello stesso tempo fareste un esercizio che vi potrà essere utile nella vita comunitaria e un domani nella vita apostolica. Eventualmente, a Bosco, potremo fare ancora un’altra prova una prossima volta. Ma non essendo il vostro un gruppo eccessivamente grande ed essendo l'esperienza del campeggio molto favorevole per le passeggiate che farete, sarebbe opportuno che tentiate questo metodo; potreste poi valutare com’è andata e riferire un pochino l’esperienza che avete fatto. Dobbiamo arrivare ad essere uomini di Dio che, pur passando per la strada e mostrandoci uguali a tutti gli altri, dobbiamo incendiare il mondo. Questo è un dovere, non c'è niente da fare! Che ne dice il nostro caro don Giorgio ? Sei d'accordo? Potremmo fare questa prova anche noi qui a Vicenza: la prossima settimana, con quelli che restano, faremo una piccola prova, con un gruppetto più ristretto. Giorgio, hai da obiettare sulla meditazione che abbiamo fatto? Tu, don Bruno, che cosa ne dici? Tu, che hai esperienze pastorali, pensi che devono essere così gli uomini di Dio? Allora andiamo... cambiamo mestiere!