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L’APOSTOLO VIVE CONTINUAMENTE IN CONTATTO CON GESÙ

MO36 [12-11-1965]

12 novembre 1965

MO36,1 [12-11-1965]

1.... e San Giovanni potrebbe dire: “In mezzo a voi c’è uno che voi non conoscete, ed è in mezzo a voi, vive in mezzo a voi, mangia il pane in mezzo a voi, lavora in mezzo a voi, vive la vostra giornata, è in mezzo a voi. Io non sono degno neppure di legargli le scarpe”.
Figlioli, in mezzo a noi c’è uno che noi non conosciamo, cominciando da me! C’è uno in mezzo a noi che noi non conosciamo! Porto un paragone. Io parto in macchina e vado... dove? A Malcesine, con Zeno. Due ore di macchina assieme al mio compagno di viaggio, e non rivolgo a lui neppure una parola! Ebbene, figlioli: Dio, Dio, Dio che è in mezzo a noi e noi non lo conosciamo, lo abbiamo sempre qui con noi, giorno e notte è dentro di noi e vicino a noi: siamo immersi in Lui. Scusate la brutta parola: se sarebbe da cretino andare a Malcesine senza rivolgere la parola al compagno di viaggio, ricordatevi bene che è una cosa grave che io passi le giornate senza rivolgermi a Lui. Di queste cose ne ho parlato tante volte, ma finché avrò voce ve lo ripeterò finché sarete stanchi e vorrete scappar via dalla Casa dell’Immacolata. Un tempo dicevo ai nostri più vecchi laggiù, che al mattino passa uno qui davanti, con un carrettino e vende latte, no, ma vende latte, non acqua con olio emulsionabile: latte! E se una volta sola quell’uomo, invece di portar latte porta acqua con olio, con un certo colore come il latte, il giorno dopo le donne, col manego della scoa o con la mescola... È giusto, no? “Portalo via!”, e zo pache...

MO36,2 [12-11-1965]

2.E voi, voi che avete tanta fretta di andare nell’America Latina: “Vado io! Vengo io! Vengo io!”. Benissimo, Gaetano: “Vengo io! Vengo io!”. Dov’è la fede che dovete portare nel mondo? I vescovi chiedono preti e assistenti, ma chiedono... Che cosa chiedono? Portatori di fede, uomini che credono! Questo chiedono! Non chiedono roba sofisticata, non chiedono vino fatto “col palo”, chiedono vino d’uva.
Figlioli miei, guardate che insisto ancora. Bisogna aver fede, e bisogna credere che vicino a noi c’è Dio, che in camerata a letto, spenta la luce, vicino al tuo guanciale c’è Dio: parlagli! Ti svegli alla notte e non sei capace di dormire, o ti svegli un momento per andare ai servizi: vicino c’è Dio... salutalo! Ti svegli al mattino: primo saluto a Lui, è lì, vicino al tuo letto. Stai giocando una partita, ti rovesci, ti rompi una gamba: “Signore, sia fatta la tua volontà”. Vinci, sei contento della vittoria: “Grazie, Signore!”. È vicino a te, capisci? È vicino a te. Non lo puoi dimenticare. Guardate che in mezzo a noi c’è uno che noi non conosciamo, e noi diciamo che vogliamo andare a predicarlo nel mondo. Io ho paura di me stesso, ho paura, ve lo assicuro, ve lo dico dinnanzi al Signore, come un papà con i suoi figlioli: ho paura! A cinquant’anni si dovrebbe avere più fede, credere di più. Si dovrebbe sentirlo, toccarlo, Dio... Se noi non siamo uomini di fede, non facciamo niente, figlioli, non facciamo niente! E questa fede bisogna viverla istante per istante; Dio ce la dà, ma domanda la... Vuole la tua collaborazione il Signore!

MO36,3 [12-11-1965]

3.Portiamo un altro caso. Stasera io chiamo con me don Luigi Smiderle, alias “pocetti”; lo chiamo con me e chiamo con me anche Gaetano. Li chiamo; dove li chiamo? In stanza mia; lì abbiamo un tavolinetto, prendiamo una bottiglia e ci mettiamo a chiacchierare... così, fraternamente. Due ore: però, inizia la conversazione Gaetano, e si rivolge a Smiderle. Poi Smiderle risponde a Gaetano. Io li ho invitati, gli ho versato il vino a un dato momento perché avessero la possibilità di parlare. E per due ore, io resto lì “tamquam” palo ad ascoltare, e per due ore quel tale con quell’altro tale non mi si degnano di uno sguardo e di una parola, e dopo due ore, e dopo di aver terminata la bottiglia, se ne vanno contenti: “Ciao, Gaetano! Ciao Luigi! Che bella serata che abbiamo passato!”. Sarebbe il caso di dire: “Insensati! Io che vi ho invitati, io che vi ho dato la bottiglia, io che sono stato lì a far da palo per due ore: perché non abbiamo discusso insieme? perché non mi avete rivolto la parola? perché, una volta sola, non mi avete detto: “Cosa dice Lei, don Ottorino?”.
Quante volte, figlioli, si parla in quel raduno, si parla in quella classe, si discutono forse anche problemi di alta mistica, forse anche problemi apostolici... E Lui, colui che ci ha invitato, Lui, è l’unico che non è interpellato e al quale non si rivolge la parola. Figlioli, questa seconda parte è il riflesso della prima, no? Se io credo, quando sono solo, alla presenza di Lui, e mi rivolgo a Lui, è chiaro, fossimo anche due o tre, che lo sento vicino, lo sento presente, lo devo sentire presente. Altrimenti, cambiate mestiere, cambiate mestiere! Non abbiate paura delle tentazioni, non abbiate paura: “Mi sono trovato in estasi, perciò...”. Ci vuole la buona volontà per arrivare lì, il desiderio di arrivare lì, no? Non stiamo a spaventarci! Ma quella è la meta dove dovete arrivare: l’avere Lui presente quando siete radunati insieme.

MO36,4 [12-11-1965]

4.Perché lo dovete avere a mente? Domani sarete apostoli, avvicinerete, per esempio, sarete invitati a pranzo “in casa di Simone”, voi sarete a pranzo, lì presente... ma voi, voi vicino avrete sempre Lui, e aspetterete il momento buono per parlare di Lui. Con criterio, sapendo sfruttare il momento giusto: Gesù ha aspettato la fine del pranzo, quella volta... “Simone, ho qualche cosa da dirti!”. La battuta finale: trak!
Figlioli miei, noi siamo gli uomini di Dio; nel mondo dobbiamo andare a parlare di Dio, a portare Dio, ma bisogna che abbiamo una certa confidenza di vita con Dio; bisogna che ci abituiamo ad averlo sempre insieme: nel riposo, nello studio, nelle conversazioni; bisogna che Dio sia con noi: allora potremo andare in mezzo anche al mondo, e come “carmeli ambulanti”. “In mezzo a voi c’è uno che voi non conoscete...”.