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L’APOSTOLO VIVE E AGISCE IMMERSO NEL SOPRANNATURALE

MO155 [21-03-1967]

21 Marzo 1967

MO155,1 [21-03-1967]

1 Ci siamo trovati qui ieri mattina per considerare la Settimana santa. Settimana che ci deve portare vicino a Lui, un crocifisso, e vicino a Lui risorto. La luce della Settimana santa deve essere la luce che ci accompagna in tutta la vita. Perché capita la Settimana santa abbiamo capita la vita nostra spirituale, non capita la Settimana santa non abbiamo capito né la Messa di Gesù, né la nostra Messa, né la resurrezione di Gesù, né la nostra resurrezione.
Ora, vedete, perché insisto su questo? Insisto perché è il fondamento della nostra religione, è la sostanza della nostra vita religiosa; e insisto per un noto principio che io ho calcato tante volte, che parte da quello che diceva il nostro caro mons. Volpato e che ve l'ho ripetuto ormai fino a stancarvi. State attenti, bisogna che teniate sempre presente quello che diceva mons. Volpato, che "la vita apostolica sacerdotale, del diacono, del sacerdote, insomma la vita sacerdotale, è la più sublime delle missioni e il peggiore dei mestieri!". Vedete, ve l'ho ripetuta tante volte questa frase qui, ma guardate che vi assicuro che è facile farlo divenire un mestiere. Vi stanco dicendovi certe frasi, ma io ho il dovere di ripeterle, come una mamma che continua a ripetere al suo bambino: "Pulìsete el naso!" parchè, fin che el ga i sgnarocchi che vien zo, la sévita a dirghelo, no? È chiaro? E così anch'io ho il dovere finché vedo che c'è il pericolo in noi, non in voi, in noi di farlo divenire un mestiere, io ho il dovere di dirvelo, perché devo rispondere dinanzi al Signore di questo. E vedete, lo fate divenire un mestiere, o meglio lo facciamo divenire un mestiere, quando umanizziamo il nostro apostolato; quando, senza accorgerci, e guardate che questa è una cosa che caschiamo dentro senza accorgerci, guai se ce ne accorgessimo, ma purtroppo la realtà è questa, senza accorgerci facciamo un apostolato basato sulle doti umane, sulle capacità umane, sul lavoro umano, che pure ci vuole la parte umana. Intendiamoci bene, ci vuole la parte umana, non escludo... Vedete, non condannatemi che io escluda la parte umana: ci vuole, ma basato su questa parte umana. Vedete, ultimamente io ho ragionato con un sacerdote di questo argomento qui, non un sacerdote della Famiglia nostra religiosa, e lui mi diceva per contropartita: "E va bene, si intende, si intende!". Eh, bravo, si intende... Xe come quando che mi go da pagare un debito: si intende che xe... quel milion... ma tira fora el milion! Cioè si intende che il sacerdote deve essere pieno di Dio, deve essere pieno di questo, pieno di quello, si intende! E dopo? Cioè, per giustificare la parte umana che pure è necessaria, lui, nel quale non vedevo la parte soprannaturale emanare, mi diceva: "D'accordo, vita interiore... s'intende!". “Ma, anima de Dio”, mi son permesso di dire a questo sacerdote: "Sta' buono! E adesso mi vorrìa domandarte: la gente fuori deve intenderla o deve vederla in te questa vita soprannaturale, questa vita interna?". "Eh, vederla!". "E tu sei proprio convinto che la gente fuori veda in te questa vita?".

MO155,2 [21-03-1967]

2 Non so se avete capito il pensiero. La gente, il popolo, deve vedere che noi stiamo facendo, compiendo una missione, no un mestiere. Se il popolo, la gente, le anime che avviciniamo, vedono soltanto la parte umana, che pure ci vuole, e non vedono il resto, guardate che vedono il mestierante. Anche se ti esaltano, ti lodano, ti portano in palma di mano; ma, sapete, prima di sentire una lode io voglio vedere chi è che me la fa. Perché se, per esempio, domani è uno, sa, che vive la vita religiosa fin... sa, ti vedo e non ti vedo, e che fa una lode, può darsi che lui lodi la parte umana e non la parte soprannaturale. Perché guardate che il prete, il prete, quando passa in mezzo agli uomini, necessariamente deve dire tante volte il "non licet!" e deve avere la forza morale di dire anche: "Sa, bello, sì, però, però, però però...". Guardate che il prete, il prete troppo lodato, troppo esaltato, troppo in palma di mano, sa puzza da marcio... non sarà marcio subito, ma è sulla strada di divenire marcio.
Ora, vedete, figlioli, state attenti nel vostro apostolato oggi e domani, se voi siete pieni della Settimana santa come Paolo di Tarso, leggete le lettere di Paolo e vedrete come lui era pieno della Settimana santa! Se voi non siete pieni di Cristo crocifisso, non siete pieni di Cristo risorto, e se anche voi non state camminando sulla stessa strada comprendendo, figlioli, la necessità di essere crocifissi, vedete, desiderando di essere crocifissi, moltiplicando le piccole crocifissioni volontarie, alla presenza di Gesù, guardate, sarà meglio di chiudere baracca e burattini e andar a casa nostra, savìo... Non facciamo niente, non facciamo niente! Scusate, io riconosco che non ho la preparazione culturale, tutto quel che volete, però vi dico: "Guardate, state attenti, se non facciamo questo, chiudiamo baracca: non facciamo niente! Semo come un campanelo che sona: è soltanto un po' di conto in banca”.

MO155,3 [21-03-1967]

3 Guardate, figlioli, che il sacerdote e il diacono sono uomini di Dio, sono uomini di Dio che devono aver capito queste cose qui; e devono sentire il bisogno di parlare di queste cose. E se non son capaci di parlare di queste cose qui, e non son capaci di attaccare parlando di queste cose qui, è da dubitare alquanto della loro vita interiore. Se un uomo di Dio non è capace, ricordatevelo, di parlare di queste cose, non sente il bisogno di parlare continuamente di queste cose e non è capace di attaccare parlando di queste cose, state attenti, state attenti, no attaccare sempre, qualche volta ci sarà qualche fiasco, no... c'è da dubitare che lui viva queste cose. Conoscerle, le conosce anche tutte. Ci possono essere alcuni che le conoscono meravigliosamente meglio di me o meglio di qualche altro, che le hanno studiate meravigliosamente, che le possono descrivere meravigliosamente; ma qui non si tratta di descriverle, qui si tratta di viverle.
Interessa niente a me che uno che è a letto paralizzato descriva una bella partita di calcio: qui si tratta di giocarla la partita di calcio! Bello anche saperla descrivere, oh, qui è chiaro, bello saperla descrivere! Bello sapere descrivere una escursione in montagna, ma qui si tratta di veder uno che sa salire la montagna! È questo che io domando a voi. È questo che Dio vuole da voi. Che vi troviate lì, dinanzi, per esempio, al caffelatte al mattino e che fe: "Sono qui solo, nessuno mi vede: senza zucchero, Signore...". Vi trovate: "Questo, Signore! Tan, tan". Tutta la vita dev'essere così! Una donazione a Lui, una mortificazione! Ho voglia di leggere quel libro... ci sarebbe... no, questo leggo che non mi piace! Ho voglia di far... no questo faccio! La nostra vita dev'essere una crocifissione continua,.. altrimenti siamo una Millecento che vien giù dal Costo senza freni e rotta la frizione: marcia funebre, figlioli, c'è niente da fare, marcia funebre! Se voi non siete in salita, siete in discesa; se voi non siete convinti di Cristo crocifisso e non continuate volontariamente a crocifiggervi, crocifiggere la testa, crocifiggere il cuore, donarvi, donarvi, siete in discesa, o presto o tardi cozzate contro una curva. Finché la strada è diritta: "Oh, che bravo che sono!", finché la strada è diritta! Troverai quella curva: no sta aver paura! E allora... "curvat imperia!". Soltanto insisto: state attenti, bisogna saper meditare, bisogna saper pregare, bisogna essere innamorati di Cristo crocifisso, e bisogna sentire parlare come Paolo: "Mi conosco uno solo, Cristo, et hunc crucifixum! Ah, mi co' conosso quelo, conosso tutto". Il resto è solo resto, ma tanto in quanto mi serve a far conoscere e amare Cristo crocifisso. Io amo e conosco Cristo crocifisso, crocifisso in me e io in Lui, crocifisso nel tabernacolo, lì, nell'altare, sopra l'altare, nelle mie mani, e lo vedo glorioso e risorgerò anch'io "Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto!". Vedo che c'è qualcosa che mi impedisce di salire: taglio, taglio! Maestro, giusto?

MO155,4 [21-03-1967]

4 Non umanizzate il vostro lavoro, per carità, non umanizzatelo! Ed è facile, sapete, è facile, ve lo confesso finanzi al Signore! Quante volte nell'esame di coscienza alla sera me digo: "Varda, in quella roba sono stato umano, quella volta sono stato umano”. Quante volte, quante volte! Quante volte me vien da dire: "Sì, sì, non ho avuto Cristo presente! In quell'azione, sa, mi è piaciuto fare!".
Ieri mattina ero assieme, per esempio, lì, con un sacerdote presente e, lo confesso, avevo parlato un'ora con don Giuseppe, ieri mattina, parlato insieme riguardo un po' i fratelli, e vien dentro... e lì ho sempre parlato con la presenza del Signore, perciò, con don Giuseppe eravamo in tre, non eravamo in due, e ringraziando il Signore, lì ho tirato dentro giusto... Dopo viene dentro Pellizzari, quello che fa l'asfalto de là in cortile, no, l'asfalto... e aveva presentato un preventivo per un pezzo di cortile di là, scavare, mettere ghiaia, eccetera, un po' di ghiaia, distenderla, eccetera, fatto un preventivo di un milione e novecentosettantamila lire. Naturalmente io ho guardato i prezzi e ho detto: "I me pare un po' alti, eccetera". Con don Aldo giorni fa, e allora ha fermato... geometra, lo ha fermato chiedendo che venga il proprietario, il padrone, e allora è venuto da me ieri mattina; e c'era lì don Giuseppe, e quando è venuto dentro, don Aldo è andato via, e abbiamo ragionato insieme e ho detto: "Senta, ho visto il preventivo, però, - go dito - però... una, do, tre...". "Sa, lo ga fatto el geometra, mi no lo go gnanca visto, no lo gnanca visto, lo ga fatto el geometra...". "Però, el scusa... forse questo, sì... forse sì...". E insomma, tira zo, tira zo, e intanto ghe fasso dei discorsetti e el 'riva a un milione quattrocentosessanta. E go dito: "Questo, vero? Però sémo sotto Pasqua, - go dito - no? E adesso, el varda, mi ghe dò la carta... la copia, el metta sotto qua el prezzo minimo che el pol fare... vissin a Pasqua se fà sempre qualche opera bona...". "El me diga lu cosa go da mettere! - el ga dito - Fèmo un milione e tre?", el ga dito. Fèmo un milione e tre e el ga messo un milione e tre: tirà zo seicentosettantamila lire! Però, quando che lui è andato via, don Giuseppe: "Come galo fatto, come no galo fatto? Eccetera", tutto contento. E mi, dentro de mi go dito: "Varda, ho fatto questo lavoro, sono stato contento che sia andato così, però l'ho fatto io solo senza il Signore!". E ieri sera sono stato male perché ho detto: "Guarda, l'ho fatto... solo umane, qualità umane, pratica umana, senza...". Sono stato contento sì, sì, ma, ma... sono stato scontento! Ieri sera me la sono rimproverata l'azione, pure essendo una azione che...

MO155,5 [21-03-1967]

5 Quante, figlioli, di queste azioni che facciamo tutti durante la giornata! E siamo contenti perché il nostro io trionfa. Ma, ma ci dimentichiamo di Lui. State attenti, sapete, state attenti! Per quel famoso sachetèlo de balete bianche e nere de quei tusìti che andava a risponder Messa e i ga trovà... vi ricordate, no, e i ga trovà tutte balete nere invesse che bianche, o una sola de bianca...
State attenti che le nostre azioni, i nostri sacrifici che facciamo, un bel giorno ci troviamo dinanzi al giudizio di Dio e troviamo... così poco di quello che abbiamo fatto! Crediamo di aver fatto tanto, e magari qualcuno di queli là che i xe in galera i xe tanto pì vanti de noialtri... magari Cimino! State attenti... che stiamo giocando con una carta tremenda: Dio ci ha chiamati, noi siamo chiamati al servizio di tutti gli uomini, non si discute; il Signore ci ha chiamato a cose grandiose, possiamo essere grandi, veramente grandi. Però attenti, eh? Perché la grandezza confina con l'abisso; chi casca da mille metri no se rompe mia gambe e brassi solo... Sì, caro, cascare da un bruscandolaro, te sé... Va ben che Toni Bottegal se ga rotto anca cascando da terra, el se ga scavessà mezo naso cascando da terra, vero? Te sè... eccetera...

MO155,6 [21-03-1967]

6 E allora continuiamo con il testo qui: "Quaggiù ciò non è realmente concesso. Chi ci darà questa pienezza di potere e di libertà necessaria al nostro essere, e che l'obbedienza quotidiana viene troppo spesso a limitare?".
L'obbedienza... ciò, l'obbedienza quotidiana porta sacrificio, ninte da fare, porta sacrificio. Poter dire: questo no, questo l'ho rinunciato, questo... ho rinunciato! Io vado fuori e c'è la macchina lì e, sa, mi divertirebbe prendere la macchina e andar su a Monteviale e passare un'oretta lì, e lì io devo domandar permesso al Signore, e il Signore dice: “No!”, niente da fare! Potevo star cappellano allora, potevo aver sta libertà! Fossi stato cappellano ad Araceli, parroco ad Araceli o in qualche altra parte, o a Durlo... vero, allora avevo certo la libertà delle azioni: questo lo potevo fare! Anche là, ancora delle limitazioni, e allora dovevo formarmi una famiglia e sposarmi.. chiaro? Ho rinunciato a farmi una famiglia e sono sacerdote, perciò quelle cose non più. Da sacerdote mi son fatto religioso, e a quelle cose rinuncio per darmi al Signore! Del resto Gesù Cristo si è fatto religioso anche Lui, ha fatto il noviziato e si è fatto frate! Non era religioso anche Gesù? E cercava la volontà del Padre. Ho rinunciato, mi sono immolato! Attenti: ci siamo immolati, ma non facciamo quello che vogliamo, se nò è lo stesso, no? Altrimenti caschiamo dentro di aver rinunciato ai beni del mondo e di avere quello che ci piace! State attenti, state attenti che disgraziatamente, così abbagliati, non facciamo la nostra volontà! Guardate che è facile, che è facile! E se non costa sacrificio, dubitate molto di stare facendo la volontà di Dio, parchè la xe dura, cari, la volontà del Signore, savìo! Se non trovate sacrificio, non trovate difficoltà, eccetera, state attenti... dubitate di voi stessi! Non si va alla crocifissione cantando, ricordatevelo bene! Anche per Gesù la crocifissione è sempre crocifissione, e se non sentite il dolore della crocifissione, pensateci su!

MO155,7 [21-03-1967]

7 "Perché la povertà diventa così presto occasione di critica e di discussione, senza tuttavia liberarci ponendoci al di sopra dei sistemi economici temporali di cui gli uomini discutono tra loro? Perché non abbiamo realmente abbandonato le cose della terra...".
Ecco qui: "...non abbiamo realmente abbandonato le cose della terra". Vedete, non è il caso di vivere come facevano le Famiglie religiose una volta, per cui, una camicia e là... tu vai, comprano tre categorie di camicie: numero uno, numero due, numero tre, perché se no quela de Venco a Raffaele no la va mia ben e viceversa, no? Va ben, però ecco, tu non avrai mai la tua camicia, mai la tua veste, tutto della Comunità... eccetera. No, a questo non si arriva, per carità, dico... Ma lo spirito deve essere quello, eh? Se non si arriva a questo, perché questo no, no, neanche per sogno, è una vita religiosa materiale se volete, ma, ma, ma... però, spiritualmente io devo essere là! Io devo sentire nella mia stanza, nella mia biblioteca o nel mio ambiente, qualche cosa che grida contro di me: "Tu hai rinunciato a tutto ma, vedi, io, io sono qui! Tu hai rinunciato a tutto, ma vedi, io sono qui!". È proprio tutto necessario quello che ci circonda? Quelle azioni che compiamo sono proprio tutte volontà di Dio, necessarie, volute da Dio? Non abbiamo cercato, lì e lì e lì, noi stessi? Questo lo capite soltanto se capite la crocifissione: non capito questo, portato sul piano umano, allora cambia modo di ragionare, cambia tutto. O ragioniamo sul campo spirituale e soprannaturale, e allora ci capiamo, e se no, d'accordo non ci capiamo.

MO155,8 [21-03-1967]

8 "Perché non abbiamo realmente tutto abbandonato... questo sarà o quaggiù o nell'aldilà - c'è niente da fare -: non possiamo farne a meno. E tuttavia alcuni lo tentano inutilmente".
Non possiamo, non abbiamo qui la felicità, figlioli, è inutile che andiamo cercare qui, non lo possiamo, dobbiamo già rinunciare in partenza. "Ti farò felice - dice la Madonna a Bernardetta - non in questa vita, ma nell'altra!". Ai piccoli di Fatima: "Nell'altra...", là, in Paradiso, ma in terra, figlioli... "Così tratto i miei amici...", ha detto Gesù. "Per questo ne hai pochi!", ha detto quell'altra. "Il fondamento delle beatitudini è l'incontro con Gesù in un'altra vita, subito dopo la morte e al momento della risurrezione". È lì, il fondamento è lì, nella beatitudine... "Beati coloro che soffrono...", ma nell'aldilà! "Incontrare Dio, incontrare Gesù: voi non potete vivere senza questa attesa, e la vita religiosa di un Piccolo Fratello è impossibile senza l'abitudine di questa attesa che deve approfondirsi in desiderio". "Cupio dissolvi et esse cum Christo!". “Signore, quando sarà che io aprirò i miei occhi, quando sarà... quando verrò a vederti, o Signore? Signore, desidero incontrarmi con te!”. Un'altra giornata ancora: "Grazie, Signore, della giornata, però io vorrei incontrarmi con te!". È tutto là! Tira via questo e allora resta qualcosa altro, no? "Non c'è possibilità di spirito di sacrificio senza questa attesa". Eh, per forza, senza questa attesa non c'è possibilità di spirito di sacrificio! "Senza il desiderio ravvivato in noi delle gioie della vita futura, le rinunce diventano delle repressioni sterili e impossibili a sostenere". Una rinuncia: "E chi me la fa fare?".

MO155,9 [21-03-1967]

9 Una rinuncia se io non ho il desiderio della vita futura, e non so cosa questa mi rende... Scusa, io ti dico: "Raffaele, dammi quella maglia là!”. “Va ben”, te disi ti. “Ciò, damme quella maglia e te dò un milion!”. “Sì, sì, ghe dò anca la camisa mi, se el vole!", no? Eh, scusa, se c'è, se c'è la speranza di una vita futura, se tu vivi per la vita futura, allora "ogni pena mi è diletto...", ma se no "ogni pena mi è dispetto!".
"Non c'è possibilità di spirito di sacrificio senza questa attesa, non c'è castità possibile senza l'attesa dell'unione col corpo glorioso di Gesù. Senza questa attesa certa, senza il desiderio ravvivato in noi delle gioie della vita futura, le rinunce diventano delle repressioni sterili... Bisogna superare tutto in un unico e immenso desiderio che riprenda e assorba tutti i nostri desideri umani per fonderli nel desiderio sempre più presente e abituale di possedere un giorno Gesù senza veli, in una gioia infinita e senza limiti. È per questo che se Gesù non fosse risuscitato noi saremmo i più infelici degli uomini, - termino, do tre righe, tre righe solo - come San Paolo sentiva così fortemente. Ora un numero troppo grande di Sacerdoti e Religiosi vivono come se Gesù non fosse risuscitato e non li aspettasse: - ecco qua! - essi non possono che essere i più infelici degli uomini perché, quaggiù, non vi sarà contropartita a ciò di cui la nostra professione religiosa ci toglie il godimento. Non possiamo vivere senza gioia: la nostra gioia è in speranza, la attendiamo e ne godiamo, per il momento, solo nello specchio della fede". Andiamo!