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L’APOSTOLO VIVE IN COSTANTE UNIONE CON IL SIGNORE.

MI333 [27-11-1970]

27 novembre 1970

Don Ottorino si riferisce alla meditazione del 20 novembre, per la quale aveva preso l'avvio da alcuni appunti personali. Lo stesso fa anche per la presente meditazione per cui vengono riportate in corsivo le frasi lette dalla sua “scheda” che non è stato possibile ritrovare.

MI333,1 [27-11-1970]

1. Sia lodato Gesù Cristo.
Questa mattina cerchiamo di riallacciarci al tema trattato in una meditazione precedente per completare la scheda che abbiamo iniziato e mandarla poi al macero. Prima però vorrei rispondere pubblicamente ad una obiezione che mi è stata fatta in forma privata. L'obiezione è questa: “Come si fa nella pratica scegliere sempre in senso apostolico? Mi pare che sia un po' difficile - diceva questo fratello - orientare tutte le mie azioni in quel senso perché, ad un dato momento, è naturale dimenticarsi; insomma, si va avanti ricordandosi e dimenticandosi, ad un certo punto”. Se noi facciamo il proposito che le nostre scelte siano tutte apostoliche, allora ci sforzeremo di esaminarci perché veramente lo siano e andremo per questa strada. Però io parlo un po' secondo la mia povera e misera esperienza, ma qui abbiamo chi ha studiato filosofia, teologia, ragioneria... per cui ci possono essere anche tante altre strade. Non è detto che tutte le aziende debbano seguire la stessa strada, ma adesso dico un po' quello che io ho sperimentato, anche perché mi pare una strada abbastanza comoda e facile. Se invece tentiamo la strada dell'esame di coscienza, troveremo che a volte è un po' tormentosa. A me sembra molto più semplice mettere a fuoco la preghiera e l'unione con Dio, e allora a un dato momento, quasi senza accorgerci, le nostre scelte non potranno essere che scelte apostoliche, scelte fatte in unione con il Signore.

APOSTOLO F.A.

CONVERSIONE esame di coscienza

PREGHIERA unione personale con Dio

Don Ottorino, con un procedere letterario abbastanza contorto e personale, invita Gesù e lo Spirito Santo a unirsi nella sua preghiera al Padre per renderla più viva e sentita.

Nel testo originale don Ottorino usa una simpatica espressione in latino e in italiano: “Miserere mei saltem vos... amici miei”, che significa: “Abbiate pietà di me almeno voi, o amici miei”.

Cfr. Filippesi 2,8.

MI333,2 [27-11-1970]

2. Andiamo al concreto. Questa mattina, per esempio, sono venuto in chiesa per recitare le preghiere e ho incominciato il “Padre nostro”. Dovevo recitare il Mattutino, ma ho detto: “No, lo reciterò più tardi e ora recito il “Padre nostro” al suo posto”. Dopo dirò anche il Mattutino, intendiamoci bene, ma intanto mi sono messo a dire: “Padre nostro...”, cercando di sforzarmi per dare un significato nuovo alla parola “nostro”. E ho incominciato a pensare: Gesù, tu sei presente nel tabernacolo; cerchiamo di cavar fuori qualcosa di nuovo e di non mangiare sempre lo stesso cibo, vediamo se possiamo cambiare un pochino. Ho detto: “Potremmo fare così. Tu sei nel tabernacolo, lo Spirito Santo è dentro di me, per cui due persone della Santissima Trinità sono qui, e la terza è in cielo. E allora consideriamo i rapporti che esistono tra Padre, Figlio e Spirito Santo: il Figlio è generato dall’eternità, lo Spirito è l'amore che va dal Padre al Figlio. Perciò se ci mettiamo insieme noi tre facciamo una nuova “trinità” e ci mettiamo a pregare insieme il Padre. E allora, - ho detto - adesso cominciamo: Gesù, vieni qui con me, Spirito Santo con me, e cominciamo il “Padre nostro”.
“Padre”. Eh, è differente il modo con cui io dico padre a Dio di come lo dice Gesù Cristo, differente per tanti motivi! Se considero Gesù come figlio di Dio fatto uomo, mi accorgo subito dell’enorme differenza. È sufficiente pensare come lui ha corrisposto all'amore, come lui “si è fatto obbediente fino alla morte” , come lui ha cercato di realizzare i piani del Padre. Io invece, senza fare un grande atto di umiltà, sono il più piccolo dei tre. Ma, a un dato momento, ho cominciato a recitare il “Padre nostro” meditandolo in questa maniera. “Padre, Padre... nostro... che sei nei cieli...”, pensando a Gesù che quando era in terra pensava al Padre suo che era nei cieli. “Sia santificato il tuo nome”. Che cosa desiderava Gesù? Che cosa desidera lo Spirito Santo? Perché lo Spirito Santo è disceso nel Cenacolo sugli Apostoli? Perché venga santificato il nome del Padre; Figlio e Spirito Santo sono discesi in terra per santificare il nome del Padre. “Venga il tuo regno”. Ah, bene, ho detto: “Caro Signore, il regno di Dio viene se io entro nella SS. Trinità, se io riesco a vivere la stessa vita che corre fra Padre, Figlio e Spirito Santo, se qui in terra ci mettiamo a pregare il Padre insieme con il Figlio e lo Spirito Santo”. Questo è il regno di Dio.

PREGHIERA meditazione, contemplazione

ESEMPI Eucaristia

DIO Trinità

GESÙ

unione con...

DIO Padre

GESÙ

servo

VIRTÙ

MI333,3 [27-11-1970]

3. Di qui nasce la scelta apostolica, quando sono arrivato a questo punto nasce la scelta apostolica in tutte le mie azioni, perché io non posso che scegliere azioni che piacciono al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Quando dico scelta apostolica intendo dire quello che piace al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. È sbagliato?
Perciò, ad un dato momento, se io riesco a vivere anche nell'aridità spirituale questa vita di unione con il Signore, questa vita di amore che può essere espressa in una meditazione di un quarto d'ora o di mezz'ora, o può essere anche espressa con un “Ciao, Signore!” passando vicino alla chiesa, o con un “Padre, ti saluto!” guardando le stelle o guardando il sole, se io riesco a realizzare questa vita di unione con il Signore, questa vita di preghiera, di ringraziamento, di amore, di adorazione, è chiaro che io entro nel piano di Dio, e se entro nel piano di Dio tutte le mie azioni non possono che entrare nel piano di Dio perché, allora, tutte le cose, anche le più materiali, se non le faccio per Iddio, che m'importano? Allora posso dire realmente: “Se il Signore mi facesse sentire, mi facesse capire che la sua volontà è che distruggiamo tutto, distruggiamo veramente tutto”. Per me è lo stesso sia costruire che distruggere. Se io riesco ad entrare in questa corrente di amore con Dio, per me dev'essere la stessa cosa dire: “Adesso io faccio andare la macchina in senso corretto o la faccio andare a rovescio, la faccio andare con la marcia avanti o con la marcia indietro, vado in su o vado in giù”. Per la natura umana non è la stessa cosa, perché se io sto salendo il monte Summano, io vorrei andare su e non scendere a capitomboli. È chiaro? Ma lo spirito deve avere questa disposizione: “Padre, vuoi che ponga la marcia avanti o la marcia indietro? Se attacco la marcia in avanti vado in su, se attacco la marcia indietro vado giù a ruzzoloni”. Spiritualmente io devo essere disponibile nelle mani di Dio in questa forma, non per un ragionamento, ma perché non può essere diversamente. Se io voglio bene al Signore non può essere diversamente. Questo spirito deve essere alla base di qualsiasi decisione, alla base di qualsiasi ricerca, negli spostamenti di casa o di mestiere o di cose...

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

CROCE aridità

DIO rapporto personale

DIO piano di salvezza

VOLONTÀ

di DIO

ESEMPI disponibilità

Luino è una località sul lago Maggiore, in provincia di Varese.

L’Astichello è il piccolo fiume che bagna la proprietà della Casa dell’Immacolata.

Il riferimento è a Giovanni Battista Battilana, che all’epoca stava facendo l’anno del noviziato.

Il riferimento è a Marco Pinton, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso teologico.

MI333,4 [27-11-1970]

4. Noi, per esempio, ieri siamo andati fino a Luino per la necessità del centro audiovisivi: è un po' di tempo che stiamo lavorando con impegno per avviarlo. Scusate e permettete un pochino che ora dica una stupidaggine. Pensate voi che se in questo momento il Signore mi facesse capire qualcosa... Supponiamo che don Aldo fosse superiore di tutta la Congregazione e mi dicesse: “Ho pensato e ho pregato: basta, adesso butta via tutto”, e mi dicesse: “Prendi il carretto e getta tutto nell'Astichello”. Anime di Dio, come faccio con questa carta che metto qui così prenderei il carretto e porterei tutto il materiale del centro audiovisivi nell'Astichello. E se non avessi questa disposizione spirituale sarei stonato, o non sarebbe secondo il Signore l’attività che stiamo programmando perché allora cercherei me stesso e non cercherei la gloria di Dio. E questo vale per quella attività, ma anche per tutte le altre.
Se il Signore mi dicesse: “Prendi il carretto, carica sopra tutti i ragazzi della Casa dell'Immacolata e gettali nell'Astichello”, vi preparerò una barca... ma se il Signore non mi dice più niente io vi getto giù nell'Astichello, anche se mi dispiace tanto, e inoltre vi getto con la testa in giù. Amici miei, voi direte: “Che santità!”. Ma quale santità? Si può dire pulito uno perché si lava la mattina? Com'è pulito Battista perché si lava il viso la mattina! Che cosa c'è di strano? Altrimenti sarebbe un porcellino. Per un cristiano che cerca di vivere la sua vita da cristiano, per un religioso che cerca di vivere la vita da religioso, per un prete che cerca di vivere la vita da prete, non fate monumenti di santità o aureole di santità. Vedete con quale schiettezza io ve lo dico perché mi pare che è talmente necessaria questa disponibilità che non averla, per conto mio, sarebbe una mancanza di serietà professionale, se volete dirlo con una brutta parolaccia che corre adesso nelle bocche di tutti. Un medico può vantarsi perché sa fare un'iniezione, perché sa misurare la pressione ad un ammalato, perché sa fare una diagnosi, perché insomma, per esempio, vede che uno ha un dente guasto e gli dice: “Hai un dente guasto”? Fino a questo ci arrivo anch'io. Che cosa ne pensi, Marco? Certe diagnosi possono essere anche un po’ difficili, ma diagnosi chiare e precise un medico deve saperle fare.

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

CONSACRAZIONE santità

CONSACRAZIONE religioso

Il riferimento è a Raffaele Testolin, che all’epoca stava passando un periodo di discernimento vocazionale.

Don Ottorino vuol dire che gli antichi si recavano dagli indovini per conoscere gli oracoli delle divinità. Pitone era il nome del mitico mostruoso serpente che risiedeva a Pito, dove faceva strage di uomini e di animali e prediceva il futuro. Pitonessa era la sarcedotessa di Apollo che nel santuario di Delfi recitava gli oracoli del dio.

Don Pietro De Marchi, parroco dell’Isolotto di Firenze, si trovava in quei giorni a Vicenza per essere stato tramite di una donazione alla Congregazione, e don Ottorino aveva voluto che parlasse ai confratelli nella meditazione precedente del 25 novembre.

MI333,5 [27-11-1970]

5. Un prete che va a salvare le anime, che è l'uomo di Dio, l'uomo della preghiera, l'uomo che pone fuori una targhetta sulla quale è scritto: “Qui si vende santità” o “Qui si riceve santità” o “Se volete la santità, eccola qui”, deve necessariamente essere un uomo di Dio. Con questa veste, caro Raffaele , tu ti presenti, e in treno, a casa, nel bar, in corriera, e con la tua veste tu dici: “Volete Dio? Venite da me! Avete bisogno di Dio? Venite da me!”. Una volta la gente andava dai pitoni. Noi siamo gli uomini che hanno un rapporto privilegiato con Dio, e la nostra buona gente esige questo da noi. Anche i cattivi, che affermano di non credere in Dio, esigono da noi che siamo gli uomini di Dio. E allora l'uomo di Dio non può fare commedie, commettere stupidaggini. L'uomo di Dio è colui che rimane in contatto con Dio, e in contatto con Dio non perché rimane per ore e ore a recitare preghiere.
Ad un dato momento deve essere naturale questo rapporto: “Dio, mio Signore, presente in me, presente nell'ambiente dove sono, presente anche nei fratelli...”. Allora scopro veramente che Dio è presente nei fratelli, e quasi mi inginocchio ad adorare un mio confratello. Quando io vedo uno di voi che a un dato momento ha appena fatto la comunione, io mi inginocchierei e prenderei un turibolo per incensarlo; quando vedo uno di voi che dice una parola di carità, che fa un sorriso ad un compagno, allora si deve sentirlo Dio, non vederlo solo. Chi è in grazia, chi è consacrato al Signore, chi vive con gioia la sua vita di donazione, chi volontariamente resta qui, amici miei, deve sentire la presenza di Dio in mezzo a noi, ma la sente tanto quanto si conosce Dio perché allora io lo vedo Dio e lo sento. Scusate se ho insistito su questo, ma ho avuto piacere dare una risposta all’obiezione che mi è stata fatta. Non so se sono riuscito, ed eventualmente l’interessato poi mi dirà se sono stato esauriente. Ma vi pregherei di mettere a fuoco questo perché le nostre scelte devono essere necessariamente apostoliche. Per noi è proprio un dovere, vorrei dire, di giustizia verso le anime, perché noi siamo chiamati a lavorare per la loro salvezza. Non è come uno che dice: “Beh, se vuoi andare all'Inferno, va' pure”. Noi non possiamo comportarci in questa maniera. Avete visto qui don Pietro: non è la stessa cosa che sia un santo o che non sia un santo all'Isolotto. C'è una responsabilità sociale. Tutte le anime dell'Isolotto sono legate: è come un pilota che guida un aereo, e tutte le persone che sono dentro sono legate un po' alle mani di quel pilota. A un dato momento le anime che sono affidate a noi sono entrate nel nostro apparecchio e noi le stiamo conducendo in mezzo alle nubi, sopra le montagne, sopra i precipizi. Non possiamo quindi scherzare: c'è una responsabilità. Voi sapete che anche nel campo civile sono severi, e quante norme ci sono per chi guida un pulman pubblico. Noi guidiamo un aereo che va verso il cielo.

SACERDOZIO prete

APOSTOLO uomo di Dio

APOSTOLO salvezza delle anime

CONSACRAZIONE

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

EUCARISTIA comunione

APOSTOLO F.A.

MISSIONI

CONSACRAZIONE fedeltà

Don Ottorino si riferisce in modo scherzoso a Marco Pinton.

La caduta di Adamo ed Eva è narrata in Gen 3,1-24

Don Ottorino nomina nel suo esempio don Zeno Daniele, che all’epoca era addetto all’amministrazione delle edizioni e all’amministrazione generale della Congregazione.

MI333,6 [27-11-1970]

6. Seconda cosa. Mi pare d'avervela accennata l'altra volta: se non siamo arrivati a questo punto, di chi è la colpa? Vi ricordate? Mi pare che abbiamo già accennato a questo. Anche qui voglio rispondere un po'.
Noi siamo fatti ad immagine di Dio. Quando nasce un bambino abitualmente si dice: “Come assomiglia a sua mamma! Guarda come Marco assomiglia a suo papà, guarda quel naso... È sufficiente osservare il naso: gli assomiglia, gli assomiglia!”. Noi siamo fatti ad immagine di Dio, ma siamo fatti anche ad immagine dei nostri progenitori. I nostri progenitori, se non sbaglio, perché non conosco ora gli studi attuali sulla Sacra Scrittura, hanno rotto il contatto privilegiato che avevano con Dio. Adesso lasciamo da parte l'immagine della mela o della ciliegia o del pesco, resta però il fatto che all'inizio Adamo ha detto al Signore: “È stata la donna che me lo ha dato; non sono stato io; è stata lei”. All'inizio i nostri progenitori hanno cominciato a scaricare la colpa l'uno sull'altro, e la donna ha detto: “Non io! È stato il serpente, è stato lui, è stato lui”. Il serpente ha ricevuto la sua condanna, ma anche la donna e Adamo hanno ricevuto la loro: nessuno dei tre è stato risparmiato, sebbene l'uno abbia scaricato la colpa sull'altro. Io ho insistito l'altra volta, e ora vi prego nuovamente dicendovi: “Guardate che uno degli inganni del demonio è appunto quello di portarci a dire: “Io non riesco a fare questo perché gli altri non mi sostengono”. L'altra volta ho sottolineato che se ci sono rimasti due talenti e gli altri se li sono tenuti in tasca l'animatore o il padre spirituale o il maestro dei novizi, i due talenti devono diventare quattro, e non è un motivo sufficiente il fatto che ne avete ricevuti due soli e gli altri sono rimasti in tasca degli altri per dire: “Metto via anche questi o spendo anche questi”. Vi direi proprio questo: non scagliamoci contro nessuno. Siamo in una situazione tale che, se vogliamo farci santi, abbiamo le possibilità che vogliamo perché un tabernacolo lo abbiamo, un'anima l'abbiamo, una ragione l'abbiamo, la possibilità di pregare l’abbiamo, e in qualsiasi circostanza che ci troviamo possiamo farci santi. Vigilate perché il demonio è fatto così. Fa dire, per esempio, a don Zeno: “Se io invece di essere sempre tra i numeri, fossi, per esempio, al ricovero di San Pietro in mezzo alle vecchiette e ai vecchietti, solo a parlare di Dio, mi troverei molto bene, certamente mi farei santo”. Fa dire poi al cappellano di San Pietro: “Ah! Se fossi in mezzo alla gioventù, o se avessi, per esempio, l'amministrazione con la possibilità di incontrare gente da una parte e dall’altra, potrei parlare di Dio e farmi santo”. Il demonio è fatto così. Ci vorrebbe portare via dall'ambiente dove siamo, dicendo: “Tu non puoi farti santo in quell'ambiente; bisognerebbe cambiare, cambiare, cambiare”. E invece proprio dove siamo e nelle situazioni in cui ci troviamo, fermo restando il principio che se troviamo delle difficoltà abbiamo il dovere di parlare, proprio in quella situazione possiamo farci santi. La santità è fare per amore di Dio quello che ogni giorno il Signore ci domanda, che può essere una cosa grande o una cosa piccola.

CONVERSIONE esame di coscienza

DIO creatore

PAROLA DI DIO Sacra Scrittura

CROCE Demonio

CONSACRAZIONE fedeltà

CONSACRAZIONE santità

Don Ottorino offre una interpretazione personale dell’episodio dell’obolo della vedova, narrato in Mc 12,41-44 e in Lc 21,1-4.

Le pie donne era il nome familiare che don Ottorino dava alle signore addette alla cucina e al guardaroba della Casa dell’Immacolata, e alle quali abitualmente lui stesso celebrava la Messa al mattino. Fra di esse c’era anche Teresina Todescato, che nomina subito dopo.

Don Ottorino accenna scherzosamente a Giovanni Battista Battilana, che per alcuni anni era stato allievo dei Padri di Monte Berico, la cui festa principale era celebrata l’8 settembre.

MI333,7 [27-11-1970]

7. Non dimentichiamo mai l’episodio del santo Vangelo di quella benedetta donna che ha messo cinque franchi nella cassetta dell'elemosina, depositando così più degli altri che hanno messo dodici milioni. C'erano prima le pie donne , e la Teresina ha brontolato un po': “Se io avessi soldi, darei più di dodici milioni; non potrei anch'io dare in quella maniera?”. Allora ho commentato la storia dell'obolo: “Una vecchietta ha dato cinque lire ed un commendatore ha dato diecimila lire. Immaginate - ho detto - la festa dell'otto settembre a Monte Berico: tutti hanno messo dei soldi, e una povera donnetta ha levato dal fazzoletto cinque lire, che valgono più delle offerte di tutti gli altri. I frati contano i soldi, ma il Signore conta diversamente”. Vedo Battista che si muove: il Signore conta in altro modo, in altra forma.
Ricordatevi questa verità: quando noi facciamo con amore abbiamo dato tutto, e quando abbiamo dato tutto abbiamo dato più del Papa, cioè abbiamo dato praticamente quello che il Signore aspettava. Se ho in mano una ciliegia sola e una persona me la domanda e gliela do, ho dato di più di uno che ha un cesto di ciliegie e ne dà una manciata ad un altro, perché ho dato tutto. A volte noi facciamo così anche con i bambini. Quando hanno una caramella sola chiediamo: “Me la dai?”, per provare un po' la loro generosità. Poi diciamo: “No, caro, conservala tu”, e se ne abbiamo, ne diamo altre tre, ma li proviamo, e lo facciamo non quando ne hanno tante, ma quando ne hanno una sola: “Me la dai?”, per provare l'amore. Il Signore fa così, e lo fa per provare il nostro amore, specialmente se abbiamo pochi talenti, poche cose: “Dammelo, voglio vedere se me lo dai. Hai dieci minuti liberi, verresti a passare un po' di tempo con me, a leggere un libro buono?”. “Eh, eh...”. E diciamo di no. Lo dico per esperienza personale. Vi è mai capitata qualche ispirazione simile? E facciamo di tutto per fare finta di non sentire, ci muoviamo per non sentirla. State attenti perché siamo come quel bambino verso il quale la mamma allunga la mano e chiede: “Mi dai quella caramella?”, e lui: “Mamma, ho solo questa!”. State attenti perché noi tante volte facciamo così, ma non è santità.

PAROLA DI DIO Vangelo

CONSACRAZIONE offerta totale

ESEMPI croce

Il riferimento è ad Adriano Conocarpo, che all’epoca frequentava l’istituto per ragionieri.

Nel lungo esempio don Ottorino tenta di descrivere la perenne indecisione di don Giuseppe Giacobbo, che all’epoca lavorava presso il semiconvitto Ferdinando Rodolfi, e nomina la famiglia Nassi la cui casa si trovava di fronte alla Casa dell’Immacolata.

MI333,8 [27-11-1970]

8. Entriamo nell'ultimo punto perché il tempo è passato.
L'ultimo punto direbbe così: «C'è un momento della vita in cui la colpa o il merito ricadono tutti su di me e si ripercuotono sull'eternità». Ricordo che avevo sedici anni, e mi ha fatto impressione uno di quei soliti libretti di lettura spirituale nel quale c'era una frase che diceva pressappoco così: “L'uomo si decide con due o tre sì, o con due o tre no, pronunciati dai diciassette ai vent'anni”. Due o tre sì, due o tre no; dopo si può anche rimetterli a posto, ma sono due o tre sì, o due o tre no. Adriano dice: “Ahi! Sono rovinato!”. Effettivamente è così. A un dato momento si tratta di essere coerenti e di dire: “Ho visto, ho deciso e faccio!”. Dopo, naturalmente, ci saranno i capitomboli, non importa niente, però io ho deciso e faccio. Ho visto una ragazza, me ne sono innamorato, la sposo e non si discute più; dopo ci saranno le tentazioni, però quella è mia moglie, quella è la mia famiglia. A un dato momento non possiamo scaricare sugli altri; dobbiamo prendere la responsabilità delle nostre azioni, e noi siamo responsabili in pieno sia nel bene che nel male. Non continuiamo ad andare avanti sempre con indecisione. Che direste voi se, per esempio, don Giuseppe, che fra poco andrà all'esternato, partisse da qui e quando è arrivato davanti alla casa dove abitava prima Nassi dicesse: “Oh, mamma mia!”, ritornasse di nuovo indietro, e quando è sulla porta dicesse: “No!”, e ritornasse sui suoi passi fino al portoncino per cui si entra all'esternato, ma quando è là ripetesse: “Mamma mia!”, e ritornasse ancora fino al portone, dove si ferma un po' a pensare da solo, e dopo ritornasse fino al portone grande, e poi ritornasse ancora qui di corsa, camminando in fretta, fino al portoncino dove entrano gli ospiti, e quando è là tornasse ancora indietro? Se continuasse così fino a mezzogiorno sono convinto che farebbe presto ad arrivare un'ambulanza; con tutto il rispetto che ho per don Giuseppe, arriverebbe un'ambulanza, e troveremmo subito il posto presso la casa di cura San Felice per ammalati mentali. Tante volte la nostra vita spirituale è così: si comincia, si lascia, si tenta, si prova... insomma, non è neanche da uomini. Noi saremmo pronti a condannare un simile atteggiamento di don Giuseppe e a compatirlo, ma dobbiamo vigilare perché spiritualmente con il Signore noi facciamo la stessa cosa.

AUTOBIOGRAFIA

VIRTÙ

CONSACRAZIONE fedeltà

Cuccarolo è il nome di un bar molto conosciuto in Viale Astichello, proprio vicino all’Istituto San Gaetano.

Don Ottorino cita l’espressione di Apoc 3,15 in latino: “Nec frigidus nec calidus”.

Il riferimento è alla famosa veglia di Sant’Ignazio di Loyola presso il santuario di Monserrat, quando decise di abbandonare la sua vita di soldato e di mettersi a disposizione del Signore.

Mons. Giovanni Veronesi fu rettore del seminario diocesano di Vicenza dal 1887 al 1923, lasciando il ricordo di un vero uomo di Dio.

MI333,9 [27-11-1970]

9. “Vai”?
“Sì!”. “Sei andato?”. “No, non sono ancora andato”. “Perché?”. “Non lo so neanch'io...”. “Perché non sei venuto?”. “Vorrei prima provare...”. Questo andare e venire non va. Almeno va’ in osteria e ubriacati, va’ da Cuccarolo e ritorna a casa ubriaco, ma almeno avrai fatto qualcosa invece di continuare avanti e indietro in quel modo. Almeno va’ a giocare una partita a carte. È proprio il caso della persona che non è “né fredda né calda” , e quindi meritevole del manicomio. Cerchiamo di domandare al Signore l'aiuto che ci illumini e che la Madonna ci assista, ma mettiamoci dinanzi al Signore come ha fatto Sant'Ignazio, perché siamo partiti proprio da Sant'Ignazio. Ricordate bene che, a un dato momento, ha passato una notte nella veglia d’armi davanti al Signore e ha detto: “D'ora innanzi il mio capitano sei tu e giuro obbedienza a te, mio Signore”. A un dato momento anche noi dobbiamo fare al Signore una promessa, una donazione, un'oblazione di noi stessi, un’offerta veramente totalitaria, cominciando dalla suola delle scarpe al ciuffo dei capelli, ma veramente totalitaria: “Signore, eccomi qui di giorno e di notte, sano o ammalato, in un posto o nell'altro, nell'aridità o nell'estasi. A me non interessa niente, a me interessa solo fare la tua volontà ed essere completamente tuo”. E come simbolo prendete la lampada del Santissimo, che è accesa per il Signore e che si consuma per il Signore, solo per il Signore. Ricordo ancora la frase di mons. Veronesi che vi ho detto altre volte: “La nostra vita è come una candela accesa per il Signore; poco importa dove e come si consuma, purché si consumi solo e interamente per lui”. La nostra preghiera dovrebbe essere questa: “Signore, fa’ che io mi consumi come la lampada del Santissimo. Signore, fa’ che la mia vita sia solamente tua, completamente tua. Quello che io faccio sia solo per te. Non m'interessa una cosa o l'altra; se puoi, dammi qualcosa”.

CONSACRAZIONE

MARIA

CONSACRAZIONE offerta totale

VOLONTÀ

di DIO

CONSACRAZIONE radicalità

Don Ottorino si riallaccia all’esempio che aveva iniziato a metà meditazione.

L’espressione molto forte vuol dire che una vita religiosa e apostolica senza vera unione con il Signore non merita la pena di essere vissuta.

MI333,10 [27-11-1970]

10. Per esempio, ieri c'era un po' di nebbia a Milano e allora ci siamo chiesti: “Signore, se è possibile...”, e ci siamo interrogati se valeva o non valeva la pena di andare fino a Luino. Mancavano pochi minuti a mezzogiorno, eravamo presso Linate e dovevamo andare in un posto sul mezzogiorno; andare sul mezzogiorno sembrava quasi andare per chiedere il pranzo, e allora abbiamo pensato: “Che facciamo, Signore? Diciamo un'Ave Maria perché la Madonna ci illumini su quello che dobbiamo fare”. Alla fine ho detto: “Andiamo fino a Luino, mangiamo e dopo cercheremo di trovare l'ingegnere con il quale dobbiamo incontrarci”. All'una del pomeriggio eravamo a Luino e abbiamo fatto quello che era necessario fare. Ma il Signore subito dopo ci ha regalato una giornata bellissima sul lago Maggiore, senza nebbia. Allora ho detto: “Signore, quanto sei buono! Grazie, grazie! Mi hai fatto passare una mezza giornata veramente piacevole...”. Ah, è una bellezza, se lo facciamo con il Signore! Poi ho detto: “Non si potrebbe venire al lago con tutti i ragazzi, o almeno con un gruppetto, con i più buoni, magari, per convertirli un po'?”. È veramente bello vivere la giornata così. Se invece avessimo trovato nubi o pioggia avremmo detto: “Signore, sarebbe stato più bello avere il sole, ma pazienza!”.
Mi sembra che se la nostra vita di religiosi è imperniata sull'unione con Dio diventa un paradiso anche in terra, è un inizio del nostro paradiso. Per noi questo è necessario, e non soltanto è auspicabile per la nostra vita spirituale, ma è necessario per il nostro apostolato, perché altrimenti nel confessionale, negli incontri con le persone, negli incontri con le famiglie, negli incontri evangelici, non abbiamo niente da dare. E se non abbiamo niente da dare, amici miei, è meglio chiudere la bottega e dichiarare fallimento. Sia lodato Gesù Cristo!

ESEMPI abbandono a Dio

MARIA maestra, guida

DIO bontà

di...

DIO riconoscenza a...

DIO rapporto personale

CONSACRAZIONE vita religiosa

APOSTOLO vita interiore