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LE VIRTÙ DELLA FEDE, DELLA SPERANZA E DELLA CARITÀ

MO15 [10-05-1965]

10 maggio 1965 Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell'Immacolata. Don Ottorino, continuando il commento a qualche pagina del libro di p. Francesco Franzi: "Esercizi mariani per sacerdoti", illustra le virtù teologali della fede, della speranza e della carità come dono di Dio, bisognoso di una risposta personale da parte dell’uomo. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 17’.

MO15,1 [10-05-1965]

1."Con la fede, la nostra intelligenza è fatta capace di una soprannaturale conoscenza di Dio e delle cose che riguardano Dio. Si apre infatti alla luce sovrumana di Dio quando, credendo, accoglie i misteri, benché non li possa né scrutare nella loro essenza, né esprimere adeguatamente con concetti e con parole umane".
... Almanco vedémo de vérsare la vela, no? Vérsare la vela... Questo toca a noialtri: vérsare la vela, capìssito Angeleto? Apri la vela, vérsala tuta; e alora lo spirito Santo el ne farà... E allora la Fede, e allora la Speranza, e allora la Carità; e allora i doni dello Spirito Santo: l'intelletto, il dono della scienza, della fortezza e del timor di Dio, caro Leonzio, caro mio. Però c'è una parte che tocca a noi, ci viene infusa. Per il fatto che sei battezzato hai la grazia; per il fatto che hai la grazia porti con te infusi i doni dello Spirito Santo e delle virtù infuse. Porti con te questi doni: virtù infuse e doni dello Spirito Santo. Però, attenti, non illudiamoci: ci vuole l'opera nostra. Io devo prendere fuori il microscopio, devo montarlo, devo prendere lì, preparare i vetrini, guardare... e allora potrò dire che... e allora sì. Ma io ho lo strumento in mano, capìo? Ricordate che la fede é la stessa cosa. Devo compiere quelle azioni che sviluppano in me la fede: la preghiera, la lettura di libri buoni, meditazione, meditazione sul santo Vangelo, atti di fede, ripetuti atti di fede: "Mio Dio, io credo! Mio Dio, io credo! Adoro, spero e ti amo". Ma ripetere atti di fede, e atti di umiltà, figlioli. Io vi ho dato come penitenza un pochino, come fioretto quest'oggi, baciare tre volte la terra. Ma baciatela qualche volta la terra, baciatela, ma con fede, con umiltà: "Signore, Signore, cosa sono io? Chi sono io? Sono una povera creatura. Io ti adoro, Signore". Ecco là Tobia e so fìolo, quando che l'angelo Raffaele scompare: tre ore con la faccia per terra ad adorare e a ringraziare, adorare e ringraziare. Faccia per terra per indicare la propria umiltà e il proprio niente.

MO15,2 [10-05-1965]

2."Signore, io son niente, miseria. - no?, diséva il padre don Giovanni Calabria - Niente e miseria. Zero e miseria. Son niente, son niente!". Proprio povera creatura, che ha avuto il coraggio di alzare la testa verso di Te e di ribellarsi. Signore, ecco cosa sono io; credo, Signore, alla tua bontà. Ti ringrazio dei tuoi doni. Ti domando perdono della mia miseria - Ma questa voce dovrebbe uscire da voi centinaia di volte durante la giornata: al mattino appena vi alzate, appena potete; alla sera prima di andare a letto. E anche se non potete baciare la terra fisicamente perché ci sono i confratelli vicini, perché non avete una stanza da soli o che so io, ma lo dovete fare spiritualmente. Quando andate in chiesa a far una visitina, ma con la faccia a terra: "Mio Dio!", prima un atto di umiltà, e poi fede, e poi fede. Fede, Tachìn, el dixéva, no? Fede, Tachìn.
Ste' attenti, fiòi! Ste' attenti, fiòi! Ca non se vedémo in paradiso tanto e tanto alti, molto più alti de noialtri, delle anime semplici, tipo l'assistente Luciano, quelle anime là, che nol sa de filosofia e de teologia, che'l conosse solo che i alpini, magari el fiasco dei alpini... Eh, giorni fa el gera là con una de quelle pessàte là, ca magnémo noialtri (giorni fa non gavì magnà pesse, no? Non ghemo magnà pesse?...). Gera... che ora gera? Non so se fusse stà mezzogiorno o sera, o verso mezzogiorno o verso sera me pare: ma... verso le sette, perché el ga dito che'l 'ndéa magnare le otto e mezza-nove parché el gavéa da fare dei lavori... Co 'na pessàta in man, là... che'l magnava, sa, là cossì, con le man sporche da oio... El sa, par ciapar... un pochetìn... go da ciapar, far lavorare, sa, ora qua, ora là... Ma pensé, che in mezzo al so lavoro el fa par amor de Dio: perché lo fa par el Signore solo; el lo fa par risparmiare par la casa, el lo fa par... Te vidi proprio uno pien de fede e de Dio, de fede. E quante di queste anime, anche nel mondo, che non hanno studiato, dinanzi al mondo forse ignoranti; ma, cari miei, hanno una fede, ma di quella! Perché? Perché la domandano, perché sono umili, sono umili!

MO15,3 [10-05-1965]

3.“Cossa vorlo ca sia mi, caro!? A son 'na povera creatu ra...”. Ma lo dicono sul serio, non per farsi vedere. Hanno la convinzione di essere delle povere creature, di essere misere crea ture. E fanno di tutto, anche per la fameia. Chissà che responsabilità! Chissà el Signore... qualche povera mamma: "Chissà el Signore cosa che'l me darà a mi co son morta! perché...".
Anca ieri la mamma di don Marcello: "Go slevà diese tusi. Ma cossa vorlo, anca mi go tante miserie. Me rabio qualche volta. Chissà ch'el Signore el perdona. Sempre paura, sa, de aver fatto poco, de aver fatto niente, no? Fatto niente". Vero don Venanzio? Non é commovente vedere 'ste povere donne, che le ga fatto, le ga quasi setanta anni, e lavorare, lavorare par tirar su 'sti tusi. Non le ghin à casa gnanca uno; xé restà luri du veci solo: mamma e papà; ghe xé el fratello della mamma ch'el xé cieco, nessun lo vole, e i se lo ga tirà a casa. Adesso, luri du veci che ghe toca alsarse de note, tirarlo su parché el faga i so bisogni, dài, tirarlo de qua e de là, trascinarselo drìo, 'sto poro cieco... Beh, adesso che i ga slevà diese tusi, tutti i tusi i ga abbandonà la fameia, anca l'ultimo, e i ga lassà i veci là da soli; lori, tanto par completare l'azione, i ga portà casa un cieco in casa e i se lo tira su come 'n'altro toseto. E 'sta pora donna: "Ah, el paradiso, caro... a me ràbio massa... Eh, cosa vorlo, bisogna essere pì boni: mi son mia bona...".

MO15,4 [10-05-1965]

4.Eh, cari, cari, ste' tenti fiòi, ca ciapemo dele... Sa, mi gera in macchina 'na volta, vero Vinicio, te te ricordi: vegnìvimo casa da Milano e mi credéa de corare chissà quanto con la me vecia macchina. E improvvisamente... son là placido e tranquillo, e sento una macchina par de drìo: svemmm!! Naturalmente vien fora: "Bruta bestia!". Ma proprio parché la me ga fato ciapar paura, no? "Bruta bestia!", ma la xé vignù fora così spontanea, così bela, no? me la go vista sfilare là, compagna de un... Brooommm! Te te ricordi quela bruta bestia!, che sé vegnù fora contro quela macchina. ciò, a go ciapà un spavento, no?... La xé passà...
Ebbene, ste' attenti, parché vedaremo delle animette che credevimo noialtri là, che forse non se degnavimo neanche farghe carità perché sa, i gera massa un pochetin peociosi, no? Ste' attenti che forse a se li vedemo filare così, eh! Improvvisamente, a rivemo là in portineria de San Piero, e là migliaia de persone che speta andar dentro. Improvvisamente i sonarà 'na tromba: Largo! Chi xé che passa? Qualchedun: che fusse morto el Papa? qualche personalità? E te vedi: bisogna che i fassa largo, i xé là coi onori militari, el picchetto armato, che i saluda magari una de quele vecete là, che le passa così. E noialtri, con tutti i nostri titoli de monsignori, professori, dottori, a semo là in coa e bisogna ca spetemo el nostro turno. Ste' attenti, e che Dio ne la manda bona anca. Tanto par...

MO15,5 [10-05-1965]

5.E perché? Perché forse quel dono infuso che il Signore ci ha dato della Fede lo ghemo sepelìo sotto terra e lo ghemo fatto... lassà diventar ruxine, e 'ndemo su là con 'na lampada che fa proprio pietà e misericordia: non ghemo alimentà sufficientemente la lampada della fede. E invece de diventare un fuoco, un incendio, l'è restà un fuocherello, misero misero misero, che per misericordia della Madon na, per i nove primi venerdì del mese, forse ca ghemo fato, co l'é morto eco..., per la misericordia di Maria, per le preghiere delle nostre buone mamme, che le ne ga racomandà alla Madonna... Eh, te sé, la Madonna la ga salvà anca l'omo quela volta, ve ricordé, fra l'acqua e el ponte... Non savì mia la storia? Sì... lo ga salvà, e cossa volìo, forse con la misericordia de Dio non more la fede... Perché proprio per le preghiere della mamma o per il primo venerdì del mese... Ma fiòi, ste' attenti, il Signore nol se contenta mia de questo da noialtri.

MO15,6 [10-05-1965]

6.E dopo ghe xé anca on'altra virtù: la virtù della speranza; non quela solo de essare promosso, seto Luigi? E gnanca quela de 'ndar fare un'altra gita, seto Azzolin? La speranza xé calcossa altro.
"La volontà é elevata a ricreare come 'bonum' che é il suo oggetto proprio, Iddio stesso, Iddio posseduto e goduto". Ecco la speranza, la virtù della speranza: la xé tutta qua... Se trata de cambiare... Ghe xé tre robe, tre robe: sto candeliere qua, questa torta qua e ghe xé Lu, Dio, ecco. Il bambino dixe: Mi la torta. Quel'altro el dixe: No, mi 'sto candeliere per Natale. Invesse, invesse... Dio, Dio. Si tratta di sperare solo in Dio. Capì che la speranza la xé unita alla carità, no? La sé unita alla carità. Io spero in che cosa? Cosa speri, caro Albertino?... La vita eterna e le grazie necessarie per raggiungerla. Ecco qua: la vita eterna e le grazie. Ma é proibito sperare nel resto? No! Io spero anche il resto e le grazie necessarie per raggiungerla xé anche una gita per distrarse un pocheto, no? Se é fatta per amor di Dio. Per esempio, il rinfresco che farà don Venanzio il giorno del battesimo suo sacerdotale... eccetera... La festa che faranno a don Matteo al suo paese, col suono delle campane e con la sfilata di tutte le mucche del paese in giro, sfilata generale di tutto il bestiame per fare festa popolare, ma proprio... Ghe xé festa, prima religiosa e dopo quella civile, vero. Furbi... Ecco il resto: dopo tutto quanto serve. Figlioli miei, state attenti che speranza vuol dire cercare Dio e la strada per andare a Dio. Io spero di raggiungere il paradiso e di avere dal Signore le grazie necessarie per raggiungere il paradiso. E grazie necessarie sono anche i doni naturali che mi ha dato il Signore: i talenti. E, con l'aiuto del Signore, spero...

MO15,7 [10-05-1965]

7.Ecco le nostre buone mamme... che cosa...: "Sa, xé fadiga slevàre i tusi, ma con l'aiuto del Signore ghe son riussìa, sa, manco male, ma con l'aiuto del Signore. Guai se 'l Signore non me ghesse jutà. Mai che el Signore me gappia abbandonà... dixeva so mama, ghivimo quatro campiti e meso, e con quatro campiti e meso ghemo tirà su tuti 'sti tusi... quatro campiti e meso, ma el Signore nol ne ga mai abandonà". Ecco la speranza cristiana. "Dopo arriva che don Marcello el vole andare in seminario, e allora ghemo dito: come femo, come femo? Bisognava pensare a tuti i tusi, tuta l'altra strepola, sa, de drio de i altri tusiti, no? Come femo con quatro campiti e meso? Va là ch'el Signore ne iuta, Toni, no sta aver paura! El Signore ne iuta... Ma te capissi lu el faséa on pò de oposision, ma come femo? Sa, lu on po' sotarelo, un pochetin... el fa el scarparo, come femo? come femo?... E insomma un giorno el vien casa con tutta la roba... Cossa gheto fato? A go tolto la roba pal picolo che el va in seminario... insoma, bisogna mandarlo. I lo manda, el toso... Dopo so marìo va trovare in seminario el picolo: "Grazie, seto, che te me ghe fato un po' violensa par mandarlo. A son sta così contento - el ga dito - 'na consolassion così grande! Va là ch'el Signore ne iuta, sì, no sta aver paura! Va là ch'el Signore ne iuta - el ga dito - avanti, avanti!". Tutto contento anca lu: el Signore ne iuta! El Signore ne iuta! Ecco la speranza. Teologicamente no i savea dare... cossa séla?
Come séla la definizione teologica? "Spes est virtus...". Com'é? Gnente... Ti, dai, Giorgio, come xéla? Neanche la definizione di Dante nella Divina Commedia? Niente. Ma cosa gavìo studià voialtri?... E dopo i vol studiare... e dopo i sa... tute quele robe là... Xé queste le robe che gavì da savere! E là ghe tegno ca savì. Definizioni teologiche... ooh!!! Catechismo, summa teologica, gavì san Tommaso... sì, sì, queste ghe vole! Non go mia dito mai de no mi a 'ste robe. Prima vui ca gavì la speranza; inutile ca me fé delle bele sisquisizioni sulla Speranza e dopo non la gavì. prima aver la Speranza, e dopo saver dare definizioni, e saverla anche teologicamente definire, savere el trattato... no xé vero?... così! No ste' farme i bauchi!

MO15,8 [10-05-1965]

8."Con la Carità, la volontà, non già, per quanto é possibile 'in statu viae' possiede Iddio, cerca in Lui solo la sua gloria, la sua soddisfazione, la sua pace... dunque... così da non sentire bisogno di altra cosa creata. Dio basta a renderla felice".
Qui ci sarebbero tante e tante robe da dire, tante e tante robe da dire. Fede: io credo. Speranza: spero la vita eterna, rag giungere Dio e i mezzi per raggiungerla. La Carità: per quanto é possibile già posseggo Dio, già posseggo Dio. E' chiaro? Con la Fede credo che c'è Dio nel mondo... e anche qua, no? Con la Speranza spero di raggiungerlo: ch'el Signore me manda una macchina per raggiungerlo. Con la Carità, Dio viene qua: é il telefono che fun ziona, é la televisione che funziona. c'è la televisione, c'è il telefono, c'è l'unione. Comincia già, per quanto é possibile a un povero viaggiatore, a un povero pellegrino che va verso l'eternità, c'è già una unione con Iddio, c'è già una mano di Dio: "Vieni! Dai!, dai, te dao 'na man!". E ti manda un aiuto. Ecco, ecco, comincia già - o admirabile commercium - tra la creatura e il Creatore, tra la creatura e il Creatore. Avanti! Tento al passo, non sbagliare! Avanti fiòlo! Avanti! 'ndemo, 'ndemo! Tutte le azioni, 'propter Deum' dirette a Dio. I me varda e i tase. Vinicio, cosa ghin dito? O son mi ca son esaltà o i xé questi che i ga sòno, poareti, stamattina. "A completare l'organismo nostro soprannaturale concorrono le Grazie Attuali, che sono un soccorso e un soccorso soprannaturale di Dio, perché noi possiamo operare soprannaturalmente, e le Grazie 'gratis datae' che sono singolari uffici che Dio può affidarci in ordine alla Santa Chiesa, al Corpo Mistico di Cristo. Noi Sacerdoti (e Assistenti) abbiamo almeno la Grazia 'gratis data' della voca zione. Tale si presenta, alla luce della Rivelazione, la 'nova creatura' che siamo noi, per grazia di Dio, dotati di vita, di potenza, di attività e di sussidi divini. Mio Dio, ci pensassimo (un poco)! Si direbbe che le pagine della Scrittura, in cui Dio ci rivela questa nostra nuova realtà, non ci interessino o siano un tessuto di fumo inconsistente, tanta é l'indifferenza con cui noi le ascoltiamo". Noi, noi, no la gente del mondo: noi, noi, io e voi. "Perché cresca la nostra fede, consideriamo queste realtà della Grazia nella loro più sublime realizzazione, in Maria Santissima".

MO15,9 [10-05-1965]

9.Domani mattina sviluppemo un poco questa realtà, no? Domani mattina la consideremo in Maria Santissima.
Adesso fermiamoci un momento, e vediamo di fare almeno una telefonata... un minuto davanti a Dio, tutti quanti. Signori: abbiamo fede, speranza e carità? Il Signore ne ga dà: microscopio, telescopio, el me ga dà tutto: l'abbiamo la vela, l'abbiamo la barca. L'abbiamo aperta? Se abbiamo poca fede, poca speranza e poca carità, la colpa non é di Dio, perché Dio ce l'ha data; é perché noi non l'abbiamo usata.