MI58[27-01-1966]
Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell'Immacolata. Don Ottorino, commentando un episodio tratto da un libro del focolarino Claudio Mina, insiste sull’efficacia apostolica della carità testimoniata, non con le parole, ma con la vita. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 30’. 1. Introduzione Sia lodato Gesù Cristo!Don Ottorino, da circa un mese, stava prendendo gli spunti per le meditazioni dal libro di padre RICCARDO LOMBARDI, Per un postconcilio efficace, Ritiro ai Padri Conciliari dall' 8 all'11 novembre 1965, Rocca di Papa (Roma) 1965. In questa occasione, invece, prende lo spunto dal libro di CLAUDIO MINA, 18 storie vere, Città nuova editrice, Roma 1965.
Don Ottorino chiamava “distrazioni” le sue divagazioni personali e le sue applicazioni alla realtà della Casa.
La storia scelta da don Ottorino per questa meditazione si trova nelle pagg. 21-32 del libro sopra indicato e porta il titolo: “Uno choc sulla via Aurelia”. Tutte le citazioni del libro vengono riportate in corsivo senza ulteriori richiami.
Don Ottorino si riferisce alle ore di lavoro settimanale che richiedeva agli studenti della Casa dell’Immacolata.
Don Ottorino ricorre al detto latino: “Quello che avanza dallo ai poveri”.
Luigi Smiderle frequentava, all’epoca, il 3° anno del corso teologico.
Don Ottorino stigmatizza nel "farsi la righetta" nei capelli il vero perdere tempo di qualche Religioso: l'inutile vanità.
MI58,1[27-01-1966]
1.Padre Lombardi, questa mattina, si sente poco bene. L'infermiere ha subito alzato le orecchie nel sentire che sta poco bene. Ho detto che padre Lombardi stamattina si sente poco bene e allora l'ho lasciato in riposo e ho invitato un altro che lo sostituisca... Questa mattina, invece di prendere in mano il testo di padre Lombardi, prendiamo in mano una delle "18 storie vere", un libro dei Focolarini. Anche se questo libro lo avete letto tutti, anche se lo avete meditato tutti, penso che valga la pena di soffermarsi su una di queste storie per ricavarne poi la nostra meditazione e le nostre considerazioni. Se avete letto il libro, e anche la storia che leggerò adesso, non avete letto le distrazioni che verranno in mezzo a questa storia; perciò queste saranno un nuovo capitolo del libro. 2. Un uomo in crisi spirituale “A diciassette anni ero partigiano nelle brigate garibaldine e simpatizzavo per l'idea marxista. Ma la mia grave crisi spirituale...”. Questo che leggo è quello che troverete voi, un domani, nel mondo. Troverete la stessa storia: uno comincia a simpatizzare, si trova in situazioni particolari, ci casca dentro. “Ma la mia grave crisi spirituale in questo senso scoppiò dopo la laurea in medicina, che avevo raggiunto attraverso sacrifici inumani, poiché, essendo la mia famiglia poverissima, avevo dovuto contemporaneamente studiare e fare lo scaricatore di porto”. Qualcuno crede di fare miracoli perché riesce a dare un'ora di lavoro alla settimana e si lamenta: "Non ce la faccio, non posso, ho tante occupazioni, tante occupazioni!". Questo giovane studia medicina e, per guadagnarsi il pane, fa lo scaricatore nel porto. "Quod superest, date pauperibus" ; qualche volta quel "quod superest" potrebbe essere levarsi da tavola con un po' di fame, potrebbe essere privarsi di qualche cosa, potrebbe essere accontentarsi di fagioli invece di pollo arrosto. "Quod superest", vero, Smiderle ? Anche Smiderle deve saperle queste cose. Questo giovane si è guadagnato la laurea, studiando all'università e facendo lo scaricatore di porto, che vuol dire: guadagnarsi il pane. Trovava il tempo per studiare, andare a scuola e anche fare lo scaricatore di porto. Qualche signorino che frequenta il corso di teologia è capace di dire: “Non ce la faccio a riservare un paio di ore di lavoro alla settimana, non ce la faccio”, e poi trova il tempo ogni mattina per farsi la rigetta. “Per di più ora mi era necessaria anche una specializzazione; e dovetti scegliere la più breve, quella di anestesia, sacrificando le mie aspirazioni alla medicina interna”.CHIESA Movimenti ecclesiali
PENITENZA sacrificio
SOCIETÀ
lavoro
VIZI
CONSACRAZIONE religioso
Forse don Ottorino si riferisce a Giovanni Magnaguagno, che all’epoca frequentava l’ultimo anno del corso liceale ed era un giovane di buon appetito.
Il riferimento è a Don Matteo Pinton e Giorgio Girolimetto, che erano iscritti alla facoltà di filosofia presso l’Università Gregoriana di Roma.
Salmo 42,8: "Un abisso chiama l'abisso...".
MI58,2[27-01-1966]
2.È necessario guadagnarsi il pane, e allora sceglie la specializzazione più breve. Qui qualcuno è capace di avanzare qualche pretesa dimenticando che si fa quello che si può: questa è la vita! Sarebbe stato più bello andare a studiare medicina senza andare a fare lo scaricatore di porto, e poi scegliere la specializzazione preferita, ma nella vita bisogna fare anche quello che si può. Se non si può andare a... perché non si può: pazienza! “Ricominciarono così altre privazioni, perché la scuola di specializzazione era in un'altra città, a quattro ore di treno dalla mia...”. Quattro ore di treno! Penso che il treno non sarà stato fuori della porta, ma per lo meno a un paio di chilometri di distanza; allora ci voleva il tempo per alzarsi, per andare fino al treno - al treno di solito si va cinque o sei minuti prima per non perderlo - e, dopo, quattro ore di treno; inoltre altre quattro ore anche per tornare: sono otto ore di treno. “... e iniziai la spola, partendo al mattino con un panino in tasca”. Questo panino non era per la colazione o per la merenda, sai Giovanni , ma per il pranzo. Tu non ti gusteresti neppure un dente; ma ci vuole pazienza! “Ma con amarezza costatai presto che in questo modo imparavo ben poco, poiché, non potendo farmi strada presso i professori, non avevo modo di fare alcuna pratica”. Farsi strada, farsi un po' d'amicizia: anche i nostri , a Roma, stanno facendosi strada presso i professori: la parte umana, il rapporto umano è sempre necessario. E naturalmente non è sufficiente la teoria senza la pratica: ad un dato momento non hai possibilità. Noi, invece, vi diamo occasione di fare pratica, lavorando, ma voi non la volete fare. “Fu allora che la società...”. Ecco il momento critico. In questa situazione: quattro ore di viaggio per andare, quattro ore per tornare, un panino solo in tasca, uno non può farsi strada, non ci vede chiaro, e allora comincia a maledire la società. “Fu allora che la società, nella quale vedevo mille ingiustizie, e solo quelle, mi venne in odio; e mi accostai al marxismo considerandolo la sola idea capace di creare una nuova giustizia sociale”. E, perciò, eccolo comunista! A diciassette anni già simpatizzava; ora si trova in questa situazione e vi aderisce. Noi apostoli vediamo un'anima alla deriva e dobbiamo salvarla. Come si deve salvarla? Come si può salvare? Voi vi incontrerete con molte anime di questo genere; voi vedrete delle persone nella parrocchia che a un dato momento si sono disorientate o per il marxismo o per qualche altro motivo, con il pericolo di cadere sempre più. “Abyssus abyssum invocat" . Come si possono salvare? Ecco l'analisi che dobbiamo fare: esaminare come questo si è salvato e vedere come possiamo agganciare per salvarli. Bisogna salvarli! Il Signore ci ha mandato a salvarli: bisogna trovare il modo di salvarli. 3. L’incontro con cristiani convintiCONSACRAZIONE religioso
VIRTÙ
pazienza
SOCIETÀ
DOTI UMANE
MONDO comunismo
APOSTOLO salvezza delle anime
MI58,3[27-01-1966]
3. “In quel periodo vi fu il congresso nazionale di anestesia a Firenze. Nel corso di esso mi fece un'impressione profonda un anestesista che tenne una relazione. Esponeva la materia con semplicità, senza dire una parola più del necessario; era molto umile, modesto nel vestire; aveva degli occhi tanto sereni. Chiesi chi fosse e mi dissero che era un docente anestesista di Milano”. Questo conferenziere non ha detto niente di particolare, noN ha parlato di Vangelo, ma ha colpito per la bontà, per la semplicità, perché non diceva parole alte, paroloni, ma ha esposto con semplicità. Che cosa strana! Il bambino di due o tre anni colpisce: perché? Per la sua semplicità. Il Signore ha detto che dobbiamo diventare come bambini. È vero, la semplicità colpisce: eccolo qua! È stato colpito dalla semplicità, non dalle parole, perché ha parlato di anestesia; non dalle parole del Vangelo, ma di anestesia. E quando ha parlato di Vangelo? Nel suo modo di fare come persona umana: nella parte umana imbevuta di cristianesimo lo fa trasparire qualche volta all'esterno, anche se non parla di cristianesimo. “Il suo ricordo mi tornò vivo alla mente nei giorni in cui, qualche tempo dopo, stavo per trasferirmi all'università di Genova, presso la quale avevo buone raccomandazioni...”. Dunque, vuole trasferirsi a Genova per poter fare pratica, perché a lui interessava andare in sala operatoria a fare pratica, non solo in aula ad ascoltare. E là aveva delle raccomandazioni, e allora ha pensato di trasferirsi all'università di Genova. “... avevo saputo nel frattempo che egli dirigeva ora una scuola di anestesia nell'Italia centrale, più vicino a me. Cominciai allora a esitare nella scelta dell'università, perché istintivamente mi sentivo spinto ad avvicinare quel professore così simpatico. La decisione definitiva la presi quando ero già in stazione, diretto a Genova; e cambiai meta”. L’anestesista ha fatto la conferenza con semplicità. Il giovane sta partendo per Genova, ma cambia idea e si reca alla clinica dove lavora il professore. “Alla clinica mi dissero subito che non era possibile parlare con lui, perché stavano operando. Lo vidi infatti attraverso i vetri della sala operatoria, chino sull'ammalato. Dopo un po' però un infermiere lo avvertì della mia presenza; e con mia meraviglia, quasi subito, al primo spiraglio libero, uscì dalla sala venendomi incontro sorridente. Io credevo che si sbagliasse, scambiandomi per un'altra persona, o che ci fosse qualcun altro dietro di me: tanto che mi girai. Invece sorrideva proprio a me. Allungò la mano e con una stretta calorosa mi si presentò. Già in viaggio avevo preparato un discorsetto fatto di tante bugie, perché ci sono critiche e gelosie nei nostri ambienti, per cui, se ti presenti da una scuola all'altra, di solito non ti accettano”.VIRTÙ
semplicità
PAROLA DI DIO Vangelo
MI58,4[27-01-1966]
4.Aveva preparato un mucchio di bugie per dire il motivo per cui voleva passare da una scuola all'altra. “Ma di fronte ad un'accoglienza del genere non mi sentivo di raccontare storie ed esposi tutta la verità: cioè che avevo bisogno di lavorare piuttosto presto e che ero venuto lì nella speranza di imparare un po' di più che nella sede precedente. Disse che mi accettava senz'altro; e alla domanda di quando potevo cominciare, rispose premuroso: "Immediatamente". Chiamò la suora e chiese un camice per me; ma la suora non lo trovava: allora lui stesso andò in giro a cercarlo e me lo portò. In sala operatoria mi fece iniziare subito un'anestesia. Gli obiettai che non ne avevo mai fatta una completamente da solo: lui rispose che sarebbe stato lì con me e che perciò non c'era nessun pericolo per il paziente; incominciassi pure tranquillamente e se non sapevo qualche cosa la domandassi a lui. Di fatto fu un continuo chiedergli spiegazioni, anche per minimi particolari: e l'anestesia arrivò in porto bene. Quel giorno giunsi a casa davvero un altro: ero felice. Mia moglie che fino allora mi aveva visto sempre preoccupato, scontroso, capì che era successo qualcosa e disse che erano anni che non apparivo così contento. Risposi che avevo trovato una persona eccezionale, un collega che mi aveva trattato in modo diverso da tutti gli altri”. Cristianesimo? Il professore non ha detto neppure una parola di cristianesimo: un fratello si avvicina e lui lo tratta bene. “Continuai a frequentare regolarmente quella clinica, imparando e lavorando. Mi sentivo bene, circondato da fiducia. Ricordo che dopo due giorni che ero in sala operatoria, un altro medico mi salutò calorosamente chiamandomi per nome: e io non sapevo neppure chi fosse. Poi appresi che si trattava dell'aiuto chirurgo. Era gioviale, sportivo, pieno di vitalità; ma nella sua allegria c'era qualcosa di particolare, di profondo: una sfumatura che lo accomunava, nei suoi atteggiamenti, al professore di anestesia”.MI58,5[27-01-1966]
5.Questo era sportivo e quell'altro no... ma c’era qualcosa che lo accomunava con l'altro: che cosa sarà stato? “Tra loro notavo anche un rapporto di particolare affiatamento... in cui mi trovavo molto a mio agio. Con me poi, l’ultimo arrivato, si prodigavano ambedue in tutti i modi per aiutarmi. Dopo qualche giorno che ero lì mi vennero tanti interrogativi. Ma perché questa gente è così piena di attenzioni nei miei riguardi? Non riuscivo a darmi una spiegazione. Pensai persino a delle cose strane: questi sono una società, una massoneria, e mi fanno tanti piaceri perché passi dalla loro parte... Ero comunque convinto che ci fosse sotto qualche interesse particolare. Un fatto è certo: che per due o tre mesi io non mi accorsi che quelle persone erano dei cristiani; se l'avessi scoperto, non avrei accettato la loro amicizia”. E invece i nostri, subito, dopo il primo giorno, parlano di cristianesimo: "Bisogna che tu vada in chiesa!". No, no, non si deve fare così! Ecco il nostro sbaglio tante volte: noi vogliamo immediatamente: “Tu devi andare in chiesa!". Sta buono; conquistali con la carità per due o tre mesi, e poi parlerai di cristianesimo. Infatti qui dice: “Se mi fossi accorto che erano cristiani, non avrei accettato la loro amicizia". Si presentano come colleghi e basta; colleghi però di eccezione, che si vogliono bene. 4. La testimonianza dell’amore porta alla conversione “Fu solo la loro vita fatta di amore, di carità, senza nessun discorso, che mi riempì di ammirazione”. Questo deve essere il cristiano, questo dovrebbero fare i cristiani per santificare gli ambienti del lavoro, per trasformare gli ambienti di lavoro, per santificare e convertire l'operaio. Noi dobbiamo fare i cristiani così, con l'aiuto di Dio. “Ricordo innumerevoli fatti che mi lasciavano letteralmente sbalordito. Come questo: un giorno che ho lavorato fino a tardi, sto pranzando; poi si mette a tavola anche il professore. Dopo pochi bocconi però mi chiede perché non sono ancora partito. Gli dico che ormai non faccio più in tempo per il treno e che prenderò quello successivo. Lui guarda l'orologio e mi chiede a che ora parte il solito treno; smette di mangiare, mi spinge fuori della porta e, presa la macchina, mi accompagna in stazione. L'episodio che fece traboccare il vaso avvenne qualche tempo dopo. L'aiuto chirurgo fu chiamato a Milano per fare un importante intervento. Nel partire disse, con la solita gentilezza, che mi avrebbe accompagnato in macchina fino alla mia città. Cercai di rifiutarmi, perché sapevo che ciò gli sarebbe costato una notevole deviazione. Ma non volle sentire nulla e mi fece salire senz'altro con lui. Poi, quando fu sulla via Aurelia, sapendo che a me piacevano la velocità e le macchine sportive, lanciò la sua "sprint" a centosessanta - centottanta all'ora. Ad un tratto, a Marina di Massa, il motore cominciò a starnutire e ad un garage il meccanico costatò che c'era un pistone rotto, per cui la macchina non poteva proseguire. Fui preoccupatissimo per il collega: io non avevo nessun impegno urgente, ma lui lo attendeva quell'operazione a Milano. Entriamo in un bar ed io immagino che si preoccupi di chiedere informazione su come proseguire il suo viaggio. Invece dopo un po' mi accorgo che sta perdendo minuti preziosi in telefonate, per informarsi dei mezzi e delle coincidenze per la mia città. Per sé non aveva ancora chiesto nulla. Fu lì che mi decisi di domandargli cosa mai legasse lui e il professore a me, per trattarmi così. Egli rispose che non c'era sotto nessun motivo particolare. Aggiunse parole per me indimenticabili: “Ho imparato dal tuo professore d'anestesia che nella vita quello che conta è voler bene al prossimo”.CARITÀ
APOSTOLO
Il testo registrato a questo punto aggiunge: “Giusto, no? E, i ritardi, sarà la medaglia!”. La relazione con quanto don Ottorino sta dicendo non è facile a prima vista, ma sottintende la sua sofferenza interiore e la sua accettazione nella fede della consegna, proprio in quel giorno, di una medaglia di benemerenza da parte del Comune di Vicenza per la sua opera assistenziale ed educativa.
Il 25.1.1966 era stato dato l'imprimatur per la stampa del "Libretto bianco" che conteneva le linee portanti della spiritualità della Congregazione.
Don Ottorino sceglie per il suo esempio sull’amore gratuito e disinteressato le persone più semplici: Antonio Beltramello era un vecchietto che si dedicava alla cura dell’orto, e l’assistente Luciano Franceschi svolgeva servizi di manutenzione generale e lavorava nell’orto.
MI58,6[27-01-1966]
6.Voler bene non solo a uno che ti dà le caramelle: voler bene disinteressatamente, voler bene, voler bene! “Il prossimo in questo momento sei tu e quindi voglio bene con tutte le mie forze a te”. Il Vangelo lo sappiamo tutti, ma difficile è praticarlo! “Cinque minuti fa era quel meccanico che mi aggiustava la macchina; stasera, se arriverò a Milano, avrò vicino altre persone e quelle saranno il mio prossimo da amare”. Il prossimo non è quello con il quale io ho amicizia, che corrisponde con i sorrisi e ricambia con un servizio. Il prossimo è quello che trovo sul mio passo. Oggi sei tu, ieri sera era un altro, stasera sarà il sindaco di Vicenza. Io vorrei che questo spirito entrasse nella Congregazione, perché ognuno di voi possa vivere così. Ti trovi per strada con una persona: quello è il prossimo che il Signore ti ha messo sui piedi per fargli del bene. Non la conosci, è simpatica o antipatica: quello è il tuo prossimo!... "Cinque minuti fa era il meccanico..., e stasera, a Milano sarà qualche altro il mio prossimo...". Io devo vedere il prossimo così, e noi dobbiamo capire in pieno questa verità per viverla, viverla al centodieci per cento, e per poi trasformare i cristiani in cristiani così. Questa è la mia convinzione. Adesso è arrivata l'ora della sigla : abbiamo le linee chiare e precise in quel libretto che sta uscendo ed è ora di metterle in pratica. Perciò, se tu vai in cortile e ti incontri con Antonio, in quel momento il prossimo è Antonio e tu devi trattarlo con carità; ad un dato momento tu trovi un'altra persona: è Luciano, l'assistente Luciano, devi trattarlo con carità. È Lui, Gesù, che ti passa vicino e vuol essere trattato con amore, con dolcezza. Se un domani i nostri cristiani riuscissero a capire queste cose è un paradiso, è una gioia!CARITÀ
amore al prossimo
CONGREGAZIONE spiritualità
MI58,7[27-01-1966]
7. “Questo discorso produsse in me come uno choc. Ma non furono le parole in sé stesse a scuotermi; fu il fatto che rividi d'un tratto davanti ai miei occhi il primo incontro col professore; e poi quegli atteggiamenti così caldi e fraterni verso di me, verso i malati, con tutti...”. Prima credeva che lo facessero solo con lui; quando ha cominciato a pensarci conclude: “Guarda, lo fa anche con i malati, con tutti; tratta tutti così!". Allora si è accorto che non era per lui solo, ma era per tutti. Le parole di quell'altro che gli ha detto: “Oggi, adesso con te, prima con il meccanico, stasera con gli altri”, gli hanno fatto capire che effettivamente le cose erano così, che quell'atteggiamento era con tutti. “E ora tutto il bene che avevo ricevuto da lui e dal collega prendeva d'improvviso un significato e un nome: cristianesimo”. In questo momento ha capito che quello era cristianesimo. “I giorni successivi continuai a ripensare a quanto era successo: ed entrai in crisi, perché mi sembrò evidente che il Vangelo non era un'utopia, come mi ero convinto, se c'era chi lo viveva in modo così meraviglioso”. Ecco la testimonianza! Crederanno, hanno visto: crederanno! Affinché il mondo creda! “Intanto scrissi subito al professore una lettera, in cui gli dicevo che aderivo con tutto il cuore a quella vita che avevo intuito e che ancora non conoscevo”. Davanti a questo crolla chiunque. “Ma la conversione definitiva avvenne in me più tardi, quando con mio enorme stupore scoprii che il professore di anestesia e l'aiuto chirurgo non erano persone eccezionali, isolate, come avevo creduto. Essi mi fecero conoscere dieci, venti, cinquanta persone tutte come loro. Stando con esse capii che quella giustizia sociale che cercavo, non era che un particolare del cristianesimo, il quale solo avrebbe potuto trasformare radicalmente la società, con una battaglia d'amore!”.CARITÀ
amore al prossimo
CHIESA
CHIESA cristianesimo
Don Ottorino nomina per primi don Guido Massignan e l’assistente Vinicio Picco perché erano fra i più anziani e i più rappresentativi, anche se di fatto poi non li inviò in America Latina.
Il testo che don Ottorino sta usando dice esattamente: “... aveva quaranta di pressione”.
Nel testo registrato a questo punto don Ottorino aggiunge come suo commento: “Ecco il cristiano”.
Anche a questo punto, nel testo registrato, don Ottorino aggiunge: “Telefonate... mi misi di fronte a Dio”. ‘Telefonare al Signore’ era una delle espressioni preferite da don Ottorino per indicare l’unione costante che il Religioso deve avere con il Signore per conoscere e compiere la sua volontà.
Il testo registrato si interrompe, per cui la meditazione termina in forma piuttosto brusca.
MI58,8[27-01-1966]
8.Sarà possibile che da casa nostra esca gente così? Adesso, ad esempio, mandiamo, don Guido, Vinicio e altri quattro o dieci in America Latina , i quali piano, piano, piano devono trasformare, come il professore di anestesia dell'ospedale ha trasforma l'aiuto chirurgo, l'aiuto chirurgo e il professore hanno trasformato il comunista, e dopo tutti continuano, e viene fuori una nidiata di gente che vive il cristianesimo. I nostri devono fare così! La carità trasforma, la carità fa cascare i pilastri, uno alla volta, come le mura di Gerico. È una cosa grandiosa, ma semplice. È amare il prossimo, vedere il prossimo, aiutare; cosa che faceva anche mia madre che non aveva studiato teologia. Il cristianesimo consiste in questo; la conversione del mondo è opera della carità: questa piccola cosa! Non crediate che la conversione del mondo dipenda da grandi articoli: è questa piccola cosa che ha detto Gesù. Portare l'amore verso tutti, aiutare, vedere il Signore in tutti, essere pronti con generosità, con carità. E anche le persone importanti, dinanzi a queste testimonianze, ci cascano dentro. 5. Conclusione “Tornai alla fede cattolica con tutto l'entusiasmo; ma era come conoscerla per la prima volta. Dodici quattordici ore al giorno le passavo allora - come pure adesso - in ospedale: quello divenne il campo dove vissi di più la mia conversione. Concepii la professione in modo nuovo: tutto avevo ricevuto, tutto dovevo dare agli altri. Così in primo luogo cercai di comunicare con larghezza ai colleghi più giovani quello che il mio professore mi aveva insegnato. Ma questa non è cosa comune nei nostri ambienti; e così feci amicizia con molti assistenti: e insieme alle nozioni mediche più di una volta circolarono le parole del Vangelo. Con i malati mi sentivo ovviamente al servizio dei loro corpi e delle loro anime; e in ciò mi sembrava che l'unica misura di donazione, fosse non averne: il mistero della croce era infatti sempre più davanti a me come un modello meraviglioso. E un po' alla volta andai facendo una scoperta: mi accorsi quanti frutti si potrebbero portare perseverando in un simile amore”. Adesso il tempo sta stringendo, per cui l'episodio che segue ve lo dico in due parole. Hanno portato all’ospedale una giovane che si era avvelenata, che aveva cercato di avvelenarsi inghiottendo settanta o ottanta pillole. In reparto hanno cercato di rimetterla in vita, ma non c’era niente da fare. Aveva quaranta battiti al minuto e ormai non c'era più niente da fare: nessuna speranza. E allora gli hanno chiesto: "Te la senti di provare con una anestesia di rianimazione? Ti senti di farlo? ". Ecco, e allora... “Mi chiesero se me la sentivo di fare qualcosa per questa paziente, che aveva quaranta di pressione e faceva sì e no due o tre respiri al minuto, ed era proprio in uno stato pre-mortale. Io, malgrado avessi ben poca speranza, cominciai il trattamento. Respirazione artificiale, rene artificiale, fleboclisi, ossigeno... Furono due giorni di tentativi continui, senza che potessi allontanarmi neppure un minuto. Tuttavia costatavo che ogni sforzo era inutile: anzi la paziente si aggravava sempre più. Fui preso dalla stanchezza e da un certo sconforto; tutto pareva ragionevolmente indurmi a mollare: gli altri impegni, le critiche che potevo avere per la mia ostinazione, le forti spese per i medicinali costosissimi e per l'ossigeno, di cui consumavo ogni due ore una bombola da diecimila lire... Mi raccolsi allora in me stesso e mi misi di fronte a Dio, come mi era divenuto abituale fare nel prendere le decisioni più gravi. . Mi parve di vederci chiaro: il mio compito, anche in questo caso, non era tanto di guarire il malato, il che poteva non dipendere da me, quanto di curarlo, finché c'era speranza, fino all'ultimo”. Perché? Perché era il suo prossimo: perché aveva tentato di avvelenarsi; forse era in peccato mortale e bisognava salvarla. 12 marzo 1966APOSTOLO F.A.
CARITÀ
CHIESA cristianesimo
APOSTOLO salvezza delle anime