1 Sia lodato Gesù Cristo!Questa mattina riprendo in mano uno dei dieci volumi, anche per far contento un po' qualcuno che si è messo subito a sorridere vedendo che ho preso in mano questo volume. Non è vero, don Ruggero? Si mangia le unghie dalla gioia, lo si è visto fare subito un bel sorriso non appena si è accorto del libro che ho in mano.
Per quale motivo ho in mano questo volume? Perché ieri uno di voi mi ha chiesto, a nome di altri, di poter fare il deserto il giorno del Corpus Domini e allora, poiché proprio ieri, leggendo alcune di queste pagine, mi è parso che vi si parlasse un po' di deserto, vediamo se c'è qualcosa da imparare.
Secondo l’autrice di questo libro sarebbe capitato questo: dopo un anno di vita pubblica Gesù, prima di eleggere definitivamente gli Apostoli che già da un anno lo seguivano, un bel giorno attraversò il lago. Arrivato all'altra sponda, invece di dirigersi verso qualche cittadina, si portò in un luogo solitario, congedò tutti, lasciò i discepoli poco lontano dal lago e prese con sè i Dodici, con un po' di vettovaglie sulle spalle, e si mise in cammino. Camminò in mezzo ai monti e salì per una gola ripiena di erbacce, aprendosi il passo a fatica. Gli Apostoli si guardavano tra loro: “Dove ci accompagna? Non siamo mai passati da queste parti! Dove ci accompagna il Signore?”. Si fermarono un momentino, ma Gesù li invitò a continuare. Anche i più giovani, che di solito erano i più gagliardi, quelli che facevano i galletti in montagna come capita generalmente, anche loro erano ormai un po' stanchi, anche perché era difficile camminare per quei luoghi aspri. Finalmente si arrivò a un certo posto, una specie di valletta amena un po' aperta, e il Signore disse: “Ecco, siamo arrivati, siamo arrivati”. C'erano in quel posto parecchie grotte e disse loro: “Adesso, ognuno sceglie una grotta per sé perché qui facciamo sosta un pochino”. C'era anche dell'acqua, e quindi la possibilità di bere e di lavarsi.
MI308,2 [22-05-1970]
2 Leggiamo ora una paginetta, il discorso che Gesù fa ai suoi Apostoli.«Vogliate perciò starvi di buon animo. Forse mai più saremo così tutti insieme e tutti soli. Questa sosta deve unirvi, facendo di voi non più dodici uomini, ma una sola istituzione».Questa sosta doveva servire a trasformare i dodici Apostoli in una sola istituzione, naturalmente una istituzione condotta avanti da uomini, i quali uomini possono anche sbagliare; però è una istituzione, un pensiero, una idea che va avanti... non dei piccoli ometti.«Non parlate?».Evidentemente erano un po' confusi perché erano stati condotti lassù. “Dove ci ha condotti questa volta il Signore?”, avranno pensato, abituati come erano a girare tra le folle e a fare miracoli.«Non parlate? Non mi chiedete nulla?».Non so se il fatto sia narrato un po' più avanti, ma Gesù aveva assegnato una grotta per ciascuno. Comunque procediamo con la lettura.«Deponete su quel masso i pesi che portate, e gettate a valle l'altro peso che avete nel cuore: la vostra umanità».Cominciamo, andiamo a fare il deserto: “Deponete il sacchetto di pane e le altre vettovaglie, e buttate a valle la vostra umanità, altrimenti non si potrà fare nulla di buono”.«Qui vi ho portato per parlarvi allo spirito, per nutrirvi lo spirito, per farvi: spirito».Credo che non occorra far commenti.«E non dirò molte parole. Ve ne ho dette tante in un anno circa che sono con voi! Ora basta di questo. Se dovessi mutarvi con la parola dovrei tenervi dieci e cento anni ed ancora sareste sempre imperfetti».Anche per noi: basta parole! Adesso non vi dico più parole perché, se dovessi parlare a voi ancora dieci o cento anni, sareste ancora imperfetti; dovessi istruirvi e istruirvi, sareste ancora imperfetti.«Ora è tempo che Io vi usi».Attenti alla parola adoperata: “Finora vi ho parlato, adesso è tempo che io vi usi”, cioè io devo usarvi, io ho costruito una macchina e adesso è tempo di usarla, ho costruito un uomo e devo usare quest'uomo.
«Ora è tempo che Io vi usi. Per usarvi vi devo formare. Chiaro? Ricorro alla grande medicina, alla grande arma: la preghiera. Io ho sempre pregato per voi. Ma ora voglio che voi preghiate da voi. Non ancora vi insegno la mia preghiera. Ma vi rendo cogniti del modo come si prega e di cosa è la preghiera».Questo passo è importantissimo. Io l'ho letto due o tre volte; l'ho riletto anche ieri sera, e penso che indichi proprio il modo con il quale noi dobbiamo disporci a fare il deserto: buttare l'umanità giù per Bosco, in modo che vada a finire a Santorso rotolando giù per il Summano, e metterci là a pregare. E come pregare? Adesso lo dice.
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3 «Essa - la preghiera - è colloquio di figli col Padre...».La preghiera è colloquio di figli con il Padre. Quando si va a casa, caro don Giuseppe , si parla con il papà. Supponiamo che ci sia la mamma invece del papà. Quando si va a casa, non occorre prepararsi che cosa dire alla mamma. Giuseppe, ti fai forse una nota di cose quando vai a casa per salutare la mamma? Ti fai una piccola nota, un biglietto: “Adesso bisogna che parli di questo”? Lo farai se devi ricordare di dirle una cosa, ma quando sei a casa il discorso con la mamma è spontaneo.Mio papà, quando la mamma veniva in seminario a visitarmi, diceva: “Che cosa avete da raccontarvi voi due, che cosa avete? Io, quando vado là chiedo: “Beh, come stai? Come vanno le cose?”. Dopo dieci minuti mio papà se ne andava perché, dopo avermi detto: “Che cosa hai? Hai altro da dirmi? Beh, io sto bene. Che cosa devo dire a casa?”, non sapeva che dire. Invece mia mamma arrivava al primo minuto d'apertura e se ne stava lì fino all'ultimo minuto di quelle due ore di visita. “Ma come? Che cosa avete da raccontarvi per due ore, che cosa avete da raccontarvi?”. La mamma mi raccontava tutto, tutto.Ecco il nostro colloquio. La preghiera è colloquio con il Padre, è un parlare, un saper parlare con il Padre. “Ma il Padre già conosce le cose!». È vero, ma il Padre desidera saperle anche da noi.«Essa è colloquio di figli col Padre, di spiriti a Spirito...».Perciò lasciando da parte la nostra parte umana, lasciando da parte le stupidaggini, lasciando da parte ogni altra sciocchezza ci dedichiamo al colloquio con il Padre nella profondità del nostro spirito.«È colloquio di spiriti a Spirito, aperto, caldo, confidente, raccolto, schietto».Ognuno di questi aggettivi potrebbe essere commentato. La preghiera è colloquio con il Padre, apertura con il Padre, con spirito aperto, caldo, cioè con un po' di calore, un po' di cuore, confidente, raccolto, schietto.«Tutto è la preghiera: è confessione, è conoscenza di noi stessi, è pianto su noi stessi, è promessa a noi stessi e a Dio, è richiesta a Dio, tutto fatto ai piedi del Padre».Questa è la preghiera. Andate davanti al Signore là, a Bosco. Che andate a fare? A pregare! E che cosa vuol dire pregare? Incontrarsi con Dio! Con chi? Con un Dio? No. Con Jahvè? No. Con il Padre!
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4 Stamattina sono venuto in chiesa. Qui, prima, parlavamo del ringraziamento, e io dicevo: «Grazie, Signore, d'avermi data la Madonna per mamma, d'avermi dato tanti doni, d'avermi dato le rose, i fiori, la luce, il sole...”. Avevo cominciato dicendo: “Grazie d'avermi dato la grazia”, e ne è venuto poi: “Grazie d'avermi dato Dio Padre”. “Ehi, - mi sono detto - ho pronunciato una bestemmia?”. No, no! Con la grazia il Signore mi ha dato se stesso, cioè il Padre e il Figlio.È un parlare con semplicità, un parlare con Dio, un aprire il nostro cuore, discutere con lui, trattare con lui, rivedere le nostre miserie, le nostre azioni, i nostri peccati. È un aprirci proprio dinanzi a Dio: noi diremo a Dio le nostre cose e lui dirà a noi le sue. Che cosa ci dirà? Ci manifesterà l'amore della Santissima Trinità, entreremo nella Santissima Trinità. A un dato momento scopriremo delle cose meravigliose. Perché? Perché a un dato momento capiremo di più che cosa vuol dire Padre, Figlio e Spirito Santo, e l'inserimento della Madonna nella Santissima Trinità, e l'inserimento nostro nella Santissima Trinità, e il Corpo mistico, e i fratelli, e i fratelli buoni e i fratelli lontani e la pecorella smarrita. Capiremo tutte le cose, ma in questo amore, proprio in questo colloquio di figli con nostro Signore.Naturalmente è impossibile per noi incontrarci con il Signore per un'ora, o meglio, per una giornata, per esempio, di deserto, senza vedere le nostre miserie, senza confessare di nuovo i nostri peccati, senza sentire il dispiacere di non avere amato sufficientemente il Signore, senza sentire il bisogno di domandare al Signore di amarlo il più possibile, di poter amarlo al massimo delle capacità di una creatura, e di poter farlo amare quanto più è possibile che una creatura lo possa far amare. Sono tutte cose che nascono naturalmente, mettendosi dinanzi a lui.«Tutto è la preghiera: è confessione, è conoscenza di noi stessi, è pianto su noi stessi, è promessa a noi stessi e a Dio, è richiesta a Dio, tutto fatto ai piedi del Padre. E non può farsi nel frastuono, fra le distrazioni, a meno di essere colossi nell'orazione. Ed anche i colossi ne soffrono di questo urto e rumore del mondo nelle loro ore di orazione».Per poter entrare, dunque, in questo spirito di orazione bisogna essere colossi, ma anche quelli fanno fatica.«Voi non siete colossi, siete pigmei».«Eh...!», potrebbe dire qualcuno. No, no, state buoni! I colossi potrebbero anche... e fanno fatica anche loro, ma voi, statevene tranquilli, siete pigmei.«Non siete che infanti nello spirito. Non siete che deficienti dello spirito. Qui raggiungerete l'età della ragione spirituale. Il resto verrà poi».Poiché io sento di essere deficiente nello spirito, sento il bisogno di andare, di raccogliermi per diventare almeno un fanciullo, un qualche cosa di più.
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5 A questo punto Gesù dà alcune disposizioni.«Mattina, mezzogiorno e sera ci riuniremo per pregare insieme con le antiche parole d'Israele e per spezzare il pane, e poi ognuno tornerà nella sua grotta, stando in fronte a Dio e alla sua anima, stando di fronte a quanto vi ho detto sulla vostra missione e alle vostre capacità».Per esempio, per noi sarebbe metterci dinnanzi alla missione della nostra Congregazione quando ci troveremo soli con Dio, e alla responsabilità che abbiamo nella Congregazione. La missione della Congregazione è portare l'amore nel mondo, l'amore nelle comunità parrocchiali, la carità, l'amore. Santificazione del lavoro significa, praticamente, insegnare agli uomini a fare la volontà di Dio, si riduce a fare istante per istante la volontà del Signore. Noi abbiamo questa missione meravigliosa, e allora bisogna mettersi dinanzi a Dio. Dio mi ha affidato questa missione; io ne sono il responsabile, forse l'unico responsabile.«Misuratevi, ascoltatevi, decidete».Anche dinanzi al Signore, nel deserto: bisogna misurarsi, ascoltare, decidere. E decidere significa scegliere se continuare o non continuare, se dire di sì o non dir di sì, non andare avanti in forma puerile, non continuare e poi pentirsi o lamentarsi quando ci troviamo nel campo apostolico. Dobbiamo agire da uomini. Dinanzi a Dio dobbiamo prendere coscienza della nostra missione, coscienza di quello che il Signore ci domanderà. E perciò dinanzi a Dio si ascolta Dio, ci si ascolta dentro e poi si decide: aut, aut!
«È l'ultima volta che ve lo dico. Ma dopo dovrete essere perfetti, per quanto potete, senza stanchezza né umanità».È duro, eh! Adesso rifletteteci sopra. Andate a Bosco, fermatevi là una giornata e poi un'altra giornata. Quando discenderete, dovete aver posto fine ai compromessi: non è ammesso alcun compromesso. Bisogna decidere! Vogliamo essere di Dio? Dobbiamo donarci senza stanchezza, senza umanità, senza ricerca di noi stessi.«Dopo non sarete più Simone di Giona e Giuda di Simone. Non sarete più Andrea o Giovanni, Matteo o Tommaso. Ma sarete i miei ministri».Perciò tu non sarai più Giorgio, non più Aldo, non più Franco o Giuseppe: sarete i ministri di Dio. Perciò non sarà più possibile, un domani, mimetizzarsi nel mondo o altre cose del genere. Sarete i ministri di Dio.«Andate. Ognuno da solo. Io sarò in quella grotta. Sempre presente. Ma non venite senza seria ragione. Dovete imparare a fare da voi e a stare da voi. Perché, in verità ve lo dico, un anno fa stavamo per conoscerci, e fra due staremo per lasciarci. Guai a voi e guai a Me se non aveste imparato a fare da voi. Dio sia con voi. Giuda, Giovanni, portate dentro alla mia grotta, quella, le cibarie. Devono durare ed Io le distribuirò.“Saranno poche!” obbietta qualcuno.«Il sufficiente per non morire. Il ventre troppo satollo appesantisce lo spirito. Io vi voglio elevare e non rendervi zavorra».
MI308,6 [22-05-1970]
6 Adesso passiamo ad altro punto, leggiamo un altro piccolo passo che si riferisce a otto giorni dopo. E qui sarebbe bello leggere la parte omessa, ma dobbiamo continuare la meditazione. Finiti gli otto giorni, Gesù chiamò ad uno ad uno per nome gli Apostoli e disse loro: “Adesso dobbiamo partire”. Ma prima fece una piccola osservazione.«Queste caverne il primo giorno vi parvero fredde, ostili, repellenti... ora le guardate come profumate e luminose camere nuziali. In esse avete conosciuto Dio. Prima sapevate di Lui. Ma non lo conoscevate nell'intimità che fa di due uno».Notate l’espressione di Gesù: prima lo si conosceva, ma non nell'intimità che fa di due uno.«Fra voi sono uomini che da anni sono sposati, altri che non ebbero che fallaci rapporti con donne, alcuni che per cause diverse sono casti. Ma i casti sanno ora cosa è l'amore perfetto così come lo sanno gli sposati. Anzi posso dire che nessuno come l'ignaro di ogni carnale appetito sa cosa è l'amore perfetto. Perché Dio si rivela ai vergini in tutta la sua pienezza, e ha per sua delizia di darsi a chi è puro, ritrovando parte di Sè, Purissimo, nella creatura monda di lussuria, e per compensarla di quanto essa si nega per amore di Lui.In verità vi dico che per l'amore che ho per voi e per la sapienza che posseggo, se non avessi il dovere di compiere l'opera del Padre, Io vorrei tenervi qui, e stare con voi, isolati, certo che così farei di voi, e sollecitamente, dei grandi santi, senza più smarrimenti, senza defezioni, cadute, rallentamenti, ritorni. Ma non posso. Io devo andare. E voi dovete andare. Il mondo ci aspetta».Perciò, se fosse possibile, anche noi rimarremmo per sempre nel deserto e ci faremmo santi, lontani dal mondo. Ecco il nostro desiderio, ecco quello che dovrebbe essere il nostro desiderio: la gioia di stare con Dio. Ma non possiamo perché il mondo ci aspetta. Abbiamo un dovere da compiere, ma se potessimo restare qui, dice il Signore, resteremmo volentieri.«Il profanato e profanatore mondo che ha bisogno di maestri e redentori. Io vi ho voluto far conoscere Dio perché lo amaste ben più del mondo, che con tutti i suoi affetti non vale un solo sorriso di Dio. Ho voluto che poteste meditare su ciò che è il mondo e su ciò che è Dio per farvi anelanti del migliore. In questo momento voi non siete anelanti che di Dio. Oh, potessi fissarvi in quest'ora, in questo anelito! Ma il mondo ci aspetta. E noi andremo al mondo che aspetta. Per la santa Carità che come ha mandato Me al mondo, così manda voi, per mio ordine, al mondo. Ma ve ne scongiuro! Come perla nello scrigno chiudetevi il tesoro di questi giorni in cui vi siete guardati, curati, alzati, rivestiti, di sposati a Dio, nel vostro cuore, e come le pietre della testimonianza elevate dai Patriarchi a ricordo delle alleanze con Dio, conservate e guardate questi preziosi ricordi nel vostro cuore».
MI308,7 [22-05-1970]
7 Riflettiamo ora su tutto questo. Il mondo è una realtà e lo Spirito un'altra, e in mezzo al mondo incontriamo sempre, lo capite chiaramente, un po' di polvere, un po' di distrazione, ed è facile non sentire lo Spirito. Se vogliamo vivere la vita dello Spirito bisogna che ci ritiriamo dal mondo, bisogna che sappiamo stare da soli a soli con Dio. Anche gli esercizi spirituali che abbiamo fatto quest'estate: sono stati una bellissima esperienza e la ripeteremo ancora qualche altra volta, ma non sostituiscono quei giorni di esercizi intimi, dove l'anima si trova in silenzio da sola a sola con Dio. Dico male? Sono necessari l'una e l'altra cosa: i periodi in cui meditiamo e discutiamo insieme, ma anche l’incontro dell’anima con Dio, in modo che di due si faccia una persona sola, una unità. Questa è la nostra forza. Allora avremo da donare qualche cosa agli uomini che ci attendono. La nostra missione, però, in mezzo al mondo è una missione pericolosissima, perché, senza volerlo, rischiamo di diventare uomini, cioè di perdere quella spiritualità che è la caratteristica dell'uomo di Dio.Noi dobbiamo essere sempre preoccupati di questo. Nei nostri esami di coscienza, specialmente in quello della sera, in quell'incontro dei cinque minuti con il Signore, una delle nostre preoccupazioni dovrebbe essere questa: quanto mi sono umanizzato? Dobbiamo fare un continuo controllo come si controllano tutti gli strumenti di un apparecchio delicato. In un aereo ci sono tanti strumenti che non ne avete neanche l'idea. Se viaggiate in automobile voi osservate subito la spia dell'olio. Vorrei dire che nel nostro intimo ci dovrebbe essere una spia luminosa che dovrebbe segnare la nostra spiritualità. Quando vi accorgete che l'olio della macchina non circola, vi fermate e dite: “Alt, altrimenti si fondono le bronzine”. Vi preoccupate immediatamente. E allora dobbiamo sempre controllare la spia che c’è dentro di noi: il giorno che ci accorgiamo che diminuiamo di pressione dobbiamo ricorrere ai ripari, e guardate che ogni giorno noi diminuiamo, perché vivendo in mezzo al mondo sempre si perde qualcosa. Bisogna quindi che ci preoccupiamo subito di mettere a posto il nostro livello. Fernando, ad esempio, ogni tanto solleva il cofano della macchina e tira fuori un'asticella metallica: guarda, asciuga, misura, e dice: “Siamo al massimo, andiamo bene!”, oppure: “Siamo sotto il livello, eh...! Bisogna aggiungere mezzo litro di olio”. “Non si può partire; bisogna aggiungere olio”.
MI308,8 [22-05-1970]
8 E noi dobbiamo avere proprio questo segreto: saperci esaminare e vedere a che punto è il livello della nostra spiritualità. Se ci accorgiamo che stiamo perdendo il livello necessario bisogna fermarsi assolutamente, anche se avessimo delle cose urgenti da fare. Dobbiamo salvarci. Per quanta fretta si abbia, non si può partire per Milano sapendo che l'olio è sotto il minimo: si parte perché si ha fretta, ma ad un certo momento si fonde il motore e quindi si arriva più tardi. Se si vuole arrivare bene, bisogna fermarsi e perdere i dieci minuti necessari, che poi si guadagneranno. Nel nostro lavoro spirituale, nel lavoro che stiamo compiendo occorre la stessa prudenza. Un domani sarete professori di scuola, sarete impegnati in molte attività: se avete una malattia, se vi viene la febbre a quaranta, vi fermate, mandate a dire che non potete andare, richiedete la ricetta medica che vi autorizza a fermarvi perché siete ammalati. Ebbene, quando vi accorgete che, spiritualmente parlando, il vostro livello si abbassa, io vi dico: in nome del Signore, fermatevi! “Ma ci sono impegni urgentissimi, non possiamo farlo!”. Fermatevi perché avete una febbre peggiore della febbre a quaranta. Non so se sto parlando male. Abbiamo bisogno assoluto di conservare il livello di spiritualità, altrimenti per la nostra anima sarà un disastro: porteremo umanità, non porteremo Dio.Ringraziamo il Signore che quest'anno ci ha fatto conoscere questo tesoro, quello di poterci nascondere in mezzo alle nostre piante, dentro le nostre piccole case, e di poterci incontrare con lui. Ma cerchiamo che questo passaggio della grazia, questa grazia attuale che è venuta in mezzo a noi, non resti isolata, una cosa isolata. Avete sentito anche voi nella lettura del passo che il primo giorno è duro, è aspro. La prima volta che andate lassù può darsi che ci sia un po' di poesia, la seconda volta la prosa, la terza comincerà la salita. Non scoraggiatevi se constatate che una, due, tre volte non siete capaci di ingranare , perché bisogna che ci sia necessariamente una certa difficoltà. Anche l'aereo fa più fatica nel partire: gli occorre la massima pressione del motore. Anche per noi ci saranno difficoltà, perché abbiamo un peso, la nostra parte umana che non sempre riusciremo a staccare da noi e a buttare giù a Santorso: qualche volta resta attaccata, resta con noi. Bisogna che noi ci separiamo un po' da essa. Perciò non scoraggiamoci.La nostra buona mamma, la Madonna, che ci ha sempre voluto bene, che ci ha voluto bene nelle cose materiali, come anche ieri, per esempio, mandando sei milioni per «Cinecittà» , dei quali tre verranno consegnati il quindici del mese di giugno e tre il primo di settembre per pagare le macchine che abbiamo ordinato, questa buona mamma che ci è stata vicina nelle grazie materiali e in quelle spirituali, sempre in questi trent'anni ormai della mia vita sacerdotale, preghiamola che ci aiuti a salire, che ci porti con il suo Gesù in qualche posto dal quale possiamo discendere trasfigurati. Ricordatevi: il mondo aspetta non tanti preti o diaconi, ma aspetta preti santi e diaconi santi.