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L’IMPEGNO APOSTOLICO È UN DOVERE DI TUTTI I CRISTIANI

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1.Andiamo un momentino in Paradiso che c'è il nostro caro Giorgio che ha da parlarci un momentino, ha da presentarci a nostro Signore un pochino. Mia bagoli! Vardè ch'el ghe xe el Paradiso, fioli! E anca el nostro Giorgio ghe xe là. Te ridi, don Piero?
Partiamo. Una bella giornata così, caro don Luigi, caro Marco, se podarìa partire per andare al Novegno. Ma verrà tempo, non state aver paura, che tutto il noviziato sarà trasportato in alta montagna. L'azione apostolica, abbiamo visto, che è necessaria per tutti. Leggiamo ora un'altra caratteristica dell'azione apostolica: cioè deve essere universale. Non soltanto universale perché deve essere diretta a tutti, ma deve essere universale perché tutti hanno il dovere di fare azione cattolica, apostolica. Dirà qualcuno: "Solo i santi salvano il mondo... e noi non siamo dei santi. Non spingeteci dunque a cose impossibili". Qualcuno potrebbe cavarsela: "Xe solo che i santi che salva il mondo, e siccome noi non siamo santi, perciò non è il caso che perdiamo la pace, e noi andiamo avanti". Ora, il nostro caro autore qui ci dice: prima cosa, non state perdervi di coraggio e non state cavarvela perché dovreste essere santi. Tanto per cominciare... Perché dice: noi col Battesimo siamo stati santificati. Ora quando noi parliamo, quando uno è santo, farsi santo eccetera, eccetera, e va bene, ma guardate che la santità, grande santità, il salto in su l'abbiamo fatto nel giorno del Battesimo, no? Quando noi ci siamo inseriti nel Cristo, quando abbiamo ricevuta la grazia, guardate che abbiamo fatto un passo talmente alto, che bisogna che lo teniamo presente. È lì la nostra grandezza. Qualche volta senti dei cristiani che dicono magari: "Sa, la dignità del sacerdozio! Sa, bisogna... vien prima il sacerdote, poi l'angelo!". Bellissime cose, ma non dimentichiamo che anche la dignità del cristiano è molto grande. Senza offendere i preti, eh! È vero: il sacerdote ha una dignità grande, prende in mano un pezzo di pane, dice le parole della consacrazione e abbiamo il corpo di Cristo. E il cristiano, parlando con un'altra persona, può dire: "Chi sei?". "Figlio di Dio, fratello di Gesù, erede del Paradiso", mica scherzi! Lasciamo stare l'eredità, guardiamo la sostanza: "Vos Dei estis". Guardate cos'è un cristiano! Leggevo ieri un pochino una frase sull'Osservatore Romano. C'è stato un convegno, mi pare a Napoli, di religiosi, un gruppo di religiosi, e mons. Mauro, eccellenza, segretario, diceva appunto - ieri l'ho letta a mons. Fanton fin che lui stava scrivendo una certa lettera - e io ho preso in mano un po' l'Osservatore Romano: "Attento qua monsignore, - go dito - varda, varda qua". E diceva mons. Mauro: bisogna sentire il cristianesimo, vivere il cristianesimo!

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2.Mica scherzi! Bisogna vivere da cristiani, fioi! Avere il coraggio, anche i religiosi, devono avere il coraggio di vivere da cristiani, seto, Bepi? E quando noi abbiamo il coraggio di vivere da cristiani, siamo santi. Perciò non è una scusa dire: "Ma, mi... Solo i santi salva el mondo, e perciò mi non sono santo, ergo...". Devi essere santo. Basterebbe la santità ordinaria, quella richiesta dal Battesimo.
Perciò proprio insisterei, fratelli, insisterei: cerchiamo di pensarci spesso anche noi al nostro Battesimo, alla dignità nostra dovuta al Battesimo. Non so se adesso dico delle eresie, i teologi caso mai correggano. Ma, mi pare, che quando uno va su con l'ascensore trentasei piani, poi struca un altro botton e va su un altro piano, un altro piano, è tanto poco in confronto agli altri trentasei, cosa vi pare? Ora col cristianesimo siamo andati su trentasei piani, poi col sacerdozio un altro piano; coll'episcopato, se volete, un altro piano ancora. Ma guardate che abbiamo i trentasei e i trentasei sono il Battesimo. Dico male, Bepi? Non so se teologicamente... soi fora teologicamente? Ecco, ho l'impressione, fratelli, che noi ci pensiamo poco al nostro Battesimo, al nostro inserimento in Cristo, alla grazia che abbiamo ricevuto nel Battesimo, alla nostra dignità di cristiani, alla nostra grandezza di cristiani. E vedete, se pensassimo spesso a questo, allora avremmo una venerazione anche per i fratelli cristiani e avremmo anche proprio in noi... Il nostro grande desiderio di salvare anime dovrebbe nascere da un grande amore verso Dio, il quale vuole che i nostri fratelli siano come noi cristiani, e cioè grandi. Ecco l'amore verso le anime, quando diciamo che dobbiamo essere presi dallo zelo per le anime, dall'amore verso le anime, dovrebbe essere questo lo spirito che ci dovrebbe animare: un grande amore verso Dio e... Se io voglio tanto bene, supponiamo, a don Guido... e so che don Guido ama i gelati, se posso, tornando a casa, porto a casa un gelato, no? Io voglio tanto bene a Dio e so che Dio desidera far grandi tutti gli uomini, che ha conquistato già la grazia a prezzo del sangue, il Cristo, no, e vuole che tutti gli uomini siano salvi. Quando diciamo che tutti gli uomini siano salvi, diciamo che tutti gli uomini siano figli di Dio, fratelli di Gesù, membri della Chiesa, eredi del Paradiso. Questo vuole Dio. Non si tratta solo: perché non i vaga all'Inferno; si tratta di qualcosa di più, qualcosa di più: che i vaga in Paradiso! Ecco, guardate, se non stimiamo noi la grazia, allora vedete, in noi sarà difficile che stabiliamo un colloquio intimo con il Signore, perché l'intimo nostro colloquio con Dio deve avere come oggetto: "Grazie, Signore, che mi hai fatto cristiano!". Alla mattina quando diciamo: "Mio Dio, ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano...", come si sfugge questa parola "fatto cristiano"! Come la fusse una cosa... come dire: grazie che te me ghe mandà una scarselà de stracaganasse, no? Ecco, ci siamo forse abituati a questa parola: "Sono cristiano, io sono un cristiano; un'onda sacra scese su me". E invece bisognerebbe fermarsi spesso su questo. E allora sentirla la nostra dignità, pure prostrati dinanzi a Dio per i nostri peccati. Noi che abbiamo ricevuto così tanto, abbiamo offeso il Signore. "Tu quoque, Brute, fili mi?", ha detto quell'altro, no? Tu pure, cristiano, figlio mio! Tu pure che sei stato riempito di tante grazie da me, hai avuto il coraggio di peccare, di offendermi, di essere così indifferente dinanzi alle mie grazie! Rendetevi conto cos'è un'azione buona fatta da un cristiano, e cos'è un peccato fatto da un cristiano. Un'azione buona è potenziata, vero, in virtù della grazia; anche un peccato, figlioli, è potenziato, purtroppo è potenziato.

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3.Ora ecco, quando il nostro autore ci dice che è un dovere universale l'apostolato, non val la pena che ce la caviamo dicendo: "Ma è un dovere dei santi e io santo non ci sono... ci devo essere santo!". Poi ci sarà una santità straordinaria, di eccezione un pochino... Il Signore sceglierà qualcuno, darà delle grazie particolari, ma per il caso pratico qui dell'apostolato prendiamo la santità ordinaria, quella che è richiesta dalla nostra natura di cristiani. E questo, vedete, non soltanto per noi, ma per le anime. Proprio quel famoso catechismo che dobbiamo fare... insegnare agli altri; è questo qui la base del catechismo: far capire cosa vuole dire essere in grazia di Dio, cosa vuol dire aver ricevuto il cristianesimo.
Non so se sbaglio. Cosa ghin dixìo voialtri? Questo bisogna farghelo capire alla gente: che non xe mia istesso aver la grazia e non aver la grazia. 'Sta gente che non si cura, non si cura di averla, non si cura di aumentarla, la grazia; il nostro popolo cristiano, che la maggioranza vivono così... in peccato mortale. Vanno alla ricerca, che so io, della grazia del Signore a Pasqua qualche volta: "Son pasqualin... Sa, vegno, ecco, vegno, ecco...". Se... scusate tanto! Ero lì a Roma, per esempio, in taxi perché avevo da fare una piccola gitarella dalla Congregazione del Concilio a quella di Propaganda Fide per ritirare dei documenti, vero. El diavolo ga cambià la borsa, no? E allora con quello del taxi abbiamo intavolato un po' un piccolo discorso. E a un dato momento parla fuori di tumore, e allora parla di quel famoso dottore: "Sa, - dice - xe tutte invidie, sa, le xe tutte invidie! Perché quello aveva qualcosa, ha certamente qualcosa... Noi siamo convintissimi. Però la storia è che, la storia è che è in Italia...". Ha cominciato: "Perché, perché, sa, lui...". El ga comincià a spiegarmi scientificamente, era un gusto sentirlo, scientificamente. Però sta gente sentono dire che c'è uno che può, hanno speranza che possa guarire dal tumore, e ti fanno un... Figlioli, cos'è un tumore? È una malattia che può accorciare la vita di 50-60-70 anni. Capitasse a me, l'accorcerebbe di qualche anno; capitasse a Fernando, forse potrebbe accorciarla anche di 60 anni, 50-60 anni, toh! Se capitasse, supponiamo, al signor Sartorelli che ha 85 anni gliel'accorcerebbe meno di 50 anni. Cosa vi pare? Comunque il tumore è una malattia che ti può accorciare la vita di alcuni anni. Prendiamo l'eternità, mettiamo questi alcuni anni... Beh, chi è che se ne accorge? Vi pare? Nell'eternità, 50 anni più, 50 anni meno... Ma, amici miei, tu trovi della gente per la strada che è piena di tumori, no un tumore solo, piena di tumori, e sono cristiani! Pazienza se fossero della gente... ignoranti... si trovassero là al centro dell'Africa o al centro dell'America, dici: "Beh, poveretti, son là, non hanno mai sentito parlare, non è colpa loro se si trovano in questa situazione qui". Ma qui, qui...

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4.Ieri sera, andando a Lonigo, a un dato momento: cappella, croce, Messa, ta, ta, ta, ta... Vai avanti un altri quattro cinque chilometri: cappella, Messa, ta, ta, ta. Sono tutte grazie di Dio, figlioli. Mica vero? Sono tutti inviti per ste anime: "Varda che c'è la Messa! Varda che c'è la Messa! Varda che c'è la Messa!". Chissà quanti dovranno rispondere di quella grazia particolare; mancando alla Messa, hanno detto di no, di no, di no! Giusto? Sebbene che corrono... perché adesso correndo in macchina ne vedono tante, vero, dall'uno e dall'altro posto, ne vedono tante.
Ora noi abbiamo tutta la possibilità. E queste creature che hanno il tumore nell'intimo dell'anima, non si curano di andare ascoltare una Messa, non si curano di andarsi a confessare, non si curano, cioè non curano i tumori dell'anima. Questo, per quale motivo, fratelli? C'è ignoranza. Perché quando si accorgono, facendo la radioscopia, che hanno un tumore, corrono ai ripari. E perché non si accorgono, non capiscono cosa vuol dire grazia, cosa vuol dire vita eterna, non, non...? "Memorare Novissima tua, memorare Novissima tua". Ecco, non meditano più i Novissimi. E noi cosa dobbiamo fare, fratelli? Dobbiamo ricordare agli altri queste verità. Lasciate stare tanti studi di psicologia, lasciate stare tante storie, lasciate stare tante trappole: "Memorare Novissima tua", cari. Perché... "Semel morior", me par che sia; "una volta solo", me par no, ciò? Capisci? "Un'anima sola si ha", dixeva i nostri veci, "se la si perde, che sarà?". Amici, guardate, diciamola pure in francese adesso, diciamola in inglese, diciamola in spagnolo, ma guardate che si tratta di un'anima sola, si tratta di respingere la grazia che Dio ci ha dato nel Battesimo e ci ha restituita tante volte, si tratta di respingere questo. Il nostro popolo che è tanto preoccupato di andare alla moda, di essere vestiti con questo... che si vergognerebbe di andare con un vestito che era della moda dell'anno scorso, no, non si vergogna di vivere con il tumore dell'anima, con la morte nell'anima, e noi dobbiamo gridarlo, dobbiamo fermarla questa umanità che è attaccata alle cose del mondo, che ha perso la testa dietro al benessere, che si vergogna di andare con una macchina che ha tre anni - bisogna torghine una di nuova -, che qua e là... E non pensa, e va velocemente verso la morte, verso la fine. Pensate voi che ci trovassimo in autostrada del sole, ci trovassimo su lì, una collina, e vedessimo dopo una curva un ponte giù, completamente caduto: voi capite che razza di salto, che razza de botada, no? Beh, e noi fossimo lassù ad osservare queste macchine. Vediamo l'una che passa davanti all'altra dalla parte di qua, e dalla parte di là gnanca una, perché le xe tutte andà xo. Ecco il mondo di oggi! Raffiguratevi voi, no, vista da qui l'autostrada, con tutte 'ste macchine... e dopo... brom... brom... Kaput! Kaput! E noi siamo di qua che guardiamo, e noi stiamo là. Ma, benedetti dalla Madonna, ciapemo 'na macchina, andemoghe incontro a quelle là, femo tanti segni par strada, mettèmo fora dischi, femo quelo ca volì... Fermarli bisogna! Qualchedun passerà, broomm... passerà così; lassa ch'el vaga in malora, allora, se el vol coparse... Ma fermemoli, fermemola 'sta umanità!

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5.Guardate che è questa la nostra missione: fermare gli uomini un momento e dire: "Varda che te caschi giù nel precipizio!". Ma per far questo con gli altri dobbiamo essere convinti noi della grazia di Dio. Guardate che dobbiamo fermarci dinanzi a Dio e capire cosa vuol dire essere cristiani. E allora, conquistare quelle virtù cristiane di cui abbiamo bisogno. E una di queste è proprio questo dovere, dovere che nasce dal cristianesimo, di far diventare cristiani gli altri. E in questo modo noi ci creeremo anche dei collaboratori, perché se faremo dei veri cristiani, avremo dei collaboratori. È inutile, fratelli, che domani voi vi preoccupiate tanto di averne migliaia, migliaia e migliaia; cominciate ad averne uno, due, ma cristiani, cristiani nel vero senso della parola.
Guardate, qui nella Casa dell'Immacolata fin dall'inizio ho puntato su questo: averne pochi per averne tanti. Anche voi dovete puntare domani, nel posto dove il Signore vi manda, d'averne pochi per averne tanti. Avete da cominciare l'Azione Cattolica? Fate come faceva mons. Zaffonato. Mons. Zaffonato aveva cominciato così lui: Azione Cattolica delle donne, e va bene. Azione Cattolica: "Però, femene, guardate bene, eh... Io ne voglio poche, ma brave donne, eh...". E poi facciamo le "madri cristiane": conferenza settimanale delle madri cristiane. E allora l'Azione Cattolica, invece che averne 120 dell'Azione Cattolica, ne aveva 60-70 dell'A.C., "madri cristiane" 300. E ogni mercoledì conferenza per le "madri cristiane"; verso le tre, che era un'ora buona, avevano già fatto el seciaro, fatto tutto, eccetera, alle tre conferenza dalle Suore Poverelle la conferenza alle "madri cristiane". Però all'A.C. domandava. E le faxeva lavorare le donne, el ghe daxeva tanti de quei lavori che non gavì neanche idea. Intanto se mette con le madri cristiane. Azione Cattolica è Azione Cattolica. Se vuoi stare con l'Azione Cattolica, qua, ma però questo con l'A.C.; sennò madri cristiane, buona madre cristiana. "Ma, sa, mi vui essere dell'A.C.". E allora... Giusto? Ora ecco, bisogna che anche fra i cristiani avere il coraggio di domandare quello che il cristianesimo richiede. Avere il coraggio di domandarlo a noi stessi quello che il cristianesimo richiede, la coerenza, no, e avere il coraggio di domandarlo agli altri. Semo 'nda fora de strada? Pazienza! Ma semo in strada istesso, no? Vardè che è necessario, vardè che se noialtri femo un po' di esame di coscienza, se accorzemo che ghemo poco medità, nella nostra vita, il nostro cristianesimo, e semo preoccupà de grandi cose, e forse non semo preoccupà de essere cristiani coerenti.

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6.Credemo cose sublimi quello di dire la verità, quello de non mormorare, di non criticare, de volerse ben... El xe cristianesimo, cari! Quello de non dir una parola de drìo la schena. Te te accorzi, per esempio, che un tuo fratello ha un bisogno, eccetera, de aiutarlo; ti accorgi che ha un difetto, prenderlo. Capissito, Graziano? Te te accorzi, per esempio, che il tuo amico ha un difettuccio... e invece ciaparlo a brassetto te costa... Cristianesimo, caro, cristianesimo! L'ha detto lui, l'ha detto Gesù che bisognava far così. E questo, vero, quando l'è entrà nel sangue nostro.
E quando che femo tutte ste robe qua, semo come la siora Scarpa, là, so mamma la ghe ga dito: "Te ghe fatto né più né meno che il to dovere"; tante storie... te ghe fatto né più né meno che el to dovere. Te credi de essere santo perché te fe ste robe qua. Santo, sì, preso come che dizeva San Paolo... ma te ghe fatto né più né meno che el to dovere. "Sa, i me ga copà me mama, e mi...". "Te ghe perdonà?". "Sì, son sta eroico?"."No, te ghe fatto el to dovere da cristian!". "Sa, - dixe Bepi - Ruggero xe andà, ga spacà fora tutti i vasi ca gavea, un colpo de rabbia, eccetera, eccetera. E mi son stà così bravo: son dà, ghe go fatto un piacere, ghe go fato, eccetera. Cosa ghe pare?". "Te ghe fato el to dovere da cristian. Inutili tante storie. Il tuo dovere da cristiano". Supponemo che passasse par qua uno e copasse la signora Nassi, e dopo so marìo lo ringrazia, vero... "Grazie". Che so marìo dixesse: "Beh, sì, te perdono, quel che xe stà, xe stà; basta, non se ne parla più, andemo... vien qua cenare a casa mia. Go capìo che te ghe sbaglià... Pazienza!". È cristianesimo. Guardate che il cristianesimo domanda ste robe qua, fioli. Che credo che salveremo il mondo solo se avremo il coraggio di domandare agli uomini questo cristianesimo, domandarlo così. "Ma, allora, a un dato momento, non vien più in ciesa nessun!". No, vegnarà in ciesa pochi, ma da qua un pochi de anni vien la ciesa piena, ma de gente che crede.

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7.Procedamus! Adesso lexemo.
"Non abbiamo il diritto di misconoscere le nostre origini: 'agnosce, o christiane, dignitatem tuam'. E concludiamo che 'noblesse oblige' - non ghe xe gnente da fare! - e che la stirpe dei santi non ci è estranea. Questo ci aiuterà a comprendere che il dovere dell'apostolato è radicato nell'anima nostra come il sigillo del sacramento che ci ha fatto nascere alla vita". Perciò, quando noi siamo convinti di questo, che il dovere essere apostoli è proprio radicato nella natura stessa nostra di cristiani, noi, vivendo questo, faremo in modo che ogni cristiano diverrà un apostolo. Tu riesci domani, un buon giovane, una buona ragazza, eccetera, un buon papà di famiglia, farlo cristiano, tu avrai un altro prete, un altro diacono nella parrocchia. Capisci ti, parroco, là? Al Laghetto, vero, la tua cara parrocchia, tu devi fare un cristiano, poi un altro, poi un altro... "E gli altri?". Va bene, alimenta anche gli altri, ma bisogna lavorare in profondità. Ecco allora quello che, in modo particolare, dovrebbero fare domani i sacerdoti nella nostra diocesi, nella nostra parrocchia, no? Il diacono fa, lavora, avvicina, eh, e quando che capita il cristiano in mano del sacerdote, il sacerdote deve avere il coraggio di farlo lavorare in modo tale da farlo scoppiare, farlo diventare un vero apostolo. Naturalmente poi secondo le attitudini di ciascuno... Se ha uno che l'è balbo, non lo manderà mia in giro a predicare, no; uno che l'è sòto, nol corrarà mia a portarghe da magnare a uno che xe distante dieci chilometri... ciascuno secondo le possibilità. Quello che xe sòto, chissà ch'el gappia la lengua, e quello che xe balbo, chissà ch'el gappia le gambe; e allora uno porterà, e quell'altro parlerà. Come che faxeva Mosè e Aronne, no? "Se soltanto i santi dovessero adempiere questo dovere, i Papi che chiamano - e con quale insistenza - tutti i laici all'apostolato necessario proclamerebbero un'esigenza impossibile. Ora, Dio chiama al suo servizio tutte le buone volontà. Ciascuno di noi - qualunque sia il grado di virtù personale - può e deve essere strumento nelle sue mani".

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8.Ecco, guardate, un'altra scusa che potrebbe capitare è questa. Dire: "Va ben, capisco: noi siamo cristiani e dobbiamo essere santi. Però io mi accorgo che son pieno di difetti, che ho poca fede, poca carità, eccetera. Allora, primo lavoro cerco di farmi santo io, e cioè di vivere da cristiano - parliamo almeno di questa santità - e dopo comincio a fare l'apostolato". Mica vero! Comincia a farti santo e fa' apostolato insieme. Comincia... Scusa, sarebbe come dire, come dire: "Vedo per la strada lì uno che ga una gamba rotta, ma siccome che anch'io ho male un braccio, allora prima metto a posto il braccio, mi ingesso il braccio e stago mejo, e quando che stago meio...". Mèttete a posto ti e con l'altro brasso daghe una man a quel povero disgrasià là. Ecco! E vedrai che mentre guarisci lui, guarisce lui e guarirai anche tu.
Mentre predichi la fede a lui, la fede crescerà in te, mentre spingerai lui ad avere carità, tu che ne hai poca, sentirai il bisogno di averne di più e crescerai. Mentre il cristiano fa l'apostolato agli altri, prima lo fa a se stesso; ne riceve lui, sente il bisogno di crescere. La grazia passa attraverso lui. Quando io volessi fare, - scusè, portemo un esempio molto materiale - dovessi fare un fosso per portare l'acqua da Carraro, un bel fosso, molo l'acqua che la vada là. Cosa volìo, xe inutile, el fosso se impiena de acqua, tutta la terra attorno s'impregna de acqua, se impregna de acqua. Ma bisogna molarla. Dire: "Ma allora la me assorbe, go bisogno de acqua...". Ma siccome ghi n'è tanta che passa, grazia de Dio... Mi son el fosso, Gaetano xe la campagna da irrigare, tachemo... basta ca me taca là... molo l'acqua; qualcosa me resterà anca a mi, no? Xe giusto? "E, ma, allora diminuisce l'acqua che va a Gaetano...". Ma non sta' aver paura!

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9."Vi sono delle grazie... - e qui cari... esame di coscienza, caro Vittorio, attento! - Vi sono delle grazie che Dio lega a questo o quell'uomo, fosse pure ignorante o indegno".
In cima al campanile del to paese, cosa ghe gera, che pianta ghe gera? Un abete. Chi xe stà portarlo là? Mah! Ecco, il Signore ga legà quell'abete a quella persona o a quell'angeleto che lo ga portà là, o al vento, eccetera, quel che te vui. Del resto il Signore, guardate che è importante questa roba qui, sapete, il Signore si serve degli uomini, vuol servirsi degli uomini e ci sono certe grazie che sono legate a quell'uomo, a quella persona. Noi abbiamo avuto qui dentro delle grazie particolari, per esempio, quella... Guardate un momentino: l'andare nel gran Chaco è stata una grazia. Legata a chi? A mons. Di Stefano. Mons. Di Stefano che è venuto qui, poi è andato là; poi siamo andati là noi, poi è tornato qui... Guardate solo con mons. Di Stefano, forse, è legato il diaconato. Osservate bene. E guardate, guardate, torniamo indietro: come mai che mons. Di Stefano è venuto qui? Don Ferruccio. Perché don Ferruccio? Perché queli là del liceo che i ga fato gli esami, e allora semo andà a Thiene, e là... varda quanta gente che xe stà legà a quei benedetti esami, tutto per quel benedetto Bertelli, perché i ga trattà male Bertelli. Te te ricordi, no? Per difendere Bertelli: "Basta, non 'ndemo più!". E allora semo 'nda là, a Thiene... e Zeno xe stà legato a là, e don Giuseppe xe stà legato a là, e Graziano più o meno xe stà legato a là, e xo, xo, xo... persin el Chaco xe sta legato a là. Se quello là avesse fatto un figurone... Magari lu ga maledìo quella volta la professoressa... No, no, poareto, el gera un angeleto una volta; adesso no, una volta sì. Beh, ma... Tu guarda come non si può dire male delle croci. "O croce beata!", xe quela là, no? O bocciatura santa, eccetera, o autunno felice, vero, che ci ha procurato... Cosa vi pare? "O felix culpa", no, “quae talem et tantos meruisti” - cossa? - omos o quel che tu vuoi... Ste attenti un momento. Guarda, però, un momento come queste grazie sono state legate a qualcuno. Ora, vedete, non bisogna che ci dimentichiamo che ci sono delle anime, delle opere, che il Signore vuol fare attraverso te. Domani, per esempio, don Piero xe in tal posto, ti, Livio, tal posto, va bene? È inutile, il Signore ha legato questo a Livio, ha legato a don Piero, ha legato a don Giuseppe... ghe xe gnente da fare, ha legato a don Guido. Queste grazie, questo arrivare... quella anima, per esempio, che deve arrivare a Dio, deve arrivare attraverso, supponiamo, Fabris, quel dato uomo, quella data persona... il Signore aveva già stabilito che fossero insieme, e deve essere lui poi, per il momento. Ha stabilito l'amicizia di quell'uomo con sua sorella per caso, eccetera, eccetera, eccetera, però tutto era prestabilito perché dovesse incontrarsi con una veste nera, con un 'sacco de carbon'. Il quale, poi, a sua volta, magari deve portarlo a don Piero, per caso, una volta, e sa, don Piero... basta, lui scompare, è finita la sua missione e don Piero continua. Capito?

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10.Bisogna che ci mettiamo in testa che siamo degli strumenti nelle mani di Dio, e che Dio, volendosi servire degli uomini, ha stabilito certe grazie attraverso gli uomini.
"Vi sono delle grazie che Dio lega a questo o a quell'uomo, fosse pure ignorante o indegno". Perciò non dobbiamo dire: "Ma mi son pien de difetti, ma mi son ignorante, ma mi non go grazie". Va ben, domandeghe perdono al Signore. Basta, mettiti in mano di Dio adesso, come che sei. "Ma se mi gavesse...". Ma lassa stare "se mi gavesse"; daromai xe così, te ghe spacà fora tutto, te ghe spacà la piana, te ghe spacà la purezza, te ghe spacà tutto... Adesso, battete el petto, domandeghe perdono a Dio e, come te sì, mèttete in man... "Ma cosa vuto ch'el fassa el Signore de mi?". Come te sì! Adesso, così, mèttete in man de Dio, e lasseghe fare a lu. E magari proprio parchè te sì un poro stupido, cretino, ignorante, peccatore, eccetera, proprio el Signore si servirà de ti parchè non te gapi da pensare de essere sta ti. È importante sta roba qua, savìo! Perciò, né i peccati - non sta mai farli - né la miseria, né eccetera, non ci devono far perdere di coraggio, perché il Signore, proprio così come siamo, si servirà proprio di noi così, vero, per entrare. E capiterà magari questo: che magari uno farà un bel discorso, mettiamo, con quel peccatoraccio qua de Luciano, farà un bel discorso due, tre, quattro, dieci volte, no, e niente, non riesce a far niente. E vien magari la suora Alberta, quella là delle suore... La conossìo? Ah, la xe un monumento, quella delle suore delle Dame Inglesi... La xe semplice come l'acqua, come l'acqua! La xe la sacrestana. Te poi immaginarte, adesso... Mi non la ghea mai sentìa, ma mi n'avea parlà...Te la conossi, don Zeno? Bisogna che ve salutarla una volta, dir che gavì sentìo parlare de suor Alberta. La xe vegnù dentro ieri, gera da mons. Fanton; mons. Fanton la ghea sentìo parlar fora, e dice: "Speta ca la ciamemo dentro, - el ga dito - la ciamemo dentro, se no quela ghe toca spetare". E la vien dentro con due mazzi di fiori così: un mazzo de garofani grandi e un altro de gladioli. "Ah, Eccellenza, buongiorno. - dice - Sa, deve perdonare, ma adesso fiori ne abbiamo pochi, sa, ne portano pochi. Ieri c'è stata la prima comunione e allora il Signore ce ne ha mandati tanti, e così, Eccellenza, sono venuta qui... Mi dispiace, sa, Eccellenza, che ci sono pochi fiori, perché, sa, una volta venivo più spesso a trovarlo, Eccellenza. Beh, dove vuole che li mettiamo, Eccellenza?". E allora il vescovo el ga tirà fora el vaso, un bel vaso: “Mi vado a impienarghelo de acqua... Lo mettiamo qua?". E allora la mette dentro i fiori: "Ecco, vede, Eccellenza, guardi di ricordarsi di pregare Dio per me, tanto, lei sa i miei bisogni ormai; glieli ho detti tante volte, Eccellenza, anche se non vengo tanto. Mi raccomando, sa, perché ne ho tanto di bisogno". "Sì, madre". "Ecco, Eccellenza, e guardi che anche la madre mi ha permesso volentieri, Eccellenza, quando ho detto che vengo da lei, Eccellenza".

MO239,11[07-05-1968]

11.Don Piero De Boni el ghe ga regalà, - el ghe ga dito ch'el ghe fa un regaletto per Natale, eccetera, eccetera - el ghe ga regalà un quadro con Gesù Bambino mezzo nudo. Non la lo ga mia vossudo, la ghe ga messo par sora un tochetelo de nastro... El se gode a farla combattere. E allora quella volta la xe ndà lagnarse da mons. Fanton che mons. De Boni... I fasea un bagolo ca non so...
Dopo, co la xe 'ndà fora, go parlà con mons. De Boni: "La xe un'anima così candida - el ga dito - che quella, gnanca el peccato originale non la ga d'avere". Proprio un'anima bella, veramente, no come Ruggero... xe un pochettin massa... Bisogna che te vai far conoscenza una volta o l'altra. Può essere un'anima così... E magari il Signore si serve di un'anima di quel genere là per convertire magari un professore di università: una frase, una parola, eccetera, per convertire un professore di università. Magari un altro professore di dogmatica, di teologia, eccetera, prova e riprova... gnente da fare! Dinanzi... Insomma la grazia passa dove che vole el Signore, fioli. È quella la storia. Xe giusto, no? Passa dove vuole Dio. Bisogna che noi ci mettiamo nel nostro posto, che traffichiamo i talenti, che domandiamo perdono dei nostri peccati, ci mettiamo in uno stato di umiltà. 13 maggio 1968