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L’IMPORTANZA DELL’IMPEGNO DI VITA

MO163 [12-04-1967]

12 Aprile 1967

MO163,1 [12-04-1967]

1 Il numero cinque parlerebbe ancora del demonio:
"Per questo, anch'io pur non resistendo, mandai a prendere notizie della vostra fede, nel timore che il tentatore vi avesse tentati e il nostro lavoro fosse andato perduto". Ma, del demonio 'satis', vero, e allora facciamo gli auguri a Zeno. Ecco, vorrei... Non ho da avere anch'io nome Zeno invece che Zanon! Avrei l'onomastico... no, Zeno? “La gioia di Paolo alle notizie di Timoteo”. “Ma ora da voi è tornato a noi Timoteo e ci ha portato liete notizie sulla vostra fede e la vostra carità, sul buon ricordo che conservate di noi e sul desiderio che avete di rivederci, come noi pure bramiamo di rivedervi". "Paolo dà importanza al fatto che la comunità 'pensa ancora a lui'. Egli ci vede qualcosa di più che un semplice affetto personale. Non basta infatti che in una comunità ci sia fede operante e attiva carità fraterna. Se la comunità è isolata, non sta nel Signore'".

MO163,2 [12-04-1967]

2 Ecco un altro passo avanti. Abbiamo detto: "Bisogna che ognuno si incontri con Nostro Signore Gesù”, e che ci sia un incontro personale Raffaele-Gesù e Gesù-Raffaele. Tu vai in chiesa, fai la 'cura del sole', cioè in altre parole ti metti lì, adori il Signore, lo ringrazi, lo vedi vivo nel tabernacolo, lo senti dentro di te Spirito santo, ti metti proprio in adorazione, vorrei dire in contemplazione quasi. Tra te e Gesù deve intercorrere un senso, proprio, un colloquio semplice, come tra il bambino e la mamma, un colloquio che porta alla accettazione della croce, al desiderio di far solo la volontà di Dio; proprio, scusate se potessi dirlo in una parola, tu dovresti essere 'innamorato' di Dio, nel senso proprio cristiano, ma buono, amore che non è sentimento, ma che è: o sono uguali o si fanno uguali, no, o sono uguali o si fanno uguali. Proprio il vero senso dell'amicizia: io sono amico di Gesù, tu sei amico di Gesù, vogliamo fare quello che vuole Gesù, accontentare Gesù. Per me non importa: "Faciamus hic tria tabernacula, tibi unum...", a me non importa niente 'tibi unum', eccetera, no, facciamo qui, proprio... a me interessa che Gesù sia a posto, per me non importa, Gesù! Gesù, io penso a te, Gesù... e Gesù pensa a me... Gesù ha detto: "Tu pensa a me, io penso a te!".
Questo è il primo passo, diciamolo qui, Raffaele, Primo, e Dio nella Comunità, allora possiamo fare il secondo passo... contemporaneamente, no, Livio? Ma il secondo passo è questo: noi dobbiamo divenire 'unum', e questo divenire 'unum' è abbastanza facile, perché a un dato momento scopriamo che siamo amici dello stesso amico, e tre angoli uguali... e due angoli uguali a un terzo sono uguali fra loro, i disea una volta, no? No la xe cussì? Ora, se io mi sforzo di essere simile a Gesù, nell'umiltà, nella bontà, nella misericordia, e tu lo stesso, a un dato momento diverremo uguali fra noi, eh! Io mi sforzo di essere umile, tu ti sforzi di essere umile, perciò, anche se pestandoci i piedi ci umiliamo a vicenda, xe come la storia dei du pumi, no? “Qualo xe che te gavarissi tolto ti?”. “El più piccolo!”, el ga dito. “E no te lo ghe?”, el ga dito.

MO163,3 [12-04-1967]

3 Ora, attenti, il secondo passo dunque: questo vivere insieme, questa Comunità, questa Comunità: Crotone, Monterotondo, Zacapa, Rio, eccetera, dove che il Signore... vivere insieme, questa fraternità! Come viverla questa fraternità, sa, si vive insieme, perché si hanno gli stessi ideali, no, stessi ideali di amare Gesù, e lo stesso ideale di farlo amare e di farlo conoscere a tutti: è tutto qui! Perché... due ragazzi, giovanotti vanno d'accordo tra loro? Sono appassionati dello sport e vanno d'accordo tra loro, no? Perché? Sono appassionati de cavai, e quei due là i xe sempre insieme, perché i ga sempre in mente i cavai... i cavai! Bene: due sono appassionati di Gesù, vogliono bene a Gesù e desiderano far conoscere Gesù, ed è facilissimo andar d'accordo allora, no?
Ma allora, ecco l'impegno di vita che deve settimanalmente portarci a parlare di Gesù e confrontare la nostra vita sulla linea maestra che ci porta il Signore nel Vangelo. Ogni settimana ci raduniamo 'in unum', e alla luce del Vangelo guardiamo se veramente assomigliamo, individui e comunità, al maestro, cioè se facciamo quello che vuole Gesù! Te pare? No xe giusto questo? Io mi incontro con Lui, cerco di essere amico suo, di voler tanto bene a Lui, lui altrettanto, ogni settimana mettiamo insieme e parliamo di Lui. Io penso al nostro impegno di vita come all'incontro di San Benedetto con santa Scolastica. Vi ricordate? santa Scolastica ha voluto rimanere... la ga fatto parsin piovare, e chissà quante volte qualchedun farà piovare par poder continuare l'impegno di vita! Volesse il Cielo, no, che a un dato momento... Toni, te fasissi piovare là par poder continuare: "Parlemo un'altra mezz'oretta del Signore! Stèmo qua 'naltra mezz'oretta a parlar del Vangelo!". "Ma ghe xe da magnare! Ma... la pastasutta la deventa...". "Ma non importa!". "El riso, mmmm...". "Non importa!". Parlemo delle robe nostre, parlemo delle robe nostre! Ecco la Comunità!

MO163,4 [12-04-1967]

4 Ma gh’è un terzo passo, un terzo passo. Su questo, lo go dito tante altre volte, ma vardè che questo xe necessario, è un segreto per poter conservare lo spirito. Quando ve sentirì dire dalle Famiglie religiose, forse: "Vardè, - i dise - sì, belo, belo fin ca si' 'desso in principio... Sì nell'età... - vorria dire par bagolo quell'altra parola... ma me son fermà, par non profanarla! Va ben? - Sì nel momento voialtri... momento in cui lo Spirito santo xe in mezzo a voialtri...". Stè attenti, fioi, stè attenti, fioi! Xe vero, però i dise che dopo... "Vorria vedar fra cinquant'anni se el sarà 'l stesso!". Sentì, vardè che la tecnica va avanti, anca la tecnica par conservare le sardele la va avanti, e sarà giusto che se trova anca la tecnica par conservare anca le anime e lo spirito! Attualmente i conserva... i fighi sciroppati, i ghe mette un poco de oio, cioè un poca de bataria e i se conserva... Trovaremo el modo anche de conservare lo spirito, no?
Ora, stè attenti, che il segreto per conto mio per conservare lo spirito è l'impegno di vita fatto bene in ogni Comunità, ma fatto sul Vangelo, con la semplicità evangelica. È, lo si può dire, un incontro di anime, incontro di anime, perché dopo fatto l'impegno di vita sul Vangelo, se passa naturalmente a parlare delle cose comuni, cioè praticamente del lavoro apostolico: ci si incontra, ci si incontra! Però guardate che nelle Comunità religiose è facile che si mangi dentro nella stessa sala, uno in un tavolino e l'altro nell'altro, ognuno va avanti per la sua... che diventi cioè, la Comunità divenga un'osteria! Che divenga... non parliamo di trincea, questo neppure... ma, ma, ma, perlomeno un albergo. Se vogliamo che le nostre Comunità conservino il carattere di... santuari, impegno di vita ogni settimana: si parla insieme di queste cose, si parla di Lui, si parla del Vangelo, della necessità di vivere il Vangelo, del modo per applicare, cioè per vivere concretamente il Vangelo, proprio in questo momento, in quest'epoca, nell'ambiente dove ci troviamo; e poi, da lì è naturale passare un pochino all'apostolato, a far qualcosa, non vi pare, a far qualche cosa. Questo, per conto mio, conserva lo spirito di fede, vorrei dire, perpetua lo spirito. Io vi ripeto quello che ha ripetuto un giorno ventisette anni fa un giovane sacerdote, quando mons. Scalco gli ha detto: "Vi auguro che abbiate lo stesso spirito, cioè di conservare lo stesso spirito per tutta la vita!". Gli ho detto: "No, non sarei contento, non sarei contento, monsignore! Perché, per conto mio il prete deve crescere di giorno in giorno in questo spirito!". E ve lo ripeto, son d'accordo con quel giovane sacerdote che ha detto così ventisette anni fa: non sarei contento di conservare, fra dieci anni se fossi ancora vivo, lo spirito di ventisette anni fa e di oggi perché il prete deve crescere, a contatto del calore si deve crescere nel calore... E non sarei contento io fra cinquant'anni, se sono ancora in Purgatorio, o se son più basso, non so, eh, guardando giù in terra e vedere lo spirito che c'è adesso: non sarei contento! Perciò, la mia preoccupazione non è tanto che si conservi lo spirito, perché "non progredi regredi est!". Io penso che dobbiamo mirare che entro cinquant'anni lo spirito sia cresciuto, e che non sia diminuito, lo spirito. Non son contento, non sarei contento, ve l'assicuro, non accetterei che fra cinquant'anni, fra cento anni ci fosse lo spirito di adesso! Bisogna crescere nello spirito! Ma scusatemi tanto, una Comunità, prendete quella che volete voi, che adesso ha queste idee, e a contatto dello Spirito santo, potete pensare che questa Comunità resti ancora infantile?

MO163,5 [12-04-1967]

5 Siamo nel momento della giovinezza, dell'infanzia o della giovinezza, ma passando il tempo bisogna crescere, bisogna crescere nell'amore di Dio, nell'amore dello Spirito santo; nell'Eucaristia che avrete in mano vostra fra cinquant'anni c'è lo spirito dell'Eucaristia di adesso, soltanto che voi sarete più maturi nello spirito e dovrete esigere di più. Toni Pernigotto, quelle visele che ghe xe lì basso st'ano le dovaria far più ua de l'ano passà, no, e st'ano che vien ancora de più, fin che no le se smarsisce. Ma siccome che chi se tien unito alla grazia di Dio no smarsisce mia, anzi i deventa sempre più grossi; ogni tanto una viséla vien trapiantà in Paradiso, ma fin che ghe xe, vero... qualcosa de bon vien fora, vien fora l'ua!
Fratelli miei, fratelli miei, mettetevi in testa questo: non accetterei che persistesse per sempre lo spirito, non firmerei: "Saresti contento che questo spirito abbia da continuare per sempre?". Direi di no, no, e poi no! Più di una persona, compreso monsignor Zinato, me lo ripetono continuamente: "Ah, don Ottorino, te raccomando séto, trova el modo perché questo spirito abbia da perpetuarsi!". No, no, e poi no! "Trova el modo che questo spirito abbia da crescere!", concedo: perpetuarsi, non concedo! Eh, cari miei, perché il Signore Gesù ci ha fissato la perfezione: "Siate perfetti come il Padre vostro che è nei Cieli!", e la carità, e la carità a cui devo tendere è quella! E perciò, siccome che guardando me stesso e guardando voi stessi, dobbiamo dire umilmente: "Sì, Signore, io desidero di amarti, però potrei fare molto di più!", no? E allora miriamo a questo 'molto di più' che io e voi sentiamo di dover fare. Ed ecco allora nell'impegno di vita che c'è questo sforzo per progredire in questo amore sempre più grande al Signore, manifestato nell'intimo, nella preghiera intima col Signore, e manifestato anche nella Comunità e nella azione apostolica, no? Perciò, ecco il secondo passo, il secondo passo fratelli, per me è essenziale, è essenziale, fatto così, proprio con semplicità, con, proprio, fusione di anime, comprensione; l'unità, proprio la vera unità come la vuole il Signore! Che è Chiesa, insomma, è Chiesa, è unione con la Chiesa, cellula viva.

MO163,6 [12-04-1967]

6 Ma il terzo passo, il terzo passo: non basterebbe che l'individuo vivesse da solo, o che la Comunità vivesse da sola; dobbiamo sentirci cellule, cellule della grande comunità. Allora diamo tutto!
Se, se, per esempio, a un dato momento quelli che sono nel Chaco si chiudessero in se stessi e dicessero: "Beh, gli individui... - son là cinque o sei - Io voglio farmi santo! ", e allora gli individui santi, e poi questi sei si facessero una mura tutta attorno, magari una rete spinata e con l'alta tensione, e adesso: "Qua, noi ci facciamo santi... noi qui e basta!". Figlioli miei, quelli sarebbero destinati a un bel momento a fare, quelli sì, sarebbero destinati a fare quello che dicono di solito 'fra cinquant'anni, fra cinquant'anni'. Perché? Perché non possono stare isolati da quella che è la società dove il Signore li ha messi. società che per noi è Congregazione, no, e che è insita... come la Congregazione non potrebbe esistere se non è inserita nella Chiesa. La stessa cosa vi dico del gruppo del Chaco, se non sta inserito nella Congregazione, Congregazione e Chiesa insieme, no; la stessa cosa direi della Congregazione che è destinata a morire se non sta inserita nella Chiesa, non sta, vero, nelle braccia della Chiesa e a servizio della Chiesa! Quel giorno che disgraziatamente la Congregazione buttasse un filo spinato e: "Noi siamo qui, e noi paghiamo il contributo a Cesare e il contributo al tempio, una scapelada e basta: noi viviamo la nostra vita!". Quel giorno xe proprio el giorno che se diventa borghesi e in cui la Congregazione è destinata a morire; e ce n'è più di una Congregazione vecchie che si sono chiuse così. Ma bisogna che, oltre alla santificazione della Comunità dove ci troviamo, va bene, bisogna che ci sforziamo di essere inseriti nella comunità-Congregazione e nella comunità-Chiesa. E perciò... ecco allora perché vi ho detto tante volte: "Ognuno deve essere superiore generale..."; in altre parole ognuno deve sentire con la Congregazione e sentire con la Chiesa. E allora a un dato momento ognuno è Gesù, ah, ognuno è salvatore, ognuno dà tutto per la salvezza delle anime, perché si sente inserito in un esercito, vero? E avanti, avanti, avanti! Beh, scuséme, xe sta nda distrazion! Adesso lezèmo. Basta distrazion... "Se la comunità è isolata, non sta nel Signore'...".

MO163,7 [12-04-1967]

7 Ma come? Non sta nel Signore? Albino, Primo, Raffaele, Luciano, eccetera, non stanno nel Signore? Se sì isolati non state nel Signore!
"Tale unità si manifesta nel legame... - scusate - ... solo nell'unità ecclesiale il Signore è pienamente presente... pienamente presente". Col Papa, col vescovo, con la Famiglia religiosa. Andare a Zacapa: Papa, mons. Luna, Famiglia religiosa; Religiosi che vivono secondo lo spirito della Congregazione, però Religiosi che obbediscono al vescovo come rappresentante di Dio nella diocesi, che obbediscono allo spirito della Congregazione e perciò alle proprie Costituzioni, e siccome che le Costituzioni contemplano che si deve essere ossequienti al vescovo, perciò si obbedisce al vescovo... "Tale unità si manifesta nel legame con l'autorità apostolica, il quale fin dai primissimi tempi si esprime soprattutto nella forma del memento liturgico. Ma qui si fa cenno a qualcosa di più: un ricordo che pervade e abbraccia tutta la vita. Quando dei cristiani si ricordano a vicenda davanti a Dio nella carità, si realizza una potente unità interiore". Che bello andare in chiesa e ricordarsi dinanzi al Signore: "Signore, te raccomando don Marcello, don Bruno, don Antero, Ulisse, Lorenzo, Vittoriano... Signore, benedissili sempre; Signore, fa’ che don Flavio, don Graziano, don Matteo, Mario... Signore, benedissili, te raccomando! Ghi n'è altri? Ah, Giorgio, sì, poareto, Giorgio! Signore! Severino, Lino, don Gianni, don Ugo: te li raccomando, séto? Don Luigi, don Lino, che parla in dialetto e i lo capisse in portoghese il giorno di Pentecoste là... Giovanni... El ghe lo ga scritto al professor Vicari, te sé, no, disendo... Don Luigi el ghe ga scritto al prof. Vicari e dopo el ghe ga scritto anca alla signora Borghi: "Xe impressionante una roba de sto genere qua. - el ga dito - Don Lino che richiama i tusi in dialetto e el parla in dialetto e i capisse; el parla in portoghese e no i capisse, el parla in dialetto e i capisse; e Gianni che sganassa da drio...". El vede insomma che el scominsia a parlare qualche parola in portoghese, parchè gli altri i parla in dialetto, invesse... avvien nda trasfusione quando che el parla in dialetto don Lino; me par de vèdarlo: "Fioi de can!". Me par de vèdarlo: "Devagar, devagar!"... e i corre de più! "Fermève, fioi de can! "... proprio una trasfusione. Co' el dise "devagar" i va più in pressa invesse che pian, co' 'l ghe dixe “fioi de can” i se ferma... Eh, xe commovente però... com'è bello sentire che i xe fradei, sentire, quando che se se vol ben così, sentire... a Zacapa... ognuno de voialtri a se sente che "là ghe son anca mi, là ghe xe un tochetèlo del mio cuore: là ghe son anca mi!". Così bisogna sentire la Comunità! Capìssito, Primo, se te vui deventar Secondo?

MO163,8 [12-04-1967]

8 "In tal modo si costruisce la Chiesa, perché è in tale unità che si fa presente il Signore. È così che si chiude ogni varco, attraverso cui potrebbe insinuarsi nella vita dei cristiani le forze dell'inferno e del male. Quei cristiani che non risparmiavano fatiche per conservare l'unità. Un viaggio di oltre ottocento Kilometri, andata e ritorno, era allora pieno di difficoltà - non come adesso andare in jet, eh sì! -: tuttavia l'apostolo e la comunità desiderano 'ardentemente' rivedersi, cercano di allacciare contatti personali".
Che bello rivedersi! Me ricordo la prima volta, Toni Zordan, che son vignù zo a Crotone... Te ricordito? La prima volta: che impressione che go provà... a ritrovarsi, no? Me par de vedere adesso el nostro caro don Gianni e compagni là, Severino poareto che el sarà deventà moro adesso, no? Il primo rivedersi, rivedersi là, poder farghe una improvvisata, capitarghe là improvvisamente là a Estanzuela, capitarghe là. "Don Gianni...". Xe monsignor Luna che lo ciama, el vien fora: “Aahh!”. Xe belo savìo questo rivederci! Quando che qualcuno dei nostri missionari tornerà fra due tre anni a rivederci... San Paolo... Cosa volìo? Una parentela spirituale intima che xe nata con la grazia che xe sta infusa dentro de noialtri, no? Cercano di allacciare contatti personali.

MO163,9 [12-04-1967]

9 “Ecco, non si dà unità ecclesiale indipendentemente dall'autorità apostolica che esige obbedienza, e senza la sottomissione alle persone preposte da Dio: ma qui vediamo inserite le relazioni giuridiche in un rapporto personale di amore cordiale".
Ecco, vedìo, tusi, è necessario per forza che qualcuno serva; convincetevi che comandare vuol dire servire, convincetevi, convincetevi... che vuol dire, che vuol dire servire la Comunità, vuol dire prendersi i grattacapi della Comunità. Comunque, guardate, è necessario che ci sia un'autorità, per mettere a posto, per far andar avanti el mestiero, però i rapporti, guardate, ve lo dico più che per me, lo dico per voi quando sarete... quando non ci sarà più don Ottorino: i rapporti siano sempre di fraternità, non di autorità; poco importa che il capo sia diese anni più zovane o più vecio, importa niente! Ma ci sia tanta umiltà da una parte e anche dall'altra, specialmente in chi... che ha la responsabilità domani di fare qualche cosa, senta, lo senta che è a servizio! Perciò, l'incontro, quando si fa un incontro alle Comunità, siano sempre incontri non di ispettori, non di... gente che va a vedere... "Oh, adesso xe qua la curia!", vero? No, no, no, no! Un incontro di fratelli con i fratelli. Non vi pare? L'incontro della mamma che va là e che va a vardare un pochino per vedere un po' come che xe... La mamma che va là e dixe: "Ciò, scusa, vedemo qua, come sìo? Ghio bisogno de schei? Varda che ghi n'avì massa qua, portemo via sette otto milioni", vero? O vero: "Ciò, ghìo bisogno?". Incontro di fratelli, no ve pare, di fratelli. Anche se si chiede qualche relazione, poniamo economica, per ipotesi, c'è il fratello: "Ciò, senti..." Dù fradei i ga... "Ciò, quanti schèi gheto? Spetta ca vedemo qua...". Quasi se se controlla per vedere come che la xe. "Ciò, quanti ghi neto? Speta ca vedemo, ca femo un po' de conti, quanto ca podemo andar vanti un pochino!". Miga giusto? Domani semo drìo far nda gita, Toni, mi e ti: un colpo pago mi e un colpo te paghi ti, a un dato momento: "Ciò, spetta ca vardemo: quanti ghi neto, Toni, soldi?". "Spetta ca varda... Diesemila franchi!". "Beh, mi ghe n'ho ancora trenta, allora ghe la femo, "ndemo vanti...". Ecco, questo deve essere il controllo, visto in questa forma qua! Non è controllo di persone, è un po' prendere disposizione un pochino, prendere visione della cosa. Non vi pare? Non è giusto così? Eh, o xe sbaglià? Così!

MO163,10 [12-04-1967]

10 Un domani, anche un'osservazione fatta, supponiamo, ipotesi... ghe xe, supponi, Filippi, il nostro caro ingegnere domani, dovesse andare anche a mettere un visto, dovesse anche andare... è il competente, come se va in infermeria da Vinicio: "Go male un deo, cosa gh'in dito, cosa non gh'in dito?". Così, questa è la fraternità! Uno xe competente in un campo e uno xe competente in un altro, e così lì, da buoni fratelli: "Ciò ti, fame un piassere, fame quel calcolo!". "E ti, fame un piacere, cosa ghin dito qua?". Questa è la carità, la fraternità! Perciò... ve raccomando, savìo...
Adesso xe abbastanza facile che mi vada in Guatemala e non i veda mia l'ispettore, almeno mi e don Aldo semo un po' papà ancora, no, e xe abbastanza facile che se vada e i ne veda così. Ma quando che no ghe sarà più don Ottorino e don Aldo e ghe sarà invece uno... per esempio, un domani superiore generale può essere uno che ga quaranta anni, quarantacinque, e pol essere un altro, prete o assistente che ghi n'ha sessanta... Ciò, lì ghe vol molta più fede per veder el superiore... e magari quello che ghi n'ha sessanta molto più intelligente, molto più capace e el vede nel lato... el lato, vero, debole del superiore, per cui ghe vegnaria voja de darghe qualche sculassonselo, el ga dito monsignor Fanton l'altra sera, no? No la xe cussì? Vegnaria voja de darghe qualche... così, vegnaria voja, umanamente parlando! E questa xe nda roba umana: cosa volio farghe, benedetti fioi? Questo lo trovarì sempre! Però, il rapporto deve essere sempre di... proprio di amicizia, di fraternità; non deve essere un rapporto, ecco qua... ghì capio: superiori da una parte e... Guai a voialtri! Questo ve lo digo... Ti, don Luigi, ricordèvelo, làsselo in eredità ai maestri dei novizi e a tutti quanti gli altri, che questa roba deve essere l'impegno di vita che ve tien sempre, sempre in stato di fusione... giusto, no, in stato di fusione! Una delle cose che come impegno di vita ghemo da far cavar fora dal Vangelo xe questa: che no ga da esserghe... queste due pareti stagne: superiori de qua e i altri là... No, i superiori... così, che i se converta, che i se converta anca i superiori, e lo digo a voialtri che sarì superiori! Che no ghe sia: superiore lassù e quei altri... no, no, ma insieme, là, da boni fradei proprio: "Fratres sumus, fratres sumus!". Sbagliemo? Ecco là San Paolo, me pare questo... "... ma vediamo inserite le relazioni giuridiche - le ghe vole le relazioni giuiridiche! - in un rapporto personale di amore cordiale. - Proprio di amore, di amore, rapporto proprio personale di amore cordiale! –

MO163,11 [12-04-1967]

11 Un'autorità così alta e basilare come quella apostolica si copre qui, coi suoi eccelsi poteri e i suoi diritti, del manto di una traboccante amabilità. Sì, la cordialità caratterizza lo stile dell'agire apostolico".
Vedìo, questa cordialità che ghe sarà domani... il superiore sarà cordiale, amico, el ndarà più a portarghe doni che a portarghe via la lana delle piegore, ghio capìo, ndarà più a domandare la carità che domandare contributi, giusto? Mi vo in Guatemala adesso, e vo con... don Luigi che ghe mandava un assegno circolare: "Go trovà sento dollari e sento che i ga bisogno...”, e el ghe zonta Messe, eccetera. ndaremo in mezzo lì, se ghe mandarà... Quel giorno invece che te ve là e luri i gavesse diese milioni da una parte, te disi: "Ciò, senti, par piacere, no podarissi dare qualcossetta anche a noialtri!". Se domanda la carità. Non se ghe porta la carità, se ghe porta un dono! Se domanda invece la carità. Così! Questo è possibile e i superiori faranno così, se adesso, se adesso fra amici, fra compagni ghe sarà quella cordialità che deve essere la caratteristica della nostra Congregazione. Se adesso ti, Primo, te ghe bisogno de un libro e: "Ciò, scusa, per piacere..." invesse de "Dàme!". "Per piacere, scusa, podarissito darme, me imprestarissito, per favore...". Se adesso ghe xe questa cordialità, questa fraternità fra voialtri, domani la ghe sarà anche... parchè allora i rapporti i sarà gli stessi, no, i rapporti i sarà gli stessi! D'accordo? Perciò ecco: "... la cordialità caratterizza lo stile dell'agire apostolico; e la vita tutta quanta, nelle comunità apostoliche, era piena di questo amore... La carità aperta e profonda era il linguaggio universalmente compreso tra quei cristiani, ed essa rendeva comprensibili molte cose". Don Erasmo, cosa ghe saria da dire ancora? "... era il linguaggio universalmente compreso... e rendeva comprensibili molte cose". Vardè, domani ghe sarà chi sa di greco, di latino, chi sa di filosofia, chi sa di matematica, chi sa di... eccetera eccetera, però il linguaggio universalmente compreso eccolo qua: la cordialità, la cordialità, la bontà... No ve par miga, fioi? Questo... "... e profonda, era il linguaggio universalmente compreso... ed essa rendeva comprensibili molte cose". Tante cose se fa fadiga a comprenderle, ma se ghe xe questa allora se capisse tutto, se comprende tutto: "Omnia sunt...". Tutto quanto, sopporta tutto... Fioi, io ho finito. Portè pazienza, lo so che struca struca oncò i xe fasui e doman la xe replica parchè le xe sempre le stesse robe, ma d'altra parte cari se sul sacco della dispensa no ghe xe che fasùi, bisogna che ve rassegnè: ancò fasùi e doman 'bandisti', e così sia!