1.Sia lodato Gesù Cristo!Penso che sia il caso che continuiamo con questo stamattina, anche perché altrimenti non ci ricordiamo più il punto dove eravamo arrivati.Riprendendo il nostro discorso sulle meraviglie di Fatima, vi assicuro che ci sono delle cose che neanche a cinquantatrè anni e mezzo non si riescono a capire; bisogna inchinare la testa e dire: "Veneremur cernui", cioè il mistero del dolore.Capisco che in una famiglia, quando che si può comprare soltanto, perché soldi non ce ne sono, un chilogrammo di zucchero alla settimana, e se un bambino mangia fuori lo zucchero, gli altri devono per forza prendere il caffè amaro per tutti gli altri giorni della settimana. Siamo una grande famiglia nel mondo, e se c'è qualcuno che rovina la sua libertà, cioè abusa della libertà, accontentando l'io, accontentando il corpo, bisogna che qualcuno resti senza zucchero: per rimettere l'equilibrio bisogna che qualcuno paghi, no? Uno usa la libertà in una forma di deviazione, e l'altro rinuncia alla sua libertà.Ma resta sempre, bellissime cose teoricamente, ma quando che è il momento di portare la croce anche il nostro caro Gesù ha detto: "Padre, se è possibile passi questo calice... Se sai trovare un'altra strada insomma... però faccio la tua volontà". Perciò dico, non spaventatevi, non scoraggiatevi se dinanzi alla croce, nonostante tutta la buona volontà, nonostante tutto il desiderio di essere del Signore, poi nella vita apostolica capiterà anche a voi, come Giobbe, di dire qualche mezza bestemeta là de quelle sa che si possono dire, ovvero come Elia: "Basta! Moremo!". Consoliamoci, che ci sarà sempre qualche buon angelo del Signore che andrà a consolare Gesù e che andrà a portare un pezzo di pane cotto sotto la cenere, come ha fatto ad Elia, per darci coraggio, darci forza.Ve lo dico perché rileggendo, e riprendermi col discorso, rileggendo queste parole della Madonna, sono forti, a tre bambini.«Volete voi offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che gradirà di mandarvi...».
MO268,2 [28-02-1969]
2.Dunque è il Signore che gliele manda: "Che gradirà di mandarvi". Ma un papà non manda, non mette dentro nella minestra qualcosa di amaro per il suo bambino. Qui c'è il mistero. E tutto questo "... come atto di riparazione per i peccati", per rimettere a posto l'equilibrio, "... coi quali Egli è offeso, e chiedere la conversione dei peccatori?". E i bambini: "Sì, lo vogliamo". Soltanto che, quando che Abramo ha portato il suo figlio là sopra il monte, il Signore gli ha fermato la mano; ha detto di sì e gli ha fermato la mano. I bambini hanno detto di sì, e la Madonna: "Allora voi avrete assai da soffrire". Congratulazioni!Con queste belle premesse i bambini vanno a casa, e vanno a casa mettendosi d'accordo: "Non dirlo a nessuno". Ah, qui leggere le pagine che seguono sarebbe interessante, ma non è il caso di leggerle qui durante la meditazione. I bambini che si mettono d'accordo di tacere. Intanto, mi dispiace tanto, non potevano tacere perché era un messaggio per l'umanità e perciò o presto o tardi dovevano parlare; ma erano stati capaci di tacere però durante quel tempo precedente riguardo all'apparizione dell'angelo, no? E qui: d'accordo! Lucia: "Non state parlare, per carità! Non bisogna parlare. Teniamolo per noi". Avevano promesso alla Madonna di andare per sei volte, per sei mesi consecutivi, e sarebbero andati.Si separano, arrivati vicino alla casa dei due fratellini, si separa Lucia dai cugini. E dopo, intanto arrivati a casa i due cuginetti, dopo un pochino arriva la mamma. La mamma era andata al mercato col papà a comprare un porcellino; prendono il porcellino e lo mettono nel suo albergo, nel suo appartamento riservato. E lì la bambina, appena che vede la mamma libera un momentino: "Mamma! Ho visto la Madonna, sai!". E la mamma: "Sì, sì, la Madonna, sì...". Sa, la gavea in mente de far da magnare: era arrivata a casa in ritardo. "Ma sì, mamma!". Te sè i bambini quando... "Non te vui gnanca credarme! Sìì, go visto la Madonna!". E allora giù: ta-ta-ta-ta in fretta le ha detto le parole perché sa, quando che una bambina vuol dire tutto e la mamma ha fretta: "E ho visto così, e ho visto colà...", e ha raccontato tutto in fretta, in fretta, in fretta.
MO268,3 [28-02-1969]
3.Il papà ha sentito. Visto che la mamma non dava tanto retta alla bambina: "Vien qua, piccola, vien qua! Conteme mi. Cossa gheto visto là?". El se ciapa sui zenoci, me par da vedare sto papà. E allora la bambina con un po' di calma può raccontare, perché la mamma non le aveva permesso. Racconta la storia."Ciò, le xe robe serie", scumissia l'omo, ah? Il primo che ha creduto alle apparizioni di Fatima. "Le xe cose serie, ciò". Perché? "Proprio la me piccola che me diga busìe, no! Francesco, qua anca ti! Dime un po', come xela la storia?".Francesco dà un'occhiata alla piccola come dire: “Te ghe parlà, ah... te ghe parlà”. E insomma, Francesco racconta."Eh, - dixe l'omo - del resto le cose va male, e le ndarìa pexo se non vegnesse la Madonna ogni tanto a mettare a posto le robe. - el ga dito - La va male, ma se... E del resto che meraveia ghe xe? La xe apparsa tante volte la Madonna! Che meraveia ghe xe che la sia apparsa".E la moglie: "Ma a nostri fioi?"."Parchè? Cosa ghe xe de meraveia! La pole apparire anca a nostri fioi la Madonna". La sua teologia, filosofia, là, sonti mi, se San Tommaso oppure l'altro so amico Giorgio vero filosofo, comunque el ga concluso che gnente de meraveia: se la xe apparsa la xe apparsa, cosa vuto far tante storie!La mattina dopo, ufficiale: il 'gazzettino' là de Fatima pubblicava, il 'gazzettino' fèmene, vero. Infatti la sorella di Lucia comincia a dire: "Vero, te ghe visto la Madonna?". "Mi? Chi xe stà dirtelo?". "Eh, i lo ga dito qua fora, in contrà i lo dixe tutti quanti che te ghe visto la Madonna". Immaginarsi Lucia. E allora Francesco va subito da Lucia: "Son stà mi seto, son stà mi", per difendere la sorellina, sa, "son stà mi". E allora, piangi a destra, piangi a sinistra. Andiamo a finire invece adesso... I giorni che seguirono cominciarono, portarono qualche cosa di nuovo. E cioè... Lasciamo stare questi piccoli scontri, ma dovevo pur dire una parola, no?Questi bambini però adesso cambiano un po' vita. E qui bisogna che ci arriviamo.
MO268,4 [28-02-1969]
4.La Madonna ha chiesto penitenza, e loro fanno penitenza: non solo accettano quella che il Signore vorrà mandare, no, ma ne fanno di volontaria.Ora, ecco, ieri sera pensavo a qualche immagine un po', per tirar fuori un pochino... Ma non so... Dopo ho visto Daniele e me xe vegnù in mente le corde della montagna, là... “Sarebbe possibile, Daniele, fare, andar su certe scalate senza la corda? Dime, ti che te te ne intendi. Impossibile, no? Come si fa? Uno se rabalta e... La corda ci aiuta, ci si tiene legati”. E penso che senza penitenza sarebbe pretendere di far le scalate senza corda, ecco, non è possibile assolutamente! Guardate che non avere...Ste' attenti! Vediamo se son capace... Non son capace di trovare un'immagine un po' efficace. Salire la montagna in quella scalata lì senza corda sarebbe da pazzi, no? Discendere da Asiago sapendo che non hai i freni, sarebbe da matti. Bene, guardate: se non avete un qualche cosa che voi, voi stessi, tenete in mano, cioè un qualche cosa di penitenza che voi stessi volete, se non avete questo freno, che potete stringere in qualsiasi momento, ho paura che siete come uno che vuol fare una scalata senza corda o discendere da Asiago senza freni.Vedete: “Sì è vero, io accetto tutto quello che il Signore mi manderà”. “Va bene. Piano. E te ne ha mandato tante?”. “Eh, me ne ha mandato tante!”. Ma, e se per caso te ne mandasse di più? Sarebbe come dire: “Io freno con il motore discendendo da Asiago”. Sì, ma se per caso ci fosse la discesa un po' più forte? Non hai mica un freno? Sì, sì, si può anche frenare con il motore, ma può darsi che un momento ghe sia bisogno anche del freno, no, Zeno, nelle curve, in certi momenti ci vuole anche il freno.Ora, vedete, ognuno di noi, ve l'ho detto in altri momenti, non cose grandiose, straordinarie, ma dovrebbe avere un qualche cosa di penitenza propria, che fa per conto proprio, per cui dice: “Io quella cosa la faccio, io mi domino”. Cioè, in altre parole: “So che se viene un momento in cui le passioni si fanno sentire più forti, stringo quel freno, stringo lì, perché io son padrone di casa mia”. E guardate che ci sono anche dei buoni cristiani fuori, sapete, che lo fanno questo.
MO268,5 [28-02-1969]
5.Mi trovavo con don Girolamo... Non c'è, no? Ci trovavamo martedì sera in casa di Frattini. C'è il figlio spirituale di Frattini, don Matteo, no, il signor Giovanni... A Roma c'è una buona famiglia... Questo uomo - avrà cinquantacinque, cinquantasei, cinquantasette anni, così - ci ha invitato a cena, e siamo andati lì, con don Girolamo, don Luigi, don Flavio e il sottoscritto. Eravamo lì a cena: a un dato momento mi accorgo che non beve vino. Dunque, pensate che ha ottanta ettari di terreno: ottanta ettari vuol dire duecento campi nostri; c'ha vigneti, eccetera, cioè non manca insomma il vino, tanto è vero che ha dato già dieci quintali di uva l'altr'anno; l'anno scorso, perché è aumentato il potenziale, ha dato venti quintali di uva ai nostri, regalato. Si può dire: non manca il vino. Infatti, sopra la tavola ha messo due tre bottiglie di vino bianco. E lui beve acqua. Ho detto: "Ma senta, signor Giovanni, non beve vino?". "Eh, - dice - verso l'età di ventun anni mi sono accorto che il vino stava per prendere me, e allora io mi sono imposto: non berrò più vino durante la vita!". Lo sapevi, don Matteo? L'hai mai visto bere vino? Ecco. Ha detto: "Mi sono imposto di non bere più vino, perché non posso io diventar schiavo". E assaggiando poi ho capito questo... "Sa, - dice - quando ci si accorge che una passione, qualche cosa - sono andato un po' avanti col discorso - viene avanti, bisogna frenare, altrimenti non accontentiamo il Signore, accontentiamo noi stessi".Ora, vedete, il freno noi dobbiamo averlo. Ognuno di noi ha delle passioni, ognuno di noi ha dei punti pericolosissimi: può essere nella purezza, può essere nell'egoismo, nell'impazienza; insomma c'ha dei punti pericolosi. Guardate, ognuno di noi, noi dentro di noi abbiamo il santo e abbiamo il demonio, non c'è niente da fare; anche don Calabria, anche Papa Giovanni, anche i più grandi santi, dentro: il santo e il demonio. Ora bisogna che ognuno di noi sappia avere in mano il catenaccio della porta del demonio per poterla chiudere a momento opportuno.
MO268,6 [28-02-1969]
6.Vedete, supponiamo che dentro in una stanza ci sia Roberto che sta facendo uno scherzo a me, e io mi appoggio alla porta, e lui urta, spingi, perché vuole, mettiamo, un secchio d'acqua buttarmela addosso. In quel momento che io lascio la porta lui mi butta la secchia d'acqua addosso, no? Ora io devo sempre tenere la spalla e il piede per fare in modo che lui non possa venire corrermi dietro.Vedete, noi dobbiamo sempre avere questo stato di penitenza, in modo da poter frenare, frenare quella passione. E guardate che comincia sempre con poco, poco... Ecco lì: bisogna scoprirla la passione. Qualche volta, vedete, chiudiamo noi gli occhi; noi qualche volta ci gettiamo contro una cosa che ha meno importanza.Perché, se tu vedi un bambino, supponiamo, che col martello, per esempio, ti rompe la vetrina, ti rompe qualcosa in casa, ben dirai: “Ha fatto una roba così”. Ma se ti va a rubare vicino a casa, poniamo Ruggero va a rubare una caramella: ruba, aspetta che... Capisci che quelle, la caramella dev'essere punita di più che non Ruggero che ha spezzato i vetri in casa sua così in un colpo di pazzia. Perché quello indica la malizia del ragazzo che guarda di qua, guarda di là, aspetta il momento giusto, prende la caramella: lì abbiamo un vizio che bisogna estirpare, no?Ora, dentro di noi non sono i tamburi più grandi, più forti, che fanno paura; non sono di solito le bestie più grandi che fanno paura; perché un piccolo ragno avvelenato fa più paura qualche volta di una bestia... di un bue, per esempio. Non vi par giusto? Un serpente in montagna, sa, un serpente velenoso fa più paura di una vaca che te trovi là sulle strade, no? È giusto? Perché quella la può anche un bambino dominare, ma l'altro no.Ora, dentro di noi non dobbiamo guardare superficialmente quei difetti, per esempio, che ci fanno fare brutta figura o qualche cosa altro; dobbiamo vedere quelli che sono velenosi: è lì che dobbiamo mettere il freno, è lì che dobbiamo avere sempre qualche cosa di stabile.“Exempli gratia”, ecco questo uomo fuori, che è sposato, che non è né frate né prete, che ha capito che a un dato momento il vino stava per dominarlo, e cioè il piacere stava per dominarlo: “No! Basta!”. Perché? Perché io devo dominare lui! Lì siamo andati all'estremo se volete proprio del dominio; ma ci può essere uno che invece che dire: far questo, faccio un altro. Ma guardate che ognuno di noi deve avere un freno.
MO268,7 [28-02-1969]
7.Mi sono soffermato un pochino, se volete anche troppo, su questo, ma ve lo dico perché se non abbiamo un freno in mano, guardate, non fidatevi di correre, perché... correre giù dal Costo vi potrebbe capitare qualche cosa di improvviso e anche a quaranta cinquant’anni potreste trovare improvvisamente la morte. Vi dicevo in altra circostanza che i disastri non avvengono improvvisamente. Revisionando un prete a venticinque anni tu potresti trovare la causa della sua morte a quaranta o a cinquant’anni; perché un sacerdote non cade improvvisamente: un cedro del Libano non si rovescia improvvisamente.Abbiamo le piante a Bosco, quelle piante alte e grosse: non cascano improvvisamente. Se lasciamo che caschi la terra attorno un po' alla volta, un po' alla volta, e non mettiamo una muraglia di difesa, è logico che fra qualche anno qualcuna di quelle casca addosso alla casa, no? Non so se Vinicio è d'accordo. Quelle lì vicino a San Giuseppe, piano piano, piano piano, perché scopriamo sotto e naturalmente per legge di gravità cascano giù. Ma se noi mettiamo a tempo opportuno una muraglia di cemento, quelle piante non cascano, è impossibile che caschino.Ora, vedete, se domani un prete o un diacono cade è perché non ha la muraglia di difesa. E la muraglia di difesa, mi dispiace, amici miei, non è fatta di caramelle; guardate che è fatta di cemento, eh! E chi ha orecchie da intendere intenda.
MO268,8 [28-02-1969]
8.Vediamo questi tre cari fanciulli che cosa hanno fatto. Andiamo subito, vero, un po'...«Ad ogni modo il fatto di essere stati scoperti aveva guastato la loro gioia, ed erano assai depressi in quel giorno, mentre pascolavano le loro pecore».Eh, cosa volete! Il Signore permette anche questo, no, permette questo senso un po' di tristezza, perché intanto così si soffre.«Ma infine Lucia disse: “Jacinta, andiamo a giocare!". "Non ho voglia di giocare quest'oggi". "E perché non vuoi giocare?". "Perché sto pensando che quella Signora ci raccomandò di dire il Rosario e di fare sacrifici per i peccatori. Ora quando recitiamo il Rosario dobbiamo dire l'Ave Maria ed il Padre Nostro per intero"».Basta d'ora innanzi dire: "Ave Maria, Santa Maria, Ave Maria, Santa Maria", dirlo per intero. Noi dovremmo dire: “Adesso lo diremo pensando ai misteri”.«Ed i sacrifici? Come faremo noi a farli?". Francisco ebbe un'idea. "Noi potremmo dare la nostra colazione alle pecore, e fare il sacrificio di non mangiare". Da quel giorno...».Attenti le parole, perché tutti noi sapevamo che avevano dato la colazione alle pecore; ma adesso quel che segue forse ci apre un qualche cosa di nuovo davanti a noi."Da quel giorno in poi spesso si dissetarono con l'acqua del barreiro dove abbeveravano pecore e capre, e dove le donne lavavano i loro panni. Jacinta pensò tuttavia ad un modo migliore di dare la loro colazione. Un giorno videro dei ragazzi poveri di Moita - che si trova a meno di un chilometro di distanza - e che venivano alla cerca in Aljustrel. "Diamo loro la nostra colazione per la conversione dei peccatori!", propose essa. E così fecero.Nel tardo pomeriggio la fame si fece sentire accanita, ed andarono attorno per il bosco a trovare qualcosa da mettere in bocca. Francisco assaggiò qualche corniolo delle lecci che era già abbastanza tenero da potersi mangiare, e lo trovò gustoso. Jacinta obiettò che, se erano buoni, non era poi un sacrificio il mangiarli, e prese invece delle ghiande di quercia e cominciò a masticarle. Erano amare, sì, lo ammetteva; ma essa offriva quel disgusto per la conversione dei peccatori. Ogni giorno, d'allora in poi, Jacinta faceva la sua colazione con ghiande oppure con olive acerbe."Non mangiare quelle cose lì, Jacinta!”, le disse Lucia un giorno. "Sono molto amare!"."È per l'amarezza che io le mangio", rispose Jacinta tranquillamente. "Per convertire i peccatori"».Amici! Dinanzi a tre bambini che buttano là la colazione ai poveri, perché vedremo che ogni giorno gli altri andavano a prendersi la colazione, che vanno a bere l'acqua della pozzanghera per far penitenza e che vanno in cerca de ste ghiande amare, ditemi un po', ditemi un po'. Con la Madonna che guarda i tre bambini e con la Madonna che guarda noi che mangiamo, dico 'noi', compreso io, ditemi... Quando, per esempio, qualche cosa non ci piace, qualche cosa non va, qualche cosa questo...
MO268,9 [28-02-1969]
9.Ecco una penitenza, per esempio, che potrebbe essere fatta senza che nessuno se ne accorga: la penitenza di mortificare se stessi nel cibo, in modo che nessuno s'accorga quello che piace e quello che non piace, saper mangiare quello che non piace.Guardate, permettetemi che vi dica una cosa.Una delle cose prime che i nostri padri spirituali ci insegnavano, quarant’anni fa, era quella di mangiare tutto quello che non fa male, facendo anche un po' di sacrificio qualche volta se fa male. Per cui con 350-400 seminaristi, il vitto speciale era solo - guardate che era solo - per quelli che erano stati ammalati, per tre quattro giorni il vitto speciale. Ma non ricordo io di aver mai visto in seminario, per esempio, uno che non avesse preso il caffelatte al mattino, uno che non avesse... E penso che uomini eravamo anche noi come voi, no? Non ricordo mai uno che avesse avuto una minestra speciale o una pietanza speciale, tolto dico uno che si ammalava di influenza, perché allora ti mettevano a k.o. perché ti mettevano: olio, dieta liquida, dopo... Ti, don Piero, non te te ricordi mia, vero, di quei fatti famosi. E dopo, senza febbre: due giorni senza mangiare; e dopo ti alzavi in piedi e te vedevi le nuvole che ndaxeva torno, vero. Questo era! E allora per due, tre giorni ti davano il vitto speciale e un po' di caffelatte alle quattro del pomeriggio, perché non c'era merenda al mattino e al pomeriggio. E vi assicuro che la fame la vedevamo anche noi come voi; insomma, fino a prova contraria, la carne l'abbiamo anche noi come voi, no? Ci costava duro il mangiare, il vivere così. Vi dico, costava duro! Certi mangiari costavano, vi assicuro, costavano.Ma, anime de Dio, adesso, arrivati al momento che magari una cosa non va, quell'altra non va... Adesso io non guardo il seminario; guardiamo un pochino il mondo come che è, no? Adesso, fra quello e questo, che non ci sia un punto dove...
MO268,10 [28-02-1969]
10.Vi dicevo, per esempio, quella volta che son andato a Thiene, quella suora mi diceva: "Eh, sappiamo noi quelli che vanno preti e quelli che non vanno preti: dallo spirito di sacrificio, il mangiare e in guardaroba". Vi ricordate che ve lo dicevo?Proprio a Roma, una suora mi parlava: "Eh, sa, - state tranquilli, non è qui, era in Francia, al Mondo Migliore – eh, sa, non son mai contenti". Era in un seminario di Francia sta suora. Diceva: "Ah, va male, va male. Perché vedesse: non son mai contenti! E i professori per primi. È impossibile accontentare i seminaristi. E non solo, ma hanno fatto adesso una commissione: che ogni settimana un rappresentante dei superiori, dei seminaristi e le suore, per decidere, discutere insieme per il mangiare. Che difficoltà, eh! Settimanalmente si raduna. Perciò rappresentanti dei giovani, dei professori e delle suore, per combinare... Eh, ciò, difficoltà, sa, perché... E così, ha detto, un pochino meglio; ma bisogna combinare vari tipi, bisogna...".Ah! Cosa ve ne pare? Ecco, per esempio.Dinanzi alla mortificazione di questi fanciulli - e la penitenza è assolutamente necessaria - noi dovremmo rivedere un pochino il nostro modo di comportarci a tavola. Guardate, non vi dico: fate di meno mangiare. Il necessario vedete che l'avete, ma abituatevi a essere giovani mortificati. Vedete, domandando alle donne... "Ma, le donne brontolano... Ma le donne qua, le donne là...", ma domandando alle donne di cucina si dovrebbe sapere quanto santi siete.Ricordo un cappellano del mio paese, don Bortolo Gasparotto, e ricordo di aver sentito una donna, la donna di canonica, quella famosa Adele, che poi è stata da monsignor Ave tanto tempo, che diceva con delle persone - io ero ragazzino, e l'ho sentita dire queste parole qua -: "Ah, - dice - mai visto un santo uguale! Non si lamenta mai, né del cibo né di niente. E qualche volta ho domandato, dice: “Cosa xe, don Bortolo, che ghe piaxe meio? Cosa vorlo ca pareciemo? Za xe istesso qua”. “Quello che la vole! Sempre bene!”. “Ma el staga 'tento: galo pì caro...?”. “Ma va là! La me parecia anca na brancà de fen... cossa vorla che sia! L'essenziale xe...”. Non son mai stata capace di sapere cosa piace a lui. E scherzando mi diceva una frase così, - ha detto - e sempre poi ringraziava, e sempre contento: ma che buono! Contento". Io ho sentito questo elogio.
MO268,11 [28-02-1969]
11.Vi assicuro, mi ha fatto impressione; facevo le elementari. E l'ho preso come norma.Mi ricordo con mia mamma, più di una volta mi tirava fuori: "Cosa vuto? Gnochi, qua e là...". "Ma parecia anca una brancà de fen!", perché me ghèa piasso sta frase: "Na brancà de fen, na brancà de fen. Parecia na brancà de fen! Va là, cosa vuto che sia, mamma, va là...". "Ma dimme ti...". "Ma va là, mamma, cosa vuto che sia...". "Ma dimme cosa...".Ecco, sa... Guardate amici, guardate amici, che quelle pie donne che ci sono nelle case di formazione ne sanno di più dei padri spirituali, dei vicerettori e dei superiori. E potrebbero dire: "Questo? Sì, el ndarà anca prete, ma nol sarà un prete prete. Perché? Perché massa delicato nel vestito. Perché, sì, ghe piaxe massa essere, apparire. Perché nel cibo massa delicato. Perché...". Insomma ghe xe un 'quid', un 'quid', vero! "Ma, se el me fa male?". Guardate che c'è un 'quid' che vi sfugge, ma che viene captato dal buon senso comune, viene captato dal buon senso comune. E se lo captano gli uomini e le donne di cucina e di guardaroba, guardate che lo capta prima di tutto Dio, al quale certamente non sfugge il senso, vero, di penitenza, quella penitenza, quello spirito di penitenza che c'è in noi.Vedete, se un freno noi dobbiamo mettere penitenziale in noi, il primo freno penitenziale è proprio qui, è proprio questo: nel vestito, nella camicia, la biancheria, una storia, l'altra, st'altra... Pulizia, ordine, messi bene; ma da qui a là c'è un qualche cosa che dice che sei più preoccupato di piacere al mondo che di piacere a Dio. Resta sempre fermo il principio: io devo piacere a Dio e non dispiacere al mondo, non dispiacere al mondo. Ma è un attimo metterci insieme vero: “Io desidero piacere al mondo”.Ora ecco, mi dispiace che ci siamo fermati un po' prima di dove dovevamo arrivare, perché qui c'erano ancora delle cose molto e molto interessanti; ma vorrà dire che le faremo in un altro momento.Io direi - tutti, sapete, siamo in Quaresima - cominciando da me rivediamo un pochino la nostra vita e vediamo se abbiamo, non fatto qualche fioretto, non se abbiamo fatto qualche volta qualche atto di penitenza, non se abbiamo accettate le penitenze che ci vengono da Dio; ma se regolarmente, di Quaresima e di Natale e di carnevale, se regolarmente in noi c'è uno stato penitenziale, c'è un qualche cosa che non è un cilicio esterno, ma un qualche cosa di interno che non appare agli altri, per cui nel momento opportuno siamo capaci di dare una frenata e dire: “Qui non si passa!”.