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L’ORA DELLA CROCE

MO105 [15-11-1966]

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1.Proprio qui, qualche giorno fa, io vi dicevo: "Il Signore ci vuol tanto bene; in questi ultimi tempi ci ha dato qualche caramella, ci ha dato delle croci, però, stiamo preparati perché la croce viene: guai se non venisse la croce!”. Ricordate quante volte vi ho detto che se nel mio cammino non trovassi le croci, mi fermerei, avrei paura di aver perso la strada. Sarebbe come non trovare più paracarri né strada asfaltata in una strada provinciale: sto correndo in macchina e improvvisamente non vedo più paracarri, improvvisamente non vedo più la strada asfaltata. Naturalmente dico: "Ho deviato, ho perso la strada!", perché si esige che la strada, per esempio, che conduce da Vicenza a Roma, che sia asfaltata.
Ora ricordatevi, se nel vostro cammino apostolico non trovate questi segni di amore di Dio, questi segni di predilezione, fermatevi. Esaminate voi stessi, ma profondamente voi stessi, e dite: "Forse ho sbagliato strada", perché la strada di Dio è sempre segnata da queste croci. Queste croci che non sono croci, sono baci di amore di Dio; questi segni sono quelli che proprio caratterizzano il cammino del cristiano e dell'apostolo in modo particolare. Vedete, abbiamo purtroppo in Famiglia più gioie che croci mandate come battistrada. La presa di posizione un po' della Congregazione... eravamo bambini, cresciuti all'ombra dell'Istituto San Gaetano, un'opera caritativa, considerati fino al '61, come: "Beh, insomma, preti a mezz'asta, don Guido, no? Sì, ma i preti, sì, va ben, quest'opera, i ragazzi, ma, ma... il prete xe un prete, xe quello che ga in man una parrocchia, xe quello che... quello che...”. Nel '61 è venuta la prima rivelazione: “Ma voi in parrocchia, ma voi nelle missioni. Boh, Boh!". Poi, subito dopo: Crotone. “Avete cominciato? È proprio vero allora!”. Poi, a Roma. "Adesso anche le missioni! Ma allora è proprio da credervi!”. Mettiamo... il vescovo di Padova... due sacerdoti che chiedono di andare in una Congregazione... che ha opere, sì, ma dove? Non aveva ancora altro che Crotone... Vicenza e Asiago: un Istituto a Vicenza e un Istituto ad Asiago, insomma. Mai visto poi se... fosse consistente. Ed era naturale che il vescovo di Padova dicesse a don Giuseppe: "Caro don Giuseppe, se vuoi lavorare in mezzo ai giovani abbiamo... proprio a Padova, abbiamo... puoi dedicarti qui a Padova senza andare a Vicenza!”. Ma ecco che il Signore piano piano ci ha messo Crotone, ci ha messo Monterotondo, e a Padova cominciano a girare un po' la testa: "Ma è proprio vero: l'Istituto andrà fuori!”.

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2.Ed ecco le missioni, in una forma, vorrei dire, esplosiva. L'abbiamo già trattato... Zacapa... Quando sono andato da sua eccellenza il vescovo per dire: "Guardi, Eccellenza, che desideriamo di andare...". "Mi fate un piacere, molto piacere. Sì, andate a vedere! Non solo in un posto, ma anche in due-tre se è possibile!”. Fino a prova contraria, per me il vescovo è il rappresentante della Chiesa, rappresentante di Dio. E in questa sua espressione "andate anche in due-tre posti...", però, ci sembrava di aver fatto la volontà del Signore, e la prima espressione del vescovo ci ha consolato. Non ha detto: "Ma, siete preparati, non siete preparati...". No, no! "Ho piacere che andiate a vedere, e anche due-tre posti se necessario!”.
Figlioli miei, poi questa azione fatta come ho detto da mons. Luna, provocata da lui... "Se partirete per Zacapa, desidero, proprio desidero che si faccia una funzione pubblica, non per me, ma per la Congregazione. Ricordatevi che è ora, è arrivata l'ora che la Congregazione deve apparire esternamente!”. Abbiamo lavorato per anni ed anni all'ombra dell'Istituto San Gaetano, con la preoccupazione di stare nascosti, di fare: prepariamoci, non preoccupiamoci, prepariamoci, prepariamoci, cerchiamo di vivere secondo il Vangelo, cerchiamo di vivere tutta la volontà di Dio istante per istante, cerchiamo di avere sempre il telefono che funzioni col Cielo, poi cerchiamo proprio di essere come vuole Lui, come vuole Lui! È arrivato il momento in cui ti buttano, proprio ti buttano. In certe circostanze un po' reclamistiche se volete, che, insomma, sono state circostanze strane... certo, io non sarei andato a chiamare la televisione, no? Ma quei pochi minuti, se volete, hanno portato lo scompiglio perfino a Crotone... perfino a Crotone... e farlo neanche apposta, così, per caso, proprio la bella faccia de Toni vero... pochi istanti, ma Toni, però, Toni! E là, son venuti fuori dalle case gridando... e gli altri si sono impressionati: pensavano che fosse successo una disgrazia. Cosa c'era? Toni, Toni... Scusate... questo fonde, fonde Crotone con Vicenza, fonde, fonde fra noialtri... E la gente dice: "Ma, la Pia Società, la Pia Società...”. Ora, vedete, a me interessa una cosa sola: che qualche bravo giovane cominci ad avere un po' di fifa, perché, sa, i primi che son venuti hanno avuto un buon coraggio di fidarsi di un povero prete, fidarse, fidarse, dire: “Andiamo dentro lì in questa Casa...”; hanno avuto un bel coraggio, sapete. Credo che il Signore tole la mente qualche volta! Capite? Ora questo dà un senso di fiducia umana, umana, se volete, perché perché quella... A chi? A chi si accosta alla Casa per venire a darsi al Signore. Vedete, fin che si tratta di un bambino piccolo: "Beh, insomma, lo mandèmo là parché el studia" possono dire; ma se si tratta di un giovanotto di una certa età, sa. "Ma questa Congregazione, cosa è, cosa non è?". Questo apparato esterno, in fondo, ha dato un senso di maturità nel concetto in mezzo alla gente, no? Per cui qualcuno ha osservato: "Ah, la televisione. Ah...!". Praticamente ci ha messo allineati, allineati con le altre Famiglie religiose!

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3.Ora, arrivati a questo punto, dico, che non abbiamo cercato noi, almeno mi pare di non averlo cercato, che ci è stato dato così da Dio, arrivati a questo, ecco che arriva l'altro punto: il diaconato.
Nostra intenzione chiarissima era, del diaconato, fin dai primi momenti dell'Istituto. Ve l'ho detto tante volte: l'Istituto come rivoluzione è nato nel '36, no; come esternamente nel '41, va bene? Vuol dire che il diaconato è nato nel '41 quando, per primo, ho preso con me quel Mariano Bazzan che poi è uscito, eccetera, assistente con me. E vi posso dire che fin d'allora parlavo con lui: non ho mai fatto la parola "diaconato", ma parlavo delle mansioni che intendevo che gli assistenti avessero domani. Ebbene... pensate adesso, ho nutrito qua dentro il sogno del diaconato fin d'allora. Non mi sono mai arrischiato di dirlo fuori per paura di essere scomunicato da tutti; voglio ricordare però... un gruppo, perché l'idea nostra era quella di andare nel mondo e salvare le anime, salvare tutte le anime. In mezzo, Istituto o non Istituto, e intanto cercavo. Il dilemma era: domando al vescovo di gettarmi in mezzo alle Baracche e cominciare lì, fare un piccolo nucleo di cristiani come vuole il Signore e una Famiglia religiosa e ripetere l'esperimento in giro pel mondo, o una Istituzione di ragazzi abitanti là e all'ombra di questa far su la Famiglia religiosa? Ecco il punto interrogativo. Ebbene, il Signore mi ha fatto capire che è stato meglio così, e difatti, senza la... non avremmo avuto certo nessun aiuto per il problema finanziario, no? Invece così, all'ombra dell'opera caritativa, la guerra, le miserie, orfani, eccetera, è stata una cosa ideale; e lì, all'ombra, è stata preparata la Famiglia religiosa. E intanto piano piano il Signore ci ha rivelato, attraverso padre Gutiérrez, poi il padre della Commissione... e il diaconato... Concilio, è lì nel Concilio, e te lo approvano, eccetera.

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4.Adesso arriverà l'ora, arriverà l'ora del diaconato, no? Vi sono due strade: o lo chiediamo adesso noi o gli altri lo chiedono... Tu vedi, a mons. Luna, le prime volte parlo del diaconato e non lo vede. Vi ricordate bene. Abbiamo discusso: "Ah, il diaconato, neanche per sogno! Macchè!”. Non lo vede! A quel tempo, quando è venuto qui a domandare, dentro di me ho detto: "O cambia idea riguardo i nostri assistenti, se no 'non me cuccaberis, non me cuccaberis'!”. Nei primi miei incontri che ho avuto con mons. Luna, vi assicuro che dentro di me avevo deciso fermamente che non avremmo mandato i nostri là, se non avesse cambiato mentalità. Qualcuno di voi si ricorda, tu don Luigi ti ricordi, che assolutamente non capiva il diaconato: era l'assistente, il fratello laico.... l'assistente, il fratello laico.... stesso piano, lassemo stare primi-secondi: dovremmo esser qui nella nostra Casa a litigare per essere secondi, non per essere primi.
Siamo qui per servire il Signore, per voler bene al Signore... ma però il ruolo del nostro caro assistente è quello del diaconato: eccolo là. Come voleva la Chiesa di duemila anni fa: così faceva, no? Ed ecco che mons. Luna proprio, sa, attenti figlioli, vero: proprio lui, colui che in principio, ehhh, ha detto: "Sa, il Concilio mi ha trasformato, lo Spirito Santo mi ha fatto cambiar testa!”. Effettivamente gli ha fatto cambiar testa quanto al diaconato. È stato proprio lui che mi scrive: "Il diaconato è una cosa meravigliosa, una cosa bella! Il diacono, il diacono è una cosa bella!”. E adesso viene qui: "I diaconi... bisogna ottenere il diaconato... bisogna... per forza!". È andato in giro per Roma, mi digo par tutti i busi del Vaticano, el xe andà... se ghe fusse sta suor Pasqualina el sarìa andà anca da quela... el xe 'nda da par tutto là... E adesso mi telefona: "Sono stato, don Ottorino... sono andato in giro di qua di là, ma, sa, dice, che ho trovato che tutti conoscono ormai la Pia Società, e dove che non la conoscevano l'ho fatta conoscere io", el ga dito. Il Signore si serve così di queste cose qui, per metterla nel ruolo giusto, nella sua posizione giusta. E mi scrive, mi telefona... una lettera, dove mi dice: "Il diaconato, don Ottorino, ormai è una cosa certa. La pratica è alla Congregazione dei Riti, si tratta soltanto di alcune formalità riguardo al Rituale. Mi hanno detto se posso aspettare per convenienza, però che posso ordinarli quando voglio. Adesso vado a casa, li preparo liturgicamente in modo che sappiano le cerimonie, eccetera eccetera. Direi... la veste, quella veste che è giusto che... abbiano in chiesa, uguale per tutti... durante le cerimonie in chiesa, così, e poi ci metteremo d'accordo e li ordiniamo”.

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5.Figlioli, ditemi voi se non era l'ora della croce?
Poi economicamente, c'è una persona che in questi giorni mi ha avvicinato, e mi ha detto: "Guardi, ho pensato di darle dieci milioni per la Pia Società"... consegnerà dieci milioni. Poi, un'altra persona mi ha avvicinato per una faccenda... in questa circostanza mi ha dato tre milioni; un'altra persona forse mi darà qualcosa d'altro, forse più forte ancora. Figlioli, perfino la Provvidenza si è svegliata, perfino la Provvidenza! Trionfo della Congregazione, non di noi, arrivo del diaconato, Provvidenza. Mia mamma avrebbe detto: "Uhm, no pol mia durare, le va massa ben le robe, no pol mia durare. Eh, don Ottorino, se la dura così vol dire che il Signore nol ne vole più ben!”. El gera el discorso de me pòra mamma, che no la gaveva mia studià teologia: "Massa puito, caro. Eh, no, no, no: bisogna che vegna calcossa!”. E infatti è arrivato qualche cosa! Ma questo "qualche cosa" è arrivato, guardate, proprio in un collegamento così stretto con quello che Dio ci aveva dato di dolce, che sarebbe da... non riconoscere la presenza di Dio, riconoscere la sua presenza. E guardate, un'umile suora si è sfogata con don Piero De Marchi, e dise: "Non son mia bon disgiungere... xe tutto uno, la morte...". E non sapeva neanche che era proprio la circostanza di... mentre aveva portato a Roma i missionari. Il Signore dimostra che la Congregazione è sua, che l'Opera xe sua... impossibile distruggerla! Guardate qui: la superiora delle suore di Santa Lucia, le Poverelle: "Fiat voluntas tua"; poaretta, forse le xe le uniche parole de latin che la sa! "Carissimi sacerdoti di Cristo, don Ottorino e don Aldo, partecipo al loro lutto e a quello della loro Congregazione. Presento le condoglianze e prometto preghiere di suffragio per il caro estinto, e impetrazione di grazie per il ferito e di rassegnazione e conforto per loro. Cosa chiede il Signore in certi momenti della vita di ogni Istituto! - punto esclamativo - Coraggio. La fede ci aiuta a sopportare, ma non ci toglie il dolore. Questa prova è un segno tangibile che la futura missione sarà benedetta e fecondata dal Signore. Avanti, sempre avanti con fiducia e costanza. Il Pastore Eterno invierà loro altre vocazioni e potranno estendere la loro Opera tanto cara in molte Regioni del mondo. Unita alle mie suore e care bambine, rinnovo le nostre cristiane e religiose condoglianze. Mi sentano tanto vicine e... Aff.ma in Cristo, Suor...".

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6.Figlioli, ecco come la vedo: è proprio il caso di dire che "il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani"! Nel caso nostro, cosa deve portare il sangue di Giorgio? Domenica scorsa, come ormai è l'abitudine di ogni domenica, mi sono incontrato col caro Giorgio, e mi ha detto:"Offro la vita al Signore per la Congregazione". Le parole son quelle: "L'offro per i confratelli, perché si possa vivere lo spirito, perché se c'è qualcuno che, insomma, non lo vive bene, non capisce bene lo spirito, in altre parole perché tutti abbiano da suonare come vuole il Signore”. Ora, proprio nel momento che tornava per aver condotto i nostri fratelli partenti per le missioni, il Signore ha accettato la sua offerta: "Tu la offri perché lo Spirito di Dio regni nella Congregazione; ebbene, io l'accetto!”.
Figlioli, quante volte lo dico con trepidazione: saranno tutti fedeli i nostri fratelli, saremo tutti fedeli? La barca è di Dio, ma tutti arriveremo? Non ci sarà in mezzo a noi qualche Giuda? Qualcuno che tradirà? Non siamo sicuri, però possiamo confidare che il sacrificio di Giorgio abbia salvato più di qualcuno. Il sacrificio di un fratello può aver salvato il tradimento di qualche Giuda. Forse la forza delle tentazioni, forse le circostanze avrebbero potuto rovinare qualcuno, a Crotone, a Roma, in America; forse il Signore... di uno che paga col proprio sangue: "Accetto il tuo sangue, e salvo le anime, salvo... insomma, salvo Severino, salvo don Gianni”. Dobbiamo credere, figlioli, a questa comunione, a questa comunione. Vedete, questo sangue è il sigillo dell'opera di Dio, è il sigillo. È un richiamo per me, sapete, e per voi. Vedete, in questi giorni io ho la sensazione forte della presenza di Dio, di Dio che è presente, di Dio che mi guarda nell'intimo, sotto la scorza, proprio che guarda nell'intimo del cuore, che guarda in fondo, tutti gli affetti del cuore, che mi osserva e che vuole purificarmi anche col sangue: al sangue di Gesù ha voluto unire il sangue di un fratello. Sento di essere debitore a Cristo e a Giorgio, se riesco a vincere me stesso; ma lo dovete sentire anche voi. Dobbiamo sentire che un fratello ha messo il suo sangue nel calice di Cristo per pagare per noi, per purificarci, per farci volare, per farci volare... Perciò il sangue di Giorgio e il sangue di Gesù oggi sono uniti insieme; ma guai, fratelli, guai se non sappiamo sfruttare questo dono che Dio ci ha dato. Prima di tutto dobbiamo usarlo noi, questo dono. Sentire il bisogno, proprio, di un richiamo a vivere integralmente la vita religiosa.

MO105,7[15-11-1966]

7.Giorni fa vi dicevo qui, proprio con tutto il cuore: viviamo la vita di consacrati, cerchiamo di sentire che siamo offerti a Dio, che siamo consacrati a Dio. Che ci tratti Dio come vuole, che ci pesti, che ci metta in alto, in basso: ci siamo offerti a Dio, abbiamo offerto a Dio le ricchezze, abbiamo offerto a Dio il corpo, abbiamo offerto a Dio la volontà, siamo consacrati, non siamo più nostri, siamo suoi; che faccia quello che vuole di noi: se vuole buttarci giù sulla strada come ha buttato Giorgio, ci butti pure; se vuole metterci sul piedestallo ci metta. Quello che a me interessa è vivere istante per istante nelle mani sue. Questo l'abbiamo detto e ripetutamente detto.
Ebbene, il nostro caro Giorgio è in Paradiso, ci guarda, ma proprio ci guarda, è vicino alla nostra buona mamma, la Madonna, è vicino ai nostri santi protettori, ci osserva uno per uno, e ci richiama, sì, e se è necessario venga anche di notte e ci butti per aria il letto. Mi direte: "Per carità!". Piuttosto che perdiamo la strada e perdiamo la testa, è meglio che moriamo di paura, figlioli. Meglio morir di paura di notte che andare a finire all'Inferno! Che venga Giorgio, sì, che venga coll'ispirazione di Dio, che venga attraverso delle circostanze: può essere una buona parola di un predicatore, può essere un libro... Quando, specialmente, viene la tentazione e vogliamo vedere qualche libretto, perder la testa, cercate di sentire la voce di Giorgio che dice, che vi dice vicino: "Senti, figliolo, fratello mio, guarda che io sono già nel Paradiso; non mi è servito niente, sai, leggere quelle robe lì...". In modo particolare il morto ci dica quanto vale scoprire il Vangelo: "Guarda che, forse, invece di quel libro o quell'altro libro, vale la pena di leggere il Vangelo, che lo abbia da scoprire, il Vangelo!”. Il prof. Tovo, l'altra sera, parlando col prof. Vicari e prof. Carraro, diceva: "Io sto scoprendo, adesso, il Vangelo. Giorni fa mi ha impressionato una frase, ma proprio, e sì che la sapevo a memoria, no, ma l'ho scoperta giorni fa, che quando che abbiamo compiuto il nostro dovere, dobbiamo dire: siamo servi inutili! Ma sa che è una cosa tremenda il pensare che quando abbiamo compiuto tutto il nostro dovere, quando ci siamo sacrificati, abbiamo offerta anche la vita, dobbiamo concludere: siamo servi inutili!”.

MO105,8[15-11-1966]

8.Poveri untorelli coloro che perdono la testa per la loro personalità: "Bisogna sviluppare la propria personalità!”. Bisogna morire per Cristo, consumarsi per Cristo, e concludere: "Siamo servi inutili!”. Questo è cristianesimo! Voi direte: "Chissà che a cinquant'anni lo scopriamo anche noi!”. Aver scoperto prima del diaconato, no? Scopritelo presto, per piacere. Il mondo ha bisogno di santi: non possiamo... fra trenta, quarant'anni, perché lo scopriate sui cinquant'anni. Scopritelo presto, il Vangelo! Innamoratevi del Vangelo! Cercate di vivere il Vangelo! Quando scoprite una frase del Vangelo, rivelatela ai vostri fratelli: è questo che Giorgio vi dice in questo momento. Rivolgetevi a lui quando avete difficoltà, quando soprattutto la tentazione è forte. Imploratelo: è un fratello che è là; è, si può dire, il nostro ambasciatore presso il trono di Dio.
Ma non solo: “Giorgio, questo sacrificio tuo ci porterà un rinnovamento di spirito, una spinta in avanti, una fusione dello spirito, ma ci porterà credo anche vocazioni”. Questa umile suora ce lo dice subito, con semplicità: "Il Pastore Eterno invierà loro altre vocazioni...". Ieri, con atto gentile, mons. Sebben ha mandato don Fabiano qua per la cerimonia, e ha mandato quei due seminaristi, li avete visti quei due seminaristi: erano due seminaristi di quinta ginnasio che hanno intenzione di venire qua, in mezzo a noi. Appena li ho visti, ho guardato Giorgio e ho detto: "Sei partito tu, e ne mandi due!”. Quei due poi, parlando con don Luigi Furlato, hanno detto: "Ma ghi n'è altri tre-quattro, i ga dito, che podaria essere avvicinà!”. Forse, che non valga la pena de spedirghene un altro de questi, vero? Se la va così! Se la va così! Cosa ve pare? Se con uno te ghe ne mandi quattro-cinque, se l'unico modo per moltiplicarsi sarìa proprio questo! Ma son convinto, sono convinto che questo sacrificio accettato con fede certamente ci porterà altre vocazioni. La Congregazione non perde, perché avendo perso Giorgio ha acquistato Giorgio; deve acquistare in santità e spiritualità e anche in numero: "Nolite timere!”.

MO105,9[15-11-1966]

9.Vi leggo un pensiero, e concludo, di questo "romanzetto giallo": chi è l'autore? Lo leggo perché dovevamo fare la meditazione su questo, invece il Signore mi ha detto che...
"Vorrei spiegare a quelli che soffrono, anche a quelli che soffrono più di me, che non si deve temere il dolore: è una prova del nostro carattere, un'occasione per far scaturire ciò che esiste in noi e che non conosciamo. Forse ci è stato mandato perché ne siamo stati giudicati degni. È come un segno di fiducia, e sarebbe un vero peccato disprezzare la possibilità che ci offre, non rispondere a questa chiamata. Forse alcuni sono destinati a soffrire al posto di altri". Giorgio forse ha sofferto ed è partito al posto di qualche altro, per salvare qualcuno; forse qualche vocazione vostra sarà salva per Giorgio. "Vi sono innocenti che pagano per i colpevoli, perché questi non sempre hanno di che pagare". L'innocente paga per il colpevole, perché quegli altri non hanno da pagare. Così ha fatto Gesù, no? Colpevoli eravamo noi, innocente era Lui: non avevamo da pagare, è morto Lui. Ma questo, ricordatevelo... questo capiterà a voi in campo apostolico. Quando assistenti e sacerdoti sarete nel campo di lavoro, ricordatevi che necessariamente dovrete soffrire, perché nella vostra parrocchia vi saranno alcuni che non hanno da pagare, e allora dovete pagare voi. Quando mons. Novarese, a cui Giampaolo: "Sa, monsignore, mi pare che mons. Luna, el ga dito, el fassa massa penitenza!”, "Eh, el ga dito... il capo nostro, il capo ga pagà, il capo bisogna che el paga: uno bisogna che el paga, el ga dito: no lè capo de una diocesi anca lu? Bisogna che el paga, qualchedun bisogna che paga.", el ga dito. Ora, adesso, vedendo i nostri missionari a Estanzuela, ventimila anime, qualchedun deve pagare: c'è niente da fare. Chi xe che paga? Se no paga uno paga l'altro. All'osteria bisogna pagare, no? E qui bisogna pagare. Eccolo qui: "... alcuni sono destinati a soffrire al posto di altri... vi sono innocenti che pagano per i colpevoli!”. Guardate la famiglia, per esempio, di Giorgio, là, queste creature che piangono e che offrono: "Sia fatta la volontà di Dio!"; son gente che pagano, no? Voi stessi che avete pianto, che avete sofferto, avete pagato. Non è soltanto Giorgio che ha offerto la vita: tutti abbiamo pagato, tutti abbiamo sofferto. "Non protestate contro questa apparente ingiustizia, non chiamatevi condannati, ma prescelti. Ognuno ha la sua vocazione: soltanto non la conosciamo subito". Ci resti questo insegnamento ancora: che anche ognuno di noi dovrà, nella vita, pagare per gli altri. 17 novembre 1966