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L’UMILTÀ È FONTE DI GRAZIA NELL’APOSTOLATO

MO282 [07-11-69]

7 novembre 1969

MO282,1 [07-11-69]

1.Sia lodato Gesù Cristo! Quando eravate più piccoli e potevo parlare un po’ più liberamente senza contestazioni, mi spiego adesso... no perché siate contestatori, ma si poteva parlare per immagini, così, con semplicità, dicendole anche un po’ grosse, così, sa... eravamo in famiglia. Adesso bisogna stare attenti perché minaccerei altrimenti di dire quello che diceva San Francesco di Sales, che anche le volpi della Savoia rimanendo in mezzo alla neve divengono bianche, e poi, sa, scientificamente non è provato. E allora bisogna stare attenti anche con la scienza se portiamo dei paragoni un po’ scientificamente sbagliati. Mentre che quando che eravate piccoli si diceva così, guardavate alla sostanza, dopo gli accidenti li mandavamo in accidenti, vero! Ora state attenti, dico, quando che eravate più piccoli e parlavamo per immagini, ricordo che una delle immagini che portavo ero quella famosa presa dalla lattivendola che passava ogni mattina col carrettino del latte. Questa lattivendola passava, e vedevamo queste bottiglie di latte. Voi che allora eravate meno nobili di adesso perché eravate vili meccanici, vero... adesso anche la meccanica si è nobilizzata: va in vetrina! Dico, allora conoscevate la scienza meccanica, adesso avete fatto un passo più avanti: siete andati nell’elettronica, mi pare... Allora conoscevate un po’, attorno a sto povero trapano c’era sempre un po’ d’acqua e olio emulsionabile. E vi siete accorti... allora vi accorgevate che buttando un po’ di olio emulsionabile nell’acqua, l’acqua diveniva bianca, ma proprio candida, come il latte. E mettendo due bottiglie vicine, specialmente poi se invece che essere vicine fossero state tutte di quelle, no, uno avrebbe preso un po’ facilmente... in errore. Se fosse passata la donna, avesse veduto delle bottiglie piene di acqua e olio emulsionabile le avrebbe passate per latte. Però le avrebbe comprate per latte, ma non vendute per latte. Fatto bollire quel nuovo tipo di latte, si sarebbe accorta che... la panna intanto forse non... non so, Vinicio, eh, forse neanche il burro, vero... la Teresina non raccoglierebbe la panna per fare il burro. Poi, cercando di bere quel latte, hum! Ora ecco, io penso che voi preferireste una bella scodella di legno, di quelle ciotole di legno di una volta, piena di vero latte, come Ulisse a quei tempi, ah... piuttosto che una coppa d’argento con il secondo tipo di latte. Ora, è chiaro, è chiaro, che è meglio prendere il latte con una bella scodella pulita e decorosa... Ma, tra le due, io preferisco una coppa di legno, pulita però pulita però eh, ma di legno, piuttosto che una d’argento, ma che non ci sia il vero elemento giusto dentro. Ora vedete, tutto quello che stiamo dicendo adesso circa l’umiltà dovrebbe farvi capire questa stessa cosa, che allora si cercava di spiegare in una forma un po’ più semplice. E cioè, se noi non siamo veramente quello che Dio ci vuole, ricordatevi che siamo degli impostori, siamo dei falsi.

MO282,2 [07-11-69]

2.E ieri mattina, proprio il breviario di ieri mattina, le lezioni del breviario, mi pare, no, hanno parlato forte. Ti ricordi don Giuseppe, no? Hanno parlato forte a questo proposito, il Signore parlava forte. Le tratteremo forse in altra circostanza, magari lassù a Bosco con gruppetti. Non bisogna scherzare! Se il Signore ci vuole bianchi, dobbiamo essere bianchi; se il Signore ci vuole a 74° di temperatura, caro Giuseppe, dobbiamo essere a 74° di temperatura. E cioè, se il Signore ci vuole tutti suoi, a contatto con lui, che viviamo di lui, questa è la vita, non c’è niente da fare! E noi dobbiamo essere quello che il Signore ci vuole. Il resto, ricordatevelo bene, il resto, che pure è necessario, è un po’, dicevamo, tutto... la mensa preparata, sono mezzi, sono veicoli per poter portare il Signore. E tu capisci che se vai a mensa e la mensa è preparata bene, con le tovaglie pulite, e sopra c’è anche una certa... le stoviglie messe bene, e tu vedi anche il mazzetto di fiori. Cosa bellissima! Ma benissimo! Ma se tu vai a una mensa ben preparata così, e ti vedi portare dei rospi e basta, vero, o dei sorzi, per qualcuno che non può vedare i sorzi, là, Zeno, che non può vedare i sorzi, e vede portar dei sorzi, là, cusinà in pignata, e dei rospi cusinà arrosto... Capisci chiaro: meglio andar mangiare in sima le panchine e prendere invece magari quattro fette de salado e quattro tocheteli de pan fresco e un fiasco de crinto, vero. E tu capisci: meglio là, sentà par terra, no, Dario, sentà par terra in montagna, na bela feta de soppressa, quattro ciope de pan biscotto o pan tenaro e un fiasco de vin... piuttosto che una mensa ben imbandita dove che l’antipasto è fatto de lumeghe, la minestra xe fatta de lavaure, e il piatto xe fatto de sorzi, eccetera, eccetera. Sentì, cari, quel pranzo mangevelo voialtri, vero, e quella mensa... mi rinuncio a quella mensa. Cosa meravigliosa saper unire una cosa e l’altra! Ma fra le due, preferisco pan e salado sentà su in montagna, vero, in meso là... Perché, ricordeve, che fa manco schifo, scusè la parola, le robe naturali in montagna poco distanti da dove che si drio magnare, lasciate di passaggio, vero, dalle alate mucche, vero, piuttosto che quelle cose sopra la mensa. Dico male, lei, Vinicio, che se ne intende di queste cose?

MO282,3 [07-11-69]

3.Ora, state attenti, state attenti, figlioli miei, state attenti. Guardate che abbiamo un dovere, un dovere dinanzi a Dio di essere genuini; e di essere genuini proprio come ci vuole lui. E di presentare poi questo meglio che è possibile; perché se il Signore ci ha dato dei talenti, se il Signore in casa ci ha dato una tovaglia pulita, bisogna tirarla fuori; il Signore ci ha dato delle stoviglie, ce le ha mandate perché le tiriamo fuori. Perché, viene una persona... viene il cardinal Rossi in casa, non si lascia la tovaglia dentro il cassetto e le stoviglie dentro nel cassetto, e si tira fuori la roba vecchia e arrugginita. No! Quando viene una persona di riguardo si tira fuori il meglio che si ha in casa. Ora, se il Signore ti ha dato dei doni, tu devi tirarli fuori per preparare la mensa, devi assolutamente... quelle doti che il Signore ti ha dato, devi metterle fuori, nella cultura... un po’ in tutto quell’insieme di cose che devi imparare. Ma, amico mio, guarda che devi preoccuparti anche della cucina, non soltanto della sala da pranzo. E la cucina per noi è proprio quella vita intima che noi dobbiamo avere con Dio. E vedete, alla base di questo c’è l’umiltà, umiltà intesa come l’abbiamo detto le ultime volte che ci siamo incontrati, umiltà da non... perché, sa, è una parola che sentita la prima volta fa paura... “Ecco, umiltà... roba del secolo scorso!”. Quando sa... Ha detto quel tale quella volta lassù in casa nostra: “Quando io penso all’Imitazione di Cristo, roba del Medioevo, roba del passato!”. Ci son delle... Sì, ci può essere il linguaggio con “l’effe effe”, vero... anche il Divo Toma è stato stampato con “l’effe effe”, no, ti, là, Tommaso d’Aquino? Dove sei? ”Effe effe, esse esse”, là... però è sempre il Divo Toma, no? Chiaro? Tira via “l’effe”... Cambiamo il discorso, stampiamolo un po’ con lingue più moderne, ma è sempre lui, no, è sempre lui.

MO282,4 [07-11-69]

4.Amici, allora, ecco, affrontiamo il terzo punto questa mattina. E vi prego in nome di Dio: non lasciatevi ingannare dalle apparenze, non lasciatevi ingannare dal demonio. Affrontate questo problema dell’umiltà intimamente, con Dio, col padre spirituale, ma affrontatelo. Guardate che se non l’affrontate voi andrete avanti tisici; avete un tumore in casa vostra, un cancro maligno che potrebbe scoppiare, venire la metastasi da un istante all’altro. E sapete cosa vuol dire la metastasi, no? Il cancro è, supponiamo, nel polmone, e a un dato momento si dirama in tutto il corpo e improvvisamente, dopo poche ore o pochi giorni, voi partite per l’eternità. Ora, attenti, guardate che ognuno di noi portiamo in noi questo tumore, lo portiamo. Facciamo l’esame, i raggi, tutto quello che volete, ma vedrete che questo tumore della superbia lo troviamo in noi. Siamo tutti superbi. Se non lo localizziamo e se non lo circondiamo, vero, con una siepe d’acciaio, guardate che questo tumore ci porta alla metastasi, ci porta alla rovina, ci porta alla rovina; ci rovina tutto il nostro lavoro, manda in un fascio tutto il nostro lavoro. E allora sarebbe da ringraziare il Signore di essere come il papà... Ieri sono andato a trovare il papà di Tarcisio all’ospedale, no, che non ha studiato teologia, non ha studiato filosofia, non ha studiato robe grandiose come abbiamo studiato noi, però ha studiato Dio. E lo trovo là, settantanove anni, con un tumore, e sa di avere un tumore. Il tumore che sta viaggiando... è già in metastasi perché l’aveva prima, non so, vicino ai reni, è andato finire ai polmoni e adesso sta viaggiando, galoppando verso il cervello, verso la testa; con le iniezioni cercano di fermarlo e buttarlo nelle ossa, perché allora, se va nelle ossa vive ancora due tre mesi, se no vive qualche settimana... Ecco, si tratta che entro qualche giorno si sa se el ga cambià binario o se nol ga... I ghe ga verto un binario... se sa se el ga cambià binario o no. Va ben. Solo che questo, questo uomo di settantanove anni, sorridente nel letto: “Ah, don Ottorino, go passà du tri giorni, salo, - ve lo digo in dialetto perché la xe più bela in dialetto - a go passà du tri giorni tremendi, dolori tremendi. Ma non importa gnente sa... capisselo? Fra poco a vo in Paradiso. Ma mi son contento de morire, salo, el pol immaginare se non so contento morire... Sa, go na paura solo, na paura solo: quella che me vegna, in fine, dei dolori fortissimi e non esser bon sopportarli e che me vegna fora qualche sproposito. Parchè, sa, go sentio che tante volte, quando che... sti mali qua - el ga dito - in fondo i ga i dolori e i vien fora con spropositi - el ga dito -. Mi non voria mia, salo. In vita mia non go mai offeso el Signore e la Madonna, e non vorria mia - el ga dito - mi offendarli. Non m’importa gnente dei dolori, non m’importa gnente el resto... La morte? Ma son contento che la vegna. Ma non vorria dir... a go paura tremenda de dover dire brutte parole contro el Signore. Don Ottorino, el prega, per favore, - el ga dito - par mi, parchè non me capita questo”.

MO282,5 [07-11-69]

5.E allora go dito: “El staga tento, caro sior, - go dito - no i xe mia discorsi da fare sti qua. Vorlo che il Signore fassa ‘ste robe qua in fondo? - go dito - Invesse parlemose ciari. Lu ga voia de ‘ndare in Paradiso - go dito -. Adesso mi non so quando sarà, fra otto, diese, venti giorni...”. “No, no, caro! A go da ‘ndar presto mi! - el ga dito - No stemo far storie, - el ga dito - vero”. “Beh, el staga tento. Qua ghe xe so sorela suora - ghe gera la sorela suora lì - e qua ghe son mi, no? - go dito - El ga ‘na sorela suora, na fiola suora e un fiolo - go dito - religioso da noialtri. Perciò quando che el sarà in Paradiso - go dito - el me fassa un piassere: el se ricorda de mandare vocazioni nella famiglia religiosa de so fiola e nella famiglia religiosa de so fiolo, che la saria la nostra - go dito, no? - Però attento! - go dito - Che i sia santi, se no gnente!”. “Eh, no, no! - el ga dito – Gnente, gnente, senò!”, - el ga dito. “Ma el se ricorda!”. “Qua la man”, - el ga dito”. El me ga steso la man: “Qua la man”, el ga dito. “Ma el varda de no star mia far scherzi - go dito - parchè el varda che se el fa scherzi, a domando un permesso, vengo su e scomissio a pugni anca là”, go dito. ”Ma no! - el ga dito - El staga sicuro! Ma lu el ghe diga al Signore, - el ga dito - eh, me raccomando, che mi - el ga dito - non sbrissia in brutte robe contro el Signore, per carità, nelle ultime ore”, el ga dito. Ah, amici miei, amici miei! Quando che te trovi a settantanove anni, vero, messo in quelle condizioni lì... Io preferisco a quello ch’el ga... a Pico della Mirandola o Piccolo della Trottola, vero. Capisci chiaro che, siccome che fra un pochi de anni arriveremo tutti su un letto o su ‘na strada o su un fosso, vero, ghe rivaremo tutti in qualche modo a quel punto lì, no, a quel momento lì l’unica cosa grande è poter dire: “Io non ho offeso il Signore, ho amato il Signore e ho fatto la volontà di Dio... “consummatum est”, come che ha detto Gesù. Ho fatto la volontà del Signore giorno per giorno, ora per ora”. Questa è la nostra grandezza questa è la nostra gioia che durerà per tutta l’eternità. Ed è questo che noi dobbiamo cercare. Cercare questo non vuol dire eliminare il resto, non vuol dire soffocare il resto, mettetevelo in testa. Vuol dire soltanto essere autentici, come Dio ci ha pensato, come Dio ci vuole. La Madonna: Vergine Maria, madre di Gesù; il Battista: là, al suo posto; Pietro: al suo posto; Giacomo: al suo posto, Ruggero: al suo posto nell’asilo infantile dalle suore, là...

MO282,6 [07-11-69]

6.Ora, questo senso di umiltà che, come dicevamo, è di verità, è l’essenziale per la nostra vita spirituale e per il nostro apostolato. Ecco il tema della meditazione di questa mattina. Cioè a dire, se noi non abbiamo questa umiltà, non possiamo assolutamente affrontare la vita apostolica. Perché? Adesso leggiamo; caso mai, se verrà qualche distrazione, la faremo. “Finalmente, la terza base e la ragione di essere della nostra umiltà è la nostra impotenza apostolica. Voglio dire la nostra incapacità assoluta a commuovere e convertire le anime, malgrado l’eloquenza, la scienza e il lavoro.”. Vi ricordate quel tale che diceva: “Se volete convincerle, mandatele da me; se volete convertirle, mandatele dal vescovo di Ginevra”, no? Perché, cosa volete, convincere uno, puoi anche convincerlo.. .ma la grazia di Dio, ricordatevi bene, è grazia di Dio. Questa cosa io l’ho capita specialmente quando è tornata mia mamma da Lourdes. Io, povero fanciullo, ingenuo, sapendo che... insomma, mia mamma era sempre a letto prima, aveva il buco aperto qua della ferita dell’ultima operazione, tutto pus che veniva fuori... Queste erano robe esterne; io non ero mica medico, ma, ragazzetto di dodici tredici anni queste cose le avevo viste, perché volevo vedere io, no? Ohè! Visto le unghie che venivano fuori par de... le unghie dei due pollici dei piedi che venivano fuori per sotto, incarnate... Viene a casa da Lourdes e vedo: primo, che è completamente sana, come fosse sempre stata... mai malata; e qua cicatrizzata come fosse una vecchia cicatrice. Queste cose esterne per me colpivano di più che non le cose interne, no, perché internamente io non avevo mai messo il naso dentro, vero, e le lastre, i raggi, io non li capivo, non sapevo leggerle. Bene! Vedere mia mamma sana! Prima le tenevi su la testa per darle un bicchiere de acqua e poi, sana, salta giù dal treno da sola con la fiaschetta de acqua, eccetera, eccetera, eccetera. Ricordo che il mattino seguente... È arrivata a mezzanotte, dopo la mezzanotte qua a Vicenza, col cavallino fino a Quinto... Il mattino seguente, in ambulatorio, dal dottore, il quale medico aveva detto: “Non la staga andare a Lourdes. La varda che la morirà, non c’è niente da fare... eccetera, eccetera, eccetera, no? Bene! Va dal medico. Dunque, entriamo, vedo ancora la scena dinanzi agli occhi: la porta era lì così, vien dentro; e là in fondo c’era la porta... qui a metà, anzi, la porta dell’ambulatorio, e qui la saletta d’aspetto. Viene dentro mia mamma: le donne, le amiche, no: “Oh, Clorinda... Varda, varda!”, salta in pie e scuminsia a sigare. El dottore vien fora: “Oh! Cossa ghe xe?”. Brooom... el ga fatto così... Vederla in piedi, sa... come un morto che salta fuori dal sepolcro! Vedo la scena, proprio: queste donne che cominciano a gridare... e lui che vien fuori come... bestemmiando perché: “Cosa succede? Cosa succede?”, e rimane senza parole. “Ela qua? - el ga dito - La vegna dentro, la vegna dentro! -el ga mandà fora quel ch’el gavea dentro - La vegna dentro, la vegna dentro, la vegna dentro! La me mostra”, el ga dito. Go vossù andar dentro anca mi. “Ca vedemo... La se mova...”. Le parole: “Gnente da fare. - el ga dito - Ela xe guaria... Però mi non ghe credo. La zè guaria... Ma mi non ghe credo”. Del resto, prendiamo in mano il Vangelo, no? Gesù risuscita Lazzaro. Gli altri: alcuni si sono convertiti, altri: “Copemolo!”. Come che quell’altro non fosse sta bon risuscitarlo un’altra volta, vero! Eh, ma allora i lo copava... più copà ancora, più morto, vero... che allora, più morto... xe più fadiga risuscitarlo, vero; cavà un pochetin de sangue de più...

MO282,7 [07-11-69]

7.Amici miei, ricordatevi, lasciate che per un momento parlino anche i vecchi. Dinanzi a certe anime, dinanzi a certe cose voi vi troverete impotenti. Impotenti davanti a un ragazzetto che non è capace di essere puro, impotenti dinanzi a un giovane superbo... che non vuole essere superbo, cioè che crede di non essere superbo, impotenti dinanzi a delle persone che si odiano, impotenti specialmente dinanzi a qualche moribondo che non vuol saperne di perdonare, che non vuol sapere di... Guardate, per esempio, adesso... Ieri sera Soprana mi parlava di quel Sergio che è lì da Tosato, e dice: “Guarda, povero disgraziato! L’è buono, - è veramente buono perché è buono - è sposato, non ha figli. So che non va d’accordo neanche con la moglie, che fa un po’ da trait d’union fra la moglie e lui c’è un cane in mezzo - i ga comprà un can - e quello, ecco, l’è l’unico affetto comune. Va ben... E - el ga dito - disgraziatamente non ha fede, non ha fede”. E lui invidia chi che ga fede... “Ma mi no la go”. Amici miei, quando che tu, ti adesso... prenditi in mano un uomo così, e ce ne sono, sapete, che non hanno fede, e comincia a dire: “Cossa xe...?”. Tira xò allora le cinque vie de San Tomaso, dopo le cinque ferrovie de Sant’Agostin, dopo le cinque vie missilistiche de coso là, de Sardela e de Chardin, e dopo tira fora tutto quel che te vui, vero, tutte le strade fin che te vui; ma te te accorxarè... tira fora tutto quante scatole de sardele che te vui, caro! Soltanto un colpeto de grazia de Dio... A un dato momento, prova un teologo, provaghene un altro, prova st’altro... entra magari el portiere de un convento, una povera vecchietta, una povera donnetta e... con una frase, con una parola, con... “Sì, tutto quel ch’el vole... però, però...”, e quella parola: tan, tan, tan, tan... è una mazzata della grazia di Dio. Ricordatevi che la conversione delle anime viene attraverso Dio. E noi riusciremo a salvare le anime solo tanto in quanto saremo strumenti nelle mani di Dio. Io vi dico: strumenti belli più che è possibile, avete il dovere di essere strumenti belli, che sappiano parlare varie lingue, che sappiano trattare bene con gentilezza, che conoscano le cose del mondo, che possano parlare... Tutto quello che volete,... però, diceva il nostro carissimo cardinal Roncalli: “Uomini che conoscono il Vangelo, che vivono il Vangelo!”. Importa niente se nelle prediche fanno un pochi de sbagli de grammatica, anche tanti... Essenziale è che la gente s’accorga che sono pieni di Dio e che vivono il Vangelo. Questi sono gli uomini che trasformeranno il mondo.

MO282,8 [07-11-69]

8.Amici miei, la nostra impotenza davanti... Vi accorgerete quante volte voi dovrete inginocchiarvi davanti all’altare, prostrarvi dinanzi all’altare, buttarvi a terra dinanzi all’altare e dire: “Signore, converti quell’anima! Ti supplico, converti quell’anima!”. Perché ogni sacerdote, ogni apostolo, per lo meno ne ha qualche decina di anime qui dentro nell’intimo, anche se non lo dice continuamente; se no non è prete. Un uomo di Dio ha nel cuore alcune, almeno alcune anime che gli stanno a cuore, che sa lontane da Dio, che sa sulla strada della perdizione, della rovina, e che continuamente, “opportune e inopportune”, chiede al suo Dio. Non è solo la Maddalena nella casa di Lazzaro; ce ne sono tante Maddalene, e ci son tanti, vero, anche ladroni in giro per il mondo, anche nelle case nostre qualche volta! Amici miei, e queste anime solo Dio, sapete, le salva; e solo gli uomini di Dio, che hanno comunanza con Dio, che sanno vivere in casa col Signore, le ottengono. Perché certe cose non si ottengono attraverso la burocrazia, ma attraverso le amicizie, anche nella vita umana, no? Nella vita umana: “Cossa vuto... Bisognaria avere un’amicizia per andare in quel posto... Bisognaria avere un’amicizia, una conoscenza...”. E allora io vi dico: se volete ottenere, bisogna avere amicizia con Dio. Attraverso le vie burocratiche è fatica, no? Attraverso l’amicizia intima con Dio, la comunanza con Dio. E allora Dio non può resistere all’umile, non può resistere all’umile. Perché, vedete, uno che ha un po’ di arie a un dato momento crede di essere lui, ed è proprio quello che Dio non vuole. Quando uno è umile, è semplice, mette a disposizione quello che... tutto se stesso, ma sa che questo è di Dio, è stato donato da Dio a lui... allora state sicuri che quello è l’uomo che sconvolge.

MO282,9 [07-11-69]

9.Leggiamo, terminiamo perché... “Che confusione quella di trovarsi, dopo tante fatiche, con le mani vuote, mentre che nella propria vanità si era sognata una gran messe!”. Vedete, se non dovessi parlar male della gente, avrei tante cose da dire... Quanto è facile dire: “Sa, la mia esperienza, la mia qua... la mia là... Non devo perdere la mia esperienza... Devo, sa, è un tesoro la mia esperienza...”. “Il bene, voi lo farete, sì, ma avendo una grande umiltà, siatene convinti”. Voi non avete idea cosa il Signore fa con un umile, che si mette nelle sue mani. Se il mondo non va bene, cari figlioli, è perché ci sono pochi strumenti nelle mani di Dio. “Un sacerdote esorcizzava già da molto tempo un ossesso e comandava al maligno di uscire da quell’anima. Ed ecco che, un giorno, il demonio, con grande confusione dell’esorcista, grida con un tono ironico e trionfante: “Io non uscirò”. “E perché?”, interroga il sacerdote. E il demonio con risposta burlona: “Perché noi siamo parenti, tu ed io: noi siamo due orgogliosi!”. Quando per esempio qualche sacerdote fa bene una predica, e poi che va a elemosinare, elemosinare, le approvazioni: “Che ne dice? Scusi sa, non per niente, ma della mia predica... le par che vada bene? Sa...”. E lo va... solo a elemosinare... Ahh! E ce ne sono, sapete! E ce ne sono... “Questa risposta vi darà la spiegazione della sterilità dell’apostolato. Il demonio ci resiste sul pulpito, al confessionale, nelle funzioni del nostro ministero, perché noi non siamo abbastanza umili”. Umili non vuol dire umiliati, non vuol dire andare vestii de sacco, non vol dire... Capime ‘sta roba... “L’orgoglioso non ha potere contro l’angelo caduto per orgoglio”. Piero, capisito? “L’orgoglioso non ha potere contro l’angelo caduto per orgoglio. Mentre invece, osservate come nell’ordine della Provvidenza il Signore si serve quasi sempre dei “nulla”, dei “piccoli”, per realizzare delle grandi cose nella sua Chiesa! Molto sovente, quando Dio vuole rinnovare la Pentecoste per scuotere le anime con un fatto miracoloso, straordinario, il suo strumento è una paglia, un fanciullo. Non è il caso di Paray-le-Monial con S. Margherita Maria? Di Lourdes con Bernardetta? Di Lisieux con S. Teresa?”. Beh, qui si potrebbe continuare: con Santa Caterina da Siena? si potrebbe continuare: Santo Curato d’Ars, e avanti; con Suor Bertilla, delle Maestre, vero, casa delle Maestre! “Con dei grani di sabbia nostro Signore rovescia il mondo. Con le paglie di Betlemme accende le stelle... Ah! Mille volte felici gli umili, i piccoli, perché: “infirma mundi, contemptibilia mundi elegit Deus ut confundat fortia”! Volete voi divenire veramente gli amici, gli intimi del vostro Re e Salvatore? Volete voi realizzare - Vinicio - l’opera della sua gloria per la quale siete stati tutti chiamati? Volete voi divenire degli strumenti docili dei suoi disegni? Siate umili, molto umili, e voi avrete rubato il Cuore di Gesù, e nella intimità di quel Cuore voi avrete trovato il segreto di salvare, di convertire, di santificare le anime, tesoro suo e vostra eredità”.

MO282,10 [07-11-69]

10.Qualche volta, quando che io mi son trovato con qualche anima superba, - chiamata però da Dio, ma superba - io sono uscito anche in qualche bestemmia, e ho detto: “No il peccato... ma sarebbe da augurarsi che cascasse in qualche cosa di grosso, perché qualche volta proprio è il peccato che fa divenire umili”. San Piero, no? Tante ariette prima. Il Signore ha voluto mettere la base proprio della basilica de San Piero, no? Ecco là: lo rinnega. “Exit et flevit amare”. Ecco, messa la base... Tante volte, guardate, la vostra innocenza mi fa paura. Perché: una innocenza angelica, ma una superbia diabolica. Ecco, non vi auguro, non vi auguro di far peccati, seto, Marco, per carità, non farli apposta, tira quattro oche, vero, però, state attenti, che potrebbe essere anche una grazia, non la caduta in se stessa, ma quello che capita dopo la caduta. “Dite spesso con le labbra, e più frequentemente con le opere, questa bella giaculatoria: “Jesu mitis et humilis corde, fac cor nostrum secundum Cor tuum!”. Concludendo queste meditazioni sull’umiltà, - e dopo basta, dopo ‘ndemo avanti su qualcos’altro - io vi pregherei: vedete al mattino, prima di accostarvi alla Messa o alla Santa Comunione, di mettervi nel vostro posto giusto in chiesa. Posto... gioia perché il Signore vi ha chiamati ad essere sacerdoti, ad essere diaconi, ad essere religiosi: sentite la vostra grandezza, “fecit mihi magna qui potens est”, sentitela, contemplatela la vostra grandezza di cristiani, di religiosi, ma nello stesso tempo considerate la vostra miseria. Cioè, cercate ogni mattina, prima di accostarvi alla comunione, di vivere i sentimenti della Madonna, che si sentiva tanto piccola e tanto grande. Io non vi dico... Sbagliereste sentirvi solo piccoli, perché la vera umiltà sta specialmente vedendo quello che il Signore vi ha dato. E perciò se... Io direi che la vostra piccolezza dovreste vederla vedendo la vostra grandezza. Non so se sbaglio, Vinicio, ti che te te ne intendi de teologia, no? Cioè, quando io vedo cosa il Signore mi ha dato, e allora lì che nasce dal mio cuore un senso di amore verso Dio, che dico: “Ma, Signore, ma, perché mi hai dato... Ma, proprio a mi te me ghe dà tutta sta roba... Mi non meritavo... proprio mi... proprio mi?”. Sbaglio, voialtri teologi? Cioè la mia... Non vi dico, vedete, quando vi dico umiliatevi, xo, xo, xo, xo... No! Guardate quello che Dio vi ha dato, contemplate la vostra grandezza, la vostra... le meraviglie che Dio ha compiuto in voi. Contemplando questo, allora per forza se dixe: “Ma, proprio a me, Signore?”. E allora vedrete anche le miserie... Allora compariranno in voi anche grandi, gravi, e anche quelle piccole imperfezioni che si commettono ogni giorno. Allora sentirete che siete cattivi anche quando parlate in tempo di silenzio, allora sentirete che siete cattivi quando perdete cinque minuti in studio per niente, sentirete che siete cattivi quando non siete puntuali nell’orario, andare in chiesa, sentirete che siete cattivi nel negare al Signore... Lui che vi dà tutto e vi domanda quelle piccole cose e non le date. Ecco l’umiltà. È il dispiacere di non dare a Dio un amore adeguato, che corrisponda all’amore che lui ci ha dato. Perciò io vi dico: guardatevi grandi come siete, cercate di vedere la vostra grandezza. E lì nasca quel sentimento di amore, di pentimento, che è la base per essere strumenti in mano di Dio a salvare il mondo. Amen!