MI71[02-06-1966]
Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell'Immacolata. Don Ottorino, prendendo spunto da qualche brano del libro di Leo Trese “Il sacerdote oggi”, sottolinea la necessità della carità fraterna nella vita religiosa e pastorale. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 32’. 1. IntroduzioneAnche alla fine, nominando Severino Stefani, allievo del magistero e destinato a partire con il primo gruppo per il Guatemala, che veniva soprannominato “Rosso” per il colore dei capelli, don Ottorino scherza parlando di eventualità gravi e terribili.
Ruggero Pinton, entrato in Congregazione dopo il diploma magistrale, era all’epoca ancora novizio.
Don Guido Massignan era, all’epoca, direttore dell’esternato F. Rodolfi, e Natalino Peserico era aiutante in segreteria e insegnante nel doposcuola. Nel testo registrato don Ottorino scherza su Natalino, ma il testo è poco chiaro.
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1.Stiamo parlando della santa carità, sai, don Guido, stiamo parlando della santa carità. Abbiamo visto la prima parte: la carità verso Dio, il volersi bene in Cristo. Questa mattina, mentre stavo per prendere in mano la pisside e comunicare gli altri, mi sono detto: “Se io credessi veramente in colui che ho in mano, chissà che cosa diventerebbe la Casa dell'Immacolata, che cosa diventerebbero i Religiosi!”. Don Guido, sbaglio? E continuavo: “Ho appena fatto la comunione, ho appena parlato con Lui. Eccolo qui. Adesso ho la pisside in mano, la reggo in mano e dico: 'Ecce Agnus Dei'. Quando dirò 'Ecce Agnus Dei, questi benedetti figlioli penseranno all'agnello pasquale fatto di cioccolato o all'Agnello di Dio sulla riva del Giordano? Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo! E quando lo riceveranno, penseranno: “Non so nemmeno che cosa dirgli... che cosa potrei dirgli, che cosa?”, o veramente si incontreranno con lui, si incontreranno col Cristo?”. Comprendiamo noi, figlioli, che cosa significa celebrarla la Messa, fare la comunione, avere un tabernacolo in casa? L'anno scorso, quando abbiamo chiesto di celebrare la Messa al campeggio, il vicario generale ci ha detto: “Sarebbe meglio conservare il Santissimo: non è lo stesso avere o non avere il Santissimo al campeggio”. Il Signore vuole venire con noi, vuole restare con noi, vuole essere sempre a nostra disposizione perché noi diventiamo sempre più Lui. Bisogna meditare queste cose, meditarle tanto; non sono sufficienti le prediche, i libri, ma occorre piuttosto la contemplazione, la meditazione. Perciò abbiamo iniziato, qualche giorno fa, questa meditazione dicendo che, come prima cosa, si deve meditare sull'amore a Cristo persona, a Cristo divinità, a Cristo signore, a Cristo redentore, a Cristo eucaristia. Noi, poi, siamo chiamati a darne testimonianza, e insisto su questa parola. Cristo vuole rivelarsi agli uomini mostrandosi a loro, e allora mostra noi. Invece di apparire sulle rive del lago a due pescatori o agli uomini, appare mostrando Ruggero. Dice: “Voglio mostrarmi”, e manda Ruggero. Dov'è Gesù? Eccolo qui! Gesù vuole mostrarsi all'esternato e manda don Guido, manda Natalino. Oggi è vacanza, mi dispiace; oggi è vacanza, altrimenti oggi tu dovresti mostrare all'esternato Gesù... Tu andrai in qualche altra parte; forse qualche professoressa verrà da te a domandare consiglio, e allora mostrerai il Signore. Abbiamo compreso che dobbiamo mostrare il Signore. Figlioli, nella nostra forma di presentarci dobbiamo far apparire Lui, mostrare Lui. E a questo proposito dicevamo ieri mattina, c'è tanto lavoro da fare perché vediamo negli altri le loro mancanze e non vediamo in noi le nostre. L'ultima volta eravamo arrivati qui e ora partiamo di qui. 2. La carità è il segno distintivo del cristianoCARITÀ
ESEMPI Eucaristia
GESÙ
unione con...
EUCARISTIA S.Messa
EUCARISTIA tabernacolo
DIO unione con...
PREGHIERA meditazione
GESÙ
amico
GESÙ
servo
GESÙ
imitazione
APOSTOLO chi è
l’
apostolo
VIRTÙ
A questo punto don Ottorino comincia a leggere qualche frase del libro di LEO TRESE, Il sacerdote oggi. Pensieri di un parroco americano, Morcelliana Brescia 1958. Le citazioni, prese dal capitolo XI che porta come titolo “La carità” alle pagg. 88-89, vengono riportate in corsivo, e così per tutta la meditazione senza ulteriori richiami.
Don Ottorino nomina Renzo Dabionelli, che era novizio, e Luciano Bertelli, che frequentava il corso teologico e allo stesso tempo condivideva la responsabilità formativa dei novizi.
Nella raccomandazione di non parlare di quanto sta dicendo don Ottorino nomina dapprima Mariano Apostoli, che all’epoca stava terminando il corso liceale, e don Luigi Furlato, che era maestro dei novizi.
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2.“E magari potessi sentirmi analizzato e criticato da coloro che non condividono l'opinione soddisfatta che io ho di me stesso!”. Se io scegliessi adesso uno di voi, per esempio Renzo, ed entrassi nel suo interno; se lo potessi analizzare, vedrei che in fondo in fondo ha sì qualche difetto, ma vedrei che egli ha un'opinione soddisfatta di sé stesso: “Signore, ti ringrazio perché non sono come...”. Non è vero, Renzo? Siamo tutti così, sai. Anche Luciano. Però, però, se tu dovessi avvicinare gli altri, sentiresti che non tutti sono d'accordo sull'opinione soddisfatta che tu hai di te stesso. Ora, ecco, che cosa dobbiamo fare? Prendere a pugni gli altri per convincerli che devono essere soddisfatti di me come lo sono io? O non è meglio esaminare se, per caso, non sono io fuori di posto? Procediamo! “E se il Cristo-in-me è frustrato dalla critica tagliente degli altri, cosa posso dire della mia gelosia interiore, del mio risentimento o sospetto verso un fratello prete? Soprattutto, come posso sperare di essere riconosciuto come uno degli uniti a Cristo nel giorno del Giudizio, se mantengo del rancore verso un altro, per quanto reale possa essere il torto che egli mi ha fatto? Non avete mai trasalito internamente nel vedere due preti che, trovandosi per caso nella stessa folla, si evitano con tanta cura che neppure si stringono la mano o si salutano? Cristo disse: “Se siete miei discepoli, amate i vostri nemici e fate del bene a coloro che vi odiano!". Egli ha detto questo per tutti, naturalmente, ma in modo speciale per noi, suoi preti ”. Carlo, sei spaventato? Tu dici: “È possibile che due preti si possano odiare?”. È vero, sembra impossibile, eppure, eppure... Quello che io adesso dirò qui dentro, non dovete ripeterlo nemmeno fra voi; d'accordo, Mariano? Non solo, ma questo vuol dire non mettersi a parlare con nessuno degli estranei: “Ehi, ho sentito...”. Niente, niente! Tenete la cosa qui, perché altrimenti non vi dirò più nulla. Verrò a saperlo se ne parlerete. So di qualcosa che io avevo riportato qui dentro e della quale voi avete parlato: è stata da me riferita, poi è venuta di ritorno a me per altre strade. Perciò, non dovete parlare neppure in confidenza. Hai capito, don Luigi? Non ne dovete parlare neppure in confidenza con l'uno o con l'altro perché non è conveniente, e nemmeno parlarne con qualcuno dei nostri.CARITÀ
CONVERSIONE esame di coscienza
PECCATO
Zeno Daniele, anche se aveva completato l’anno propedeutico al corso teologico, era ancora novizio.
Il riferimento potrebbe essere a Piergiorgio Paoletto o a Piergiorgio Santagiuliana, che insieme entrarono in noviziato nel settembre successivo: Paoletto proveniva dal seminario diocesano dove aveva completato il corso liceale, mentre Santagiuliana aveva completato il corso ginnasiale nella Casa dell’Immacolata.
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3.Che cosa direste se sentiste dire che un sacerdote, supponiamo che sia don Luigi che parla con don Guido, ma non è certamente don Luigi, se voi sentiste dire che don Luigi, parlando con don Guido, dice del vescovo: “Il vescovo: quel delinquente, quel farabutto, quel lazzarone, quel deficiente”? Che cosa direste voi di un prete che, trovandosi insieme con un altro prete, arrivasse a dire: “Quel delinquente, quel farabutto, quel deficiente di vescovo”? Un altro prete, e supponiamo che sia padre Zeno facendo conto che sia un prete, va con don Guido e gli dice: -“Io odio il tale!”. -“Scherzi!? Tu odi...?”. -“Ah, sì: non parlarmene, perché lo odio!”. -“Capisci che cosa vuol dire odiare?”. -“So che cosa vuol dire odiare: lo odio... e piuttosto di andare con lui, butto via la veste”. Fratelli carissimi, oggi bisogna volersi bene, amarsi, praticare la carità: “Padre nostro, che sei nei cieli...”. Mi domanderete perché tiro fuori queste cose. Anzitutto perché tra poco ne tira fuori una anche il nostro autore, poi per un altro motivo: per via di quel famoso ladro che incominciò col rubare un uovo, poi una gallina, poi un pollo, e alla fine diventò un assassino. Figlioli, non si diventa ladri, non si diventa grandi peccatori tutto d'un tratto. Giuda non tradisce Gesù improvvisamente: incomincia con il sottrarre un po' di denaro, poi un altro poco, finché arriva al tradimento. Capisci, Piergiorgio ? In fatto di carità non si arriva improvvisamente a odiare, a rimanere per anni senza parlarsi tra prete e prete. Non scandalizzatevi: nel mondo vi accorgerete di questo. Non ci si vuol bene neanche tra noi; il demonio è riuscito a portare la zizzania in casa nostra. Ci sono preti che non parlano con le suore, suore che non parlano tra loro, preti che non parlano tra loro, frati che non parlano con i preti, preti che non parlano con i frati: è tutta una situazione così! Perché? Ricordatevi che una pianta comincia con l'essere prima una piantina. Si vede già nella casa di formazione due che non sanno sopportarsi nelle piccole cose, in stupidaggini; si nota in cortile, nelle loro mansioni, che non sanno portare pazienza.CHIESA Vescovo
PECCATO calunnia
PECCATO mormorazione
CARITÀ
amore al prossimo
SACERDOZIO prete
CROCE Demonio
FORMAZIONE Case di formazione
Cfr. Giovanni 13,35.
Con questo esempio don Ottorino nomina alcuni che lavoravano nei vari laboratori: in falegnameria Giorgio Pieropan e Pietro Simonetto, in meccanica Vinicio Picco e Umberto Manzardo e Giuseppe Azzolin, nel laboratorio di elettronica Giuseppe Filippi.
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4.La carità presuppone che ci siano temperamenti diversi, altrimenti il Signore non avrebbe nemmeno stabilito: “Da questo conosceranno che siete miei discepoli...”. Se fossimo tutti con lo stesso temperamento, se tutti volessero le stesse cose sarebbe facile: uno ha voglia di bere e tutti hanno voglia di bere, uno ha voglia di mangiare e tutti hanno voglia di mangiare, uno ha voglia di correre e tutti hanno voglia di correre. E allora il Signore non avrebbe neanche stabilito: “Da questo conosceranno che siete miei discepoli...”. Il Signore non ha detto: “Vi riconosceranno per miei discepoli se, quando è l'ora di mangiare, tutti quanti mangerete”, e neanche: “Sarete miei discepoli se, quando è l'ora di dormire, andrete tutti a dormire; magari un po' tardi, ma andrete a letto a dormire”, ma ha detto: “Se vi amerete...!”. 3. La carità fraterna esige sforzo ed impegno Il Signore sapeva già che sarebbe stato difficile volersi bene nel senso cristiano. Perché? Perché siamo diversi l'uno dall'altro. -“Come va?”. -“Insomma, ringraziando il Signore,... sopportandoci l'un l'altro ". Se tu domandi al papà e alla mamma di don Guido, per esempio: “Com'è andata?”, ti rispondono: “Ringraziando il Signore, è andata bene... sopportandoci l'un l'altro”. Infatti la mamma deve sopportare il papà, il papà la mamma. Domandate a don Guido se noi due siamo andati d'accordo. Sempre, naturalmente perché lui ha sopportato me, mentre io non ho mai dovuto sopportarlo; ma, almeno da una parte c'è sempre chi sopporta. Vedete, figlioli miei, bisogna che partiamo già con l'idea che la carità presuppone difficoltà. Per esempio, supponiamo di essere in laboratorio, in un laboratorio di elettronica, perché se parlo di falegnameria dicono che muovo critiche a Giorgio o a Pietro, se parlo dell'officina dicono che critico Vinicio o Berto o Azzolin o compagni; invece prendiamo il laboratorio di elettronica, non è vero Filippi? Là sono in quattro o cinque. Naturalmente si lavora e, quando si lavora insieme, uno la pensa in un modo, un altro in un altro, e dopo un giorno uno ha la luna, un altro l'ha il giorno seguente.CARITÀ
ESEMPI carità
PAROLA DI DIO Vangelo
CARITÀ
amore al prossimo
FAMIGLIA coppia
Don Matteo Pinton e Giorgio Girolimetto studiavano insieme alla Pontificia Università Gregoriana di Roma.
Girolamo Venco frequentava all’epoca il 2° anno del corso teologico.
Il riferimento è a Mariano Bregolato, che lavorava alle dipendenze della Congregazione, ed evidentemente era fuori città per qualche lavoro insieme con altri Religiosi della Casa dell’Immacolata.
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5.Ho chiesto a don Matteo e a Giorgio : “Andate sempre d'accordo voi due?”. “Qualche giorno - fa Giorgio - dico a don Matteo: 'Oggi, per piacere, non rivolgermi tante parole perché ho la luna; non so nemmeno io per quale motivo'". Allora don Matteo si mette a ridere. “Ti avverto che oggi l'ho io la luna!”, gli dice don Matteo, e allora si mettono a ridere e a fare un po' di chiasso. Ci si alza qualche mattina e si dice: “Guardate che oggi, per piacere, oggi ho la luna”. È logico. Ci sono delle giornate nere. Per esempio, oggi io ho un forte mal di testa, sento un po' di pesantezza; ieri era come oggi. Capitano delle giornate nere. Tu, Venco , come stai? Anche perché ieri sera sono andato a letto tardi; siamo stai un'ora e mezza in ansia, aspettando, mentre la moglie di Mariano continuava a telefonare: lui e gli altri con lui non tornavano e noi eravamo col cuore sospeso. Io già pensavo: “Forse è il caso di andare loro incontro? Dove? Come riusciremo ad incontrarli? Che siano morti? Che si trovino in qualche cimitero? Che sia il telefono che non funziona perché si diceva che c'era lo sciopero dei telefonici? Che sia capitata qualche disgrazia?”. Si pensa così e, dopo, si sta lì, si chiacchiera un pochino, ed è logico che si senta la pesantezza. Allora capita che hai la giornata pesante o che hai un dispiacere. Supponiamo adesso che don Guido vada all'esternato e che capiti una donna che grida: “Ohh... Ohh!”; e lui sta male. Un'altra volta viene una donna che ha un figlio che lascia un problema nella sua famiglia, una situazione tragica; e don Guido sta male. Se subito dopo entra da lui Natalino sorridendo: “Oooh, che belle farfalle! Oooh, che bell'aereo!”, don Guido gli dirà: “Ma va’ al diavolo!”. “Ehi, don Guido! Don Guido!”. Ma è chiaro: Natalino è appena andato nell'orto con una gran voglia di prendere le farfalle, l'altro, invece, ha preso altre farfalle. Mettere sulla stessa tonalità le persone è difficile.CARITÀ
CROCE prove
ESEMPI carità
Nell’esempio don Ottorino nomina Pietro Simonetto, che stava completando l’ultimo anno del magistero, lavorava come falegname e proveniva da Santa Croce di Bassano del Grappa (VI), zona di produzione di una pregiata qualità di asparagi, Giorgio Pieropan e Giovanni Sgarbossa, che frequentava il 2° anno del magistero e lavorava come meccanico.
Modulazione continuata di più voci, tipica del canto polifonico.
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6.Supponiamo che uno torni da un funerale e un altro da un matrimonio: mettili in sintonia, se sei capace! Se un prete è andato a un funerale o a un matrimonio puoi raccontargli alcune storielle, perché in un certo senso è abituato, ma supponiamo che don Guido vada al funerale della mamma e invece Filippi va al matrimonio di un suo amico dove viene festeggiato e torna con il titolo di cavaliere e con la medaglia... mettili in refettorio insieme: è chiaro che uno piange e l'altro ride, specialmente se costui ha bevuto quattro bicchieri più del solito. È naturale! Ed eccoli a tavola dove occorre molto equilibrio. Uno chiede a don Guido: “C'erano tante persone al funerale?”. “Eh, se ce n'erano tante! Poveretto mio papà, mio fratello... Eh, la mia mamma!”. L'altro, dopo un minuto, freme: “Eh, c'era tanta gente, tanta gente! Oh, che divertimento... Poi hanno cantato delle canzonette”. E don Guido: “Durante la Messa hanno cantato l'eterno riposo”. Insomma, uno desidera esprimere quello che ha provato per ricordare la mamma, e allora comincia col dire: “Ah, mia mamma, poveretta! Ricordo quando...”; mentre l'altro: “Mi ricordo che c'era allegria”. È tutto un comportarsi in questo modo: uno vuole sfogarsi in un modo e l’altro in un modo diverso. Ecco qui due giovani: vanno in laboratorio. Poiché prima abbiamo parlato di elettronica, parliamo adesso di falegnameria: i due sono Pietro Simonetto (Dov'è? Affinché io non parli di chi non è presente!) e Giorgio. Pietro c'è. Dov'è Giorgio? Non c'è? Beh, allora supponiamo che sia Giovanni: dov'è Giovanni? Tu, Giovanni, fingi di essere Giorgio e di andare in laboratorio e di avere oggi voglia di cantare “La violetta”: “La bella violetta la va, la va...". Invece quell'altro vorrebbe cantare: “Miserere mei Deus, secundum magnam... Deus, Deus meus...", ma il demonio gli fa venire in mente gli asparagi di Bassano e tante altre cose, e pensa che durante le feste potrebbe correre in bicicletta, e allora brontola: “Che vita devo condurre!”. E l'altro? L'altro ha voglia di cantare: “Che bello è lo stare qui, ma che bello!”. L'uno ha voglia di cantare, l'altro di meditare... in falso bordone. E allora è naturale che i due si sgridino a vicenda. Queste cose capitano, possono capitare.ESEMPI carità
DOTI UMANE equilibrio
COMUNITÀ
uniti nella diversità
COMUNITÀ
Luigi Smiderle e Angelo Brugnolo frequentavano ambedue il corso teologico, ma in anni diversi.
Don Ottorino, nel testo registrato, recita il famoso principio latino: “Principiis obsta”.
Il riferimento è a don Luigi Mecenero, che era il direttore dell’Istituto San Gaetano di Asiago, e a don Luciano Gallinaro, che era sacerdote novello destinato a sostituire don Luigi con il nuovo anno scolastico perché quest’ultimo doveva prepararsi per andare in Brasile.
Il riferimento è, forse, a Mario Sgarbossa, che all’epoca era ancora novizio, ma che con l’inizio del nuovo anno scolastico avrebbe assunto la responsabilità della disciplina all’Istituto San Gaetano di Asiago.
Anche Giuseppe Santolin e Remigio Sudiro erano ancora novizi e sarebbero passati con il nuovo anno scolastico all’Istituto San Gaetano di Asiago come assistenti dei ragazzi.
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7.Può capitare, per esempio, che due colleghi, supponiamo due assistenti, e pensiamo, per ipotesi, a Smiderle e ad Angelo, che sono due anime gemelle, naturalmente sempre fuse insieme in un unico cuore, che si alzino uno con la voglia di cantare e l'altro con la voglia di piangere, e oggi tocchi a uno e domani tocchi all'altro. E allora: uno è arrabbiato perché non piange, l'altro perché non ride. Può capitare questo, ma la carità sta qui, figlioli: questa è la carità! E da quei due bambini, allora, escono parole più grandi di loro; e, allora, si segnano a dito, diventano scontrosi, si arrabbiano e troncano l'amicizia. “Io - mi dice Smiderle - non vado d'accordo con Angelo: bisogna mandarlo in manicomio”. Poi viene da me Angelo: “Io non vado d'accordo con don Luigi: bisogna mandarlo in manicomio”. E allora bisogna rinchiuderli in due manicomi, ma lontani l'uno dall'altro: uno a Verona, l'altro a Vicenza. State attenti, figlioli, perché le mancanze di carità che portano all'odio cominciano così. Ricordo di avere letto una volta il racconto di due contadini, uno dei quali aveva perduto il falcetto ed era fissato che il ladro fosse quell'altro. “Ecco - pensava - il modo di camminare, il modo di salutare, il modo... Proprio si vede che è lui il ladro, perché una volta non era così. Eh, si vede; una volta veniva qui. Ma, proprio in tutto... si vede chiarissimamente!”. Poco tempo dopo trovò il falcetto: lo aveva lui, in casa. E allora cominciò a dire: “E sì che... pareva che proprio proprio...!”, e quando incontrava l'altro diceva: “Mi sbagliavo; quanto ero stupido!”. Figlioli, è proprio il caso di opporsi fin dagli inizi a questi sentimenti, perché dentro di noi c'è il seme dell'odio. Sarebbe doloroso se anche nella nostra Congregazione, un domani, si dovesse dire che ci sono due confratelli che certamente non si odiano, ma neppure si vogliono bene. Se, un domani, andando a visitare la Comunità di Asiago, mi sentissi dire da don Luigi Mecenero: “Sì, bello sì, ma c'è don Luciano, con il quale non ci vogliamo bene, non ci capiamo. C'è un po' di invidia, perché lui non è ancora entrato nella sua carica di direttore e continua a consigliarmi che sarebbe bene che io andassi a Vicenza per prepararmi meglio alla missione in Brasile”. E, se dopo, chiedendo a don Luciano: “Come va?”, mi sentissi dire: “Beh, sì... ma c'è quel Mario , quel Mario! È per metà in crisi perché vorrebbe essere lui il direttore, e continua a dire che sarebbe meglio se si facesse questo, se si facesse quello...”. Ed ecco poi, Santolin: “Sì, sì: tutto bello, ma mi pare che Mario mangi più di me”. E se chiedessi a Remigio: “Come va?”, e mi sentissi rispondere: “Ah, non troppo bene, perché i bocconi migliori li danno a Mario: vogliono nutrirlo perché ingrassi!”. 4. La carità fraterna all’interno della CongregazioneCARITÀ
COMUNITÀ
unità
nella carità
COMUNITÀ
uniti nella diversità
ESEMPI carità
Anche Giuseppe Santolin e Remigio Sudiro erano ancora novizi e sarebbero passati con il nuovo anno scolastico all’Istituto San Gaetano di Asiago come assistenti dei ragazzi.
Incontro fraterno settimanale dei membri della comunità dove, in un clima di preghiera, di riflessione, di condivisione e di progettazione delle attività apostoliche, si alimenta il fuoco della carità, distintivo della Congregazione, nei singoli membri e nella comunità.
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8.Figlioli, state attenti, state attenti, perché se i nostri filibustieri in clergyman da galeotti non andranno a togliere continuamente le erbacce nel giardino che è davanti alla casa fra poche settimane avremo l'orto di Renzo : bisogna togliere l'erba! Se nella nostra Congregazione non continuiamo a togliere tutte le erbacce che nascono naturalmente dalla nostra cattiveria, che tutti abbiamo, e chi dice di non averne ne ha più degli altri, a un dato momento, ve l'assicuro, nella nostra Congregazione mancherà la carità. Ecco a che cosa deve condurre l'impegno di vita : a questa intesa fraterna. Vorrei dire che l'impegno di vita deve spingerci a levare l'erba, settimanalmente, dal nostro orto. Bisogna che ce le diciamo in faccia le cose: “Senti, mi pare che tu mi abbia rubato il falcetto”. “Io? Ma tu hai voglia di scherzare?”. “Quanto sono stupido; me lo ero ficcato in testa io!”. Me lo ero ficcato in testa... bisogna che queste benedette parole, ogni settimana, siano buttate fuori perché se tenete un'idea fissa in testa per più di una settimana, nascono i pulcini o i gattini, e quando sono nati, scappano... E allora, ecco, proprio vi scongiuro: guardate che dentro di noi c'è il seme dell'odio. Guai, figlioli, se venendo nelle vostre Comunità, o nelle nostre Comunità, venendo a visitarvi, dovessi vedere che non c'è l'amore; non dico che c'è l'odio, ma che non c'è l'amore. Porrei allora una bomba a orologeria, ma dopo scapperei via. State attenti, vi scongiuro! Guai, figlioli, guai se venendo a visitarvi nelle Comunità trovassi che non c'è l'amore! Se non lavorate per estirpare le erbacce che crescono naturalmente è un attimo perché cessi l'amore. Penso che lavorerete con entusiasmo in America, ammesso che vi andiamo, e ne rendiamo grazie a Dio. Ma, poniamo l'ipotesi che andiate in America: finché partite, state sicuri, avrete l'entusiasmo umano. Anche quando salirete a bordo continuerete ad esclamare: “Che bello! Che belle cose!”. Quando inizia la prosa, cioè quando il termometro comincia a salire, l'entusiasmo comincia a scendere per la legge del compenso.CARITÀ
CONVERSIONE
CONGREGAZIONE
COMUNITÀ
Impegno di Vita
COMUNITÀ
fraternità
ESEMPI carità
Evidentemente don Ottorino usa un linguaggio scherzoso per accennare alle possibili difficoltà in campo missionario, ma reali anche nella vita apostolica quotidiana di ogni luogo: per questo parla di Arcugnano, paesino adagiato sui colli Berici a pochi chilometri da Vicenza.
MI71,9[02-06-1966]
9.Quando poi vedi che oggi è come domani, domani come posdomani, e provi e riprovi, e il cuore comincia a battere per qualche bella indiana o per qualche moretta... e allora, seduto vicino alla cascata, cominci a pensare: “Cascata... cascata... paese... paese... acqua, bicicletta. Ah, com'era bello quando ad Arcugnano andavo a visitare le vecchie... Un giorno ho incontrato una vecchia, ho accompagnato una vecchia...”. “Quanti anni aveva?”. “Ventitre!”. Quando comincia a scendere l'entusiasmo umano, se non c'è l'amore a Cristo crocifisso si incomincia a dire: “Eh, va’ tu a Estanzuela! Ieri io sono andato a Rio Hondo. Devo andare sempre io in quel villaggio lontano? Tu ci vai perché ti piace, mentre io...”, e si tirano fuori mille pretesti: “Ah, mi mandi laggiù perché è più difficile”. Si cerca di andare dove piace di più, dove c'è meno fatica, dove l'io è più incensato. C'è poco da dire: questa è la realtà. Tra un piatto di cipolle e una torta, che cosa scegli, caro? Eppure... state attenti. Se questa vera carità non c'è, non nel momento dell'entusiasmo, ma dopo essere passato un po' di tempo, ritorna l'orto di Renzo, ritornano le erbacce che potrebbero generare anche l'odio. Ma non parliamo neppure di odio in casa nostra. Dico solo questo: se non c'è l'affiatamento completo, ma proprio completo, comprensione e affiatamento completo, rendete già infecondo il vostro apostolato. E badate che qui in casa vedo spesso qualcuna di queste erbacce che dovrebbero essere estirpate prima. “Ma... ma... ma...”, dice qualcuno. Lascia da parte i “ma”: canta che ti passa; suvvia, in alto i cuori. “Ma...”. “Canta!”. Avete capito? Queste sono cose da nulla; non perdetevi in stupidaggini. Il demonio ha i suoi satelliti anche qui dentro: è naturale, è naturale! Lui fa di tutto, se può, perché la nostra potenza è qui, è qui: uniti con Cristo. Se il demonio rompe questa unione, vince lui; se non la rompe, noi ci moltiplichiamo più della gramigna.GESÙ
crocifisso
GESÙ
amico
COMUNITÀ
fraternità
COMUNITÀ
critica
CROCE Demonio
GESÙ
unione con...
COMUNITÀ
unità
Il riferimento è a don Erasmo De Poli, sacerdote da due soli mesi, che forse era andato all’ospedale di Schio (VI) per aiutare il cappellano nel servizio pastorale degli ammalati. Il 2 giugno, data della presente meditazione, la Chiesa ricorda anche Sant’Erasmo, vescovo di Formia, patrono dei marinai, morto martire nel 303.
Il testo registrato si interrompe bruscamente, per cui la meditazione rimane lacunosa nella sua conclusione.
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10.Non abbiate timore: il Signore provvederà. Manderà migliaia di vocazioni, manderà i mezzi necessari, manderà tutto... non temete: il Signore è con noi! Non sarà più con noi il giorno in cui noi non saremo più con Lui non essendo con i fratelli. Vado avanti con la lettura di questa paginetta, e poi usciamo. “Ricordo un parroco (morto molto tempo fa, Dio lo abbia in pace), che sentiva di essere stato tradito da un prete, che era stato a sua volta il suo miglior amico”. Di solito è sempre così: l'amicizia confina con l'odio. “Da allora egli non volle più parlare a quell'uomo e neppure sentirlo nominare o andare dove pensava potesse incontrarlo. Eppure ogni mattina egli saliva all'altare e con voce tonante recitava il Pater Noster...”. Se voi provaste quanto si sta male, qualche volta, nel sentire qualche bella voce intonata, baritonale, recitare: “Pater Noster", sapendo che nella sua anima non c'è il Pater Noster! 5. Conclusione Figlioli, ieri, don Erasmo, al quale farete gli auguri perché oggi è il suo onomastico e gli direte che nella Messa ho messo l'intenzione per lui, una delle intenzioni, per cui penso che anche voi abbiate fatto qualche cosa per lui, l'altro giorno è andato all'ospedale di Schio. Si è fermato all’ospedale soltanto una giornata e si è accorto, a contatto con i malati, che il mondo è diverso da quello che si vede. 3 giugno 1966PROVVIDENZA
DIO presenza di...
CARITÀ